SCOZIA. Agosto 2022. Capitolo 4.

Edimburgh, North Berwick, Tantallon Castle, Bass Rock, Melrose Abbey, Borders, York.

Venerdì 5 agosto 2022 .   Ripartiamo velocemente diretti ad Edimburgo, capitale della Scozia (500.000 abitanti). Decidiamo incautamente di cercare parcheggio in prossimità del centro, dove sbagliamo anche strada e ci areniamo in un fiume IMPRESSIONANTE  di traffico e di persone : sembra che tutto il mondo si sia dato appuntamento qui.   Scopriamo che è il primo giorno del Fringe Festival (teatro, musica, danza) che durerà tutto il mese di agosto e porterà centinaia di artisti ad esibirsi in ogni luogo della città ;  del Royal Military Tattoo che porterà decine di bande e battaglioni militari ad esibirsi in parate e concerti serali di fronte al castello, con regolare chiusura del centro storico a metà  pomeriggio per le operazioni di controllo ed ingresso del pubblico; e di altre decine di iniziative culturali e ricreative collegate : l’apice dei festeggiamenti annuali della città.  Iniziamo a temere che il saggio mr. Hoggy avesse ragione …  Nonostante tutto la prima impressione della città è GRANDIOSA : sembra di essere in un enorme teatro, con quinte di scena successive che disegnano campanili, torri gotiche, palazzi, strade , ponti , che si innalzano progressivamente : il centro storico ci sembra enorme e complicato… Perdiamo circa due ore alla ricerca vana di un parcheggio : riusciamo a parcheggiare tre volte nell’area decentrata del porto per poi renderci conto che siamo sempre in aree con limite orario (massimo 4 ore di parcheggio) e divieto di sosta notturna.   Alla fine ci sembra di trovare fortunosamente uno splendido parcheggio in un’ampio spazio tutto libero adiacente ai verdi e tranquilli Leith Gardens ( e anche ad un incrocio) : nessuno di noi vede la doppia striscia gialla in terra, che indica divieto assoluto di parcheggio e che circonda le ruote del nostro camperone.  E così sentendoci quasi miracolati, incoscienti ed ottimisti, partiamo alla conquista della città che ci ha già stregato.  Scopriamo immediatamente che ho acquistato i biglietti del bus hop on hop off (circuito turistico, con soste nei luoghi più importanti) , purtroppo per i giorni sbagliati : contattiamo il call center (che si trova in Spagna) ed una signorina gentile (ma completamente ignara della topografia di Edimburgo) ci risolve il problema delle date, ma non sa assolutamente  dirci dove si possa trovare la fermata più vicina a noi. Alla fine capiamo che per attivare il nostro biglietto dobbiamo andare in centro e quindi cerchiamo un altro bus.  Arrivati in centro ci muoviamo nel flusso incrociato di  FIUMI DI PERSONE  che arrivano da ogni direzione, tra rumori e confusione, e ci sembra complicato anche solo trovare un semplice panino .  Visto che sono oramai le due passate, ci rassegnamo a prendere un asporto da Macdonald e di mangiarlo durante un primo giro sul bus scoperto. In realtà ne dobbiamo cambiare due per trovare posto nel piano alto scoperto, con i capelli al vento sotto il sole : ma almeno cominciamo a prendere confidenza con la città, che è bellissima soprattutto dalla nostra prospettiva alta rispetto alla confusione che regna nelle strade.   Insomma non partiamo proprio con il vento in poppa : qualche malumore non troppo strisciante e nervosismo.   Il panino è un po’ triste, ma buono, soprattutto perché siamo abbastanza affamati.

Il giro nel bus scoperto ci regala la prima immagine della città : che in realtà non è così grande come ci è sembrata  : è divisa in due da Princess Street : la Old Town o Città Vecchia abbarbicata sulla collina, e la New Town o Città Nuova creata dal settecento in poi.  Scopriamo che la molteplicità di torri e palazzi avvistati, in realtà sono il profilo dei palazzi , torri e campanili del Royal Mile (Miglio reale) o High Street – la famosa lunga strada nel cuore della città vecchia , che collega il castello ad una estremità al Palace of Holyroodhouse dall’altra , residenza ufficiale della Regina ad Edimburgo : è il cuore della città e la domina in altezza , offrendo i suoi diversi  profili  a seconda del punto da cui li si osserva . Tutto intorno alla strada reale, al castello e al palazzo reale, ed alla collina su cui svettano, corrono alcune strade che formano un cerchio  : da un lato Princess StreetRegent Road, che segnano l’inizio della New Town settecentesca ed austera  e la dividono dalla  Old Town medioevale, che si sviluppa con il Royal Mile, il Grassmarket, Victoria street, Greyfriars  Graveyard e tutto il nucleo più antico, formato da un dedalo di vicoli e closes che salgono e scendono vertiginosamente in ogni direzione.  La città vecchia si sviluppa su più piani e spesso intere strade sono costruite sulle strutture di quelle più in basso : e così passeggiando per una larga via, ci accorgiamo in realtà di essere sopra un enorme ponte  costruito su una parte più bassa della città. Sembra di essere in un quadro di prospettive impossibili Escher….

Dalla guida Feltrinelli : “La venerabile, scenografica Edimburgo, capitale-vetrina della Scozia, è una città storica, cosmopolita, ricca di cultura, immersa in una cornice sensazionale : abbarbicata ad una serie di vulcani estinti e spuntoni rocciosi che spiccano nel paesaggio in gran parte pianeggiante dei Lothians”.

Sir Walter Scott la chiamava : la mia città romantica”.

Robert Louis Stevenson così descrive la sua ripida città” : “nessuna posizione potrebbe essere più preminente per la città principale di un regno ; nessuna meglio scelta per grandiose prospettive”.

Terminato il giro in bus iniziamo a prenderci gusto, per cui decidiamo di rifarlo tutto a piedi : questa volta iniziamo da High Street (o Royal Mile), e al percorriamo tutta (impossibile però avvicinarsi al castello) ; da qui partono –a spina di pesce – una serie di stradine e ripide scale , i closes e pends, talvolta con un cancello iniziale. Vediamo il piccolo bar, ora chiuso, dove J.K. Rowling ha scritto il primo libro di Harry Potter.

Ai piedi di castlehill ammiriamo The Hub, una imponente ed altissima torre gotica nera (la sua guglia è la più alta di Edimburgo), dove ora si trova il Festival Centre .

Visitiamo la High Kirk of St. Jilles (santo patrono di storpi e mendicanti) , chiesa parrocchiale della Edimburgo  medioevale, con la sua guglia a forma di corona. Alcune delle bellissime vetrate sono opera di William Morris.

Percorriamo ripetutamente nei due sensi una delle vie più iconiche e  fotografate, Victoria Street, che ha ispirato la creazione di Diagon Alley della saga di Harry Potter .

Visitiamo il Greyfriars Cemetery dove alcune lapidi hanno ispirato il nome dei personaggi della saga e dove c’è il monumento che la città ha dedicato al piccolo cane Bobby , ricordato anche da una statua situata fuori dal cimitero. Era il piccolo cagnolino di un poliziotto, John Gray ; qualche giorno dopo la sua morte il piccolo Bobby fu trovato sulla sua tomba dove rimase di guardia fino alla sua stessa morte, 14 anni dopo : in quegli anni divenne una celebrità e la gente gli portava da mangiare e da bere. La statua fu posizionata subito dopo la sua morte nel 1872, per omaggiare la sua eccezionale fedeltà e dedizione.  

Oltre a questa storia edificante, si deve invece ricordarne un’altra decisamente meno romantica : nel 1600 fu necessario recintare i cimiteri perché esisteva un grave problema relativo al furto di cadaveri, ricercatissimi per le ispezioni autoptiche, che alimentavano un fiorente e redditizio commercio.  I corpi da poco interrati, venivano riesumati e venduti alla scuola di medicina. Il reato venne portato all’estremo dai famigerati Burke e Hare , che aggiravano il furto al cimitero semplicemente assassinando le vittime che poi avrebbero rivenduto. 

Passeggiamo sotto alla ripida collina sovrastata dal castello, vediamo due grandi teatri di Edimburgo (il nuovo Traverse Theatre e l’antico Royal Lyceum Theatre) , e passeggiamo per i Princess Garden:  dove un tempo fluivano i liquami della Old Town, oggi corrono i binari della adiacente stazione ferroviaria. 

Risaliamo Princess Street ammirando il profilo della città vecchia illuminato dalla luce del tramonto; l’atmosfera di festa, che comincia a contagiarci, è completata dalle persone in vestiti eleganti, dalla musica di molti gruppi ed artisti in costume che si esibiscono in strada e che accompagnano incessantemente la nostra passeggiata.

Ammiriamo anche lo Scott Monument , una torre alta 60 metri, la più imponente al mondo dedicata ad uno scrittore ; la sua architettura gotica riproduce quella di Melrose Abbey, molto amata da Scott; le decorazioni scultoree raffigurano 16 scrittori scozzesi e 64 personaggi dei suoi racconti. Sul piedistallo centrale è collocata una statua dell’autore con il suo cane levriero Maida (scolpita in un blocco di marmo di Carrara di 30 tonnellate).  All’interno c’è una stretta scala a chiocciola di quasi 300 scalini che conduce ad una piccola piattaforma panoramica vicina alla cima.

Ci dirigiamo poi a Calton Hill, l’acropoli di Edimburgo, una roccia di origine vulcanica che ci regala una panorama a 360 gradi, sulla città e sul mare. La piccola torre che ancora campeggia è ciò che resta dell’antica prigione della città, Calton Gaol, dove venne rinchiuso il famigerato Burke prima dell’esecuzione pubblica.  Troviamo poi il City Observatory, l’osservatorio astronomico del 1800 che rimase in funzione fino a che l’inquinamento luminoso della città rese impossibile osservare le stelle.   Ed infine il colonnato del National Monument, spesso chiamato “l’abominio di Edimburgo” : ciò che resta del tentativo incompiuto e sgraziato di riprodurre il Partenone, come monumento ai caduti delle guerre napoleoniche. I lavori vennero interrotti per l’insufficienza di fondi, ma la stravagante costruzione rimane come punto di riferimento nel paesaggio.

Per la cena troviamo l’incantevole Cafè Royal Circle Bar  (interamente decorato da quadri in ceramica) dove – come in tutti i pub – se trovi un posto a sedere puoi mangiare.   Veniamo invitati a condividere il tavolo di una coppia di Glasgow in vacanza, con cui facciamo una bella chiacchierata ; uno sveglissimo cameriere che riesce da solo a gestire la sala gremita e incredibilmente ci recapita una ottima cena.

Non possiamo rinunciare poi ad un’ultima passeggiata notturna, attraverso il North Bridge che passa sopra la stazione ferroviaria, improvvisamente interrotta dallo spettacolo di fuochi d’artificio dal castello per il Military Tattoo.   Bene …. nonostante qui la festa continui, noi per oggi salutiamo Edimburgo e torniamo al camper . Buonanotte.

Sabato 6 agosto 2022.  Decidiamo di andare a fare colazione in centro e la Jessica (sentita una sua amica di Edimburgo) ci porta al Black Medicine Coffe, dove mangiamo superbi croissant dolci o salati, in un’ambiente degno del nome. Chiedo se posso acquistare un piatto del locale che mi ricordi questo bell’inizio di giornata e il barista me lo regala con un sorriso. Sento che oggi partiamo con il piede giusto.

Oggi Edimburgo è un grandissimo teatro : il Royal Mile non è più una strada ma un palcoscenico a cielo aperto, dove si susseguono artisti di strada, musicisti, spettacoli itineranti, centinaia di giovani attori in costume che con le più fantasiose strategie propongono decine di rappresentazioni e cercano il conquistare loro pubblico.   L’atmosfera – superata l’iniziale confusione – è molto vitale ed allegra, con sorprese che possono apparire in ogni dove e in ogni momento.  Ascoltiamo per un po’ due ragazzi che suonano la chitarra con un ritmo trascinante e ci dispiace non poter sentire tutta l’esibizione o partecipare allo spettacolo serale.  Acquistiamo il loro CD e li salutiamo .

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Dopo una rapida incursione nel cortile dell’Università , visitiamo il  Gladstone Land , abitazione seicentesca di un benestante commerciante di stoffe ed affittacamere . Nel piccolo appartamento l’unica camera, riscaldata da un enorme camino, serviva da sala da pranzo camera da letto e bagno (rappresentato da una comoda che veniva utilizzata al bisogno, in un contesto generale di scarsissima igiene, con liquami che correvano nelle strade). Viveva qui una famiglia con 5 figli : il maggiore dormiva nel letto con i genitori, il piccolo nella culla, gli altri tre su un materasso che veniva tirato fuori la sera . Nella cucina viveva la domestica che dormiva in un letto a scomparsa incassato nella parete di fianco al camino, con pitale annesso.  A salire le camere affittate, sempre più modeste mano a mano che si procedeva verso l’alto. Questo era il lusso….

Arriviamo poi puntuali alla visita all’ Edimburgh Castle , che abbiamo prenotato ieri, attraversando l’Esplanade, una ampia piazza ora occupata dalle tribune allestite a sbalzo sullo strapiombo per assistere al Military Tattoo.

Il castello domina la città dall’altura rocciosa di un vulcano spento ; da qui si comprende l’importanza strategica della fortificazione, e si ammira il panorama più ampio della città e del mare.  Attraversiamo il Portale di accesso,  l’ Half Moon Battery (fortificazione semicircolare più esterno delle varie mura di difesa) e il Portcullis Gate (ulteriore porta fortificata di sbarramento) .

In questo primo slargo ci sono i passaggi di osservazione e le batterie di cannoni per accogliere i visitatori. Si arriva poi al National War Museum of Scotland (uniformi, armi, medaglie, cimeli, trofei, dipinti, documenti) , che non suscita la nostra passione, ma visitiamo velocemente per curiosità : mi soffermo ad osservare la scatola farmaceutica in dotazione ai militari più fortunati, oltre che  i piccoli oggetti affettivi che i soldati portavano con se (fotografie, lettere, sassi, conchiglie…). 

Negli altri edifici sono alloggiati alcuni corpi militari e si svolgono incontri di rappresentanza ad alto livello.

Arriviamo poi alle prigioni, quella militare per i soldati  e quella più spartana per i prigionieri di guerra.  Nel robusto muro di cinta una targa ricorda l’evasione clamorosa di un gruppo di 43 soldati.  

Si arriva quindi al cuore del castello, la Crown Square quadrata  con gli edifici più importanti e protetti : qui scopriamo che il castello non è in realtà un castello nel senso comune del termine, ma una cittadella militare fortificata . Il Palace, palazzo reale, è in realtà molto modesto, con alcune piccole stanzette spoglie. Fu ristrutturato per Maria Stuarda regina di Scozia che qui viveva con il consorte ; un bizzarro specchio rotondo consente di intravedere (un po’ come guardoni) l’angusta alcova dove Maria Stuarda diede alla luce Giacomo VI (praticamente uno sgabuzzino verde).  Oggi accoglie solo i gioielli della corona (Honours of Scotland), i simboli più importanti della Scozia come nazione : la corona tempestata di gemme di Gacomo V incorpora la precedente di Roberto I , lo scettro sormontato da una enorme sfera di cristallo , la Stone of Destiny (la Pietra del Destino  : la pietra sopra la quale Giacobbe sognò una scala di angeli che collegava cielo e terra, portata in Irlanda da alcuni missionari e da qui in Scozia : venne usata per l’incoronazione di tutti i re di Scozia fino al 1266, quando Edoardo I rubò quella che credeva essere la pietra del destino e la trasferì nell’Abbazia di Westminster a Londra, dove rimase fino al 1950 quando venne trafugata da un gruppo di nazionalisti scozzesi.  Nel 1996, con fastosa cerimonia ufficiale la Stone of Destiny è stata riportata da Londra a Edimburgo, in uno dei molti tentativi del moribondo governo conservatore di convincere gli scozzesi che l’Unione era un’ottima cosa, nella completa indifferenza dell’opinione pubblica.  In realtà ci sono molti dubbi sulla autenticità della pietra, un semplice blocco di arenaria liscia, dove mancherebbero alcune intricate incisioni ; si ritiene che gli astuti monaci di Scone abbiano consegnato ad Edoardo I il coperchio di un pozzo nero, ed abbiano nascosto la pietra originale in un luogo noto solo a pochissimi eletti.  

Bene : dopo queste edificanti narrazioni, proseguiamo la visita degli edifici sugli altri lati della piazza reale,  la Great Hall,  camera delle sedute del Parlamento scozzese fino al 1639, e la Hall of Honour che ospita lo Scottish National War Memorial.  

Usciti dal castello ripercorriamo il Royal Mile alla ricerca di un posto dove mangiare, impresa non semplice vista la folla. La Jessica ci porta al Makars Gourmet Mash Bar : geniale idea in cui il cliente può  abbinare una serie di secondi di carne o verdura ad una serie di mash (patate schiacciate, insaporite con varie preparazioni) ad una serie di salse di accompagnamento, in moltissime possibilità di incrocio. Pranzo ottimo, con alcune citazioni letterarie . 

Seguiamo poi le tracce sul selciato che ci conducono al  vicino Writer’s Museum.

Saliamo e scendiamo scale vertiginose e la bella Victoria Street : una insolita strada curva su due livelli . Quello inferiore ospita negozi colorati sotto le arcate ; quello superiore una terrazza-passaggio pedonale. Anche qui non mancano  scale, scalette, closes più o meno segreti. 

Visitiamo il Grassmarket (la piazza dove si svolgeva l’antico mercato del bestiame, oggi affollata di bancarelle e circondata da pub, ristoranti e negozi turistici) e l’Armachair Book (libri antichi ed usati), e facciamo qualche foto dal Vennel Viewpoint

Tramortiti entriamo in qualche negozio per acquistare un po’ di sciarpe scozzesi che regaleremo a Natale a tutti i parenti.   Decidiamo di trascurare completamente The Holyroodhouse e la nuova controversa sede del Parlamento scozzese, che sta di fronte : teniamo qualcosa da vedere per quando torneremo.   Rientriamo in camper e troviamo sul parabrezza una multa per divieto di sosta: 60 sterline, ridotte a 30 se paghiamo entro 14 giorni. Impieghiamo un po’ di tempo ad individuare l’evidente doppia striscia gialla sotto alle ruote del nostro camper, e quindi ci rassegnamo a pagare: meno di quanto ci sarebbe costato un qualsiasi parcheggio. Il sollievo per la sventata rimozione, la clemenza della municipalità, oltre all’aspetto grafico della multa (mai ricevuta prima una multa così bella), ci consolano .  

Quindi siamo obbligati a spostarci e a cercare un’altro parcheggio ; dopo un tentativo fallito nei paraggi del Dean Village (ultima meta di Edimburgo), facciamo una veloce spesa, e troviamo una comoda area di sosta (gratuita) a Fettes Avenue di fronte alla sede della Polizia di Edimburgo, che consigliamo caldamente. Siamo circondati da altri camper e da numerosi mezzi della polizia di ogni dimensione, con agenti che vanno e vengono tranquilli. Cena leggerissima e buonanotte.

Domenica 7 agosto 2022.   Dopo la colazione lunga passeggiata a piedi verso il Dean Village : piccolo villaggio sede degli antichi granai e mulini affacciati sul fiume Water of Leith, oggi riconvertiti in appartamenti esclusivi.  Il villaggio vittoriano, uno degli angoli più pittoreschi e sorprendenti di Edimburgo, è incastonato sui ripidi argini del fiume , lungo il quale passeggiamo per alcuni Km. lungo la bella walkway (il percorso completo è 19 Km. ) che porta fino a Princess street.  

Noi ci fermiamo  prima per visitare la bella Circus Lane, e le più austere grandi piazze circolari Royal Circus e Moray Place circondate da eleganti e regolari palazzi settecenteschi. 

Avvistiamo la Saint Stephen’s Church , dove è in cartellone Amleto di Shakespeare con Ian Mc Cullen (purtroppo sold out) : sin dai tempi della sua costruzione all’inizio dell’Ottocento, ha avuto una vocazione educativa (istruzione degli analfabeti) . Nel 2014 è stata acquistata (per 500.000 sterline) da un produttore di videogiochi, che avviò una fondazione con l’intento di preservare l’edificio e sviluppare iniziative legate all’arte al servizio della collettività .  Nel 2017 Peter Schaufuss, stella della danza e fondatore del English National Ballet School, annunciò l’intento di fondare una scuola di teatro internazionale capace di attirare compagnie da tutto il mondo.  La Ashton Hall è quindi diventata uno degli spazi teatrali più grandi della Scozia ; è attualmente la sede di molte attività culturali , della Scuola e dell’ Edinburgh Festival Ballet , della Scottish theatre school MGA Academy. Ovviamente è di diritto una delle sedi di punta del Fringe Festival.

Torniamo poi al nostro camper e salutiamo Edimburgo, diretti sulla costa a est .

Le nuvole che ci hanno accompagnato questa mattina sono velocemente spazzate via da un bel vento vivace.  Sotto un cielo azzurro riprendiamo rapidamente confidenza con il giallo dorato dei campi, il fucsia dei fiori e tutti i verdi del panorama : e dopo la folla torniamo a respirare a pieni polmoni  l’aria libera delle campagne.   Arriviamo così a North Berwick.  La bella cittadina è composta da una lunga fila di eleganti case vittoriane ed edoardiane affacciate su due enormi spiagge (est e ovest) :  le due lunghissime mezzelune di sabbia dorata sono separate dal porticciolo e dal centro di osservazione  degli uccelli che nidificano sull’enorme scoglio vulcanico di Bass Rock. Le sule sono stanziali, ma i pulcinella di mare, così come le foche che arrivano fino alle spiagge, hanno appena completato la migrazione di giugno sulle isole (Orcadi /Ebridi) . 

Percorriamo tutta la prima spiaggia per poi proseguire nella via interna del paese, circondata da negozietti molto particolari. Avvistiamo anche un’opera di Bansky  : sebbene non ci siano conferme sulla autenticità, si tratta sicuramente di una delle sue intuizioni ironiche.

Raffigura il topolino ( RAT , in inglese, che non casualmente è l’anagramma di ART ) Indica la direzione per mettersi in coda per la grande fuga, l’uscita di sicurezza … E indica proprio la spiaggia e -sulla sua estremità- l’ultima delle case, che –sono sicura- sta guardando il mare, con le sue belle finestre colorate di azzurro. E io RICONOSCO questa casa … riconosco la bellezza degli oggetti polverosi di una particolare  quotidianità (che assomiglia tanto alla mia) e quelli regalati dal mare disposti oltre i vetri, riconosco la quiete che regna all’interno della veranda dove c’è la più bella cucina del mondo e un raccolto angolo per la musica, le tazze per il tè, una avvolgente poltroncina dove leggere o raccogliere le idee per scrivere :  riconosco l’incanto della luce dorata che illumina tutto . Mentre ho quasi l’impressione un po’ strana di essere arrivata a casa, incrocio lo sguardo della proprietaria che mi osserva un po’ divertita, ma anche orgogliosa di tanto splendore.  E sembra quasi che ci conosciamo un pò, senza saperlo….

Torniamo al camper e ci dirigiamo alle rovine del  Tantallon castle, vecchio guardiano arrampicato sulla scogliera : le visite sono consentite solo all’esterno, perché ci sono strutture pericolanti.

Il castello sembra dialogare con l’acqua, con il vento che spettina i prati e con il Bass Rock, che svetta luminoso in mezzo al mare.   E’ una roccia vulcanica ( sembra bianca solo perché completamente ricoperta di guano ) che potrebbe raccontare storie intriganti : questo approdo aspro ed ostile ha accolto santi, eremiti, soldati, re e prigionieri e naturalmente gli uccelli, i veri padroni. Un santo vi si stabilì in eremitaggio.   Nel quattrocento la famiglia Larder vi costruì il castello : tra i visitatori si annovera anche il giovanissimo James I, dodicenne, in navigazione verso la Francia ; sfortunatamente fu imbarcato sulla nave sbagliata e trascorse 18 anni in una forzata residenza inglese.   Nel cinquecento un battaglione di cento soldati difese strenuamente la roccia e sopravvisse mangiando pesce e scaldandosi bruciando i nidi degli uccelli.    Nel seicento divenne una famosa prigione e tutto lo scoglio venne tenuto in ostaggio per tre anni da un gruppo di prigionieri giacobiti evasi. Dall’inizio del novecento lo scoglio fu abitato dal guardiano del faro, fino al 1988 quando venne automatizzato.   Oggi è la casa di una delle più grandi colonie di sule al mondo, che vi soggiornano da febbraio a ottobre.

La sula bassana è un uccello marino dal corpo affusolato, con ali strette e un becco a punta leggermente ricurvo; la sua struttura corporea è perfettamente adatta per tuffi e immersioni (ha quattro narici due chiuse, due che si chiudono al contatto con l’acqua e sacche d’aria nel capo per attutire l’impatto con l’acqua) . Ha un piumaggio di colore bianco immacolato, con le punte delle ali nere. Gli occhi sono grigio-azzurri e circondati da pelle nuda e nera. La sula bassana è lunga 80–90 cm, ha un’apertura alare di 170–185 cm e pesa 2–3 kg. Durante l’allevamento dei pulcini, la testa e il collo diventano di un colore giallo pallido.    Sono quasi completamente bianche, per aumentare la resistenza all’abrasione da parte del sole e del sale ; Darwin affermò anche che questa colorazione era un attrattante, col fine di segnalare la propria posizione alle altre sule per indicare la posizione dei banchi di pesci. Quando molte sule si tuffano in acqua su un banco si ha infatti confusione tra i pesci, che combinata con la fatica, rende massimale la probabilità di cattura da parte delle sule.    Ha uno strato di grasso sottocutaneo per i lunghi periodi di digiuno, e inoltre per affondare maggiormente in acqua.     Questi uccelli sono tuffatori spettacolari: possono lasciarsi cadere da 50 metri di altezza o volare in picchiata a 100 km/h per raggiungere la preda. Quando si tuffa (arrivando generalmente a 3-5 metri sotto la superficie con la sola spinta del tuffo, e poi potendo nuotare in basso fino a 10-12 metri) stringe le ali al corpo ripiegandole all’indietro assumendo la forma di freccia ; da questo comportamento deriva il nome celtico. La sula si nutre di piccoli pesci e granchietti che pesca anche in volo radente dai banchi che stanno in superficie.      Anche se la popolazione di sule bassane è ora numerosa, questi uccelli rischiarono l’estinzione all’inizio del ventesimo secolo, con la caccia, la distruzione dell’habitat e la predazione delle loro uova da parte dei ratti. Questo uccello nidifica in colonie numerosissime dove fa ritorno ogni anno; i nidi, molti e molto vicini, sono posti su scogliere o isole rocciose.   Le più grandi colonie di questo uccello, con oltre 60.000 esemplari, si trovano sull’isola di Bonaventure, in Canada (Quebec), e in Gran Bretagna (dove si trovano il 70% delle sule bassane del mondo) sull’isola di Boreray e su quella di Bass Rock che ha dato il nome alla specie.      La sula forma coppie fisse, che durano anche tutta la vita. Nella stagione riproduttiva, la femmina depone un solo uovo, di colore celeste, che viene covato da entrambi i genitori.      La sula bassana difende il nido con aggressività da qualsiasi minaccia, non esitando a colpire altri individui con forti beccate. I piccoli, di colore marrone, lasciano il nido a 3 mesi e emigrano senza i genitori. Raggiungono la maturità dopo cinque anni. La stagione degli amori inizia tra febbraio e marzo. In questo periodo abbandonano il mare per spostarsi sulla terra ferma per costruire il nido con alghe e steli raccolti tra quelli che galleggiano sulla superficie dell’acqua.                                  Descrizione scientifica da:   https://it.wikipedia.org/wiki/Morus_bassanus

Vorremmo entrare in campeggio , ma l’unico in zona è pieno ed ha chiuso la reception.  Per cui decidiamo di tornare alla bella area di sosta che abbiamo intravisto all’inizio della spiaggia di Nord Berwick, anche perché riusciamo a prenotare la cena ad un ristorante che ci ispira e che ci sembra un buon modo per concludere il viaggio.  Arriviamo al parcheggio che è rappresentato da un’ampio slargo SULLA scogliera che chiude la enorme baia di North Berwick : sembra di essere in volo sul mare.  Passeggiata fantastica verso il centro ammirando da vicino le belle residenze del paese.   Cena ottima, con la consueta soup of the day e una buonissima sogliola . 

Ritorniamo al camper giusto per ammirare incantati il fantastico tramonto con cui la Scozia ci saluta (e mi scuso sin d’ora per il numero di foto, che però non riesco ad eliminare). 

E direi che non servono altre parole. 

Lunedì 8 agosto 2022.  Con gli occhi ancora rosa, iniziamo il viaggio di ritorno, con poche tappe veloci di trasferimento. Decidiamo di non correre troppo e ci fermiamo a Melrose per visitare le suggestive rovine dell’Abbazia benedettina .  

Ci osservano dall’alto numerose gargolle maligne : bestie accovacciate, maiali che suonano la cornamusa, angeli spaventati.  

Sembra che qui sia sepolto in uno scrigno il cuore di Robert I the Bruce che combattè a lungo contro l’Inghilterra per l’indipendenza della Scozia con alterne vicende , ed alla fine sconfisse un esercito molto più grande del proprio.

Il paesino meriterebbe una visita più approfondita, ma oramai non abbiamo tempo e quindi facciamo una veloce colazione/pranzo e partiamo.  Percorriamo la regione dei Border ed il paesaggio si addolcisce, mantenendo la sua forza . A Carter Bar , al confine tra Inghilterra e Scozia, le colline dai profili arrotondati e dolci sono colline viola, porpora, completamente ricoperte solo da un fitto tappeto di erica fiorita ; i prati sono scompigliati dal vento, pieni di fiori brillanti in un mare di tutte le tonalità di verde.  Il vento ci scompiglia capelli e pensieri che volano liberi .  Anche la strada sembra danzare con tutto il resto, con salite e discese in molteplici e rapide successioni. Incanto assoluto . Mi viene da piangere dalla commozione.

Infine arriviamo a York, dove entriamo fortunosamente in campeggio : quando arriviamo l’impiegata ci dice che purtroppo è tutto pieno ; il campsite però fa parte della rete del Caravan and Motorhome Club e quando li informiamo che siamo soci trovano il modo di accoglierci .  In Inghilterra non è ammesso lasciare fuori dalla porta un membro del club : ci fanno festa anche i due cani labrador  alla reception ! 

Siamo quindi di nuovo con le gambe in spalla : passeggiamo in città, prima sulla bella cerchia di mura, poi nei vicoli medioevali della città, piena di case a graticcio.  I cani di York continuano a darci grandi segni di apprezzamento.

Passeggiamo attorno alla immensa Cattedrale, vero fulcro della città, che sembra seguirci in ogni dove ; nella via più visitata del mondo,  The Shambles, dove gli edifici Tudor del 1500 sono talmente inclinati, che sembrano toccarsi sopra le nostre teste ; dopo la cena in un ristorante italiano (soup of the day : verdure miste e prosciutto, spaghetti gamberi-mozzarella-pistacchio) , torniamo a passeggiare sotto il massiccio castello, un enorme cilindro in cima ad una ripida collinetta ; e poi – sfiniti- lungo il fiume fino al nostro letto.  Prima di dormire faccio una doccia rigenerante.

Martedì 9 agosto 2022.   Doccia rigenerante per la Jessica e usciamo dal campeggio, dove dovremo rientrare prima delle 11.30, perché poi chiuderanno l’accesso per lavori stradali.   Non possiamo però lasciare York senza far visita alla splendida cattedrale, che abbiamo prenotato ieri sera. Colazione al Perky peacock (il pavone vivace), minuscolo bar nella torre adiacente al fiume, con i tavolini sulle scale che portano in acqua.  Arriviamo alla cattedrale, York Minster, giusti per l’apertura : è “uno degli edifici gotici più belli al mondo” dice la nostra guida, la cattedrale medioevale più grande del nord Europa, seconda solo a Canterbury, sede del Primate di tutta l’Inghilterra.  Quando entriamo è il volume degli spazi  ad impressionarci e lo stile lineare e pulito, che ad un primo sguardo la fanno sembrare quasi vuota.

Meravigliosa la sala capitolare ottagonale.

Corriamo poi ancora tra i vicoli del centro medioevale, facendo alcune piccole spese e partiamo. Questa volta il viaggio finisce davvero a Londra : approdiamo al nostro Christal Palace Campsite  dove ci fermeremo ancora qualche giorno, in totale riposo, che ci serve  per affrontare il trasferimento Londra/Como (1215 Km.).  La Jessica corre a prendere la metropolitana per casa.

Al Christal Palace Campsite oramai siamo di casa : all’ingresso ci riforniscono di acqua e di gettoni per la lavatrice (oramai improrogabile). Gabriele è identificato come   Mr Mattarelli, the Man with the Rainbow Braces (l’Uomo dalle Bretelle Arcobaleno) : forse lo hanno registrato così anche alla reception .    E con la fine del viaggio iniziano le lavatrici : accogliamo numerose signore campeggiatrici che vengono sorridenti a chiedere informazioni sull’uso delle lavatrici del campeggio e consigli di lavaggio a Mr. Raimbow Braces che si aggira soddisfatto e comodamente abbigliato con pantaloni retti da bretelle sgargianti, maglietta bianca (infilata dentro), calzini bianchi e ciabattine nere di gomma  ….   Nonostante ciò le signore inglesi mostrano una evidente ammirazione per un soggetto di sesso maschile in grado di completare diversi tipi di lavaggio .

Solite dimostrazioni di affetto e rilassamento da parte dei nostri amici all’arrivo a casa.

Come si dice : alla prossima !!!!

Ultime foto (giuro) di varie cartelle raminghe….

SCOZIA. Agosto 2022. Capitolo 3.

Glasgow , Falkirk The Kelpies, Falkirk Wheel

Mercoledì 3 agosto 2022 . Partenza al risveglio per macinare gli ultimi chilometri che ci separano da Glasgow (con i suoi 650.000 abitanti, la più grande città della Scozia).  Ad un semaforo ci accolgono alcuni murales, tra i quali il ritratto iconico di Mackintosh attualizzato da una mascherina anticovid.   Parcheggiamo senza problemi nel grande parcheggio di King Street, a St.Enoch e partiamo immediatamente per la visita alla città : continua a piovere e c’è vento. Abbiamo fatto un programma militare e cercheremo di vedere la città con i suoi luoghi iconici, le opere di street art famose sparse in tutto il centro, i luoghi di Charles Rennie Mackintosh ….

Cominciamo a respirare l’atmosfera della città e ci dirigiamo decisi verso la Cattedrale, Mentre percorriamo la salita nella zona universitaria siamo circondati dai palazzi in pietra rosso scura ed iniziamo ad avvistare alcune delle opere di street art : una stazione spaziale che decolla su un moderno grattacielo, una mamma che tiene in braccio il piccolo figlio dedicata a St. Enoch, l’immagine di un benevolo vecchietto con la cuffia che vuole essere un omaggio a San Mungo.  

Questi due murales, enormi , ci conquistano ; sono di Smug (traduzione : soddisfatto di sé) , Sam Bates. Per chi come me sia interessato all’argomento :

Mural Trail : Home Page (citycentremuraltrail.co.uk)

https://youtu.be/YJjQt3ENmEM

https://youtu.be/wFZN5XQYy9w

Arriviamo alla Glasgow Cathedral , salutando la ragazza che gestisce il più piccolo bar del mondo ricavato da una delle vecchie cabine blu della polizia che consentivano di ripararsi dalla pioggia ; in realtà ne avvisteremo tante altre in giro per la città . La Cattedrale è dedicata al patrono e fondatore della città San Mungo, costruita tra il 1136 e la fine del Quattrocento in stile gotico. 

Entriamo poi nel viale di accesso alla Necropoli, antico cimitero monumentale in stile vittoriano della città  che si arrampica sulla collina dietro la Cattedrale. Ospita 50.000 sepolture, ma solo 3500 hanno una loro pietra tombale, alcune di carattere monumentale e di grandi artisti. All’inizio del 1800 si iniziò a pensare alla costruzione di cimiteri municipali, mentre sino ad allora le sepolture venivano accolte nel cortile delle chiese.  Venne inaugurato nel 1833 ; vi si accede dalla cattedrale attraversando un ponte che scavalca il Molendinan Burn, diventato popolarmente noto come Ponte dei sospiri . La disposizione delle sepolture è informale e apparentemente casuale, ed i vialetti che si formano sono irregolari e convergono alla sommità della collina .  E’ stata  descritta come “una città dei morti”, forse anche perchè è uno dei pochi cimiteri a conservare i dati dei defunti (età, sesso, professione, causa del decesso). 

Per approfondire :

Glasgow Necropolis: image and memory

 

Scendiamo poi nuovamente verso il centro città, attraversando una zona universitaria, per arrivare all’enorme George Square , popolata da una serie di statue che osservano la città da alti piedistalli ; e su uno di questi cavalieri , il duca di Wellington, è comparso un dissacrante cono stradale a strisce bianche e rosse, finito al centro di dibattiti politici e interpellanze contrapposte, tra i sostenitori (oramai era diventato un simbolo dello spirito innovativo della città) e i detrattori (con piani per impedire ai coni di finire sul capo dei propri personaggi storici, richiesta di divieti municipali, innalzamento dei basamenti…) , fino ad una petizione online sottoscritta da migliaia di persone per sostenere che il cono sul capo del Duca è oramai entrato a far parte del panorama urbano di Glasgow, forse a imperitura memoria delle sue famose bevute notturne.   

Arriviamo quindi nella bellissima Buchanan Street, Princess Square con le belle Princess Galleries (bell’edificio liberty con cupola in metallo e vetro, e una giungla di ascensori e scale mobili) ed alle Buchanan Galleries piene di gioiellerie con vetrine scintillanti di centinaia di diamanti in sconto al 50% (dubitiamo). 

Pranziamo, con un tè del pomeriggio acompagnato dai consueti  tramezzini tortini paste scones burro e marmellata, alla imitazione delle Willow Tea Rooms : bella ma imitazione (infatti non porta il nome del famoso architetto, anche se ne imita perfettamente gli stilemi, in particolare gli arredi con le sedie nere con gli schienali alti a grata, e le declamate foglie di salice alle pareti, le cineserie).  Però il pranzo non è male e, vista l’ora, ci rianima .

Continuiamo a passeggiare per la città, verso la Royal Exchange Square , dove avvistiamo un altro cavaliere con il cono in testa di fronte alla Gallery of Modern Art  (GoMA) dove entriamo per una breve visita : bella la scala ovale, la mezza cupola liberty in vetro, l’atrio con le pareti a specchio che amplifica gli spazi.   

Andiamo poi a cercare il  Lighthouse , un edificio spettacolare progettato da Mackintosh con la sua caratteristica torre simile ad un faro, sede del Centro di Disegno ed Architettura : fu costruito nel 1895 e fu il primo commissionato all’architetto inizialmente per il Glasgow Herald.

Andiamo poi alla affannosa ricerca delle vere Willow Tea Rooms interamente progettate da Mackintosh e riusciamo a visitare il centro di documentazione, ma scopriamo amaramente che dopo aver ascoltato la storia e la descrizione di tutto l’edificio, le visite per oggi sono chiuse. Commissionate nel 1903 da Kate Cranston, intraprendente imprenditrice che fondò tre sale da tè per le signore che si recavano in città per fare compere ; una delle poche sostenitrice contemporanea dell’architetto, gli affidò la ristrutturazione completa di un edificio in Sauchiehall Street, completa di arredi e complementi (inferriate, boiserie, stucchi, porte, tende). Prendendo ispirazione dal nome della via (viale del salice) , scelse la foglia del salice come tema dominante per dare uniformità all’intera struttura.   Chiuse per più di 50 anni , sono state riaperte nel 1983, e nuovamente chiuse nel 2016 per un intervento di recupero attentissimo al progetto iniziale,con ricerca FURIBONDA dei pezzi originali rimasti , magari in giacenza in alcune cantine (come il camino della sala donne). Rappresenta in pieno le idee dell’artista e contiene i suoi stilemi fondamentali : la gestione geometrica dello spazio  quasi ossessivamente scandita da intervalli regolari e simmetrici, l’utilizzo della luce e del vetro per esaltare i colori, il riferimento ad elementi naturali stilizzati (foglie, fiori, uccelli), o a forme geometriche ricorrenti (il quadrato, l’ovale, la sfera, il concavo e il convesso), l’utilizzo delle griglie per la costruzione degli arredi…. Non possiamo perdere la visita di uno dei capolavori di uno dei maestri del Liberty inglese, che ha condizionato anche lo sviluppo del movimento negli Stati Uniti.  Per cui prenotiamo per domani mattina.

Ci dirigiamo poi ai Botanic Gardens con le sue splendide serre vittoriane dove ammiriamo un bosco di felci secolari e un giardino di piante carnivore. 

Cerchiamo poi la Glasgow School of Art, progettata da Mackintosh, che si trova al culmine di una delle colline più alte della città : visitiamo l’atrio attualmente in utilizzo, ma l’ingresso e la struttura principale sono attualmente chiusi e sottoposti ad un importante intervento di ricostruzione (da oltre 30 milioni di sterline) a seguito di un gravissimo incendio che le hanno distrutte nel  2014 e nuovamente nel 2018 ; la ricostruzione è finanziata con il contributo governativo, di privati, di molti artisti di fama mondiale che si sono mobilitati per ricostruire questo capolavoro, di cui ho recuperato alcune immagini storiche.

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwiS746TyPmFAxW27bsIHZSIA7gQFnoECBoQAQ&url=https%3A%2F%2Ftg24.sky.it%2Fmondo%2F2018%2F06%2F16%2Fglasgow-incendio-scuola-arte&usg=AOvVaw059uvk-vntKTYOYW9jqQKK&opi=89978449

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwiS746TyPmFAxW27bsIHZSIA7gQFnoECDsQAQ&url=https%3A%2F%2Filmanifesto.it%2Finferno-di-fuoco-alla-glasgow-school-of-art&usg=AOvVaw08jF1r6c9rLXbsdSezVERE&opi=89978449

Rientro in camper stremati, dopo aver cercato gli ultimi murales, con i piedi in fiamme.  Però ha smesso di piovere. Buonanotte.

Giovedì 4 agosto 2022.   Altra giornata campale, dedicata al genio a lungo incompreso di Mackintosh : oggi però il cielo è azzurro e la luce ci regala un’altra atmosfera, illuminando tutti i colori di Glasgow ed il rosso dei suoi palazzi.   Alle 9 puntuali come orologi svizzeri iniziamo la giornata finalmente con la visita alle vere Willow Tea Rooms, che non deludono le aspettative.  La semplicità, le linee che dividono lo spazio, i dettagli dai colori brillanti, i temi decorativi che si ripetono con fluidità hanno quasi un andamento ritmico, musicale, armonico.  La sala da tè a piano terra per tutti i clienti, con il suo bellissimo lampadario centrale incastonato in due cancelli incrociati ; i camini essenziali e purissimi. La sala da tè prosegue alla balconata del piano rialzato che occupa solo la parte posteriore del locale e lascia passare la luce dalla vetrata del soffitto . La piccola sala per le signore al primo piano, per una clientela selezionata,  toglie il fiato : un tributo alla luce e all’acqua, che sembra sgorgare anche dalle pareti in piccole goccioline rugiadose tra la seta color perla. La cornice fatta di specchi sembra scrosciare sulla parete e fornisce un riflesso poetico dell’osservatore. La porta di ingresso è bellissima, i due lampadari stupefacenti : mentre tutti i maestri vetrai cercavano di eliminare le bolle nel vetro, Mackintosh le cerca e le sfrutta per creare giochi di luce evocativi. Al secondo piano la sala per gli uomini è scura ed appare più semplice ed austera, anche se i dettagli decorativi riportano tutti all’alfabeto dell’architetto.

Il progetto è totale : la struttura, gli spazi, le vetrate, le ceramiche, le decorazioni, gli arredi, le suppellettili, tutto è coerente, ritmato, geometrico, musicale, luminoso. E risuona, riluce, cattura.

Terminiamo grandiosamente la visita con una colazione-pranzo (all’inglese) : essendo i primi clienti della giornata ci accomodiamo nella struttura centrale della sala da tè.  Una gioia di tutti i sensi, uno di quei momenti perfetti che non potremo mai dimenticare : sembra proprio che l’armonia che ammiriamo all’esterno ci penetri nell’anima .

Siamo quindi pronti per affrontare la seconda tappa della giornata : ci dirigiamo verso la University Avenue. A sorpresa, capitando di fronte all’entrata aperta, facciamo una rapida incursione nella Glasgow University, che meriterebbe una intera giornata per una visita seria. Riusciamo però a carpire alcuni colpi d’occhio che ci serviranno … per la prossima volta ! 

Di fronte alla Università c’è la seconda meta della nostra giornata : la Hunterian Gallery, che visitiamo, soprattutto per entrare nella  Mackintosh House dove ha espresso al massimo livello il suo genio creativo. La casa è stata completamente ricostruita in una struttura di cemento (che sporge esternamente dal volume del museo, con due bowindow estranei alla restante volumetria geometrica) , dove sono stati inseriti gli arredi originali ; dall’esterno è possibile osservare anche la porta di ingresso.  La linearità e semplicità apparenti nascondono una poesia, un’anima silenziosa ma percepibile e attraente.  Ogni sedia ed ogni poltroncina sempre diverse ma coerenti, ogni intaglio illuminato da un vetrino colorato, tutto irrompe da uno spazio bianco luminoso,  ed ogni cosa parla lo stesso linguaggio.  Io e la Jessica siamo completamente rapite.

Al termine della visita recuperiamo gli zaini : ancora rapita dalla visita, mentre scendo la scala che conduce al sotterraneo, perdo una ciabatta che cade nella tromba delle scale ed inizia una impressionante parabola di caduta in verticale con un’energia  incomprensibile ed un equilibrio impressionante : dopo un volo di tre piani alti che le fa acquistare una certa accelerazione  cade piatta con un tonfo che rimbomba fragorosamente… una deflagrazione.  Gli attimi della caduta sembrano un misto tra oggi le comiche e un film dell’orrore con visioni di persone tramortite sul fondo : si tratta di quegli attimi che sembrano eterni, durante i quali riesco a vedere  le facce sbalordite della Jessica e di Gabriele che – all’altezza del primo piano- osservano il volo discendente della ciabatta come al rallentatore  e iniziano a ridere.  Per un attimo penso di aver ammazzato qualcuno : ma avrebbe fatto meno rumore. 

Attraversiamo il quartiere adiacente all’università, molto elegante, con bellissime abitazioni, bowindows dove vorresti sedere a leggere un libro sulle belle poltroncine illuminate dal sole tra le piante verdi, giardini delicatamente fioriti…. Arriviamo alla stazione della metropolitana (che a Glasgow ha solo due linee che corrono vicine, una in senso contrario all’altra ; il sistema di chiusura delle porte non è automatizzato nel senso che è l’autista che si affaccia dal finestrino e chiude le porte quando tutti sono saliti ) e corriamo nel Southside, il quartiere a sud del fiume Clyde,  dove all’interno dell’Art Park nel 1989 è stata costruita la House for an Art Lover, seguendo il progetto originale di Mackintosh del 1901.  L’edificio ha l’intento di stimolare l’interesse per l’arte, il design e l’architettura : vi si organizzano anche eventi pubblici o privati.  Il corridoio monumentale è scuro, con nicchie che fiancheggiano le finestre per conversazioni private ; vediamo poi la Oval Room sala destinata al riposo delle signore  (Mackintosh ritiene che chiacchiere, relax e concentrazione necessitino di spazi diversi per uomini – spazi scuri – e donne – spazi bianchi e pieni di luce ) : infatti la stanza è bianca, e tutto segue le sue linee ovali e morbide, con due nicchie ai lati di una enorme finestra illuminata dal sole ; arriviamo poi alla Music Room, una enorme sala destinata a feste, con enormi porte finestre convesse illuminate dal sole e una bellissima balconata dalla quale ammirare lo splendido giardino , che con i suoi elementi stilizzati vuole ricordare una radura tra gli alberi , con il pianoforte contenuto in un grande letto a baldacchino ; si finisce poi con la Dining Room di nuovo scura .     Tutto molto bello, ma un po’ impersonale e “da cerimonia”, poco famigliare: gli spazi così dilatati tolgono (o sono in contraddizione) con l’ intimità e la semplicità (del tutto apparente) che è uno dei caratteri che amo di più in questo architetto … 

Per finire la visita facciamo un pranzo-merenda nel patio : ottima zuppa del giorno e ottimo avocado toast.  Con un bel male ai piedi torniamo al nostro camper in bus e salutiamo Glasgow .

Ci dirigiamo verso Edimburgo e ci fermiamo circa a metà strada , a Falkirk , per ammirare i Kelpies, enormi sculture di Andy Scott del 2014 che si innalzano sul verde del parco The Helix . Raffigurano due teste di cavallo che escono dall’acqua e si innalzano sulla pianura imbizzarrite. Sono alte oltre 30 metri e pesano 600 tonnellate.  La loro fama deriva da una leggenda popolare celtica : rappresentano degli spiriti maligni che infestano i laghi e i fiumi della Scozia.    Lo scopo principale di questi demoni acquatici  è quello di ingannare e “sedurre” poveri e ignari viandanti per condurli verso il loro terribile destino, il fondo del lago.   I cavalli sono i più cattivi: si racconta infatti che se gli spiriti assumono le sembianze di cavallo, una volta saliti sulla loro groppa, sia impossibile scendere ; la vittima resta incollata alla schiena del Kelpie senza avere via di fuga, viene inabissata nelle acque del lago, dove poi il malvagio cavallo la divorerà.  La leggenda è abbastanza terribile, ma lo spettacolo che regalano queste due sculture è davvero impressionante : le due enormi teste ti osservano con fierezza e aria minacciosa. Un po’ di ansietta e di emozione, ai loro piedi, sono garantite.    

Troviamo infine campeggio a The Wheel caravan park : in mezzo alla campagna dopo uno sterrato circondato da pascoli pieni di calessi e cavalli, troviamo una sbarra solitaria . Chiamiamo il numero di telefono indicato e ci risponde gentilmente il sig. Hoggy che ci riferisce il codice di ingresso e dice che verrà a conoscerci più tardi ; il camping è spartano (quasi il set di un film western) , l’ambiente decisamente rurale, con baracche probabilmente costruite dallo stesso sig. Hoggy , ma tutto sommato ha tutto ciò che serve.  All’ingresso dell’area di parcheggio vediamo un cartello che indica – in aperta campagna- il sito di atterraggio degli UFO.  La Jessica commenta : “siamo in mezzo al niente nelle baracche di un pazzo”. Ci sono però molti camper parcheggiati, per cui decidiamo di fermarci.  La doccia, alloggiata in una capanna di legno piena di spifferi , è scrosciante e calda, decisamente una delle migliori mai fatte in un campeggio,  e mi consola della brutta esperienza di Inverness.  Mentre stiamo cenando mr. Hoggy bussa alla nostra porta : ci appare un signore alto e magro con barba e capelli lunghi e bianchi, cuffia di lana in testa e giaccone pesantissimo. Sembra uscito dal film “Il signore degli anelli”; ha una espressione cupa, concentrata e serissima e molto misteriosa. L’odore che diffonde ci dice che è appena tornato dalla cura di (molti) animali.   La Nina, quando si accorge della sua presenza con almeno 30 secondi di latenza, inizia incomprensibilmente ad abbaiare furiosa e devo tenerla, spaventando il sig. Hoggy che la guarda preoccupato aumentando il livello di tensione, che diventa spessa e percepibile.  Si informa dei nostri programmi di viaggio e con ponderata lentezza ed espressione serissima ci consiglia di non portare il camper a Edimburgo : ci dice che sarebbe meglio lasciarlo nel suo campeggio ed andare in treno che ferma in centro ; ci penseremo, ma la distanza della stazione più vicina (tre chilometri di strada in aperta campagna), ci dissuade rapidamente. Riscuote il parcheggio notturno e fissandomi intensamente negli occhi ripete che verrà dopo per il regalo. Mentre aspettiamo che ritorni ci interroghiamo dubbiosi – e anche un po’ preoccupati- su cosa possa essere questo fantomatico regalo e iniziamo a pensare che non vorremmo sparire nel nulla rapiti dagli UFO.   Quando bussa nuovamente alla porta c’è un attimo di terrore ; apro la porta e mi saluta nuovamente. Mi porge un biglietto dicendo : il regalo per voi.   Il biglietto è la riproduzione di un quadro naif raffigurante un contadino che passeggia di fronte ad una baracca di legno : un autoritratto direi.   Non è un biglietto di sola andata per Marte, per cui sono sollevata e grata : gli sorrido e lo ringrazio calorosamente. .   Anche perché il posto naturale di questo biglietto – a noi giunto nelle campagne scozzesi intorno a Falkirk attraverso i misteriosi appuntamenti del destino – è esattamente sopra gli altri due che decorano la parete della dinette del nostro camperone Biagio : per dimensione e colori veramente viene da pensare che sia il frutto di una intuizione sovrannaturale : neppure a farlo apposta sarebbe stato così bene.  Meravigliato del mio entusiasmo, anche la sua espressione tesa e preoccupata si distende. Con espressione serissima ed ipnotica inizia quindi a spiegarci che il mattino successivo potremmo approfittare della splendida – e praticamente unica – occasione di fare un giro in calesse con lui, per visitare il sito di atterraggio degli UFO.   Ringraziamo dell’offerta, che però non possiamo accettare perché oramai i nostri giorni di vacanza stanno per finire.   La conversazione, interrotta da saltuari risvegli della Nina che continua ad abbaiare minacciosa, si conclude rapidamente con i saluti. E il sig. Hoggy, così come è apparso, scompare dietro la porta del nostro camper : rimarrà però uno dei nostri pensieri più belli e preziosi di questa vacanza.   Buonanotte.

Venerdì 5 agosto 2022 .   Partiamo presto per visitare rapidamente la Falkirk Wheel, da cui il nome del campeggio di mr. Hoggy.   Ambizioso ed innovativo progetto inaugurato nel 2002 per  collegare i due canali di Falkirk (Union e Forth Clyde) con un’ascensore rotante per barche  : consiste in due enormi artigli che agganciano un tratto di canale semicilindrico contenente acqua ed imbarcazione galleggiante e, ruotando, lo sollevano o abbassano portandolo al livello del canale sovra/sottostante, per un dislivello di 35 metri.  Il meccanismo funziona con un ridotto consumo energetico (cioè l’energia necessaria per far bollire l’acqua per otto volte in un bollitore elettrico), in quanto la spinta per il movimento di rotazione deriva in buona parte dal contrappeso opposto a quello della barca (sull’artiglio opposto viene caricata una equivalente quantità di acqua).  A questa opera ingegneristica si abbinano varie attività turistiche, comprese le gite in barca per provare il giro dell’ascensore. 

 

 

 

Ultime foto recuperate in varie cartelle sparse …. 

SCOZIA. Agosto 2022. Capitolo 2 .

North Coast 500, Loch Maree, Glen Dockerty, Gairloch, Inverewe Gardens, Ullapool, Lochinver, Cloahtoll, Keoldale, Cape Wrath, Faraid Head, Smoo Cave, Tongue, Inverness , Fort Augustus.

Venerdì 29 luglio 2022.  Ripartiamo da Skye e salutiamo ancora l’Eilean Donan Castle : oggi iniziamo ad avventurarci sempre più in alto lungo la mitica North Coast 500 (500 miglia e circa 800 chilometri) sotto un cielo azzurrissimo : la mitica strada che segue il percorso litoraneo del territorio delle Highlands. E’ stata definita come “la risposta scozzese alla Route 66” ed è stata creata nel 2014 per favorire la conoscenza di questo territorio selvaggio e spettacolare.  Anche non sapendolo, se si  viaggia nelle Highlands si percorre questo tracciato, che non ha molte alternative ( a parte piccoli sentieri per il trekking).  La bellezza del paesaggio è decisamente aumentata dalla quasi totale assenza di attività umane, sempre più evidente mano a mano che si procede verso nord  : percorriamo decine e decine di chilometri senza incontrare alcuna abitazione o struttura ; non ci sono cavi elettrici…   A perdita d’occhio solo colline, rilievi, avvallamenti, montagne, acque, fiori e vegetazione, cielo, nuvole e vento, in composizioni sempre diverse e abbaglianti.   Poi – immersi in questi paesaggi grandiosi – ogni tanto improvvisamente compare una casetta bianca appoggiata su uno scoglio ad osservare il mare, o un grande albergo in pietra grigia e silenziosa, o piccole fattorie circondate dai boschi, con animali che ti guardano intensamente senza scappare.  

Dal sito di Visit Scotland : Nulla è paragonabile alla libertà che si prova su una grande strada aperta. Strade secondarie senza fine, ampi tracciati tortuosi e percorsi misteriosi attraverso alcuni dei più splendidi paesaggi costieri della Scozia: queste sono solo alcune delle attrattive che potete aspettarvi dalla North Coast 500, la versione scozzese della Route 66.   La North Coast 500 è molto più di una semplice strada: è l’ultima sfida di un ciclista, un sogno per gli escursionisti in collina, un parco giochi per kayakisti, un paradiso per i nuotatori selvaggi; è un’abbondanza di ampi spazi aperti, sede di alcune delle migliori spiagge della Scozia e uno dei posti migliori nel Regno Unito per gli osservatori del cielo notturno. E il modo migliore per esplorare il paesaggio meravigliosamente aspro delle North Highlands è rallentare, impostare la base e fuggire all’aria aperta.        Allacciate le cinture e partite per il viaggio della vostra vita.

Attraversiamo Lochcarron e – dirigendoci a Kinlokewe – ammiriamo lo splendido panorama del Loch Maree (lock: lago) e del Glen Dockerty (Glen : valle montana profonda e stretta).   Facciamo colazione in uno splendido angolino affacciato su una baia sabbiosa del  loch Maree – lungo 20 km. – circondata da felci ed erica.    

Ed infine approdiamo a Gairloch , dove non possiamo non sostare : rimaniamo abbagliati dall’immensità della spiaggia dorata e dai mille colori del mare che si apre improvvisamente di fronte ai nostri occhi . Ci dispiace non aver portato il costume da bagno insieme alla giacca a vento… Anche la Nina apprezza il luogo e si scatena in corse velocissime in spiaggia : alla fine sorride felice lasciandosi spettinare dalla brezza fresca. 

Ci dirigiamo poi a Poolewe, a pochi chilometri, per visitare gli Inverewe Gardens : una dozzina di giardini, collegati da una labirintica rete di sentieri, che – alla stessa latitudine di Mosca o della Baia di Hudson beneficiando della corrente del Golfo – ospitano raccolte di piante provenienti da paesi lontani (Cile, Tasmania, Cina, Himalaya, Sud Africa, Nuova Zelanda) grazie alla passione del fondatore Osgood Mackenzie’s che ereditò la tenuta dal patrigno nel 1862.   Il suo lavoro fu proseguito dalla figlia Mairi Sawyer, che alla sua morte lo cedette al National Trust nel 1951.   “Un paradiso nato dal sogno di un padre e di una figlia . che hanno creato un giardino sul lago in mezzo ad una natura selvaggia e sterile sulla costa atlantica delle Highlands nord occidentali”.   Il giardino sottomarino di Inverewe è un luogo speciale anche per la fauna marina, perché contiene una vasta area protetta di letti di maerl , la barriera corallina scozzese.

Dal sito della Scotland’s Nature Agency . Il maerl vivente è un’alga dura viola-rosa che forma “tappeti” sottomarini appuntiti sul fondo del mare, noti come “letti maerl”. Come tipo di alga “corallina”, il maerl deposita il calcare nelle sue pareti cellulari mentre cresce, creando uno scheletro duro e fragile.  Le famose spiagge bianche della Scozia occidentale non sono fatte di corallo ma di frammenti di maerl morto, schiacciato dalle onde e sbiancato dal sole. Le aggregazioni di maerl viventi non attaccati sono spesso chiamate “rodoliti”.

Le due specie comuni scozzesi di maerl sono difficili da distinguere:

  • Phymatolithon calcareum è molto diffuso
  • Lithothamnion glaciale è più settentrionale nel suo areale

Sulle coste aperte esposte ad alcune onde, il maerl cresce come dischi appiattiti. Dove c’è meno azione delle onde, spesso forma noduli densi, ramificati e spinosi fino a 10 cm di diametro.  In molte zone della costa occidentale, e nei laghi marini si restringono, ampi letti di maerl vivente si sviluppano sopra una profonda ghiaia di maerl bianco morto. Questi letti di maerl sono un habitat importante per molte piante e animali marini più piccoli (bivalvi, ricci,cetrioli di mare, anemoni,worms).    Le giovani capesante in particolare cercano letti maerl viventi come aree di asilo nido. Proteggere i letti di maerl aiuta quindi a sostenere la nostra industria della pesca delle capesante. Tuttavia, il dragaggio delle capesante ha dimostrato di causare danni significativi ai letti di maerl e alle loro specie associate.  Fragile e a crescita lenta, il maerl può infatti essere facilmente danneggiato da dragaggi, ancore pesanti e catene di ormeggio. Si prevede che Maerl sarà influenzato negativamente dall’aumento delle temperature e dall’acidificazione degli oceani causati da cambiamento climatico.

I letti Maerl sono un Caratteristica marina prioritaria, un Habitat BAP del Regno Unito e un OSPAR habitat minacciato e in declino.   I letti Maerl sono protetti in 11 località in tutta la Scozia.  

https://youtu.be/l1pepeMWs6Y

https://youtu.be/enK29eQ2p90

Concludiamo la visita alla House dove si respira ancora l’atmosfera dei primi anni del novecento e si intuisce la passione dei proprietari per il contatto diretto con la natura, e al favoloso orto-giardino affacciato sul mare dove vorremmo davvero tutti vivere, circondati da fiori, frutti ed ortaggi.  Nel gennaio 2022 l’uragano Corrie ha purtroppo distrutto il bosco di rododendri e sradicato 70 alberi (il più grande pino scozzese del giardino, eucalipti, abeti ) che giacciono ancora con il loro piano di radici divelte, causando danni ingenti, ancora sotto i nostri occhi.

Riprendiamo il viaggio ed arriviamo ad Ullapool (1300 abitanti circa), il più importante centro abitato del nord ovest , che sorge su una riparata lingua di terra che si allunga nel  Loch Broom, che in realtà non è un lago ma un profondo fiordo. Entriamo in campeggio sotto un cielo grigio/nero ed una sottile pioggerellina. Dopo le rapide operazioni di cura del camper e di noi stessi, corriamo – vento in poppa – verso la nostra agognata cena di pesce (non fish and chips però) a cui stiamo pensando dall’inizio della vacanza. Il grande piatto di pesce da condividere, le cozze, la golosa soup of the day alle patate dolci arancioni da Seaforth, dove occupiamo gli ultimi posti.   Tutto ottimo, proprio come le cose a lungo desiderate….

Arriviamo in camper giusti giusti per non bagnarci troppo : camomilla e buonanotte…

Sabato 30 luglio 2022.   Dopo i bagordi serali facciamo una colazione molto leggera e partiamo con l’entusiasmo nelle vene, per affrontare il tratto spesso descritto come il più spettacolare delle Highlands .    Il percorso con le strade più difficili , quasi tutte one way strette/strettissime (non idonee per i mezzi superiori a 8 metri) con frequenti passing place (di lunghezza inferiore a 8 metri appunto) : e qui più diventa difficile, più diventa bello …   Nonostante il tempo piovigginoso e le nuvole che a tratti -con la bruma- nascondono il paesaggio, non saremo affatto delusi.   Le stradine sono molto caratteristiche, e scendono impavide in mezzo alle montagne, si arrampicano coraggiose su colline e scogliere,  con curve continue dettate dalle necessità del territorio, e riescono a stringersi tra muretti ed alti argini oltre ogni ragionevole previsione. (prime tre foto da internet).   Ci dirigiamo verso Lochinver tenendo la stradina costiera  : incontriamo sul nostro percorso centinaia, migliaia (forse milioni) di pecore, che pascolano libere e circolano anche loro sulla North Coast con diritto di precedenza assoluta ( e iniziano a saltellare anche nei verdi prati della nostra immaginazione quando andiamo a dormire) : incontriamo ogni genere di segnalazioni rudimentali che allertano sulla loro presenza.  E ci chiediamo in continuazione dove abita chi le accudisce : sono infatti tutte rasate e in salute.   Ogni tanto incontriamo una piccola fattoria dalla forte identità : non può che essere scozzese….

Arriviamo a Lochinver – che segna il momentaneo ritorno alla civiltà –  in tarda mattinata giusti giusti per un giro in paese :  con i suoi 600 abitanti è un villaggio con una atmosfera molto tranquilla, ed uno dei porti pescherecci più attivi della Scozia (le sue grandi strutture occupano praticamente mezzo paese, e si elevano sul resto del paese in modo un po’ impressionante.  Arriviamo al Lochinver Larder, superchiosco che produce eccezionali sformati fatti in casa, con ripieni molto particolari : carne, verdure, castagne, mele, mirtilli.   Alcune delle sue pie sono state premiate –meritatamente- come le migliori della Scozia .    Pranzetto delizioso in camper, affacciati alla baia sferzata da un bel vento gelido.

Proseguendo verso nord, sempre sulla litoranea, arriviamo a Cloahtoll, una spiaggia sferzata da un vento gelido che ci costringe a metterci tutte le felpe e giacche in nostro possesso ; l’acqua è azzurra e sembra uscita da un quadro di Turner, la sabbia bianca, le rocce rosse o scure raccontano che è passato un attimo dall’ultima eruzione vulcanica o dall’ultima glaciazione. Scende una pioggerellina fine e battente, che sembra provenire da ogni dove : nonostante ciò qualche ragazza coraggiosa si toglie il piumino e fa il bagno (con la muta).   Alcuni cartelli ci avvisano di tenere i cani al guinzaglio e di fare attenzione alle carcasse di uccelli, perché probabilmente colpiti dall’influenza aviaria.  Da qui in avanti avvisteremo infatti alcuni resti di gabbiani, ma anche di splendide sule.  Contagiati dalla bellezza del posto, facciamo una passeggiata sulla scogliera, oltrepassando i cancelli che separano diversi pascoli e passeggiando su un prato spesso, soffice e imbevuto d’acqua. La pioggia ci costringe a rientrare in camper e riprendere il nostro percorso .  

Attraversiamo un alto passaggio in quota immerso nelle nuvole ; poi costeggiamo una miriade di ampi laghi pieni di ninfee ; ci addentriamo poi in un’ampia vallata immersi nel verde placido di alte colline digradanti ricoperte di brughiera ; poi alla destra della nostra stradina che inizia a scendere dolcemente si elevano tre monti ( il Ben Hope 927 m. ; il Ben Hee 873 m. ; il Ben More Assynt 998 m.) ; poi compare alla nostra destra l’ampio fondale sabbioso di un profondo fiordo oltre il quale si eleva un imponente massiccio roccioso, che costeggeremo per chilometri e chilometri ammirando i rivoli ondulati lasciati dalla bassa marea  sferzati dal vento, che ha portato via le nuvole e riaperto un cielo azzurrissimo.   Non sappiamo piu’ dove guardare, dove fermarci, dove andare … siamo veramente persi in questa grandezza , e qui nel silenzio e nello sguardo solitario a questo tutto,  sembra di ritrovare il richiamo più forte della nostra anima.

Arriviamo a Keoldale, località (non possiamo dire villaggio, perché sono presenti solo un piccolo parcheggio, una spiaggia, un albergo, un molo dal quale parte un barcone per escursioni a Cape Wrath)  posta all’inizio del promontorio costellato da spiagge di sabbia bianca affacciate su un mare che ha tutti gli azzurri e i blu del mondo ed appoggiate su alte dune sabbiose ricoperte di vegetazione. Decidiamo di fermarci per la notte e ammiriamo la risalita della marea che riempie rapidamente i chilometri e chilometri del fiordo.   Passeggiamo nella spiaggia dove avvistiamo una beccaccia di mare ed un piccolo spioncello marino e arriviamo al piccolo molo dove partono i barconi per traghettare il fiordo e fare escursioni guidate a Cape Wrath.   Lo sperone roccioso che delimita l’altro lato del fiordo è un’area di esercitazioni militari : un cartello ci informa che domani non sono previste attività di bombardamento, per cui decidiamo di fare l’escursione . 

Ci troviamo nel North West Highlands Geopark, che fa parte di una rete di oltre 240 aree di rilevante interesse geologico, riconosciute dall’UNESCO, e in particolare in una tappa della Pebble Route 4 (la strada delle pietre numero 4).   Il fiordo comprende anche l’estuario del fiume Dionard , e questa particolare conformazione lo rende l’ambiente ideale per la pesca al salmone.  La struttura del terreno (arenaria cambriana) lo ha reso un suolo fertile, adatto per attività agricole e pastorizia.  Ci troviamo infatti nel territorio della fattoria Keoldale, una delle più estese della Scozia (che contiene anche un insediamento dell’età del bronzo) ; verso le 21 un anziano rappresentante della stessa bussa alla nostra porta e ci chiede di pagare il contributo per il  parcheggio notturno (15 sterline), rilasciandoci regolare ricevuta scritta con calligrafia tremolante.

Quando il fiordo è oramai stato completamente riempito dall’acqua che risale dal mare, inizia lo spettacolo del tramonto, con il sole che si tuffa letteralmente dietro Cape Wrath continuando a lanciare raggi luminosi nel cielo, mentre sopra la collina dietro di noi si deposita -come una immensa e soffice coperta- una enorme nube lenticolare che diventa sempre più rosa .

Domenica 31 luglio 2022 . Risveglio a Keoldale : ci spostiamo subito nel parcheggio del piccolo molo dove aspettiamo il barcone che ci porterà a Cape Wrath.  Sulla nostra carta geografica il luogo viene contrassegnato con le parole “Danger Area”, per la presenza di forze militari (di aria , di terra e di mare contemporaneamente) che fanno esercitazioni (bombing) su bersagli colorati dislocati nel territorio, con un calendario abbastanza fitto (le esplosioni si sentono chiaramente fino al vicino vilaggio di Durness. . Dopo una bassa marea notturna, siamo nuovamente in alta marea .   Il barcone è una enorme vasca di metallo che ci porta alla partenza del pulmino dove un

Visitiamo quindi Cape Wrath, promontorio selvaggio di proprietà del Ministero della Difesa, area di addestramento militare e di “tiro vivo” , di 280 Km. Quadrati, che comprende le più alte scogliere dell’isola britannica, protese verso l’oceano Atlantico : qui siamo più vicini all’Islanda che a Londra , e la prima terra che incontreremmo se ce ne andassimo via mare verso ovest sarebbe la Groenlandia.

Da Wikipedia .
Le rocce sono composte da arenaria torridoniana e gneiss lewisiano :  salgono a 281 metri sul livello del mare e includono le scogliere più alte sulla terraferma britannica a Clò Mòr a circa 4 miglia (6 km) a est del promontorio ; vicino alla costa si staccano alcuni  faraglioni, come Stac an Dùnain al promontorio stesso e Stac Clò Kearvaig a est noto anche come “La Cattedrale” per l’aspetto di due guglie e una finestra naturale creata dall’erosione , con Duslic una barriera corallina circa 1,0 km a nord.   La sua posizione esposta a nord può dare origine ad alcuni livelli di sole invernale eccezionalmente bassi: nel gennaio 1983 ha registrato solo 38 minuti di sole, un minimo storico per la Scozia.  Questa posizione esposta, tuttavia, significa anche che il forte gelo è raro rispetto alle località interne. I forti venti possono essere una caratteristica delle condizioni meteorologiche al promontorio, con raffiche di 230 km / h.    Le scogliere intorno al promontorio sono un sito di nidificazione di importanza internazionale per oltre 50000 uccelli marini.  Il numero di uccelli marini nell’area ha visto un declino significativo all’inizio del 21 ° secolo con il numero di pulcinelle di mare in calo del 50%.   La vegetazione in cima alla scogliera in siti come Clò Mòr comprende lo scorbuto comune Cochlearia officinalis , l’erica Calluna vulgaris , il ginepro Juniperus communis e le felci ;  sono presenti una vasta gamma di habitat che includono dune di sabbia in cima alla scogliera al promontorio stesso e habitat montani trovati a livello del mare.       
Dal 2005 l’area è stata utilizzata come area di addestramento multiservizi ed è uno dei siti utilizzati nelle esercitazioni Joint Warrior, la più grande esercitazione militare europea, e da altre operazioni della NATO.  Questo utilizzo è consentito fino a 120 giorni all’anno, e di solito si svolge in primavera e in autunno, anche se i tempi possono essere imprevedibili. Il territorio è solitamente aperto al pubblico durante il periodo estivo e raramente si spara la domenica.    È l’unico posto nell’emisfero settentrionale in cui le forze della NATO combinano capacità terrestri, aeree e marittime in modalità assalto per manovre di addestramento, schierando ordigni fino a bombe da 1.000 libbre (450 kg).    Nel 2008 causarono un incendio che  interessò 140 ettari di terreno , che impiegarono oltre 10 anni per ritornare alle loro condizioni naturali .  Inoltre vengono espresse preoccupazioni sull’effetto delle esercitazioni militari sulla nidificazione degli uccelli marini, sulla salute delle pecore e dei residenti locali.  Inoltre nel 2002 una pioggia di proiettili cadde a soli 2 km dalle abitazioni, a 13 km. dall’obbiettivo.     Il promontorio è la meta finale di due sentieri : The Cape Wrath Trail (320 Km)   e lo  Scottish National Trail (740 kilometres).   Gli unici abitanti stabili del promontorio sono la famiglia Ure che gestiscono il bar Ozone vicino al faro (il più remoto d’Inghilterra), e due camere.   Una strada accidentata di circa 18 km collega il faro con il Kyle of Durness che è attraversato da un servizio di traghetti passeggeri che opera tra maggio e settembre.  La strada fu costruita come parte della costruzione del faro nel 1828 e, in alcuni punti, utilizza una serie di strade rialzate rocciose per attraversare torbiere e rivetti per mantenere un percorso lungo pendii ripidi. I materiali per la strada sono stati estratti localmente.  La strada è segnata da pietre miliari e attraversa i fiumi Allt na Guaille e Kearvaig su ponti ad arco temporanei.  La strada, la U70, passa per la frazione di Achiemore dove un check-point del Ministero della Difesa blocca l’accesso al promontorio durante le esercitazioni di tiro dal vivo.  Passa le fattorie di Daill e Inshore, dove il Ministero della Difesa usa le abitazioni, prima che una pista a destra colleghi la strada al vecchio borgo di Kearvaig, dove c’è una spiaggia e Kearvaig House che la Mountain Bothies Association ha convertito in un boothy. Margaret Davies, camminatrice lungo questi percorsi che vi si era rifugiata, è stata trovata lì quasi  morta di fame nel 2002. 
Margaret’s story.   Two weeks ago a 39-year-old artist was found starving in this bothy in one of the remotest parts of Britain. She later died in hospital. But what had she been doing there? Why hadn’t she gone for help? And why did no one else know she was here? Libby Brooks travelled to Cape Wrath in search of answers

Wednesday 18 December 2002 . The Guardian  .   All that remains of Margaret Davies’s stay in Kearvaig Bothy is a Woolworths bag stuffed with rubbish – mottled tea bags, Kit Kat wrappers and two empty packs of dried rations. On the windowsill where she left a note begging for food sits a jam jar of dried-out wild flowers in a stagnant inch of liquid. The cinders in the open grate are flaky and insubstantial, suggesting she may have been burning paper and other debris after running out of driftwood collected from the beach that borders this isolated stone cottage. And opposite the fireplace is the low, netted bed base where Davies lay, weakening, until her discovery 13 days ago. She died in hospital two days later.  We will never know conclusively what happened to the 39-year-old artist during her final weeks alone on the desolate Cape Wrath peninsula, the north-western tip of the British mainland, which takes its name from the old Norse hvarf, meaning “turning point”. She had told her parents, in Danbury, Essex, that she was not planning to return until after Christmas, and she had left gifts for her nephew and niece.    No one from the Sutherland area recalls seeing or speaking to her, and the last evidence of her travels was a bus ticket from Inverness dated September 25. It is believed that she was walking the Cape Wrath trail, an intensive two-week hike north from Fort William, and had camped out before retreating to the bothy. When the local constabulary removed the tent which she had pitched in a sheltered nook closer to the sands, they estimated that the heather beneath had been dead for three weeks.   A handwritten manuscript found beside her remains in police custody. Her mother Wendy believes that Davies, a prolific writer and painter, was working on a treatise on the nature of solitude, and had come to Cape Wrath to experience the intensity of isolation. But it is perplexing that the Cambridge-educated geographer and experienced traveller, who had trekked alone through Afghanistan, Nepal and the Ukon, should apparently fail to bring sufficient food and heating supplies. Notes found on the window of the bothy and by the bed begged passers-by to bring food. Although the authorities last week confirmed that they had found no suspicious circumstances surrounding Davies’s death, and dismissed press speculation that she had been a follower of Breatharianism, the Australian cult which advocates subsistence on fresh air and light, her passing remains a mystery.     “I’ve no idea what happened to her,” says Hamish Campbell, one of the shepherds who found Davies. “She had left that note on the windowsill and there were others by the bed. But usually people bring more supplies than they need. She said she was thirsty but there was water right by her. [The bothy is bounded by two freshwater burns].”   It was six months since Campbell had last visited Kearvaig beach. There are no working crofts on the peninsula, which is used as a naval gunnery range by the Ministry of Defence, although farms around Durness, the nearest village, continue to graze some livestock there. On December 5, Campbell was bringing the remaining sheep in for the winter, following the rocks along from the lighthouse to the west, while his colleague Alistair Sutherland worked his flock towards the open beach from the east. They brought the animals together around midday.     “It was lovely weather and we discussed whether to have our sandwiches outside. But the bothy door was ajar, which is unusual because normally the people who use it are careful to keep it secure. We went in and there she was, lying on the makeshift bed. I didn’t know if she was alive or dead, but then I saw her throat moving and I put my hand on her. She was terribly anaemic and emaciated. She moaned and raised her arm.”    While Sutherland started the three-mile run towards the lighthouse for assistance, Campbell lit a fire with some old newspapers and attempted to comfort the semi-conscious woman. “She couldn’t speak. I told her that Alistair had gone for help but I think she was beyond understanding.” Davies died two days later, after being airlifted by coastguard helicopter to the Western Isles Hospital in Stornoway. A postmortem examination last week confirmed that she had died from hypothermia.    A traveller in search of isolation will find it at Kearvaig in December. The bothy is set above the shoreline of a wide, pristine beach, where the breakers unfurl on the north Atlantic tide. To the east, the land sweeps up to the Clo Mor cliffs. To the west, the hillside is scarred by the annual heather burning, the colours blending from charred brown through pale gold and russet and back to green. It is terribly beautiful.    The three-room cottage is maintained by the Mountain Bothies Association, and provides shelter for the trekkers and birdwatchers who come to Cape Wrath during the summer season. But from September onwards, as the weather conditions grow increasingly savage, the ferry stops running across the Kyle of Durness, the inlet which separates the peninsula from the village. Temperatures regularly dip below freezing.    There is no mobile network coverage on the Cape, and the only telephones are those contained in the well-secured MoD guard huts. The nearest house is seven miles away, but lies empty during the winter months. From the bothy, it would have taken more than a day’s hike over rough terrain to reach habitation. But all roads eventually lead to somewhere. How did Davies end up with neither time nor physical strength to walk towards help?     It was coastguard John Ure who met Sutherland as he made his way to the lighthouse that morning. He remains quietly confounded by the coincidence – it can be weeks between cars passing on that road, he says. “There was a bug going round up here a few weeks ago, and if you had that you wouldn’t be going far. She must have caught it and things deteriorated from there. I think she just got caught out. People are surprised that there are still places in this country where that can happen.”   The options for a sick woman would be even more limited, he notes. Both the bothy and Davies’s tent were out of sight of the road. “Had she been carrying a flare, someone might have seen it from Durness. There is a guard hut three-quarters of a mile from the bothy, with food and water and a phone, but she’d have had to make a good effort to break into it, and it’s not marked [on the map] so she perhaps didn’t realise it was there. Even if she’d made it to the road, it could be weeks before anyone came by.”   It is a steep 20-minute trek across loose rocks and pooled burn water from Kearvaig beach up to the single track road. In a weakened state, and with no guarantee of help at the top, Davies may have considered it wiser to preserve her waning energy and remain in the relative shelter of the bothy. There she scribbled her plea: “Running low on food and dry milk. Willing to pay anyone who can bring food.” Had she run out of fuel? Did she panic? Or did she succumb to the advanced stages of hypothermia, the symptoms of which which can include listlessness, confusion and – most dangerously – a euphoric denial on the part of the sufferer that there is anything wrong.   Davies’s parents believe that their daughter’s death was the consequence of a tragic misjudgment. “She liked to experience hardship,” says her mother Wendy, “and it wasn’t out of character for her to stretch herself far. She often came back from travelling very thin.” She last saw her daughter when she drove her to the station to catch the coach to Inverness at the end of September. “I remember her warning me that we probably wouldn’t hear from her because it was difficult to get to places with phones. I spent a great deal of her adult life worrying about her.”   Wendy says that her family – Margaret’s father Richard and her two brothers and two sisters – have been deeply distressed by suggestions that Margaret died while following a Breatharian regime. Local press initially linked the death to that of an Australian woman Verity Linn, who was found dead beside her tent three years ago on a hill at Loch Cam, in Sutherland, after fasting for several days. “She hadn’t run out of money and it wasn’t deliberate. She had some fish hooks with her and perhaps thought she could catch something.”  Wendy describes her daughter as an intensely private woman, who thrived on physical and mental challenge. “She wasn’t interested in money. All she wanted was enough to go travelling. Scotland was one of her favourite places. She spent the summer in Israel, working for the UN, and later visited Nepal, where she taught English, as well as trekked. She came back here to recuperate, and left us again, bonny and plump.”   She says that her daughter had left behind jottings on the philosophy of solitude, and believes that this was her next writing project. “She was a loner but she never complained of being lonely. She liked to experience something first-hand so that she really knew about it before she wrote about it.”   As a teenager, Davies had contracted osteomyelitis – an infectious inflammation of the bone – which left her with a severe limp. “That makes it all the more amazing that she went walking with a heavy backpack,” says her mother. “She would complain that she ached, but she had a lot of determination.”   After graduating in 1985, Davies qualified as a teacher, but did a variety of jobs to fund her travelling. She wrote poems, short stories and illustrated children’s books, which she occassionally sent off for consideration. Although she did not market her paintings, Davies had exhibited in a gallery in Chelmsford and was listed on the Axis website, a database of contemporary artists. On the site she explained: “My aim is to make a statement about the human condition, whether on an emotional, psychological, sociological or philosophical level. Although I occasionally paint landscapes, the paintings which are most meaningful to me are those in which I try to capture the essence of an emotional state or to express an idea.”     The local weekly, the Northern Times, carries a section on hypothermia in its “Watch out for winter” page. As the festive season approaches, Kearvaig Bothy will be busy again as walkers arrive to see in the new year amid the wild and lonely beauty that so drew Margaret Davies.

Vi risiedono pochissimi abitanti, in alcune fattorie solo nel periodo estivo e nel faro di Cape Wrath, dove il bar Ozone è gestito da una anziano signore e la figlia, che vivono lì, in totale isolamento per buona parte dell’anno …   E risiede qui anche una ricca fauna : foche nell’ingresso del fiordo, cervi, una coppia di aquile reali, migliaia di uccelli marini, tra i quali i famosi puffins, i pulcinella di mare (che però sono appena migrati sulle isole Ebridi), gli albatros e le sule .  Anche la flora riserva sorprese : i prati sferzati dal vento sono punteggiati da piccole bandierine bianche sfilacciate che non sono riuscita a identificare ; crescono piante carnivore nutrite dai famigerati midges succhiasangue ; cresce anche un muschio dalle miracolose proprietà antinfiammatorie e assorbenti, che veniva essicato ed usato per medicare ferite e come pannolino.   Avvistiamo qualche torrente, qualche pulmino abbandonato ai bordi del sentiero (quando i mezzi si rompono, vengono abbandonati dove sono e magari colorati di giallo e bombardati, perché sarebbe più che complicato rimuoverli) qualche bersaglio colorato, null’altro : attraverso un sentiero sconnesso e pieno di buche (20 Km.), due ponticelli “pericolosi” (accompagnati dal commento dell’autista : “speriamo che reggano anche stavolta…e comunque la caduta non sarebbe troppo alta”) ed un paesaggio  brullo, severo e scolpito dal vento dall’acqua (la brughiera acquitrinosa denominata parph) ed anche  dalle bombe, arriviamo al faro,  dove ci viene chiesto di non lasciare alcun rifiuto e di affidarci alla natura per i rifiuti organici, per quanto possibile : in caso di utilizzo del bagno, evitare (se non necessario) di consumare acqua inutilmente.  Ci viene anche consigliato di fare attenzione praticamente a tutto: dirupi, scogliere altissime, prati scivolosi, colline instabili, serpenti velenosi, piante carnivore, residui metallici esplosivi, raffiche di vento improvvise (che pare possono farti volare via).  Il nostro autista è un ex camionista, ma soprattutto un poeta-musicista , che ci racconta questo territorio, che anche John Lennon amava e dove trascorreva le vacanze estive ospitato da una zia che si è sposata nella romantica chiesetta della spiaggia di Faraid Head, ora diroccata : quando socializziamo un po’ vuole farci leggere alcune delle canzoni che ha scritto, e ne manderà molte alla Jessica via mail , e ci dà consigli utili per la visita del territorio. 

Dopo un caffè allo spartano bar Ozone, dove il gattino bianco e nero è il cliente piu’ viziato (gli viene servito un bel ricciolo di panna montata in un piattino di ceramica blu e bianca), visitiamo il Capo dalla cima della sua alta scogliera.     Il faro è una bella torre bianca alta 200 metri, costruita nel 1828; fu presidiato fino al 1998, quando fu convertito al funzionamento automatico.   La sua luce è visibile per 22 miglia marine (41 Km.) ; in caso di malfunzionamento o di nebbie molto dense, si associa un allarme sonoro (che renderà la vita difficile ai gestori del bar Ozone)…

Al ritorno facciamo una tappa per ammirare il faraglione  Stac Clò Kearvaig, detto “La Cattedrale” per l’aspetto di due guglie e una finestra naturale creata dall’erosione ; nella spiaggia c’è anche un boothy  . Scopriamo che nel territorio selvaggio scozzese esistono questi ripari , piccole casette in pietra con la porta sempre aperta, disponibili per i camminatori per la sosta gratuita : sono semplicissimi bivacchi senza elettricità, acqua o luce, con un caminetto.  Per quello sulla spiaggia di Kervaig si sta presentando il problema di permanenze gratuite troppo prolungate in questa sistemazione privilegiata … E quasi alla fine del viaggio di ritorno, in mezzo al grande fiordo, avvistiamo alcune foche che si godono il sole e la fresca corrente dell’acqua su un affioramento sabbioso. 

Ci dirigiamo poi con decisione a Faraid Head dove pranziamo molto velocemente per fare una delle più belle passeggiate di questa vacanza (10 Km.) : lungo l’enorme spiaggia (impieghiamo mezz’ora per percorrerla tutta sotto un cielo azzurrissimo dove corrono veloci nuvole bianche) e attraverso  le imponenti dune di sabbia (alte oltre 20 metri) che nascondono altre spiagge bianchissime, con l’acqua azzurra e cristallina.   Queste dune si sono formate grazie all’azione del fortissimo vento, che ha prelevato la sabbia dal fiordo di Durness (scavandolo) , trasportandola sopra il mare, e depositandola nella lunga striscia che ha lentamente formato il promontorio di Faraid.  Un grandioso gioco di creazione …. Le altissime dune sono ancora sabbiose sul lato verticale affacciato al mare, dove soffia ancora un fortissimo vento, mentre digradano più dolcemente sul lato opposto, coperto di vegetazione.   La sabbia delle spiagge – bianchissima – è formata da frammenti di conchiglie che si sono frammentati da 4000 anni fa e continuano ancora oggi … prendo un pugno di sabbia e la lascio cadere lentamente nel vento : pensando che mi stanno rotolando in mano conchiglie di 4000 anni…  E non vorrei più andare via da questo incanto.   Unica nota triste : le tre bellissime sule morte che incontriamo in spiaggia (influenza aviaria ?) .   E invece torniamo al camper sotto un cielo che diventa sempre più grigio ; invidio i conigli che abitano a migliaia le dune sabbiose, dove hanno costruito favolose gallerie e che ci osservano attenti sulle loro verande, pronti a nascondersi se necessario .

In ultimo alcune fotografie a :  il Balnakeil Cemetery affacciato sul mare (dove riposa la zia di John Lennon) , ai resti della Balnakeil Church, alla splendida Balnakeil Farm (proprietaria del passaggio).   Con gli occhi, la mente e il cuore pieni di luce e vento, ci dirigiamo poi alla vicina Durness, che attraversiamo velocemente per sostare brevemente alle Smoo Cave : nella grotta principale una  cascata scende dal centro della volta … ma le scarse piogge di questa estate hanno seccato il torrente che la alimenta. Le visite però per oggi sono chiuse (e comunque richiederebbero una ardita discesa su una scaletta metallica verticale che ti porta al barcone che rende possibile la visita al dedalo di grotte allagate).   Per cui ci accontentiamo di una veloce passeggiata sui sentieri del luogo. 

Proseguiamo quindi verso Tongue : costeggiamo i due lati del Loch Eriboll (in realtà un profondo fiordo delimitato da altissime colline che cadono in mare ), per avvistare poi ed infine attraversare un altro fiordo, su un lunghissimo ponte.   Approdiamo infine al campeggio di Tongue, accolti da un annoiatissimo impiegato che raccoglie le prenotazioni per la cena da asporto fornite dalla cucina che serve il anche un piccolo albergo. Veniamo anche assaliti da un battaglione affamato di midges succhiasangue : facciamo una lavatrice, in una atmosfera generale un po’ marziana tra persone che girano con le orrende retine verdi in testa e lenzuoli arrotolati addosso a mantello.  Vista l’atmosfera generale, decidiamo di rinunciare alla passeggiata serale in paese (distante circa 2 Km., salita all’andata e discesa al ritorno).   

Approfittiamo per rivedere il nostro programma di viaggio : per fare metà della North Coast 500 abbiamo impiegato tutti i giorni che avevamo preventivato per l’intero percorso, che invece richiede almeno 8 giorni (meglio 10). A questo punto – tenendo conto dei giorni di ferie che restano alla Jessica – dobbiamo scegliere se completare la Route o dirigerci verso le città . Anche perché a Tongue c’è l’unica strada alternativa al percorso completo.   Scegliamo la seconda opzione, in quanto siamo oramai certi che torneremo Scozia per un altro viaggio .

Lunedì 1 agosto 2022. Abbandoniamo quindi la North Coast – a malincuore – e rinunciamo alla parte a est – temporaneamente : prendiamo l’ultima strada disponibile che scende verso Inverness attraversando il cuore delle Highlands (A836), attraverso paesaggi sempre spettacolari.   Costeggiamo il Loch Loyal (un vero lago) ; attraversiamo territori collinari/montuosi, praterie verdi, brughiere, acquitrini, boschi ; costeggiamo/attraversiamo alcuni  fiordi ( Dornoch, Cromarty Firth, ed infine il Moray).  Ci circonda una esplosione di colori sotto un cielo azzurro e terso :    paesaggi coltivati (i primi che vediamo in Scozia)  con ampi campi di grano dorato che brilla al sole , delimitati da ciuffi di fiori viola e più discrete distese di erica a ricoprire completamente i pendii più dolci delle colline .    Approdiamo infine al campeggio (Bought Drive, che si rivelerà tranquillo e comodo per la visita del centro città , ma decisamente costoso con servizi carenti) a Inverness (100.000 abitanti) e partiamo subito per la visita alla città.

Brusco ritorno alla civiltà  ed alla folla.   Visitiamo le Ness Islands , isolotti sul fiume Ness su cui crescono alberi secolari, collegati da romantici ponti vittoriani bianchi .   Seguiamo il fiume Ness (che proviene dall’omonimo lago e dove si pescano i salmoni) fino al centro città . Pranziamo alla Castle Tavern (zuppa del giorno piccantina e pesce) per poi girovagare nel centro città, visitando vari negozi molto caratteristici (whisky, tartan, quilt), il Viktorian Market. Mercato coperto del primo novecento, che – eliminati i negozietti più turistici – ospita ancora antichi negozi che ti catapultano in un’altra dimensione : un negozio di cornamuse, una bottega di orologi ferroviari, un gioielliere che vende esclusivamente anelli di fidanzamento.    Scopriamo che però con delusione che quasi tutti i negozi chiudono alle 15-16 e quindi corriamo a vedere la Leakley Book Shop, negozio di libri usati che ha occupato una vecchia chiesa sconsacrata.   Saliamo quindi alla Old High Church St. Stephen : dal cimitero antistante abbiamo una stupenda visuale sul fiume e sui ponti vittoriani che lo attraversano.   Il suo campanile è stato per anni la costruzione più elevata di Inverness : dal 1703 la sua campana suonava ogni giorno alle 17 per decretare l’inizio del coprifuoco notturno (dopo le 17 infatti per girare in strada occorreva accendere una lanterna ; ma essendo la maggior parte degli edifici costruiti in legno, il fuoco era considerato pericoloso ed evitato ) ; ancora oggi suona ogni giorno alle 20 . Entriamo alla Coop sotto il sole e – dopo una piccola spesa – usciamo sotto la pioggia battente, che ci accompagna per tutto il rientro in campeggio.   Decido di fare una doccia, che sarà la peggiore della mia vita : un flebile rivolo di acqua che scende solo premendo un durissimo pulsante (che richiede l’impiego di due mani rendendo difficili ogni altra azioni). Impossibile  regolare la temperatura : prima scende un filo di acqua gelata, e sto quindi per desistere, quando inizia a scendere un rivolino tiepido, per cui decido per un rapido shampoo … e a quel punto inizia un rivolo bollente che non riesco a raffreddare neppure chiudendo ed aspettando (bagnata e insaponata) per alcuni minuti.   Quasi ustionata ed imprecante torno in camper, avvistando una comitiva di allegri anziani (mi chiedo come hanno fatto a fare la doccia) alloggiati in un Bus Hotel, di cui non conoscevo l’esistenza : un autobus con un rimorchio con tre file di finestrini (che contiene le camere da letto ed una cucina completa).  Consiglio visita del sito internet, da annoverare nella categoria “i bus più strani e originali del mondo” : con prezzi che vanno dai 600 ai 6000 euro offrono da una settimana di viaggio in diverse mete europee, a viaggi nel lontano oriente, o sul monte Everest, o nei deserti più spettacolari del pianeta, fino ad un tour dell’Australia della durata di 50 giorni.   Anche per oggi : buonanotte .

Martedì 2 agosto 2022 .  Colazione veloce con ritorno in centro città per visita di una gioielleria vintage del Viktorian Market, dove ammiriamo alcuni bellissimi gioielli liberty del primo novecento, e dove la Jessica (in altro settore più economico) trova alcuni regalini molto originali .   Visitiamo poi un altro negozio del quilt (che vedremo declinato in ogni possibile versione ed utilizzo, anche tra i più bizzarri ) , deludente rispetto a quello di ieri dove una sorridente  nonnina faceva gli onori di casa ringraziando per la visita, e ci aveva accolti con una grazia e gentilezza di altri tempi.  Dopo aver visitato la Albertarff House (1593), la casa integra più antica di Inverness, e aver attraversato per ben due volte il Woobly Bridge ( letteralmente ponte debole, traballante : e garantisco che non delude le aspettative ), approdiamo al favoloso Mustard Seed, ristorantino che ci offre una splendida visuale sul Ness ed un indimenticabile pranzo : tartare di aringa, spigola in padella accompagnata da una insalatina fredda di patate, cipolline e limone,  biscottini al burro che sono così buoni da essere commoventi .  Premiato nel 2019 come Best Everiday Dining del Regno Unito .

 

E’ quindi giunta l’ora di partire, diretti al famosissimo Loch Ness : vorremmo visitare le rovine dell’ Urquhart  Castle, posto in posizione privilegiata per ammirare il lago in tutta la sua lunghezza (37 Km.), ma il parcheggio è pieno e per entrare si deve preventivamente prenotate la visita al castello, oggi comunque esaurita.   Quindi salutiamo un po’ a malincuore e ripartiamo fiancheggiando il misteriosissimo lago, nascosto da alti abeti ; a differenza di tutto il resto del viaggio l’atmosfera è cupa anche per i nuvoloni grigi e poi la pioggia battente che inizia a scendere, che però non hanno il consueto carattere romantico al quale la Scozia ci ha sinora abituati. Il lago è molto profondo (230 m. , quindi più profondo di gran parte del mare del Nord , oltre ad un fondale di fango e limo), con la superficie scura increspata da rabbiose ondine spumeggianti ; è circondato da aspre montagne che si innalzano rapidamente da una riva boscosa.  La sua fama è legata Al Mostro che lo abiterebbe, Nessie (Nessiteras rhombopterix, per i più seri estimatori) , il suo leggendario abitante, che alimenta un enorme indotto economico (musei per chiarire qualcosa che non sembra essere mai esistito ; decine e decine di negozi che vendono ogni oggetto decorato con varie versioni del dinosauro) : e tutto ciò, dopo tanta solitaria bellezza, non ci piace molto.   Ci sono le ipotesi più disparate sulla sua esistenza e natura : alcuni sostengono che sia un relitto dell’era dei dinosauri, altri che si tratti di un tritone gigante , o di un enorme storione del Baltico in gita. La vicenda non ci appassiona, piove fitto e quindi procediamo spediti (probabilmente unici turisti in Scozia che non si fermano al misterioso e famosissimo lago).  Dopo una delle nostre foto (che documenta nuvole, pioggia e acque cupe e riassume le nostre considerazioni),  ho recuperato alcune foto che rendono giustizia a questo lago ed alla sua bellezza ( scattate da mio cognato dal suggestivo Urquhart  Castle). 

Arriviamo a Fort Augustus dove ci fermiamo in un parcheggio dove incontriamo un segnale  di pericolo che ancora non avevamo visto.   Facciamo una passeggiata a fianco ed attraversando le 11 chiuse monumentali lungo il Caledonian Canal  : consentono alle barche in transito di salire (o scendere) dal livello del lago a quello del canale ( importante via di navigazione che conduce al Loch Oich, e a seguire al Loch Lochy ed infine -attraverso il fiordo di Lorn-  al Mare interno della costa occidentale scozzese e quindi al bacino del nordest atlantico).

Attraversiamo quindi un ramo del Loch Linnhe e scendiamo verso il Loch Lommond and Trussach Natural Park, che avevamo già attraversato (su un percorso diverso) e la Queen Elizabeth Forest Park : montagne brulle o ricoperte di muschi, altipiani increspati da onde rocciose, geroglifici di acque in movimento o ferme ; le strade sono un po’ piu larghe ma ciò non migliora la situazione per la presenza di molti camion che sfrecciano a tutta velocità facendoci ondeggiare . Approdiamo a Luss, dove il campeggio è pieno e quindi parcheggiamo sotto la strada principale in un bel parcheggio affacciato sul Loch Lomond .  Il cielo è sempre nero e minaccioso, il vento forte, il lago tranquillo. Questa sarà l’ultima notte che passeremo nella Scozia selvaggia che ci ha completamente conquistato : da domani visiteremo le due grandi città e torneremo definitivamente alla civiltà.  Buonanotte.

SCOZIA agosto 2022 . Capitolo 1 .

Londra, Chester, Stirling, Loch Lomond and Trossach Natural Park , Oban, Castle Stalker, Eilean Donan Castle, Kyleakin, Skye Bridge, Portree, penisola del Trotternish, Old Man of Storr, Mealt Loch, Mealt Falls, Kilt Rock, Dunvegan, Fairy Pools, Plockton.

Finalmente è arrivato il momento di realizzare questo piccolo sogno.   La Scozia è una meta alla quale pensiamo da tempo, soprattutto per la bellezza del paesaggio , per il suo carattere incontaminato, lontano, estremo : terra forte e potente, dove la natura è la padrona  indomata e la bellezza assoluta del paesaggio ti racconta la storia della terra.    Il viaggio in Scozia per noi camperisti esperti e oramai pensionati è una piccola avventura: non fosse altro per la lontananza, in quanto è già un bel viaggio arrivare all’inizio del viaggio vero e proprio.   

Quest’anno però sembra che le costellazioni siano tutte in posizione a noi propizia e riusciamo a partire, seppure a rate. Mentre Gabriele, la Nina e Biagio 2.0 carico e pronto per l’avventura sono partiti da casa venerdì sera 8 luglio e ci aspettano a Londra  , io e la Jessica riusciamo a partire solamente lunedì 11 luglio .  Partiremo da Malpensa alle 20, con oltre un’ora di ritardo che non mi pesa assolutamente perché sono in compagnia di Jessica. Dal caldo torrido milanese passiamo al gelo polare del gate e ancor di più dell’aereo, e di nuovo al caldo londinese (solo temporaneamente mitigato dalla notte) in una dimensione spaziale che inizia a diventare sfuggente.   

Il nostro aereo – dopo essere passato sopra le Alpi e le pianure francesi – sembra accelerare e intraprende un giro nuovo, che ci regala un fine volo panoramico e mozzafiato : non arriva a Londra da sud come solitamente accade … ma attraversando la Manica allarga verso est con una ampia virata attorno alla regione del Kent,  sovrasta affiancandole le bianche scogliere e si porta fino alla foce del Tamigi – illuminato come un nastro dorato dalla luce del tramonto – e lo risale fino al centro della città, che sorvoliamo planando fino al London City  Airport.

All’uscita dal controllo doganale incontriamo i nostri due principi azzurri, Gabriele e Reef,  che – senza alcun accordo precedente – si sono trovati proprio lì .       Dopo i saluti e gli abbracci ci diamo la buonanotte, anche perché quando sono stanca , la mia modesta capacità di parlare in inglese si esaurisce completamente.   

Io e Gabriele arriviamo al nostro Christal Palace Campsite – dove oramai siamo di casa – su un bus a due piani che viaggia a tutta velocità impennandosi sui dossi e rasando i rami degli alberi sul nostro percorso : welcome to London, guys   !!!

 

A questo punto sorvoliamo le due settimane trascorse a Londra, passeggiando (150 Km a piedi ) e riprendendo confidenza con le consuetudini britanniche , in attesa delle nuove ferie di Jessica ed arriviamo quasi immediatamente alla  partenza per le vacanze in Scozia.  

Unica citazione doverosa : il caldo torrido di questa estate (con punta massima di 40 gradi, quasi insopportabili a Londra, non pensata nè attrezzata per il caldo torrido ) e sgomento nel vedere che tutti i parchi londinesi non sono più verdi come al solito e che il soffice manto erboso e muschioso in cui era idilliaco passeggiare anche a piedi nudi, è solo un ricordo lontano : nell’afa di queste giornate, in tutti i parchi , a  Greenwich,  è tutto giallo oro … sembra di essere nelle campagne della Spagna.

Gli inglesi  – solo un po’ disorientati – mantengono l’abitudine di prendere il sole sdraiati nei parchi, magari rinfrescandosi nelle fontane : ma nulla rallenta il frenetico ritmo di vita della città, se non il fuoco.  

Nelle due settimane di permanenza londinese incapperemo in tre interventi dei pompieri per incendi , evento mai successo nei nostri numerosi viaggi precedenti : il primo nelle cucine dell’Admiralty  Pub a Trafalgar Square a tardo pomeriggio;   il secondo a mezzanotte a Brixton ; il terzo con arresto delle corse ed evacuazione della stazione della metropolitana di Green Park.    In tutti i casi fumo denso, acqua che corre in strada e scende verso il Tamigi (dove il livello del fiume è molto basso e sono emerse sconosciute spiagge sotto gli argini), ampio intervento di molti equipaggi dei Vigili del fuoco e della Polizia,  blocco completo del traffico stradale, una folla di persone che si riversa e vaga nelle strade, non potendo più fluire nella perenne corsa della vita cittadina .  Mai come quest’anno il cambiamento climatico risulta drammaticamente evidente di fronte ai nostri occhi.

Noi abbiamo cercato refrigerio in tutti i possibili luoghi freschi … che a Londra però sono solamente i negozi (non tutti) : anche i musei sono stati improvvisamente chiusi a metà giornata per le temperature tanto elevate da mettere a rischio le opere esposte.   Un pomeriggio siamo persino finiti nel settore pasticceria di Harrods, una delle poche mete refrigerate londinesi.  

Il 23 luglio finiamo la vacanza londinese e siamo pronti per partire per la Scozia … quasi pronti :  

Domenica 24 luglio 2022.  La Jessica arriva puntualissima in campeggio alle 7.30 : colazione , doccia (il bagno del suo appartamento è fuori servizio per una brutta perdita in attesa di riparazione) e finalmente partenza.   Oggi ci aspetta il primo trasferimento lungo ( 350 Km.) : la meta della giornata è Chester, piccola cittadina (meno di 100.000 abitanti) che abbiamo scelto unicamente perché si trova circa a metà della distanza che ci separa dalla Scozia e ci consente di fare la prima tappa di trasferimento veloce ma anche turistica, e di sgranchire un po’ le gambe .

Facciamo una unica sosta per un pranzo veloce a “Albrighton home of the English Rose”, piccolo villaggio di poche case che avvistiamo proprio di fianco alla nostra strada.   Atmosfera bucolica, con cavalli al pascolo, una grande corte circondata da case a graticcio, belle residenze di campagna, una grande chiesa, che visitiamo velocemente. La Collegiate Church of St. Bertholomew ospita antiche tombe medioevali, alcune delle quali a più piani, e la Golden Chapel dove è sepolto il fratello di Enrico VIII.  

E – in mezzo al nulla – facciamo il pieno accanto all’auto dei Ghostbuster : esatto una delle auto originali usate per girare il film, completamente attrezzata.  E molto frettolosi : evidentemente spazientiti di fronte al nostro stupore – che rallenta le nostre operazioni – ed alle domande che non riusciamo a non fare. Finiscono il loro rifornimento alla velocità della luce e sgommano proprio come in un film.  

Arriviamo a Chester a metà pomeriggio, e parcheggiamo lungo il fiume Dee al Little Roodee Car Park, silenzioso e grande parcheggio sotto al castello, dove dormiremo anche la notte (15 sterline il parcheggio dal pomeriggio al mattino successivo) . La nostra guida afferma che “la splendida Chester è uno dei doni più grandi che la storia inglese possa offrire ” : il centro storico – fondato in epoca romana nel primo secolo d.C. – è protetto da una bellissima cerchia di mura in arenaria rossa ad oggi quasi completamente intatte.  Inizialmente è stata il quartier generale della ventesima legione romana che presidiava a nord i confini dell’impero : la chiamarono Deva Victrix e le diedero una forte e duratura impronta culturale (anche nei secoli successivi – quando venne conquistata dai Sassoni e poi dai Normanni , rimase in abitata dai britannici romanizzati). Conobbe poi una enorme espansione commerciale dal medioevo grazie ai traffici nel suo porto, che oggi non esiste più.  Nel centro storico si trovano i caratteristici Rows , gallerie commerciali su due livelli  che riempiono le quattro vie che si diramano dalla Central Cross : praticamente  i primi centri commerciali della storia, che riunivano decine e decine di piccoli negozi protetti da portici .  Passeggiamo circondati in ogni dove da edifici Tudor e vittoriani, originali o perfettamente restaurati e il colpo d’occhio è notevole : qualcuno l’ha descritta come un gigante  Liberty (riferendosi all’edificio vittoriano che a Londra ospita il magazzini Liberty), e il paragone è azzeccato.   In uno dei portici commerciali ci incuriosisce un   avviso che rassicura i passanti sulle buone condizioni di salute del gabbiano Steven, che evidentemente si finge malato per ottenere cibo e per introdursi dentro ad uno dei negozi : vorremmo conoscerlo, ma non è nei paraggi.  Attraversiamo il Godstall Lane, vicolo medioevale che merita l’appellativo di “cuore romantico di Chester”.   Visitiamo anche la Chester Cathedral dove siamo calorosamente accolti : sorta come abbazia benedettina sui resti della precedente chiesa sassone dedicata a Santa Werburga , patrona della città, fu chiusa nel 1540 durante la dissoluzione dei monasteri ordinata da Enrico VIII e in seguito riconsacrata come cattedrale : in pietra rossa , di stile normanno gotico perpendicolare, svetta con leggerezza.  Ci stupisce e non riusciamo a capire la motivazione dell’illuminazione decisamente viola della crociera, dell’organo e dei bellissimi fregi lignei dietro all’altare …

E la seconda osservazione cui non riusciamo drammaticamente ad attribuire senso (anche per la fame) è l’amara scoperta dell’orario di chiusura della cucina dei pub di Chester (alle 19-20) . Dopo affannosa ricerca, quando stiamo per disperare, troviamo un locale che ci offre ospitalità :  la Brewery Tap ci offrirà una ottima cena con ottima birra in un bellissimo pub . L’angelo protettore dei viandanti ritardatari, romantici ed incoscienti ci assiste.  Ceniamo tra antiche mura , che hanno ospitato re, nell’ altissima sala in cui troneggia un enorme camino in pietra dietro al bancone delle birre.  Tutto molto rassicurante.  All’uscita ci aspetta un tramonto che illumina tutto di rosa :

 

decidiamo quindi di fare una romantica  passeggiata sopra le mura, densa di confortanti chiacchiere e confidenze che ci regala il calore e la magia  dei momenti di felicità : ovunque si dirige lo sguardo è tutto bello, l’incanto ci avvolge . E ci regala una diversa linea di osservazione – quasi in volo –  del centro storico, dell’intricato groviglio dei binari che si diramano dalla stazione, dell’ippodromo e ci riporta al nostro parcheggio avvolto nel buio e nel silenzio.   Buonanotte.

Lunedì 25 luglio 2022.  Dopo una tranquilla e rapida colazione in camper (Gabriele trova le sole briosche da asporto da Caffè Nero) partiamo per il secondo trasferimento lungo, che ci porterà da Chester alla nostra prima tappa scozzese,  Stirling (420 km.).   Viaggio tranquillo, tra sole pieno, sprazzi di sole tra le nuvole, finalmente pioggia battente, pioggerellina con sole… e chi più ne ha più ne metta.  Bellissimo il passaggio attraverso le dolci colline verdi del North Yorkshire e della Cumbria : qui il paesaggio è tutto verdissimo, di mille tonalità di verde che rinfresca solo a guardarlo ; mucche pezzate e pecore libere al pascolo ; larghe chiazze di fiori gialli e fucsia interrompono il verde …  

Arrivati a Stirling parcheggiamo nel Linden avenue car park dove non ci sono divieti per la sosta notturna (2 sterline per le 24 ore).   Passeggiata di circa 20 minuti (in salita) per raggiungere la Old Town , raccolta sotto il castello, fortezza inespugnabile situata sulla cima di un possente dirupo boscoso (il tappo di un vulcano estinto) . E’ un dedalo di edifici grandiosi e di strade acciotolate che salgono tortuosamente verso il nucleo centrale raccolto sotto al castello.   “Prendi Stirling e controllerai la Scozia” : questa massima conferma l’importanza strategica del castello, confermata dalla presenza di una fortezza in questo luogo fin dall’era preistorica. L’attuale struttura risale al XIV-XVI secolo, quando fu eletto a residenza degli Stuart : non visiteremo però le strutture del castello (Great Hall, Royal Chapel, Great kitchens, Tapestry Studio…) né il Royal Palace  e la Prince’s Tower (suite di sei camere , tre per il re e tre per la regina, con i soffitti decorati, i camini, gli arazzi) restaurato di recente in un sontuoso tripudio di colori, perché arriviamo quando oramai gli ingressi sono bloccati . Propendiamo quindi per l’unica visita che l’orario ci consente : la Old Jail . Un attore in costume, impersonando diversi ruoli con cambi d’abito, ci illustra in modo coinvolgente i due periodi della storia penitenziaria : dalle vecchie prigioni che avevano la fama di essere le peggiori di Inghilterra (Tolbooth, costruzione poco distante, ora riconvertita in un centro per la musica e le arti) dove ogni crudeltà era giustificata da una logica unicamente punitiva, a quella riformata ed illuminata, ispirata dall’idea del recupero e della riabilitazione sociale e lavorativa.   La visita alla torre ci regala una vista a perdita d’occhio sulla città e sulla regione : a parte i raggi di sole che filtrano tra le nuvole incrociati (proprio come il tartan scozzese ! ) e l’arcobaleno, avvistiamo il misterioso Wallace Monument, una torre in stile gotico vittoriano circondata voli di corvi e pipistrelli e dedicata a Braveheart :  William Wallace (nato in Scozia nel 1270 e morto a Londra nel 1305) il leggendario combattente per l’indipendenza scozzese soprannominato Hammet of the Scots (il martello degli scozzesi) , divenne eroe nazionale per aver guidato una insurrezione contro Edoardo I d’Inghilterra che nel 1296 aveva deposto e imprigionato il re di Scozia John Balliol. Nel 1297 a capo di 30 uomini assalì la cittadina di Lanark, uccidendo il governatore inglese e sconfisse gli inglesi in una prima battaglia ; venne quindi proclamato Guardiano del regno, ma venne sconfitto dagli inglesi a Falkirk nel 1298 ; nel 1305 fu catturato , processato, torturato e giustiziato a Londra.  Le sue vicende ispirarono il film di Mel Gibson del 1995, vincitore di 5 premi Oscar, non pienamente fedele alla intricata vicenda storica. Entriamo poi nel cortile della Church of the Holy Rude, una delle più belle chiese medioevali della Scozia, circondata dal vecchio cimitero .

Di fronte ci incuriosiamo per il Boy’s Club (attualmente sede dei boys scout) : club giovanile per ragazzi, fondato nel 1929 dalla riconversione del vecchio mercato del burro. Le finestre e le porte sono sormontate da brevi motti di incoraggiamento : “Keep smiling” (Sorridi), “Quarreling is taboo” (Proibito litigare), “Play the game” (Stai al gioco… come ci ricordano anche i Queen  qualche decennio dopo).   Dopo aver disceso e salito ripetutamente le vie della città vecchia alla ricerca di un pub, scegliamo di tornare al Portcullis pub, proprio sotto il castello, accolto nell’edificio settecentesco dell Old Grammar School (istituto di educazione per ragazzi, poi da metà ottocento anche per l’alfabetizzazione di alcune ragazze di famiglie illuminate, e in seguito convertito in struttura militare, poi in hotel) .  Cena discreta, senza infamia né lode.   Torniamo quindi al nostro parcheggio, con una lunga passeggiata che si conclude in un parco e in un bosco abitati da decine di conigli.

Abbiamo avvistato anche un bellissimo bar-libreria (The Book Nook ) da ricordare :  decidiamo infatti di non prolungare la permanenza oltre quanto programmato, e di ritornare – non so se in questo viaggio – per visitare il castello (e il suo ristorante, che serve una buona zuppa del giorno) , il Wallace monument ; d’altronde Stirling – per la sua posizione strategica al centro dell’inizio della Scozia – è una tappa obbligata di ogni itinerario possibile.       Adesso il nostro programma è piuttosto serrato, e non ci consente divagazioni o ritardi, soprattutto per l’intenzione di affrontare la mitica North Route 500 che ci porterà a percorrere tutte le coste della regione impervia delle Highlands (più di 800 km su one ways) .   E’un percorso mitico , che  si presenta come un monolite e richiede almeno una settimana : una volta che la inizi , diventa difficile tornare indietro, e ci sono anche poche occasioni per abbandonarla prima del termine.    Quindi anche per oggi : nanna, dopo aver recuperato un bell’ombrello a doppio telo abbandonato nel parcheggio, che potrebbe rivelarsi utile nel clima scozzese : pioggia, sole, pioggia/sole, vento, vento/pioggia, arcobaleno/sole, luna/stelle. Buonanotte.    

Martedì 26 luglio 2022.   Colazione e spesa da Waitrose, vicino al nostro parcheggio (in Scozia è consigliato seguire la regola : se incontri un distributore o un supermercato, cerca di fare rifornimenti) , e partenza veloce per il vero inizio del percorso verso la Scozia sempre più selvaggia .   Diretti a Oban e poi a Dornie e all’isola di Skye (ancora un trasferimento lungo :  330 Km su strade panoramiche) , iniziamo ad attraversare il Loch Lomond and Trossach Natural Park , seguendo la strada alta del parco : paesaggio mutevole ed incantevole, selvaggio, primordiale, incontaminato.   Siamo in un bosco e tra gli alberi vediamo brillare le acque di un lago ; poi i boschi si diradano e ci inerpichiamo tra colline brulle che scendono in acque ferme, scure e tranquille ; immensi tappeti verdi e muschiosi ricoprono colline possenti ; poi all’improvviso compaiono rocce antiche o ancora terreni scoscesi digradanti ; ovunque e in ogni forma scorre acqua in rivoli arborescenti che solcano le colline , le rocce o il fondo valle, fiumi, laghi, sottili cascate, enormi stagni in cui fioriscono centinaia di ninfee ; intricati disegni d’acqua dominano sempre il paesaggio ; i bacini – fiumi, laghi o fiordi – sono interrotti da strette penisole o piccole isole che moltiplicano le linee di orizzonte e non riesci a contarle, a vederne la fine .  Rilievi imponenti che emergono e contengono bacini di acque nere e ferme ; una immensa creazione incontaminata e selvaggia della natura , che incanta, incute rispetto e a volte timore, toglie il respiro.   Ci sentiamo davvero piccoli viaggiatori in un universo potente, capace di vivere e di modificarsi incessantemente.   

Vorrei fermarmi ogni 5 minuti per fotografare l’incanto che si apre continuamente di fronte ai miei occhi, ma le strette stradine e le rare piazzole di sosta sono implacabili : impossibile fermarsi, se non bloccando completamente il traffico. Le strade sono decisamente strette e anche quelle a doppia corsia richiedono attenzione : attenzione in particolare all’arrivo dei camion, che circolano MOLTO VELOCEMENTE.  Noi abbiamo adottato la strategia di tentare di accostare a sinistra appena possibile, dando SEMPRE la precedenza. All’inizio di una piccola galleria situata al centro di una doppia curva arriva un bel camion a tutta velocità e facciamo appena in tempo a frenare e buttarci a sinistra in un angoletto della strada.  Iniziamo ad incontrare tratti per ora brevi delle famose one way con i passing place : sono strade con una unica corsia per il transito nelle due direzioni di marcia, con regolari piazzole di sosta dove ci si può fermare per consentire il passaggio di un veicolo proveniente in senso contrario ; sono stradine molto caratteristiche, in mezzo alle montagne, che si arrampicano coraggiose su colline e scendono impavide dalle montagne, con curve continue dettate dalle necessità del territorio, che riescono a stringersi oltre ogni previsione tra muretti ed alti argini. E devo dire che non abbiamo (quasi) mai incontrato alcun problema : i passing place sono frequenti e gli automobilisti molto corretti (attenzione però ai camion : lavorando in queste difficili condizioni generali, corrono il più velocemente possibile, talvolta ‘armati’ di specchietti retrovisori corazzati con gusci di acciaio) .  Occorre dire che il territorio è vastissimo, impervio, con inverni rigidi e nevosi, e più ci dirigiamo verso nord più si riduce la presenza umana. La rete stradale serve al passaggio di una popolazione molto limitata : la Scozia occupa un terzo della superficie della Gran Bretagna ed ha 5.300.000 abitanti (8% della popolazione dell’isola), in maggior parte concentrati nelle grandi città (Glasgow ed Edimburgo in testa)  ; nella central belt (zona industriale delle due grandi città ) la densità arriva a 700 abitanti per Km quadrato ; in alcune regioni delle Highlands (Terre Alte) ci sono meno di due abitanti per Km quadrato.

Quindi (oggi non abbiamo ancora compreso che) più procediamo, meno case/persone/villaggi incontreremo : i centri abitati diventano sempre più piccoli e distanti, i supermercati ed i grandi negozi tendono a scomparire.     Anche i piccoli cimiteri – che circondano le chiese o si stagliano solitari sulle colline  circondati da muretti in pietra – sono poco affollati.     Siamo molto attenti ai rifornimenti di carburante che facciamo appena il serbatorio si avvicina a metà capienza , e non avremo alcun problema.

Arriviamo quindi a Oban , tranquilla cittadina affacciata sul profondo e frastagliato fiordo Firth of Lorn, di fronte alle isole di Kerrera e Mull.    Con i suoi 8000 abitanti e’ il maggior porto della Scozia occidentale, il secondo più grande centro della regione, punto di partenza dei traghetti per le isole Ebridi interne.  Sede della Oban Distillery (che non riusciamo a visitare per esaurimento dei posti) , una delle più antiche della Scozia (1794), che produce oltre un milione di bottiglie l’anno di whisky torbato.  Entriamo in molti negozi dove troneggiano montagne di rotoli di lana scozzese, il  tartan di ogni colore, riferibile alla famiglia o creati ad hoc per particolari eventi (matrimoni importanti) : ovviamente si può acquistare di tutto, cappelli, quilt, vestiti, giacche, cappotti, borse, plaid, o ancora meglio farli confezionare su misura. 

Tartan e Clan della Scozia: storia e tradizioni – 50sfumaturediviaggio :

Scozia vuol dire tartan. E tartan vuol dire kilt. Ma perchè? La leggenda narra che gli scozzesi abbiano inventato il kilt per non ritrovarsi sempre, a causa delle numerose piogge, con l’orlo dei pantaloni bagnato!   Ma prima di parlare di Kilt e Tartan, dobbiamo parlare di Clan. Il tipo di relazione che c’è tra gli scozzesi è quella alla base della società celtica. La parola gaelica clann significa “figli”, “discendenza”. In origine il clan era una famiglia  con a capo il padre che istruiva il figlio che poi sarebbe diventato capo clan in futuro. Nel tempo il significato di clan si è allargato fino a divenire quello che intendiamo noi oggi. Il clan era quindi il gruppo a cui appartenevano tutti coloro che riconoscevano la figura e l’autorità di un capo di cui tutti portavano il nome. La netta divisione geografica della Scozia ha anche favorito la nascita e il perdurare di questo sistema che se per noi è molto romantico, allora non lo era. Frequenti e sanguinose erano le battaglie tra i clan scozzesi e i vari Re nel tempo hanno sempre cercato di ridurne l’influenza e il valore….    La repressione dei clan raggiunge però il culmine nel 1746 quando i giacobiti – che rivendicavano l’indipendenza dall’ Inghilterra – vengono brutalmente sconfitti dalle giubbe rosse del duca di Cumberland nella celebre battaglia di Culloden, nei pressi di Inverness. La corona Inglese, forte della schiacciante vittoria, confiscò le terre dei clan, vietò il possesso di armi, l’uso del kilt, del tartan e di tutti gli elementi degli abiti tradizionali. Inoltre venne vietato l’uso della  cornamusa e della lingua gaelica. Infine venne dato il via alle cosiddette Clearences ovvero degli sgomberi forzosi: intere famiglie e villaggi vennero cacciati dalle proprie case, spediti in Canada e America o al sud, strappati dalla loro vita e dalla loro storia.   Oggi ne sono registrati 4.000 anche se i tipi in commercio si aggirano tra i 600 e i 700. Sapevate che anche gli italiani hanno un tartan ufficiale? Infatti ci è concesso l’uso del Royal Stewart Tartan…   Il Kilt, come tutti sapranno, è una pezza di tartan indossata alla vita. Tuttavia un vero kilt, inteso come abito tradizionale deve essere sempre accompagnato dalla sporran (cioè un borsellino sempre legato alla vita), da una spilla per unire le due estremità del tessuto ed immancabile lo sgian dubh, il piccolo pugnale infilato nel calzettone!

Domina dall’alto la città la McCaig’s Tower, bizzarro anfiteatro in granito nato dalla fantasia di un banchiere che voleva creare un museo, una galleria d’arte e una cappella, riducendo la disoccupazione che colpiva i  tagliapietre nella stagione invernale; il progetto comprendeva l’aggiunta di una torre centrale, ma al momento della sua morte erano state completate solo le mura esterne di granito. Gli eredi non diedero seguito alle sue  istruzioni e lo strano edificio si è trasformato in una sorta di giardino segreto, dal quale ammirare il fantastico panorama sul mare al tramonto (che noi non vediamo perché arrivano minacciosi nuvoloni neri ed inizia a piovere).  Pranziamo con gusto al Coast restaurant, iniziando con la consueta zuppa del giorno (che riuscirà ad essere diversa quasi ogni giorno) …  Quando ritorneremo però,  ritenteremo di assaggiare il pesce preparato da Oban fish and chips (piccolissimo e oggi affollatissimo) (dall’oceano al tuo piatto, semplice, gustosissimo, con preparazioni molto particolari).

Riprendiamo il nostro percorso e iniziamo a salire verso Dornie : il nostro programma implacabile ci dice che questa sera dovremo arrivare all’isola di Sky, dove finalmente rallenteremo un pò.  A Connel attraversiamo il primo di una serie di ponti che attraversano i profondi fiordi che intagliano la costa e proseguiamo la nostra marcia verso nord. Il paesaggio inizia a seguire il ghirigoro delle vie d’acqua e di terra che colora le mappe e contribuisce a determinare una sorta di disorientamento : a volte diventa difficile capire dove ci troviamo… e a volte il cielo e la terra si specchiano e si confondono.  La luce diventa protagonista assoluta della bellezza che ci circonda . 

A Portnacroish avvistiamo le romantiche  rovine di un castello (Castle Stalker) costruito su una minuscola isola rocciosa nel fiordo di Loch Linnhe, vicino ad una baia dove marea riposa un peschereccio ormeggiato, sotto nuvoloni minacciosi e scuri tra i quali filtra una luce intensa e suggestiva … finalmente riusciamo a trovare un parcheggio per fermarci e fare alcune fotografie .

Verso sera arriviamo all’ Eilean Donan Castle , che riusciamo a visitare (all’esterno) approfittando dell’orario di accesso gratuito prima della chiusura (biglietteria chiusa, liberi tutti) .    E’ una delle mete di ogni tour in Scozia, immagine iconica che tutti noi abbiamo già visto (qui sono stati girati Highlander e Il mondo non basta, della saga di James Bond) , circondata da un’atmosfera magica e fiabesca .  Costruito nel 1230 da Alessandro II per proteggere l’area dai Vichinghi, fu distrutto durante la rivolta giacobita del 1719; venne poi ricostruito all’inizio del ‘900 da un ufficiale dell’esercito britannico.  Sorge su un isolotto roccioso collegato alla terraferma da un bellissimo ponte con archi di pietra, che termina con un piccolo ponte levatoio che blocca l’accesso , ancora in funzione.    Qui facciamo il nostro primo incontro con i minuscoli quanto famigerati midges: gli sciami di tremendi moscerini, che vivono nei luoghi umidi, e in luglio e agosto escono quando non piove e non c’è vento,  ti assalgono insidiosamente e ti pungono a centinaia, procurandoti bollicine rosse che perdurano per giorni e giorni.   Come per tutte le calamità naturali esiste un  sistema di monitoraggio della presenza degli sciami, su una scala di intensità da 1 a 4  : e qui adesso siamo al livello 3.  Ovviamente siamo preparati ad affrontare questo pericolo : siamo dotati di copricapi in rete e lozioni repellenti recuperate diligentemente nei negozi locali visitati … e che abbiamo lasciato in camper, dove ci rifugiamo dopo le prime punture . 

Il castello è visitatissimo : e di conseguenza è vietato tutto, anche il parcheggio notturno .  Dopo aver recuperato 15 costosissime bottigliette da 300cc di acqua (nessuno ha bottiglie grandi) per non morire di sete, cerchiamo sistemazione per la notte : i due campeggi vicini sono pieni ; a parte i parcheggi lungo la strada, non troviamo sistemazione gradevole nelle numerose aree di sosta presenti. Tra qualche malumore legato alla stanchezza del viaggio, non vogliamo rassegnarci all’idea di essere in uno dei luoghi più belli della Scozia e dover dormire sacrificati in brutti parcheggi : di essere a un passo dalla meraviglia e circondarci di angusti orizzonti,  per cui decidiamo di non desistere e approfittiamo della luce del lunghissimo tramonto scozzese per arrivare sull’ isola di Skye, peraltro ormai vicinissima.  Iniziamo a percorrere lo Skye Bridge : in realtà si susseguono tre lunghissimi ponti , improvvisamente illuminati dalla luce folgorante del tramonto che irrompe tra il basso confine delle nuvole e quello del mare e  ci fermiamo immediatamente nel porticciolo di Kyleakin  (190 abitanti) , su cui vigilano le rovine di un piccolo castello : un piccolo paradiso illuminato dalla luce del tramonto che buca (letteralmente) le nuvole prima grigie, poi blu.   La luce è padrona dell’orizzonte e cambia velocemente il colore del cielo e del mare.  

E scopro che l’isola di Skye (an t-Eilean Sgiathanach in gaelico) prende il nome dall’antico termine vichingo sky-a , che significa “isola delle nuvole”  : e non ho bisogno di nessun’altra spiegazione.

Bene : “stiamo”, “siamo arrivati” , in armonia completa con il luogo. 

E – con il cielo – andiamo a dormire quando si spengono gli ultimi riflessi blu e la notte ci circonda.

Mercoledì 27 luglio 2022 .  Iniziamo la giornata con una passeggiata nel porticciolo, dove scopriamo che il paesino ospita una colonia di lontre residenti, che però non riusciamo ad avvistare. Troviamo solo un hotel che offre una colazione completa a buffet (dolce o salata) a 12 sterline (non esiste alcun bar aperto al mattino).  Ci accompagnano nuvole e pioggerellina per tutta la giornata.   Il programma è apparentemente semplice : cercheremo di fare il giro completo dell’isola di Skye , percorrendo la strada che ci condurrà via via a scoprire le bellezze naturalistiche del paesaggio.  E’ la più estesa delle circa 800 isole scozzesi, con i suoi 9900 abitanti : 80 chilometri di brughiere vellutate, aspre montagne, fiordi e laghi scintillanti, scogliere a picco sul mare delle Ebridi.  Con queste isole rimane il centro della cultura gaelica : ospita la scuola gaelica più importante e oltre un terzo della popolazione parla correntemente il gaelico. Non è semplice neppure fare una semplice conversazione in inglese, per una inflessione che lo rende abbastanza incomprensibile (anche per gli inglesi).    La strada è discreta , a percorrenza lenta perché si snoda generalmente sulla costa attraversando un territorio montuoso, che scende nel mare dolcemente o precipita da alte scogliere. Su un altipiano incontriamo la nostra prima mandria delle mucche scozzesi con il ciuffo e le ampie corna : le Highlander (o Hebridean breed, o Heilan coo, o Kyloe ).  E’ capace di resistere alle temperature più rigide (-40°) ed alle malattie e puo’ rimanere in alta quota anche durante la stagione fredda.  Non sono solo bellissime, ma anche tranquille e simpatiche, pacifiche e mansuete: ci osservano incuriosite e si avvicinano lentamente, mentre alcune osservano il panorama meditabonde. 

La prima tappa è la capitale dell’isola , Portree .  Con i suoi 2500 abitanti è una specie di metropoli, ma ai nostri occhi conserva l’atmosfera di un villaggio, con il suo porticciolo circondato da case colorate.  Mangiamo un fish and chips seduti nel porto, facendo attenzione a non farci rubare nulla dai gabbiani famelici che sorvegliano il traffico.  In Scozia non ci sono animali feroci, ma è meglio stare molto attenti ai gabbiani : nelle terre del nord diventano instancabili predatori, furbi e alla ricerca continua di cibo.  Oggi continuano a fare ampi giri tondi sulle nostre teste e sul porto , con acuti richiami : e all’improvviso un vorace gabbiano è planato in picchiata sul vassoio di una signora e le ha abilmente rubato in un attimo ed una unica mossa tutto il fish (un intero filetto di merluzzo impanato e fritto). Scena divertente, che però ci ha messo in allerta e ci ha costretto a pensare ad una strategia per consumare il nostro pesce ; tutti vicini e chinati in avanti, per nascondere il bottino. Il problema non riguarda solo noi, ed ognuno trova soluzioni personali : i più solitari mangiano nascosti dalla chioma protettiva degli alberi.  Giro panoramico e nei negozi, tra tessuti scozzesi, highland cows , puffins e pecore e magnifici panorami che ispirano artisti e pittori.

Seguiamo poi la litoranea verso nord e iniziamo il giro della penisola del Trotternish, che offre paesaggi spettacolari. Arriviamo alla salita per l’ Old Man of Storr , un pinnacolo di basalto che un terremoto ha staccato dalla roccia madre (lo Storr appunto) e sembra osservare la vallata e il mare di fronte a sé .  L’Old Man sembra sparire, a seconda dei punti di osservazione, per poi ricomparire come un possente guardiano ; oppure sembra inclinarsi verso il mare ed essere sul punto di cadere.   La salita è ripidissima ed impegnativa,   e ancora di più la discesa, nella quale vengo praticamente trasportata dalla Jessica.   L’orizzonte verso il mare è punteggiato da più linee di terra, che sembrano moltiplicarsi all’infinito ; tra la roccia e il mare si apre una larghissima vallata disseminata di laghi e fiumi.   Non resisto alla tentazione di citare alcune delle bellissime fotografie che lo hanno immortalato : io sono talmente emozionata e rapita che non riesco più a capire dove devo puntare la macchina fotografica.

Incontriamo poi la Kilt Rock, una scogliera di basalto colonnare (linee verticali) poggiato su una scogliera di arenaria (linee orizzontali) , che assomiglia veramente allo scozzese del quilt ; in questo scenario da un lago (Mealt Loch) origina  un piccolo ruscello che precipita in mare dall’alto di una scogliera verticale con un salto di quasi 100 metri (Mealt Falls) .

La punta nord di Skye, con l’ altopiano di Quiraing increspato da dolci formazioni rocciose  che sembrano altissime onde (frutto di una slavina avvenuta nel Giurassico) ricoperte  di un verde tenero e primaverile che digradano fino alle scogliere e precipitano in mare,  sembra veramente l’ultimo lembo di terra del mondo. La sommità della strada attraversa il passo e ci porta sul lato ovest della penisola.  In questo territorio che sembra non finire mai, sono accampati liberamente molte tende e camper e siamo veramente dispiaciuti di non riuscire a sostare qui per la notte, perché dobbiamo assolutamente trovare un campeggio per le operazione di carico/scarico delle acque.

Arriviamo quindi a Uig (tra i 200 e i 300 abitanti), dove riusciamo a trovare accoglienza in un campeggio dotato anche di docce (non scontate in questo territorio) : cena in camper e buonanotte.

Giovedì 28 luglio 2022. Appena svegli ci trasferiamo a Dunvegan (380 abitanti) , dove facciamo colazione affacciati su un fiordo, sotto un cielo che oggi è azzurrissimo.  Ci trasferiamo poi al castello (rinunciamo alla visita, troppo costosa) e decidiamo di cercare di vedere autonomamente le foche residenti nel fiordo.  Proseguendo lungo la stretta stradina oltre il castello arriviamo ad una piazzola panoramica che ci regala un’ampia visuale sulle isolette che “popolano” il fiordo : avvistiamo prima i turisti alla ricerca di un contatto ravvicinato con le fochine (su barca, su tavola…) poi riusciamo a localizzare anche le foche , che  si immergono nelle acque e risalgono per respirare, poi stanno stese a prendere il sole sugli isolotti .. e sembra quasi che sorridano beate della propria libertà .

Qualche problema nell’inversione di marcia (scopriamo che la one way è senza uscita, ed è anche bloccata da un grosso camion per lavori stradali, con minacciosi  specchietti retrovisori corazzati da un robusto involucro di acciaio) .  

Decidiamo poi di puntare direttamente alle Fairy Pools letteralmente le  piscine delle fate , dove facciamo un veloce pranzo-merenda. E senza sosta partiamo per la visita del luogo, che richiede una passeggiata gradevole, ma impegnativa : il primo tratto in mezzo ai prati (che noi prendiamo come una scorciatoia ), che si rivelano zuppi di acqua e solcati da rivoli nascosti dall’erba. Tra scivoloni, salti e risate recuperiamo il sentiero che ci porta alle cascate che , scendendo lungo la collina, hanno formato gruppi di ampie vasche nella roccia calcarea, dove decine di persone fanno il bagno, si tuffano dalle alte rive, si immergono ed attraversano passaggi sommersi da una vasca all’altra facendosi portare dalle acque in caduta.

Mentre torniamo al camper e chiacchieriamo del film Starwars, dalla quinta di montagne che ci circonda, con un rombo violento sbuca improvvisamente un aereo militare che vola a bassissima quota e buca velocissimo il cielo sopra di noi, facendoci pensare ad un attacco di forze aliene . 

Da Wikipedia.  Si chiama Fairy Glen, letteralmente “valle delle fate“, ed è una delle mete più incantevoli dell’Isola di Skye, in Scozia. Il sentiero si dipana intorno a piccoline collinette arrotondate, punteggiate da lochans (che significa piccoli loch, ovvero piccoli laghi) e da cascate sparse qua e là. L’atmosfera è ultraterrena, ed è proprio questa che ha fatto guadagnare al luogo il suo nome: tutti gli elementi naturali sono raccolti in una piccola area, che sembra quasi una versione in miniatura di una meraviglia geologica di larga scala.   Il Fairy Glen non ha reali leggende o storie che riguardano le fate e che collega il luogo a un mondo magico, benché qualcuno affermi che siano state le fate a creare il paesaggio, e che ancora oggi abitino le fessure tra le rocce. In realtà, le formazioni geologiche uniche del Fairy Glen sono il risultato di una frana.    Una delle colline ha ancora uno strato di basalto in cima. Da una certa distanza, somiglia quasi ad un’antica rovina, e per qualche motivo è stata chiamata Caste Ewan. Ci si può arrampicare fino in cima, da cui si gode di una bella vista. Nella bassa rupe dietro al “castello” c’è una piccola caverna dove, a quanto si dice, inserire monete nelle crepe nelle rocce porta fortuna.   Di recente, i visitatori hanno iniziato a spostare piccole rocce per creare spirali sul terreno. Le guide turistiche dicono che si può lasciare una moneta al centro, come offerta per le fate, ma gli abitanti del luogo non sono entusiasti della cosa, in quanto preferirebbero lasciare la valle al suo stato naturale. 

All’uscita dall’isola, incrociamo una mandria di Highland Cows che procede placidamente sulla one way in direzione contraria alla nostra sotto lo sguardo divertito ed orgoglioso del mandriano che impartisce indicazioni gentili : ovviamente ci fermiamo ed attendiamo il passaggio di tutte le mucche, che hanno la precedenza assoluta (come tutti gli animali in Scozia) e ci osservano curiose e placide, sfiorandoci con le lunghe corna. 

Ci dirigiamo infine a Plockton (380 abitanti), dove non riusciamo a mangiare all’Inn che serve favolosi piatti di pesce ; ci accontentiamo di una cena da asporto consumata in riva al mare, in compagnia di ragazzi che fanno il bagno (in acque gelide) e di famiglie che fanno picnic serali suonando la cornamusa.   Belle casette affacciate al mare; in un negozio una tazza ironica annovera il villaggio tra le grandi metropoli : NEW YORK-LONDON-PARIS-PLOCKTON.  Noi siamo d’accordo …. 

Sentiamo già la nostalgia dei paesaggi di Skye per cui decidiamo di ritornare al porticciolo di Kyleakin : ancora non troviamo le lontre, ma vediamo una grande medusa che nuota sinuosa nel porto, con un’alternanza regolare di allargamenti e propulsioni quasi ipnotica. Penso che sia una medusa criniera di leone (Cyanea capillata) una delle più grandi specie conosciute (ombrella di 30-50 cm, con tentacoli che possono raggiungere i 10 metri) tipica delle acque fredde più settentrionali; l’ombrella ha otto lobi, che diventano più evidenti con l’età, e le conferiscono l’aspetto di una stella a otto punte. I tentacoli esterni, più chiari, sono quelli fortemente urticanti . Probabilmente è una cucciolina perché alla fine del loro primo anno di vita tendono a ritirarsi in baie chiuse, anche in gruppi molto estesi. In mare aperto i loro folti tentacoli offrono riparo sicuro dai predatori a molti pesciolini ; per fare lunghi tragitti si affidano alle correnti oceaniche.

Wikipedia : Questa medusa, piuttosto diffusa nelle acque del nord dell’Inghilterra e soprattutto della Scozia, è comparsa come vera e propria antagonista del celebre detective Sherlock Holmes nel racconto La criniera del leone (The Adventure of the Lion’s Mane, 1926), pubblicato nella raccolta Il taccuino di Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle. In questa storia breve, oltretutto eccezionalmente narrata in prima persona dallo stesso Holmes (per una volta non accompagnato dal fido Watson) l’investigatore londinese tenta di far luce sulla misteriosa morte di un giovane insegnante, trovato morto su una spiaggia inglese, con la schiena ricoperta di un gran numero di bruciature e senza alcuna traccia di accessi alla spiaggia da parte dell’assassino. Dopo una dettagliata indagine secondo il suo tipico metodo dell’analisi deduttiva, che lo porta ad escludere ogni possibile coinvolgimento umano, il detective intuisce (sulla base di un episodio analogo del quale aveva letto anni prima) che si possa trattare di questa medusa e, correndo alla spiaggia, riesce con altri ad individuare in mare e a uccidere con un lancio di pietre l’animale. Nella realtà, la puntura di C. capillata, benché dolorosa, non risulta fatale per gli esseri umani, a meno di predisposizioni o di reazioni allergiche, cosa che effettivamente poteva essere attribuita al personaggio del racconto il quale soffriva di cuore.

Dopo un incontro molto ravvicinato ed intenso con i midges che – puntuali come ragionieri – escono a godersi gli ultimi raggi di sole e ci costringono ad indossare gli orrendi ma efficaci copricapi verdi in rete fittissima, l’isola per salutarci regala un tramonto veramente impressionante : il cielo e l’acqua brillano di colori intensi : prima giallo dorato, poi rosa sempre più intenso fino al rosso ed infine viola. Per poi scolorire in un’azzurro luminoso e in un blu avvolgente.   Rimarrai nei nostri cuori cara isola, ad illuminare i nostri pensieri : grazie e arrivederci ….

IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK. Giugno 2023. Capitolo 7.

Ely, Cromer, Blakeney Natural Reserve, Wells Next the Sea, Holkham beach Natural Reserve, Holme Dunes Nature Reserve di Brancaster, King’s Lynn, Castel Rising, Snettisham Nature Reserve , Sandringham, Hunstanton Cliffs , Castel Acre Priory and village, Oxburg estate and Hall, Dinant

Mercoledì 28 giugno 2023.  Mattina in camper a riposarci e a completare i preparativi per la prossima partenza (pappa della Nina).   Andiamo a prendere la Jessica all’uscita dal lavoro : oggi ci aspetta il nuovo spettacolo di Megan, che vediamo insieme ad alcuni degli/le amici/che del corso di teatro di Jessica.  Titolo : Strangers, al Lion and Unicorn Pub and Theatre, rappresentazione delle 19.30 (dopo la giornata di lavoro ‘normale’ di Megan, iniziata la mattina alle 6).   Racconto della solitudine e della difficoltà di comunicare delle persone nella frenesia esistenziale della metropoli londinese, dove tutto corre velocissimo …. ma dove tutto sembra non cambiare mai.   Belli i dialoghi composti dai frammenti di pensiero dei vari personaggi che si incastrano ed articolano tra di loro, come se – del tutto inconsapevolmente – tutte le persone fossero attraversate dagli stessi sentimenti e dalle stesse aspettative, ma non riuscissero a rendere comuni queste esperienze.   Sarà il suicidio di un ragazzo a scuotere l’alienante routine.  Il personaggio di Megan è quello incontaminato, osservante, non giudicante, fuori dalle caratterizzazioni : osserva con sguardo aperto e stupore le dinamiche individuali degli altri personaggi, più caratterizzati. Alla fine dello spettacolo ti viene l’idea di salutare chi siede vicino a te in metropolitana, o di fare un sorriso ad una signora in bus, o a esprimere un qualsiasi gesto di gentilezza ed umanità nella città che corre.  Sintesi di Gabriele : “buio totale , per me si tratta di gente che va a Londra e non conosce nessuno e deve cercare di infilarsi nel gruppo”.   Dopo teatro : cena in un ristorante vegetariano, con tutti gli amici di Jessica (Matisse, Megan, la coinquilina di Megan), tutti molto premurosi con noi ed attentissimi a non farci sentire soli .  Tutto offerto da Jessica (!!!!!!!!!!!!!!!!), unanimamente soprannominata “la Principessa”.

Rientriamo in camper ringiovaniti di almeno 15-20 anni (ringiovanimento concentrato ai piani alti, sicuramente dalla prima vertebra lombare in su ; sotto, più si scende più aumentano i problemi).  

Buonanotte ( oggi solo 4 Km.).

Strangers – Lion and the Unicorn Theatre, London

Giovedì 29 giugno 2023.   Consueto appuntamento con la Jessica all’uscita dal lavoro : questa sera ci ha regalato  lo spettacolo che si tiene in questi mesi al Coliseum Theatre, dove lavora .  We will rock you, è il racconto  della storia del rock ideato da Ben Elton,  stella del teatro inglese (comico, attore, sceneggiatore, scrittore), molto amato dal pubblico  che accoglie ogni sua uscita in scena con applausi fragorosi e saluti, che ha lo scopo primario di sostenere la riproposizione delle più famose canzoni dei Queen. Spettacolo del filone dei Juke box musical ci spiega la Jessica  : la storia è una trama abbastanza fragile (che ad un certo punto corre il rischio di diventare bella per tanto è brutta). In sintesi, in un distopico mondo futuro – governato dalle forze del male impersonate da una crudele imperatrice dispotica – in cui l’anima delle persone è stata inaridita dalla assenza dell’arte e delle emozioni,  ed ogni tentativo di espressione individuale è punito con la reclusione immediata – la riscoperta del rock ridarà un’anima ed una speranza alle persone.   Circa : almeno questo io ho capito.    Ma la storia – che incorpora nei dialoghi i titoli di moltissime canzoni famose in continui giochi di parole – non riesce proprio a distaccarsi dalla parodia di un videogioco : più procede più diventa scombinata ed improbabile, comunque la guardi .   Però è compensata alla grande dalla eccezionale bravura dei musicisti, dei cantanti , dei ballerini che ci donano un grande concerto dei Queen (approvato anche da Brian Adams, intervenuto alle prime rappresentazioni). 

E tutto questo : in un palco di prima galleria riservato solo a noi . Un sogno ! Siamo praticamente sul palco e non perdiamo neppure un movimento di scena. All’entrata in teatro la maschera all’ingresso – appena vede che siamo in compagnia della Jessica – squarcia  la folla con un ampio gesto del braccio e ci apre trionfalmente il cammino.   A mezzanotte rientriamo in camper giovanissimi : io non mi sento più di 20 anni e potrei tranquillamente tirare mattina…. Non fosse che domani partiamo per la nostra desiderata quasi settimana di vacanza con la Jessica.

Quindi : buonanotte ! (oggi 7 Km.)

Venerdì 30 giugno 2023.  Completati tutti i preparativi per la partenza ci facciamo la doccia – dopo sollecito all’uscita dei nuovi solerti operatori del campeggio – e ci dirigiamo al parcheggio di Sainsbury di Angel, punto di incontro con la Jessica. Scopriamo però che anche nel parcheggio del supermercato la sosta è limitata a 2 ore, al termine delle quali scatta un costo di permanenza di 90 sterline : quindi facciamo la spesa, consumiamo tutte le nostre due ore gratuite ed usciamo alla ricerca VANA di un parcheggio per il camper in zona Angel.  Inesistente : dopo un’ora di peregrinazioni decidiamo di parcheggiare in divieto di sosta sul cancello di uscita della scuola dietro a casa di Jessica .   In questa situazione molto precaria, sperando che nessuno ci mandi un’auto della polizia a cacciarci,  inizio a mettere sul fuoco pentole, a lavare  e preparare verdure, ad apparecchiare,  e riesco a produrre la cena per la Jessica e Reef , che ci raggiungono verso le 10 di sera, con valigia e cuscini : olive, acciughine al limone su pane imburrato, cocktail di gamberoni, merluzzo in padella , insalata mista con pomodorini, avocado e anacardi.    Quindi, quasi a mezzanotte, riusciamo a partire, dopo i saluti a Reef, che deve lavorare. Abbiamo deciso – dopo molte riflessioni su previsioni metereologiche/distanze chilometriche/presenza di collegamenti via treno con Londra (che servono a Ida per raggiungerci gli ultimi tre giorni) – di visitare la costa nord della regione del Norfolk, classificata come AONB (Area of Outstanding Natural Beauty : area di pregio naturalistico) , che comprende un susseguirsi quasi ininterrotto di riserve naturali protette, con ambienti molto particolari e diversi tra loro,  scrigno di biodiversità, paradiso per varie specie, tra cui soprattutto  foche ed uccelli migratori e residenti.   E’ anche un’area a bassissimo inquinamento luminoso che consente l’osservazione del cielo, e l’unico territorio in Inghilterra dove negli ultimi anni si sono presentate le aurore boreali. 

Decideremo strada facendo la destinazione serale, che cade su Cambridge, dove dormiamo all’ombra (lunare) di un college universitario.  Tutti molto stanchi.  (oggi solo 2 Km., tra gli scaffali di Sainsbury e i divieti di sosta).    Buonanotte !

Sabato 1 luglio 2023.  Il programma delle prossime giornate è per ora molto vago : appena partiti, dirigendoci verso Cromer (che si trova all’inizio del nostro percorso in direzione ovest sulla costa), troviamo il nostro percorso interrotto dalla impossibilità di attraversare un passaggio basso (altezza consentita fino a 2,8 m.). Mentre cerchiamo un percorso alternativo mi rendo conto che il paese in cui ci troviamo è uno dei più belli della regione, per cui decidiamo di fermarci a visitare Ely. Che si preannuncia notevole, almeno a giudicare dalla quantità di visitatori che attira (siamo nel fine settimana) ; ricerca del parcheggio in paese impossibile ; parcheggiamo a circa 1 km. e ci incamminiamo alla scoperta della cittadina.  Partiamo dalla visita alla imponente cattedrale e all’annesso museo Stained Glass Museum  .  Passeggiamo poi nei vicoli e nei parchi del centro storico, uno dei più grandi nuclei medioevali con edifici integri ed ancora in uso attivo esistenti nel Regno Unito. 

Troviamo sulla nostra strada una anziana signora che vedendoci studiare la mappa della cittadina, ci dà una serie di informazioni e consigli : passeggiamo quindi lungo il canale navigabile, dove un simpatico signore ci invita ad osservare il balcone della sua bella casa, dove ha installato due statue a grandezza naturale : una giraffa ed una civetta , commentando con allegra ironia : “ when we made it, it seems a good idea !” (quando lo abbiamo fatto ci sembrava una buona idea).  Entriamo poi nell’angusto portoncino di accesso del negozio di antiquariato e anticaglie che ci ha consigliato la signora, che si rivela sconfinato e si sviluppa sui tre piani stretti e lunghissimi di un’antico edificio.    Riusciamo a visitare solo un piano e  mezzo scarso , ed alle 16 in punto chiudono : per fortuna mi viene da dire perché siamo riusciti a fare acquisti antichi (la Jessica si è concentrata sull’abbigliamento : una giacca ed un completo giacca e pantaloni sartoriale che le sembra cucito addosso, arrivato al negozio questa mattina ; io invece mi concentro sulle cose inutili ed acquisto tre buste di vecchie lettere e francobolli ) .  Attraversiamo poi il lungofiume sul quale sta una lunga fila di vecchi salici, con le fronde che ondeggiano dolcemente al vento accarezzandoci, anche con il morbido rumore delle foglie.

Rientriamo in camper e riprendiamo il nostro percorso arrivando a Cromer, oramai all’ora di cena : il paese è bello, ma rimandiamo la visita a domani. Troviamo un parcheggio favoloso, sulla scogliera affacciata al mare, ma ovviamente è un no overnight parking, nonostante sia completamente vuoto. Con alcune acrobatiche inversioni di marcia e manovre Gabriele riesce a parcheggiare non troppo in discesa sul lungomare, sull’unico tratto di strada dove è consentito il parcheggio notturno dei camper.   Cena affacciati all’azzurro e buonanotte.  Oggi 8 km.

Domenica 2 luglio 2023. Ci trasferiamo di buon’ora nel parcheggio panoramico e paghiamo la sosta diurna ; con una bellissima passeggiata sul lungomare andiamo poi a visitare il centro storico ed il famoso pier.    Comperiamo granchi (rimane un mistero il perché questa cittadina abbia i granchi migliori del Regno Unito) , insalata di pesce e cappesante (scallops, che cuciniamo con una noce di burro e sono un incanto).  

Pranzo panoramico e trasferimento al Morston Quay, nella Blakeney Natural Reserve : abbiamo prenotato infatti un giro in barca (Beans Boat) per andare a vedere le foche.   Con la nostra barchetta rimaniamo all’interno del bacino costiero creato dalla enorme duna semisommersa che anticipa il mare aperto ; in questo bacino naturale le foche hanno trovato condizioni di vita ottimali, che hanno consentito a questa colonia di crescere negli ultimi anni.      Ai confini del mare aperto, dove le onde sono belle vivaci, troviamo le foche, sulle isole sabbiose che stanno per essere sommerse dall’alta marea, che nuotano felici intorno alla nostra barca a decine, spuntando dall’acqua e osservandoci curiose, rituffandosi allegramente alla ricerca di pesce.

Siamo in mezzo ad una riserva naturale, senza parcheggi accessibili con un percorso sostenibile (sono oramai le 7, anche se il sole splende alto) ; decidiamo quindi di andare a Wells Next the Sea. Dove troviamo il Mill Farm campsite, campeggio specializzato nell’ospitalità di camperisti con cavallo al seguito : la ragazza che lo gestisce, circondata da bambini, è gentilissima e ci fornisce tutte le indicazioni. Ci informa che il posto è “rustico” : difatti siamo parcheggiati vicino ai recinti dei cavalli, tra le varie costruzioni ed attrezzi della fattoria, in mezzo a campi di grano dorato. Facciamo una stupenda doccia : potente e calda … fino a quando decide di diventare potente e fredda. Tonificante.      Buonanotte : 9 km.

Lunedì 3 luglio 2023.  Visitiamo Wells, bel paesino raccolto intorno al porto, che rappresenta la principale attrattiva e si allunga per due chilometri accogliendo l’andirivieni delle immense maree.      Dovremmo fare colazione con il miglior sausage roll del Regno Unito, che però oggi viene servito solo freddo : quindi rinunciamo, con malumori serpeggianti.  Io mi oriento subito ad un roll alternativo prodotta dal forno locale, che ha un bellissimo aspetto : compero anche un po’ di alternative che rimangono nello zaino per il pranzo in spiaggia. Siamo diretti alla Holkham beach, dove arriviamo dopo la oramai consueta visita al Lifeguard  shop.   Siamo costretti ad allargare il nostro giro , perché nel primo tratto di spiaggia è vietato l’accesso dei cani. Attraverso la bellissima pineta raggiungiamo la fine della spiaggia balneare, dove le casette colorate su palafitte delimitano il confine con la sabbia. La lunghezza della spiaggia è davvero indescrivibile : la marea la risale tutta (1 chilometro almeno) e raggiunge i ripari in legno che sfidano coraggiosi una natura possente.    Finite le casette,  inizia   la riserva naturale.   Le dimensioni sono veramente difficili da valutare : in fondo in fondo riusciamo a vedere l’azzurro del mare e il bianco intermittente delle onde, ma camminando camminando non riusciamo assolutamente a raggiungerlo.  Ci dirigiamo quindi attraverso la riserva naturale sfidando un vento potente che solleva la sabbia : ad un certo punto siamo completamente circondati da una distesa di sabbia che ha come orizzonte il mare da un lato e la duna e una sottili striscia scura di alti pini dall’altro.   Camminiamo per ore cercando di arrivare ad una meta, senza però riuscirci, perché il punto di arrivo sembra sempre spostarsi dietro nuovi territori che appaiono inaspettati : ghirigori, pozze e rivoli di acque lasciate dalle maree in avvallamenti invisibili, nuovi tratti di sabbia inaspettata sferzati dal vento, tessuta con onde e ricami provvisori.   Alla fine siamo riusciti ad arrivare circa a metà della spiaggia, in un punto in cui la duna di sabbia ha consentito la creazione dietro di sé di un territorio salmastro regolarmente allagato dalle maree, dove però è riuscita a crescere una enorme distesa di erica che sta fiorendo .   Attraversando rivoli di acqua che compaiono sul nostro percorso riusciamo arrivare al punto di osservazione ai limiti della pineta.   Qui ci sediamo sulla panchina della piattaforma di osservazione e ci concediamo il nostro meritatissimo pranzo : sausage rolls, spinach and feta roll, ice buns (panini spugnosi insapori ricoperti di glassa bianca, che risultano invitanti senza nessun motivo chiaro).    All’uscita dalla spiaggia ci fermiamo in un piccolo bar costruito come un nido in mezzo ad un mare di erba ondeggiante ; all’uscita stanno per arrivare minacciosi nuvoloni nerissimi e propongo di aspettare . Figurati, tu ti spaventi per due gocce … e dopo pochi secondi inizia a scrosciare il più violento dei temporali : mentre inutilmente cerchiamo di infilarci le mantelle portate via dal vento impetuoso, io strillo di fare attenzione ai fulmini …. suggerimento la cui irrilevanza ed inutilità viene prontamente evidenziata : “mamma tu dovresti essere quella che mi rincuora, non quella che grida disperatamente”.   Rientriamo nel piccolo bar fradici e ci consoliamo con un supplemento di patatine. Il vento comunque riesce ad asciugarci, tanto rapidamente quanto la pioggia ci ha bagnato. 

Riprendiamo il percorso per tornare al campeggio, rinunciando alla possibilità del bus (che arriva solo tra 1 ora) ; lungo un tratto di strada senza marciapiede e piuttosto pericoloso, un automobilista gentilissimo dopo averci sorpassato si ferma, ci aspetta e ci indica un percorso sicuro attraverso i campi . Qui sembra che il senso della comunità esista e rappresenti un pilastro importante della vita sociale. Il sentiero che ci ha indicato è bellissimo : in mezzo a campi di grano dorato che ondeggiano al vento e luccicano al sole ancora bagnato dalle gocce d’acqua  e ci regala un’ora di pura felicità, uno di quei momenti in cui entri in risonanza con la meraviglia del mondo che ti circonda .   Torniamo al campeggio e ripartiamo diretti alla prossima meta: la Holme Dunes Nature Reserve di Brancaster .    Arriviamo alle 7, quando oramai il centro visite è chiuso : ci siamo solo noi e pochi altri passeggiatori sull’altro lato del canale che si apre una strada ramificata fino al mare .  Ci godiamo il sentiero della passeggiata sulle dune affacciate al calar del sole . 

Questa lunga giornata si conclude con una veloce spesa serale ad una Lidl affacciata su grandi campi di lavanda fiorita ; scopriamo che esiste un percorso della lavanda, che purtroppo non avremo tempo per fare.   Circondati da un tramonto eccezionale in cui nuvoloni neri si tingono di rosa e viola per i raggi del sole che esce sotto le nuvole e prima della fine del mare,  all’orizzonte , approdiamo a King’s Lynn dove dormiamo in un parcheggio con posti dedicati ai motorhome (2 sterline per la notte e 3.80 per la giornata)  , circondati dai furgoncini rossi della Royal Mail.  Cena veloce, dopo una giornata piena di belle emozioni.

Dormiamo benissimo.   Oggi abbiamo esagerato : 17 chilometri, che valgono molto di più (sulla sabbia e in controvento).

Martedì 4 luglio 2023.  Colazione tranquilla ; mentre la Jessica e Gabriele vanno in stazione a prendere  Ida – amica del cuore degli anni londinesi – che arriva in treno per trascorrere i prossimi tre giorni con noi, riordino e pulisco velocemente il camper.   Veloce tè di benvenuto e visita a King’s Lynn, che non ci piace, rabbuiata anche dal cielo nuvoloso : paesone dall’aspetto austero, severo, rigido, un po’ trascurato , senza nessun luogo che ci attragga veramente.

La nostra visita termina alla casa dell’esorcista, a fianco della chiesa … probabilmente un pò di sole avrebbe rallegrato questa cittadina medioevale e allietato le funeste leggende che la abitano

Decidiamo quindi di salutarla velocemente e di correre verso la prossima meta : Castel Rising .   Stranissimo castello costruito più per scopi abitativi che difensivi : è un enorme cubo, dall’aspetto snellito da rilievi e decorazioni che si sviluppano su linee verticali, invisibile dall’esterno perché collocato all’interno di un alto cono circolare circondato da un fossato.  Utilizzato per scopi ludici dalla gaudente proprietaria, la regina Isabella , che si è qui ritirata nel 1327 dopo aver perso marito ( Edoardo II, malato, dopo la deposizione ) , amante (Roger Mortimer, ucciso da Edoardo III figlio di Isabella)  : lussuosa abitazione utilizzata per feste danzanti, battute di caccia a cavallo, banchetti, letture, rappresentazioni artistiche e teatrali.  Spioviggina, mi metto il cappellino impermeabile e mi merito un ritratto fotografico in stile Elisabetta II .  Passeggiamo poi tra i bellissimi cottage del villaggio e stiamo un po’ al telefono con Emma, Sabrina, Carlo e mia sorella che ci chiamano per salutare la Jessica, perdendo completamente l’orario. Per cui quando torniamo al parcheggio del castello per prendere il camper, scopriamo che hanno chiuso i cancelli e non possiamo uscire. Fortunatamente ci hanno lasciato un biglietto recuperato dalle nostre due ragazze atletiche che scavalcano l’alta recinzione (“se volete uscire chiamate questo numero”) ed il custode ci raggiunge sorridendo : “non siete i primi e non sarete gli ultimi : don’t worry”.  Thank you so much and good bye .

Ripartiamo diretti alla Snettisham Nature Reserve : area costiera protetta di nidificazione degli uccelli . Decidiamo di entrare in un bel campeggio (Diglea holiday park), anche per l’assenza di alternative .    Il sentiero della riserva è compreso tra una stretta spiaggia di piccoli sassi levigati (con molti tratti delimitati per la nidificazione) ed un vasta area salmastra colonizzata da piante verdissime , arbusti neri, con gruppi e/o distese di fiori dai colori intensi : predominano le distese e le chiazze blu amplificate dalla luce del tramonto, alternate a improvvise pennellate di viola o giallo.  Un incanto assoluto. Avvistiamo alcuni uccelli , molti conigli ed un muntjak, un piccolo cervide, dal corpo arrotondato e dalle corna pelose appena abbozzate : purtroppo in queste vacanze  ne avvisteremo molti morti sul ciglio delle strade, perché sono fatalmente attratti dalle luci delle autovetture .  Ma questa passeggiata ci riserva IL MOMENTO PIU’ EMOZIONANTE DELL’INTERA VACANZA: ad un certo punto vediamo, sulla spiaggia sassosa che digrada velocemente nel mare, una signora con un giubbotto rifrangente ed un’ aria preoccupata.   Dopo poco vediamo arrivare di corsa altri due ragazzi , che portano un grande contenitore per il trasporto di animali ; uno dei due afferra qualcosa con una coperta .  Non riusciamo a capire cosa stia succedendo ma la situazione mi incuriosisce per cui mi lancio in spiaggia lasciandomi scivolare (rotolare)  lungo la ripida discesa. Scopriamo che le persone sono favolosi volontari della RSPCA (Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals), associazione che sostiene molti progetti di sostegno per animali, tra i quali un pronto intervento per animali feriti o in difficoltà attivo 24 ore su 24, oltre a centri di cura.  Mi dicono che hanno recuperato due cuccioli di foca, rimasti probabilmente orfani subito dopo il parto. Uno dei due è più piccolo e sofferente perché nato pretermine. Mi mostrano tesserini identificativi e mi consentono di guardare velocemente i due cuccioli dentro il trasporto : e io ricorderò per sempre questo momento come uno dei più emozionanti di tutta la mia vita : le due fochine mi guardano spaventate e disorientate con grandi occhi neri, lucidi e profondi… e io non voglio disturbarle oltre.   Li ringrazio come posso con il mio stentato inglese, ma spero che gli sguardi dicano più delle parole : mentre arrivano anche Gabriele, Jessica e Ida , recupero il biglietto da visita del centro .  Mentre i due ragazzi portano le due fochine al centro di trattamento  East Winch Wildlife Centre , dove la loro centrale operativa ha  trovato la disponibilità di due posti, la signora ci fornisce molte informazioni sull’attività dell’associazione, oltre che spiegarci come dobbiamo comportarci nel caso ci capiti di trovare animali in difficoltà.  Tutto molto professionale ed impeccabile.  Da questo momento penserò spesso alle due piccole foche, così sfortunate all’inizio della loro vita  e nello stesso tempo così fortunate ad aver trovato gli umani giusti, sperando con tutte le mie energie che possano resistere e farcela.   E mi chiedo come potrò fare a recuperare informazioni sul loro decorso.

Rientriamo in campeggio con il cuore gonfio di emozione .   Ci aspetta la più bella doccia delle vacanze, in una cabina lussuosa. Ed una cena sontuosa con tagliatelle al ragù, portato appositamente da casa.   Buonanotte (mi sveglierò un po’ di volte sempre pensando alle due fochine e concentrando tutte le mie speranze). Oggi 12 Km.

Mercoledì 5 luglio 2023.   Cerchiamo di continuare a succhiare tutto il nettare della vita e di non pensare al fatto che siamo già arrivati al penultimo giorno di vacanza.   Ci dirigiamo a Sandringham, dove abbiamo prenotato l’ingresso al parco e residenza reale per questa mattina.   Facciamo colazione/pranzo con una sontuosa english breakfast acompagnata da un ottimo tè al ristorante, che ci delizia di un servizio impeccabile ed accogliente.   Bisogna dire che è proprio tutto perfetto : di quella perfezione perfetta, non troppo pesante o inquietante.  Ida con un colpo di mano riesce ad offrirci la colazione e siamo pronti per la visita . Vietatissimo fare foto all’interno della residenza che è bellissima, soprattutto all’esterno (per i miei gusti) : a differenza di Windsor, sicuramente più istituzionale, qui siamo nella casa della famiglia reale, con fotografie, luoghi di vita “normale”…. Gli interni sono sempre sfarzosi con vetrine, giade, raccolte infinite di armi e armature orientali, vasi e paraventi orientali, la raccolta degli acquarelli di re Carlo, ma si respira comunque l’atmosfera privata di una casa reale. La regina Elisabetta trascorreva sempre qui le vacanze natalizie, che si prolungavano fino al 6 febbraio, data della morte del padre, quando la sua vita è cambiata e la bella ragazza ha perso per sempre lo spensierato sorriso delle sue foto giovanili, e per uno strano gioco del destino è diventata improvvisamente regina.  E scopriamo che le cose a cui era più affezionata, che ha voluto raffigurate nell’ultimo ritratto all’ingresso della casa, sono una fotografia di sé bambina circondata dall’abbraccio dei genitori ed una statua raffigurante due angeli che si parlano.    Vediamo anche la famigerata sedia bilancia – odiata da Diana – con la quale da antica tradizione famigliare  gli ospiti invitati alle feste natalizie venivano pesati all’arrivo nella tenuta di Sandringham e poi alla partenza, in quanto il re voleva essere sicuro che si fossero divertiti ed avessero mangiato abbastanza.   Vediamo anche il lusso assoluto : delle apparecchiature dei tavoli della colazione e del pranzo, delle ceramiche, degli argenti, dei tessuti, delle meravigliose le sete da parati (che non sono applicate al muro, ma tese su cornici di sostegno, con precisione ultramillimetrica), delle autovetture conservate nei garage.   Bellissimo anche il parco, con alberi secolari, oche della famiglia reale che pascolano beate su prati perfettamente tagliati, il cimitero dei cani della regina rivolti proprio alla sua camera. Purtroppo entriamo nel negozio e non resistiamo alla tentazione di alcuni acquisti (tra cui il favoloso tè della colazione, che spero non mi deluda).

Siamo pronti per la prossima tappa : ma vogliamo almeno fotografare  i bellissimi campi di lavanda in piena fioritura . Io e Ida ci prendiamo per mano e attraversiamo la strada a traffico veloce e facciamo qualche foto : e come folgorata da una magica polverina , mi sento una ragazza..

Arriviamo a Hunstanton, dove facciamo una stupenda passeggiata sotto la bellissima scogliera bicolore : sopra bianca e sotto rossa . In spiaggia si aggiunge il verde che ricopre i massi caduti nella marea.  Incanto assoluto, incrinato solo dal fatto che appena arriviamo in spiaggia il sole si nasconde dietro un nuvolone e non ricomparirà più, ad illuminare i colori splendenti di questa spiaggia. Per scoprirne ogni segreto geologico : 

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwjHjt_8qeWFAxW62AIHHQjLGGIQFnoECBgQAQ&url=http%3A%2F%2Fwww.discoveringfossils.co.uk%2Fhunstanton-norfolk%2F&usg=AOvVaw3vqUHXjyhDC3dOoqlGFvoP&opi=89978449

Decidiamo di concludere la giornata con un fish and chips di saluto al mare : troviamo quello che scopriamo essere il 3° miglior fish and chips del Regno Unito (e soprattutto l’unico che faccia asporto, ancora aperto)  : oltre ad una porzione del solito merluzzo intero, ci concediamo i bocconcini di merluzzo, i gamberoni e gli scampi. Tutto molto gustoso anche perché riusciamo a parcheggiare lungo la strada sopra la scogliera, con una bella vista sul tramonto. E su un gabbiano che attende paziente che ci decidiamo a lanciargli qualcosa : come al solito sono io a cedere, ma devo chiudere velocemente il finestrino perché lanciato il primo pezzetto di pane vedo arrivare uno stormo intero di gabbianelli intraprendenti .

Vista la impossibilità di parcheggiare per la notte decidiamo di tornare a dormire tra i furgoncini della royal mail a King’s Lynn, tappa comoda per il percorso di domani.   Buonanotte (10 Km.).

Giovedì 6 luglio 2023

Oggi abbiamo selezionato due tappe che troveremo all’inizio della  strada che ci riporterà a Londra.   Castel Acre è la prima : piccolo villaggio raccolto attorno ai resti del castello, alla chiesa ma soprattutto al priorato che rappresenta il nucleo originario del luogo, costruito per l’insediamento di una comunità monastica che ha avuto una florida crescita fino al drastico intervento di Enrico VIII.  La facciata della chiesa, rimasta miracolosamente in piedi, oltre che I resti dei vari edifici del priorato ci danno l’idea della complessità del luogo  : la residenza del priore è rimasta quasi indenne, anche perché sottoposta ad interventi di recupero con finalità abitative.  

Dopo un pranzo di avanzi, melone ed affettati bolognesi ed inalate miste, ci dirigiamo alla Oxburg estate and Hall, splendida residenza vittoriana della facoltosa famiglia Bedingfield , passata al National Trust nel 1952 (a parte una consistente porzione ancora abitata dalla famiglia proprietaria).   Mentre gli esterni sono bellissimi, gli interni sono decisamente cupi e pesanti, con le pareti ricoperte da tappezzeria in cuoio scuro ed arredi belli ma altrettanto scuri e pesanti (curiosa la porta segreta che sembra una sezione della libreria piena di volumi) .   Lo spirito cristiano che anima la famiglia sin dall’antichità, testimoniato da una lettera di ringraziamento autografa di Paolo VI, non trasuda dalla evidente ricchezza dell’abitazione. Passeggiata nel parco, dove ci fermiamo nella casetta di lettura nel bosco (ed altre gioie della vita pare di capire dalla descrizione appesa alla parete) , affiancata da un ruscello che scorre in mezzo a mille riflessi di verde, sotto le radici di un grande pino.   Infine rientro a Londra.  

Lasciamo le ragazze alla fermata della metro di Seven Sisters, mentre noi approdiamo al Lee Valley Campsite , perché non abbiano trovato posto in strutture alternative.   Cena veloce e buonanotte, abbastanza stanchi. Oggi : 5 km.

Prima di dormire però mi viene in mente di provare a cercare il centro di accoglienza delle fochine : e trovo il loro sito internet dove vedo diversi post : quello del recupero dei primi due cuccioli di foca della stagione. Sono state chiamate PRIMROSE e FORGETMENOT (PRIMULA e NONTISCORDARDIME ) e stanno decisamente bene : nel secondo post si avvicinano fiduciose all’operatore che le nutre.  Sono vispe e reclamano a gran voce il latte ; sono così felice che potrei volare. Invio il link a tutti e condivido il sito dell’associazione che cerca sostegno e contributi.

https://www.rspca.org.uk/local/east-winch-wildlife-centre    

Visitando il collegamento del sito su facebook potrete vedere Primrose e Forgetmenot in vari filmati (3 luglio 2023 a pochi giorni dal soccorso , il 20,22,24 agosto 2023 nei miglioramenti, fino alla liberazione il 4 dicembre 2023 e oltre) .  E anche molti altri salvataggi . 

Venerdì 7 luglio 2023.   Dopo vari tentativi infruttuosi ed una certa tensione, riusciamo finalmente ad inviare quattro confezioni di vitamine richieste dal centro per le fochine ; dopo pranzo (toast + frutta) prendiamo i borsoni di Jessica e li recapitiamo a casa sua (attraverso un viaggio di quasi due ore che prevede : 10 minuti di cammino e 15 di attesa alla fermata + bus + overground + metro linea azzurra + metro linea nera + 10 minuti di cammino) . Organizziamo una merenda con frutta ed un avanzo di biscotti delle vacanze ; poi aiutiamo la Jessi a dare una ripulita a casa ed una riordinata all’armadio ; faccio un orlo di una tutina di jeans … ed è arrivato il momento dei saluti, con la solita stretta al cuore che cerchiamo di stemperare.  Riusciamo a salutare anche Marco e Reef.   La vacanza è finita e dobbiamo rientrare : ed è sempre un po’ difficile, anche se la vita londinese non è fatta per noi, come ci raccontiamo per consolarci e come ci racconta il lungo (ed affollatissimo) viaggio di ritorno in campeggio. Cena veloce e nanna. (oggi solo 4 km.)

Sabato 8 luglio 2023.   Partiamo alle 5 dal campeggio ed arriviamo a Dover alle 6.40 senza intoppi. C’è da meravigliarsi però che siamo riusciti a prendere il traghetto di ritorno. Infatti dopo aver sbagliato il giorno (ero convinta fosse il 7, ma mi sono accorta che era l’8), adesso ho sbagliato anche l’orario (ero convinta che la partenza fosse alle 8.30, invece era alle 7.40) . Inoltre c’è una lunga fila disposta in 10 colonne ai controlli doganali, dove aspettiamo per più di un’ora. Partiamo quindi alle 9.10 e ci attende solo un rientro in un viaggio che diventa sempre più caldo. Anche le cicogne – che pascolano in un’area dell’autostrada francese – sono abbastanza disorientate.

Arriviamo alla prima tappa – Dinant , in Belgio – fradici ed affaticati, quasi senza respiro per il caldo. Anche la Nina ansima guardandoci con sofferenza.   Dopo essere entrati in paese attraverso due altissime rocce che contengono uno stretto passaggio, parcheggiamo vicino al fiume Meuse. Mentre controllo il parcheggio, sento avvicinarsi il rullio di tamburi e musica ritmata e non faccio in tempo a chiedermi cosa sia che compare banda e sfilata storica in costume.  Se non fosse tanto caldo mi verrebbe da ridere … Dopo cotanta accoglienza – che non era riservata a noi come poteva sembrare – riusciamo a trovare un parcheggio gratuito all’ombra : ci riprendiamo e facciamo una breve paseggiata verso il centro, per constatare che Dinant è proprio una bella cittadina, meritevole di una successiva tappa di perlustrazione più approfondita. Ma oggi fa veramente troppo caldo e decidiamo di rientrare in camper, cenare velocemente, farci una doccia fredda ed andare a dormire. Buonanotte (solo 4 km, sudatissimi).  Preparandoci ad affrontare il rientro di domani, con gli ultimi 760 km di queste lunghissime, bellissime, variegate vacanze, in cui il tema dominante – potremmo dire – siano state le sorprese.

Arrivati a casa,  Sky ci avverte subito che la prossima volta verrà con noi. 

IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK : giugno 2023. Capitolo 6.

Liverpool , Crosby , Port Sunlight , Hay on Wye, Caerphilly, Castell Cock, Cardiff Bay

Lunedì 19 giugno 2023 .  Speriamo di trovare posto al parcheggio dei Kings Dock a Liverpool , centrale e comodissimo per la visita della città, ma privo di servizi.  Attraversiamo il tunnel che attraversa  l’ampio estuario del fiume Mersey (che sembra anche un profondo fiordo marino)  ed arriviamo alla parte centrale della città, che ci presenta immediatamente il suo aspetto di rinnovamento, con investimenti massicci e progetti per il futuro . Infatti vediamo cantieri in attività praticamente ovunque, con edifici che vengono abbattuti e altri nascono, con centri culturali, di affari, sportivi : nel 2007, in occasione dell’ottavo centenario della sua fondazione ed ancor più dal 2008 quando è stata eletta capitale europea della cultura, sta lavorando per la sua rinascita.   La città è diventata il secondo centro finanziario dopo Londra e vuole valorizzare la propria identità e ridefinire la sua immagine, in uno sforzo per accaparrarsi il maggior numero di  superlativi possibili :  il più alto, il più celebre, il più antico, come se volesse riscattarsi da vecchi complessi.   Città tormentata, nota per il suo amore viscerale per il calcio (da Liverpool arrivano i famigerati Hooligans, abituati a bere molto e a concludere le partite con risse, violenza e scontri con la polizia, temuti dagli stadi di tutto il mondo ), possiede uno straordinario patrimonio culturale: è la città inglese con maggior numero di edifici storici dopo Londra , con musei e gallerie d’arte importanti, sede di una prestigiosa università, con i Beatles nel suo DNA .    Parcheggiamo nel Kings Dock, praticamente deserto, e paghiamo il parcheggio (54 sterline per tre giorni) con la benedizione del parking man (un pò difficile da trovare, nel suo piccolo ufficio nascosto nel parcheggio multipiano) : posto molto tranquillo e molto sicuro (siamo infatti tra il canale e la sede centrale della polizia, ripresi da molte telecamere). 

Partiamo alla scoperta della città che ci piace subito, con le sue costruzioni in mattoni rossi. Pranziamo deliziosamente bene in un ristorante consigliato dalla Lonely Planet  (Italian Club Fish).  Ci dirigiamo poi alla Liverpool’s Anglican Cathedral : costruzione recente, iniziata nel 1904 e terminata nel 1978, l’enorme edificio stupisce per l’anacronistico (e non propriamente riuscito) stile gotico : stranamente massiccio e pesante nonostante le linee verticali,  di dimensioni gigantesche .  E’ la più grande chiesa anglicana del Regno Unito ed una delle più grandi del mondo, grazie alla sua navata lunga 150 metri, con volte alte fino a 55 metri e torre svettante a 101 metri, che scaleremo (in parte aiutati da un ascensore).   Di rilievo il sistema di campane (13 campane con un nome proprio, oltre a quella centrale la più grande, Great George, che è la terza al mondo per dimensioni e viene suonata solo a Pasqua e Natale) , oltre all’organo con 9765 canne, più grande al mondo.   Bellissimo il panorama che si apre allo sguardo dalla cima della torre, cui si sale con due tratte di ascensori ed una serie di ripide scale , moltiplicato dalla luce tersa del sole che squarcia le nuvole.  Salutiamo il nostro S-Lego parcheggiato verso il Mersey.  Molto bella , anche per il significato , The Lady’s Chapel, costruita con il contributo di una benestante benefattrice, dedicata a Maria e più in generale a tutte le donne, famose e non, che hanno contribuito alla storia, grande e quotidiana. 

Breve sosta alle rovine della  St. Luke Church, gravemente danneggiata dai bombardamenti del maggio del 1941 : 60 anni dopo è stata recuperata come sede di eventi ed incontri culturali.   Molto suggestiva la statua di due soldati di opposta fazione che si stringono la mano, di fronte alle pareti senza più tetto e aperte verso il cielo, in un campo di fiori che ondeggiano al vento.

Ci dirigiamo poi verso la ancor più recente Roman Catholic Metropolitan Cathedral (Metropolitan Cathedral of Christ the King), una enorme meringa di cemento visibile da ogni dove, che viene costantemente citata come la più brutta costruzione di Liverpool  : il progetto iniziale, del 1933 – che prevedeva la costruzione della più grande cattedrale del mondo dopo San Pietro a Roma – fu abbandonato per la mancanza di fondi . A testimoniare la grandiosità del piano rimane solamente la Cripta di Lutyens, fatta di 6 milioni di mattoni, che non visitiamo perché già chiusa al nostro arrivo.  I lavori ripresero nel 1962, con un progetto che definire futurista è poco, dopo una eroica raccolta fondi, a cui contribuirono molti cittadini, con varie strategie, che valsero loro il reclutamento nel Golden Book of Remembrance.  E’ sicuramente la chiesa della luce, che entra da geometriche vetrate dai colori brillanti, sagomati in forme geometriche che definiscono gli spazi e culminano nella volta centrale.   Nell’immediato, sembra di entrare più in una discoteca che in una chiesa, tanto i colori delle vetrate sono intensi  :  ma è difficile restare indifferenti alla strana luce diffusa dalle vetrate, /*che crea una sensazione di intimità che si concentra nella navata circolare (alta 90 metri) che svetta proprio al centro della chiesa .  

Vediamo poi la sede centrale della Università, anche questa soggetta ad un importante intervento di recupero : la zona universitaria occupa un intero quartiere della città, popolata da giovani .

Arriviamo poi al Cavern Quarter, nella zona centralissima, che celebra la presenza della vera e propria caverna dove i Beatles hanno iniziato a suonare ( qui tennero i loro primi 292 concerti e raggiunsero la celebrità) ; il Cavern Club è uguale a quello originale, che fu demolito negli anni 70, e ricostruito identico nel 1984 – quando riprese la sua attività – ma leggermente spostato rispetto all’originale.  Una fotografia ricorda dove si trovava il sito originale, e di fronte c’è ancora l’edificio in cui manca un mattone ; per la ricostruzione –che solo gli inglesi sanno fare così meticolosamente- sono stati utilizzati 15000 mattoni risalenti proprio all’epoca dei Beatles.    Ma non solo i Beatles hanno suonato qui:   nel periodo di attività ( 1957-1973 ) in questo club hanno suonato i Rolling Stones, gli Who, i Queen, Chuck Berry, Elton Jhon, gli Oasis, Rod Stuart … e tutti gli altri artisti celebrati nel Wall of Fame, fatto erigere il 16 gennaio 1997 con 1801 mattoni che riportano il loro nome,  dal Cavern City Tours (proprietario degli omonimi  Club e Pub) per celebrare il 40° anniversario dell’apertura.   Negli anni 60 Liverpool è stata per il rock quello che New Orleans fu per il jazz.    La zona è ovviamente molto turistica e densa di attrazioni commerciali sul filone Beatlesmania : però si deve rilevare la grande energia positiva che si respira nelle strade del centro, dove musica suonata dal vivo ci accompagna costantemente, dove dai locali entrano ed escono artisti, ragazzi con  strumenti.  

Ci dirigiamo quindi verso i Docks, che se fino agli anni 70 annerivano le rive del Mersey ai tempi del declino industriale, da oltre 20 anni sono stati oggetto di grandiosi interventi urbanistici di recupero e rinnovamento e nel 2004 sono stati dichiarati Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.   Si succedono The Three Graces, le Tre Grazie : tre edifici edoardiani che mostrano con magniloquenza la prosperità della fine del XIX° secolo: il Royal Liver Building sormontato da due fenici (1911, sede di una compagnia assicuratrice) , il Cunard Building (in stile rinascimentale, sede della compagnia del Lusitania e del Titanic) ,  il Port of Liverpool Building (1907, con la cupola ispirata alla Cattedrale di St. Paul ) .  Proprio accanto il Museo di Liverpool, emblema del rinnovamento architettonico della città, che prende vita nel vetro, nell’acciaio, nel calcestruzzo, oltre ai palazzi dalle linee futuristiche .

Dopo alcune tappe sulle panchine che si affacciano al Mersey,  su cui sfilano migliaia di promesse d’amore (le catene lungo tutti i dock sono appesantite da un succedersi infinito di lucchetti colorati o arrugginiti), arriviamo al camper stremati (12 Km).

Cena leggera (semolino, insalata e frutta), diario e riposo dopo videochiamata con la nostra Jessichina : iniziamo a fare programmi per la settimana di vacanza – tanto desiderata – che trascorreremo insieme.  E buonanotte (dopo una serie di brevissimi fuochi d’artificio che si accendono tra le luci colorate che si riflettono nel porto canale, senza un perché).

Martedì 20 giugno 2023 .   Notte di pioggia che continua anche nella prima mattina : ci sembra quindi la giornata giusta per la visita ai  musei dell’Albert Dock . Primo fra tutti The Beatles Stories Liverpool – The story of the band that changed the world : ovviamente  a pagamento (e anche tantissimo : 15 sterline a testa, con sconto anziani, altrimenti 19) .  Non contento, all’ingresso il museo ci dice : “Celebrate l’ottantesimo compleanno di Paul Mc Cartney con una donazione”.   Come se ne avesse bisogno : spero sia un appello pro beneficienza, anche se ne dubito.     La gentilezza non è il forte delle ragazze, che sembrano tutte molto insofferenti, poco interessate e poco tolleranti.   Comunque il museo è costruito come un labirintico percorso tra la ricostruzione meticolosa di diversi ambienti – tutti molto angusti e quindi difficili da gustare, anche per le molte persone – nei quali è cresciuto il mito della band, e si percorre in totale autonomia.  Dalle scuole dove si sono conosciuti, alla prima esibizione ancora quindicenni nel giardinetto della chiesa .

Quello che colpisce è la assoluta semplicità e modestia delle origini e le storie di vita, anche se l’attenzione è concentrata sulle vicende musicali, piuttosto che sulle biografie, che sento la necessità di recuperare dal WEB.

John Lennon : nasce il 9 ottobre del 1940, mentre è in corso un bombardamento aereo tedesco (“la prima cosa che ricordo è un incubo”). Gli viene dato il secondo nome di Winston, in onore del primo ministro Churchill .  La madre è Julia Stanley , maschera in un cinema,  e di Alfred Lennon , impiegato come cameriere su una nave  che viaggiava nelle Indie, che abbandonò la famiglia dopo aver perso il proprio lavoro.  John si rifiutò di seguire il padre in Nuova Zelanda e rimase con la madre, che ebbe una seconda figlia Victoria Elizabeth che lasciò in adozione.  Dal 1946 la zia Mimi – che non aveva figli – prese con se John, con l’intento di proteggerlo e di responsabilizzare la sorella, considerata ingenua ed imprudente. In seguito la madre avvio un’altra convivenza con John Dykins con il quale ha avuto altre due figlie, Julia e Jackye, ma non riuscì a riportare John con se perché la sorella riteneva inadeguato l’alloggio.  La zia – che pure ne sostiene il talento artistico, dirà la storica frase : “la chitarra va bene, John, ma non ti darà certo da vivere”.  Nel 1958, nella notte che ricorderà come la più brutta della sua vita, la madre muore tragicamente, investita dall’auto guidata da un poliziotto ubriaco mentre è insieme al figlio : “ho perduto mia madre due volte. La prima da bambino, e poi di nuovo a 17 anni. Mi sono sentito molto amareggiato : quando è stata uccisa avevo appena iniziato a ristabilire un rapporto con lei”.    “Il dolore più grande è non essere desiderati, renderti conto che i tuoi genitori non hanno bisogno di te quando tu hai bisogno di loro. Quando ero bambino ho vissuto momenti in cui non volevo vedere la bruttezza, non volevo vedere di non essere voluto. Questa mancanza di amore è entrata nei miei occhi e nella mia mente. Non sono mai stato veramente desiderato. L’unico motivo per cui sono diventato un artista famoso è la mia carenza . Nulla mi avrebbe portato a questo se fossi stato normale”.

Dal primo matrimonio con Cynthia Powell nasce il figlio John Charles Julian.  Dopo la sua nascita incontra Yoko Ono e si separa dalla moglie, dalla quale divorzierà.  Intanto – per sostenere i ritmi del successo – inizia ad usare prima amfetamina e poi droghe pesanti ; nel 1969 sposa Yoko Ono e filma il loro famosissimo bed-in all’hotel Hilton di Amsterdam, quale inno alla pace ed all’amore. 

Nell’aprile del 1970 i Beatles si sciolgono : il fatto apparentemente non lo turba, anche se continua ad ingaggiare feroci polemiche con il suo oramai ex amico Paul. “Io non credo nei Beatles, io credo solo in me. Il sogno è finito”. In “How do you sleep?” si scaglia apertamente contro Paul : “il suono che produci è musicaccia per le mie orecchie, dovresti aver imparato qualcosa in tutti questi anni”.   Dal 1973 si trasferisce a New York, in un appartamento sulla 72 strada, di fronte al Central Park ; ha problemi per il riconoscimento della cittadinanza americana per il suo impegno politico, per il quale viene controllato dagli agenti della CIA. Nel 1975 – dopo una temporanea separazione da Yoko – ha il secondo figlio, Sean Taro Ono Lennon.    Muore l’8 dicembre 1980 a 40 anni, assassinato da Mark David Chapman , un fan in cerca di notorietà.

Paul McCartney : nasce il 18 giugno 1942 da James, commerciante di cotone e musicista, e Mary Patricia Mohin, infermiera ostetrica che muore per un cancro al seno quando Paul ha 14 anni.  Il padre vorrebbe farlo diventare un insegnante, ma ancora giovanissimo diventa amico di John Lennon e inizia a suonare e cantare con lui ; sono stati una delle coppie di compositori di maggior successo di tutti i tempi, scrivendo molte delle canzoni più acclamate della musica contemporanea. Sposa Linda Louise Eastman della quale adotta la prima figlia, avendone poi tre figli (Mary,  Stella famosa stilista, James) .   Attivista e sostenitore del vegetarismo, dei diritti degli animali, dell’obbligo della educazione musicale nelle scuole, della cancellazione del debito del terzo mondo.   Con un patrimonio di 1,2 miliardi di dollari nel 2018 è il musicista più ricco del mondo (Forbes).

“Uno dei miei più bei ricordi di John è quando ci mettevamo a litigare : io non ero d’accordo con lui su qualcosa e finivamo per insultarci a vicenda. Passavano un paio di secondi e poi lui sollevava un po’ gli occhiali e diceva “è solo che sono fatto così”. Per me quello era il vero John. In quei rari momenti lo vedevo senza la sua facciata, quell’armatura che io amavo così tanto, come tutti gli altri. Era un’armatura splendida, ma era davvero straordinario quando sollevava la visiera e lasciava intravedere quel John Lennon che aveva paura di rivelare al mondo”.  I genitori osteggiano la loro amicizia, temendo che lo avrebbe messo nei pasticci.

Quando si sciolgono intenta causa agli altri componenti della società : “ sono proprio contento che molte delle nostre canzoni parlassero di amore, pace, comprensione. Non ce n’è una che dica : forza ragazzi , mandate tutti a quel paese, mollate i vostri genitori. E’ tutto molto All you need is love. Dietro tutto c’erano buoni sentimenti e ne sono molto orgoglioso : i Beatles sono stati qualcosa di grande”.

Dopo la morte di Lennon decide di non tenere più concerti , per la paura di “essere il prossimo ad essere assassinato”.  Nel 1998 la moglie Linda muore per un cancro diagnosticato tre anni prima.  Nel 2002 sposa l’ex  modella Heather Mills, dalla quale si separa nel 2006 dopo aver avuto la figlia Beatrice, con una feroce battaglia legale per la divisione del suo enorme patrimonio stimato in 850 milioni di sterline . Nel 2008 McCartney decide di accordare alla ex moglie il pagamento di 65 milioni di sterline.  Dal 2007 convive con Nancy Shevell (membro del consiglio di amministrazione della New York  Metropolitan Trasportation Authority), che ha sposato il 9 ottobre 2011 (data di nascita di John Lennon). 

Richard Starkey (Ringo Star) : nasce il 7 luglio del 1940 nell’ambiente degradato di Dingle, zona operaia di Liverpool. Il padre è sarto, la madre è sarta , poi barista ; si separano quando Ritchie ha 3 anni.  Da bambino ebbe molti problemi di salute : una operazione per appendicite acuta complicata da uno stato di coma durato due mesi e da successivi interventi ; a 13 anni rimase ininterrottamente ricoverato in sanatorio per aver contratto la tubercolosi per tre anni e fu proprio qui che iniziò a suonare la batteria. Abbandona la scuola a 15 anni e viene assunto dalle ferrovie, poi come barista su un traghetto. Si sposa con una sua perseverante ammiratrice Maureen Cox da cui ha avuto tre figli ; in seguito avrà un secondo matrimonio con Barbara Bach.

George Harrison : nasce il 25 febbraio 1943. Il padre Harrison è cameriere sulle navi da crociera della White Star Line , la madre Louise French commessa. Presenta grandi difficoltà scolastiche per un comportamento ribelle : insofferente alla uniforme scolastica, vuole affermare un proprio stile personale. Prende lo stesso scuolabus di Paul, con il quale stabilisce una solida e duratura amicizia, fondata anche sulla musica. All’età di 16 anni abbandona la scuola e inizia a lavorare come elettricista apprendista.  “Senza la mia chitarra, non avrei avuto alcun lavoro.” Sposa la modella Pattie Boyd, da cui divorziò nel 1977 ; nel 1978 si sposo con una segretaria Oliva Arias con cui ha avuto il figlio Dhani.  Nel 1999 viene aggredito e più volte accoltellato da un 36enne Michael Abram affetto da schizofrenia, dalla quale lo salva la moglie.   Muore il 29 novembre 2001 per un cancro al cervello, diagnosticato pochi mesi prima (aveva già avuto un tumore alla gola e successive metastasi ai polmoni)..

Ovviamente quello che unisce i fab four è la passione ed il talento per la musica. La storia inizia il 6 luglio 1957 : nel giardino della chiesa di St. Peter a Liverpool suonano i Quarryman, gruppo di cui è leader il sedicenne John Lennon, a cui viene presentato il quindicenne Paul McCartney che frequenta la stessa scuola (Liverpool Institute). Gli chiede ben presto di entrare nel suo gruppo, a cui si sarebbe unito dopo le vacanze.  Paul coinvolge poi il suo amico e compagno di scuolabus George ; il batterista Richard – che suonava in un altro gruppo – fu l’ultimo ad essere reclutato (con partecipazioni alterne all’inizio) prima della partenza per una scrittura ad Amburgo.    La prima esibizione dei Beatles è proprio ad Amburgo, il 17 agosto 1960, dove si fanno le ossa.   A fine novembre sono costretti a tornare a Londra, per alcuni problemi con la polizia, imbeccata dal primo impresario che avevano lasciato, perché George era ancora minorenne e non poteva lavorare legalmente ; inoltre  Paul procurò un incendio alla stanza d’albergo dando fuoco ad un profilattico appeso alla parete ed alle tende, e quindi vennero arrestati ed espulsi. Rientrati a Londra iniziarono a suonare al Cavern Club, dove richiamavano un pubblico sempre più vasto.   Oltre ad acquistare sicurezza sul palco, avevano anche definito un  loro look molto riconoscibile : capelli pettinati in avanti con la frangetta, giacche in pelle senza risvolti, con stivaletti neri. Le ammiratrici erano scatenate e non si erano mai visti episodi di fanatismo così violenti : al Cavern i Beatles avevano sempre lo stesso tavolo, quello in posizione strategica vicino ai bagni delle signore.   Incuriosito dalla richiesta di un cliente al negozio di elettrodomestici e dischi in cui lavorava, Brian Epstein (che aveva studiato alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra, pur senza laurearsi) andò a conoscerli e – colpito dal loro carisma e dal richiamo del pubblico – diventò il loro manager. Epstein ne ripulì l’immagine , ne allargò il giro di scritture, ideò l’inchino all’unisono da sfoggiare alla fine dei concerti, fino ad ottenere il provino alla Decca Records, il 1 gennaio 1962, che NON li mise sotto contratto, con un errore evidentemente epocale.  Epstein riuscì ad ottenere un altro provino alla EMI, con un provino che si tenne nel marzo del 1962 . Vennero registrati 4 brani nello studio tre di Abbey Road, tra i quali Love me do.   La canzone venne pubblicata, e – senza alcuna promozione – raggiunse il 17° posto delle classifiche britanniche. Vendette moltissime copie solo a Liverpool : la leggenda vuole che fosse stato Epstein a comprarne migliaia.   Da lì i Beatles non si sono mai fermati : il  gruppo in un decennio – dal 1960 al 1970 – ha rivoluzionato il mondo musicale mondiale e non solo. Sono ritenuti un fenomeno di comunicazione di massa di proporzioni internazionali ed hanno segnato un’epoca anche nel costume, nella moda, nella pop art. Stando alle stime dichiarate, hanno scritto 186 composizioni,  venduto oltre un miliardo di copie, risultando tra gli artisti di maggior impatto e successo : sono infatti nella lista dei 100 migliori musicisti di sempre.  Nel 1965 sono stati insigniti della onorificenza di membri dell’Ordine dell’Impero Britannico ; pare che in questa occasione Lennon portò a Buckingham Palace due pastiglie di LSD con l’intento di farle scivolare nel tè della Regina, progetto mai portato a termine.  Nel 1969 Lennon ha rinunciato alla onorificenza restituendo la medaglia alla regina Elisabetta, con un gesto clamoroso per protestare contro il ruolo del Regno Unito  nel Biafra e contro l’appoggio agli Stati Uniti nel Vietnam.    Nel 1997 Paul fu invece promosso al grado di Cavaliere, che comporta il diritto al titolo di Sir davanti al nome. 

Nel 1967 il loro manager Brian Epstein viene trovato morto nella sua stanza per un mix letale di alcool e anticonvulsivanti. Il loro ultimo palcoscenico fu il terrazzo del loro quartier generale londinese , la Apple, al 3 di Saville Road dove il 30 gennaio 1969 ebbe luogo il famoso concerto sul tetto.

Nel museo ripercorriamo le tappe fondamentali di questo percorso : dagli esordi al Cavern club, perfettamente ricostruito , con il fondo palcoscenico fatto di mattoni colorati ognuno dei quali riporta il nome di uno dei gruppi che si esibiscono sul minuscolo palco, con una cucina che sarebbe stata piccola e modesta anche in un modesto appartamento ; al negozio dove i quattro ragazzi comperavano gli strumenti ; al confusissimo ufficio del Mersey Beat, un foglio di promozione musicale  fondato da un amico di John, che arrivò a grandi tirature in un gioco di promozione reciproca con il gruppo, e divenne in seguito il trampolino di lancio di altre realtà musicali emergenti ; agli studi di registrazione di Abbey Road con dotazioni tecniche veramente rudimentali rispetto alla tecnologia successiva ; alla organizzazione dei tour mondiali ; a quella del Magical Mistery Tour ; l’evoluzione del loro abbigliamento ; le caratteristiche individuali che hanno differenziato la loro evoluzione artistica.

Fino all’ultima sala, la più emozionante : la camera bianca allestita da John Lennon per filmare il suo testamento musicale :  la sua Imagine. 

In realtà nulla di veramente nuovo, tutto già ampiamente visto, tutto pubblico e conosciuto ; e ci sembra forse una occasione un po’ sprecata, poco rivelatrice di quanto invece ci piacerebbe scoprire dietro alla genialità di canzoni che non moriranno mai ed hanno toccato il cuore del mondo intero.

All’uscita abbiamo veramente bisogno di spazi aperti : passeggiamo fino all’Italian club, dove oggi pranziamo con una pizza : buona, ma un po’ troppo condita ed ostica da digerire.   Ritorniamo al porto dove entriamo al Maritime Museum : la storia avvincente ed emozionante dei più grandi naufragi della storia britannica , il Titanic e il Lusitania ; il percorso durissimo degli emigranti verso l’America o l’Australia. Le grandi compagnie navali di Liverpool sono state le protagoniste di queste avventure e qui ne viene raccontata la storia.

Non paghi entriamo anche al Tate Liverpool Museum (per non perdere l’occasione di un ingresso gratuito), che visitiamo alla velocità della luce , completamente disinteressati dalle opere proposte, (alcune delle quali per noi imbarazzanti ). Ci piace invece il monumento al Pride allestito di fianco all’entrata : una colonna di massi colorati arcobaleno, dal significato chiaro . Alleggerire il peso dei pregiudizi.

Alla fine di questa giornata museale di conoscenza (dice Gabriele) faticosa (dico io) siamo veramente stanchi: arrancando rientriamo in camper (9 Km + musei).    Camomilla, riposo, cena, buonanotte.

Mercoledì 21 giugno 2023 . Oggi niente di particolare da rilevare : siamo usciti dal camper di ottimo umore.    Per cui mi viene in mente di ascoltare la musica dei Fab Four qui proprio dove è nata :  mettiamo una cuffietta a testa  e canticchiamo passeggiando sotto il sole belli ritmati . Passeggiata sui Dock diretti alla zona dei musei di St. George, tra alcuni murales .    Il sole gioca con le nuvole, e noi anche.

Ci fermiamo a fare alcune foto alla futuristica biblioteca di Liverpool  e a The Drumlin’s SuperLambanana, ben posizionato nella zona universitaria : mascotte portafortuna della città, è adesso vestito con i colori dell’Ucraina.  In realtà non ne sappiamo nulla: è una scultura che rappresenta un  incrocio tra una pecora e una banana, alta 5,2  metri e del peso di 7,9 tonnellate, progettata dall’artista giapponese (operante a New York) Taro Chiezo  .  Realizzata nel 1998 per la ArtTransPennine Exibition, sintetizza la storia di Liverpool , in quanto le banane e le pecore erano merce comune nel porto della città, e suggerisce inoltre il potenziale rischio dell’ingegneria genetica, con un aspetto simpatico e immediatamente riconoscibile.  E’ stata pensata per avere non una collocazione fissa ma per essere spostata ; il colore originario è il giallo, ma è stata più volte ridipinta per particolari scopi : rosa a sostegno delle associazioni contro il tumore al seno , viola durante la campagna contro il fumo. E’ costata 35.000 sterline ; ma alla sua realizzazione è seguito un conflitto con l’artista, inerente il pagamento di diritti d’autore, risolto con la replica della statua da parte di un altro artista, replica che potrà rimanere nella città per 80 anni, mentre l’originale sarà restituito all’artista Taro Chiezo. Nel 2008, quando Liverpool è stata capitale europea della cultura, ne sono state realizzate 125 repliche (ognuna delle quali con un nominativo particolare) più piccole,  da vari artisti , sponsorizzate dalle organizzazioni o da privati della città ;  al termine delle otto settimane di esposizione sono state messe all’asta ed hanno generato un ricavo di 550.000 sterline. La più lontana è nel nord Galles, sulla cima di Moel Famau : è la più alta SuperLambanana (The Highest SuperLambanana) . 

Arriviamo poi  al World Museum di Liverpool , dove ammiriamo la stupenda collezione di Egittologia, splendidamente raccontata : ogni frammento od oggetto con una iscrizione riporta la precisa traduzione e l’utilizzo o il significato nella vita di migliaia di anni fa (ed è impressionante verificare come per molti versi non siamo tanto cambiati, e per altri addirittura peggiorati) ;  di ogni mummia viene brevemente raccontata la storia archeologica e soprattutto il nome e la vita della persona che la abita.  Il risultato è estremamente evocativo e talvolta commovente . Peccato la presenza molto disturbante di molte classi di bambini, dalla materna in poi che fanno lezione proprio dentro il museo.   Sorvoliamo su tutto il resto, tranquillizzati dall’ingresso gratuito a tutti i musei pubblici della città.

Pranziamo e ci dirigiamo alla Walker Art Gallery, che è imperdibile dice la nostra guida  : per fortuna sono aperte poche sale espositive, bellissime. Una di sculture di epoca vittoriana ; una con gli abiti in perline di inizio novecento ; una di pittori preraffaeliti ; una di pittori del Regno Unito dal 1800 al 1900 ; una di impressionisti.  Penso non si debba aggiungere altro, se non che il personale è più che gentile ed accogliente, e – appena vede un accenno espressivo di titubanza – accorre in soccorso con ogni spiegazione, sincerandosi che le nostre vacanze procedano bene.   A volte penso che noi italiani – negli ultimi 30 anni di conflitti sociali e politici gridati a piena voce –  abbiamo perso il senso delle buone maniere e della gentilezza, la comune e semplice (forse non così semplice) capacità di dialogo .

Passeggiata tranquilla sotto il sole : centro città e Docks, che sono veramente stupendi.  Il sistema portuale di Liverpool è composto da un sistema di bacini unico al mondo : fino a pochi decenni fa l’area portuale rappresentava il declino industriale della città, mentre oggi è stata completamente riqualificata ed ospita alcuni dei più importanti musei.   La città di Liverpool ha un grande legame con il suo porto : si è infatti sviluppata dopo il 1715 quando viene costruito l’Old Dock , che è la prima darsena commerciale del mondo. La novità consisteva nel creare una parte interna al porto, chiusa da dighe, che poteva riparare le navi e proteggerle dalle correnti del Mersey. Negli anni successivi l’area portuale è stata ampliata con l’aggiunta di ulteriori darsene collegate tra loro, che si estendevano per oltre 12 Km. ; all’epoca questo sistema portuale interconnesso era considerato il più avanzato del mondo perché i vari bacini consentivano alle navi di muoversi al loro interno per 24 ore al giorno, senza che le correnti del fiume Mersey creassero loro alcun problema.  Inoltre nel 1885 questo sistema di dighe era diventato anche il centro di una rete idraulica che forniva di energia elettrica la città.   Purtroppo il lato negativo  della storia recente è legato alla speculazione edilizia  : infatti molte darsene sono sparite dalla geografia  della città, perché sono state riempite per creare terreni edificabili.   Un esempio su tutte è il progetto Liverpool Waters che ha fatto finire tutta l’area portuale nell’elenco del patrimonio UNESCO in pericolo. Per fortuna alcune parti del vecchio porto si stanno salvando da sole perché sono diventate imperdibili mete turistiche, come l’Albert Dock.    Si tratta di un complesso di magazzini edificati nel 1846 senza usare il legno per sostenere le strutture : Il progetto di Jesse Hartley e di Philip Hardwick era decisamente futuristico per l’epoca e prevedeva di utilizzare solo ghisa, mattoni e pietre come materiali da costruzione per rendere questi edifici meno soggetti ad incendi.  Nell’Inghilterra di inizio Novecento l’Albert Dock aveva introdotto un rivoluzionario sistema di carico e scarico delle navi direttamente dall’alto dei magazzini anche con l’utilizzo di gru idrauliche.   L’Unesco lo definisce come  “il supremo esempio di un porto commerciale in un momento di grande influenza globale”.   La storia di Liverpool è infatti indissolubilmente legata al suo porto commerciale , e in  modo particolare al trasporto transatlantico. Nono solo navi di lusso come il Titanic, ma anche enormi bastimenti carichi di schiavi e disperati in cerca di fortuna. Tra il 1830 e il 1930 circa 9 milioni di persone sono partite da Liverpool con destinazione Nord America, Australia e Nuova Zelanda.   Il porto però era così strettamente legato al trasporto commerciale che dopo la prima guerra mondiale il calo dell’emigrazione e lo spostamento delle crociere della Cunard Line a Southampton hanno praticamente fatto cessare tutte le attività, lasciando solo i magazzini per lo stoccaggio della merce.  All’inizio della seconda guerra mondiale l’Albert Dock era stato requisito dalla Marina inglese per diventare la base di tutta la flotta atlantica britannica, compresi i sottomarini e le navi da guerra. Questa sua importanza strategica l’aveva fatto diventare obbiettivo dei bombardamenti tedeschi che ne avevano distrutto una gran parte (oltre a colpire altre zone della città, come il World Museum , che ha perso parte delle sue  collezioni) . Alla fine della guerra il porto era conciato così male che la società proprietaria (la Mersey Dcks and Harbour Board , MDHB) si era ritrovata nel mezzo di una gravissima crisi finanziaria decidendo di non procedere al recupero.   Anche se si sono susseguite varie proposte di riqualificazione a partire dagli anni sessanta, la ristrutturazione dell’Albert Dock è iniziata solo negli anni ottanta.  Oggi l’area portuale ospita orgogliosamente il Tate Liverpool, il Meyerside Maritime Museum e numerose attrazioni turistiche.

Ringraziamo di cuore Liverpool : città generosa, vitale, ricca di storia, che sa accoglierti a braccia aperte. E buonanotte (dopo riordino del camper, doccetta e cena).  Anche oggi : oltre 11 Km.

Giovedì 22 giugno 2023. Notte poco riposata : i gabbiani hanno strillato tutta notte – non sappiamo perché – e si sono sentite varie sirene.   Proseguiamo con il programma fatto : abbiamo scaricato una mappa del Beatles Tour organizzato da vari gestori (costo minimo 20 sterline a persona, in bus, senza ingresso nelle case di Lennon e di McCartney, del National Trust).    Decidiamo quindi di farlo in autonomia, con alcune perplessità per la viabilità dei percorsi e le soste …. Ma se ci riescono i bus, i pulmini, i taxi , ci dovremmo riuscire anche noi.   Nella periferia di Liverpool (molto periferica, quartieri che poco tempo fa erano veri e propri paesi) di Liverpool in ordine affronteremo le tappe di :

  • 12 Arnold Grove, casa di George Harrison .  Tutto bene fino all’arrivo, quando ci accorgiamo di essere in un vicoletto senza uscita : peggio in un vicolo diramato in tre vicoli senza uscita.  Pensiamo subito di esserci messi in un guaio, ma Gabriele riesce ad uscire in retromarcia, arriva ad un punto in cui riesce a girare il camper e fuggiamo.  Riesco a individuare l’abitazione, minuscola : un appartamento penso di due locali, cucina/salotto a piano terra, camera da letto al primo piano, con il bagno nel cortile posteriore. Nessuna targa identificativa.
  • Chiesa di St. Peter al Woolton Village : dove John Lennon conosce Paul McCartney, il 6 luglio 1957, ad una festa parrocchiale, mentre sta suonando con il suo primo gruppo The Quarry Men. Hanno 16 e 14 anni  . Non riesco a capire dove potesse stare il piccolo palcoscenico : l’unica possibilità e tra i due alberi di fronte all’ingresso, perché tutto il resto del giardino è occupato dal cimitero, dove riesco ad individuare la tomba di Eleanor Rigby, su una lapide che porta anche il nome di altri componenti della famiglia.   Questo nome nel 1966 diventerà il titolo di una delle canzoni più famose dei Beatles, contenuta nell’album Revolver.  In realtà questa Eleanor Rigby non c’entra nulla con la protagonista della canzone : McCartney sceglie questo nome riferendosi ad un’attrice (Eleanor Bron) e al  nome di un negozio di Bristol (Rigby & Evens Ltd, Wine & Spirit Shippers).  In seguito ha anche ammesso che potrebbe aver ricordato inconsciamente il nome sulla tomba, in quanto la chiesa era una delle mete dei suoi incontri con Lennon. Comunque ogni accadimento o riferimento della canzone è completamente inventato . La vera Eleanor, per quanto è dato sapere dai dati anagrafici, era nata nel 1895 da Mary Rigby e Arthur Whitfield ; ha lavorato nell’ospedale di Liverpool e nel 1930 ha sposato Thomas Wood ; ha vissuto a Woolton l’intera vita, ed è morta a 44 anni nel 1939. Nel 2017 gli eredi hanno anche intentato una causa riferendosi al testo della canzone ; ma McCartney ha di nuovo spiegato che il nome e la storia era solo il frutto della sua fantasia e non aveva alcun riferimento ad una persona o a fatti reali. La chiesa dovrebbe avere una targa commemorativa nell’atrio, che però è chiuso. Per cui anche qui completo anonimato.
  • Beaconsfield Road , Strawberry Fields : forever, dice John Lennon, che veniva a giocare nel parco di questa casa per bambini della Salvation Army. Ancora oggi il centro prosegue un’opera di inserimento di ragazzi in difficoltà, grazie anche al finanziamento derivante dal turismo legato ai Beatles.  Fotografia al cancello rosso del parco.
  • Mendips 251, casa di John Lennon : di proprietà del National Trust, è visitabile solo con i tour organizzati. In realtà questa è la casa della zia Mimi, dove ha vissuto dai 3 ai 17 anni : villetta decisamente piu’ confortevole. Qui c’è una targa blu che identifica il luogo.
  • Penny Lane : che in realtà era un piccolo giardinetto che Paul McCartney vedeva da ragazzo quando si affacciava al finestrino del bus che lo portava a scuola ; oggi luogo di pellegrinaggio pieno di scritte, dichiarazioni d’amore… da vedere il piccolo gazebo – oramai barcollante – dove i beatles strimpellavano la sera…
  • Forthlin Road 20 , casa di Paul McCartney : altra graziosa e comoda villetta , di proprietà del National Trust, con targa commemorativa. In questo momento è assediata da visitatori : alcuni in attesa di fronte all’ingresso, alcuni in arrivo appena scesi da bus, pulmini e taxi . Un vero pellegrinaggio.
  • Madrin Street 9, Admiral Grove 10 , casa di Ringo Star : nell’anonimo e periferico quartiere di Dingle dove viveva la classe operaia che lavorava al porto di Liverpool ;  la zona è ben riconoscibile da lontano per il grande murales che identifica l’edificio dove era The Empress, il pub dove lavorava la mamma , che è finito sulla copertina del suo primo album da solista “Sentimental Journey” : la canzone non ha avuto grande successo, in quanto spolverava il vecchio swing in un periodo in cui i gruppi portavano avanti ogni genere di sperimentazione.  I genitori presero in affitto un minuscolo appartamento con bagno esterno per 10 scellini la settimana e dopo la separazione – a soli 3 anni  – Richard si trasferì con la mamma nella vicina Admiral Grove, in un appartamento simile .

Alla fine siamo esausti : il tour è stato faticoso, soprattutto per l’autista, ma ci ha dato l’idea precisa del mondo comune da cui provenivano I fab four : sono spuntati dal nulla, in un momento evidentemente di grande fermento musicale .

Ci dirigiamo a tutto gas a Crosby affacciati alla lunghissima spiaggia, solo per godere della bella giornata di sole ; pranziamo con gamberetti e insalata di pomodori e avocado. Ma la vera ragione di questa tappa è la particolare opera di Antony Gormley , chiamata Another Place (Un altro posto).  E’ formata da oltre 100 statue di ferro sparse sulla spiaggia di Crosby nell’arco di 2 miglia :  rappresentano 17 diversi tipi di repliche del corpo dell’artista (come la maggior parte delle sue opere) , a grandezza naturale, figure in piedi che stazionano diritte uscendo dalla sabbia a vari livelli, tutte rivolte verso il mare e l’orizzonte, in un’attesa silenziosa. Ogni scultura sta diritta nello stesso modo, ma esprime differente rilassamento o tensione nella posizione ; l’artista ha rappresentato in questo modo poetico diverse idee : il sentimento universale di tristezza e perdita ma anche di speranza in un diverso futuro e in un altro luogo associato alla emigrazione ; non si tratta di figure eroiche o ideali, ma della rappresentazione realistica del corpo di un  uomo di mezza età,  e del suo rapporto con la natura ; la vita umana si confronta con la dimensione cosmica delle maree ; le sculture espongono alla luce e al tempo la propria nudità di un uomo comune che cerca di rimanere in piedi e di respirare guardando un orizzonte occupato da navi che trasportano materiali, merci da una parte all’altra del pianeta.  Ogni statua è alta 189 cm e pesa 650 Kg. ed è ancorata alla sabbia con un pilone profondo un metro.   Ed è soprannominata “The iron man” dai locali ; con l’alzarsi e l’abbassarsi della marea lentamente emergono o vengono sommerse dal mare e danno una immagine potente e suggestiva : uomini che affrontano silenziosi il mare, l’orizzonte, l’acqua, il vento , le tempeste, gli elementi.  E’ un’opera oramai residente in questa spiaggia : il previsto trasferimento a New York è infatti stato annullato, per la potenza evocativa della attuale collocazione.

Passeggiamo lungo tutta la spiaggia (alla fine facciamo quasi 10 Km) anche per fare un po’ di spesa (frutta e verdura) con somma felicità della Nina, che inizia a fare le sue corse scatenate in spiaggia.  Il paese in realtà non ci convince molto : case turistiche, anonime e spesso deserte, con un’atmosfera generale triste e cupa.   Al tramonto poi si scatenano le scorribande dei ragazzi, che sembrano concentrarsi tutti nel parcheggio della spiaggia (come dar loro torto, vista l’atmosfera cupa del paese ?) : dopo cena (passatelli e fragole) decidiamo perciò di tornare al nostro tranquillo parcheggio al Kings Dock di Liverpool .

Venerdì 23 giugno 2023. Dopo una notte molto riposata, salutiamo nuovamente Liverpool che ci è proprio piaciuta : come si fa con i luoghi del cuore,  dovremo cercare di inserirla come tappa di trasferimento in qualche viaggio futuro.

Ci dirigiamo a Port Sunlight, perché il tempo non è buono : cielo grigio uniforme.   Arriviamo a questo “villaggio modello”, o “villaggio giardino”  : un complesso esperimento sociale dell’imprenditore William Hesketh Lever, che lo ha fondato nel 1888, pensando ad un villaggio modello dove migliorare la qualità di vita dei suoi dipendenti, operai ed impiegati di una fabbrica di saponi, la Sunlight Soap.   Nel 2001 il villaggio aveva ancora 1450 abitanti.

Per costruirla Lever si è avvalso della collaborazione di molti architetti, che hanno progettato molti edifici  secondo vari stili architettonici (Tudor, rosso mattone Queen Anne, elisabettiano) : oltre 900 edifici sono stati classificati come edifici di secondo grado (Heritage and Conservation Council).  Passeggiare nelle vie del paese è ancora una esperienza piacevole, ricca di sorprese continue : le case sono ancora abitate ed è stata istituita una fondazione che si occupa con gli abitanti stessi della conservazione del luogo. Oltre alle abitazioni civili, Lever ha costruito centri ricreativi (circolo delle ragazze, un circolo dopolavoro per uomini) , una scuola che garantiva a tutti un buon livello di istruzione , un ospedale che forniva assistenza sanitaria gratuita (oltre 50 anni prima dell’istituzione del servizio sanitario nazionale) , una chiesa fornita di riscaldamento sotto le panche, centri per sport compresa una piscina riscaldata dal calore prodotto dal saponificio, un teatro, un centro per matrimoni e celebrazioni, aree verdi e giardini  ; insomma ha pensato ad un villaggio ideale dove ci fossero buone condizioni di vita per tutti .   E si è sempre ispirato non al minimo vitale, ma al meglio che le conoscenze dell’epoca potevano garantire, tutelando sempre anche il bello ; le case inoltre venivano consegnate complete degli arredi fondamentali, e venivano effettuati incontri educativi di igiene per favorire il mantenimento del benessere .  E’ anche evidente che le abitazioni destinate alle varie classi (operaia, impiegati, dirigenti) non siano separate in diverse zone del villaggio, ma mescolate e amalgamate dallo stesso gusto estetico e funzionale.   Insomma non si tratta certo delle case popolari umide e malsane dell’epoca. La scuola, i centri ricreativi, il teatro fornivano inoltre attività culturali all’avanguardia : nel 1962 i Beatles hanno tenuto il loro primo concerto nel villaggio , scritturati per uno spettacolo di 80 minuti (con un ingaggio concordato di 30 sterline) .

Il successo della sua innovativa formula per la produzione di un sapone profumato e morbido fu tanto che la sua azienda crebbe esponenzialmente garantendogli un duraturo e crescente successo finanziario  ; dopo la morte della moglie, appassionata collezionista d’arte, costruì un museo in cui fece esporre le opere migliori in suo possesso.   La raccolta (composta di oltre 20.000 pezzi) è ancora oggi impressionante : meravigliosa la sala dei preraffaeliti (Edward Burne-Jones, John Constable Reynolds, Joshua Reynolds, Dante Gabriele Rossetti, Turner …) .  Ma non disdegna neppure l’arte classica, le ceramiche orientali ed inglesi, gli arredi, finanche la camera di Napoleone Bonaparte.

Quando usciamo ci dirigiamo al Bridge Inn , che è il vecchio pub del villaggio : oggi purtroppo serve cibo impersonale e deludente, così come impersonale e distaccato è l’atteggiamento delle cameriere . Veniamo rimbalzati dalla sala ristorante a quella più informale e veloce del pub, perché nessuna delle cameriere desidera prenderci in carico.  Mangiamo non male, ma neppure bene : insomma un pranzo da non ricordare.

Entriamo quindi nella Christ Church : costruita nel 1901 in stile vittoriano, ha uno splendido soffitto. Entrati in chiesa, veniamo accolti dai saluti calorosi del parroco, che ci consegna una breve descrizione della storia della chiesa.  Avvicinandoci all’altare, ci accorgiamo con stupore che nello spazio sulla sinistra è presente un angolo bar , con semplici pasti casalinghi, dolci e bevande, preparati nella cucina attigua . Decidiamo di provare l’esperienza – mai neppure sentita prima di oggi – di sederci in cattedrale per bere il caffè ed un tè , a cui aggiungiamo uno scone con burro e marmellata per non tralasciare nulla ; mentre aspettiamo che la signora gentilissima ci porti quanto richiesto, l’organista inizia le sue prove. Per cui ci troviamo nel posto perfetto nel momento perfetto : merenda in chiesa con concerto d’organo, tutto solo per noi (e il parroco, che si concede una bella fetta di torta).   Tutto il bello ed il sacro ci circondano, ci avvolgono , ci regalano una gioia grande.   Una esperienza simile a quella del sogno in cui arrivi nella stazione meta del tuo viaggio su un luccicante treno rosso e dorato : quando scendi sul morbido  tappeto rosso steso proprio per te, la banda inizia potentemente a suonare per accoglierti .   Siamo entusiasti : il luogo non ha nulla di trasgressivo, consumistico o profano, e la musica rotonda e vibrante dell’organo ci fa rimbombare lo stomaco, venire i brividi . Prima di noi erano seduti una coppia di turisti in un tavolo ed un signore anziano nell’altro, che manifestava una certa consuetudine al luogo ed alle persone, chiacchierando affettuosamente.   Sembra un club, un luogo di ritrovo, un’attività di socializzazione, vitale e tranquilla.    Prima di uscire doniamo 5 sterline alla chiesa per ringraziare dell’esperienza indimenticabile, e ci vengono regalate due penne ricordo.

Devo dire che ascoltando l’organo suonare, abbiamo un po’ perso la nozione del tempo, per cui quando usciamo ci rendiamo conto che sono quasi le quattro e quindi tutti i luoghi da visitare (che non abbiamo ben chiaro quali siano a questo punto) stanno per chiudere ; ci viene l’ansia, anche perché non riusciamo ad orientarci con la piantina che ci è stata consegnata, che peraltro si bagna rapidamente perché inizia a piovere bene.   Camminiamo affannosamente sotto la pioggia per raccapezzarci, ma alla fine non sappiamo se abbiamo visto quanto c’era da vedere.   Per noi però è giunto il momento di partire, perché dobbiamo fare un po’ di strada ed entrare in campeggio, quindi non possiamo arrivare tardissimo.   Decidiamo che la visita è terminata quando arriviamo alla recinzione – ancora in mattoni rossi – della vecchia fabbrica, dietro la quale si sviluppa il nuovo enorme impianto produttivo della UNILEVER, una delle multinazionali più potenti del mercato mondiale , titolare di 400 marchi tra i più diffusi nel campo dell’alimentazione, delle bevande, dei prodotti per la casa e l’igiene (è il gruppo più importante al mondo nel settore dei beni di largo consumo) : deriva dalla fusione tra fratelli Lever e Margarine Unie , olandese, nel 1929. Oggi è presente in 90 paesi con oltre 200 filiali :  nel 2018 il suo fatturato rasenta i 50 miliardi di euro, con un utile netto di quasi 10 miliardi.  Dal 1998 ha lanciato il marchio Heartbrand (logo a forma di cuore) con il quale firma tutti i suoi gelati (carte d’or, cornetto, magnum, solero, twist, viennetta…) ; negli ultimi decenni ha rilevato nestlè, algida, motta, settori kinder, toseroni, grom, equilibra, lipton, montana, calvè, knorr, pfanni, findus, slim fast, cif, omo, lysoform, coccolino, svelto, surf, badedas, rexona, glysolid, dove, lux, atkinson, mentadent,  … questo per quanto riguarda marchi italiani, poi ci sono quelli di tutto il resto del pianeta.

Innumerevoli i contenziosi a livello planetario che la riguardano :

  • Critiche per filiali in stati con regimi oppressivi
  • Mancato rispetto di salari minimi , sfruttamento della mano d’opera, condizioni di lavoro insalubri
  • Licenziamento ed espulsione di curdi concordata con governo turco
  • Rilascio di 50 tonnellate di acido solforico concentrato
  • Ripetuto superamento dei limiti di scarico di sostanze chimiche consentiti
  • Licenziamenti ingiustificati
  • Acquisto di olio di palma non sostenibile da produttori che non tutelano l’ambiente (deforestazione)
  • Scarico abusivo di mercurio derivante dalla produzione di termometri  in India
  • …………

Il signor William Hesketh Lever riposerà serenamente nella sua attuale postazione eterna ?

Iniziamo tranquillamente la nostra discesa verso Cardiff ; come strategia vincente identifichiamo un campeggio nel nulla generale : nei paraggi non ci sono paesi, né città da visitare , per cui pensiamo ci sia abbondante disponibilità di posto (i tentativi di prenotazione via mail di oggi sono stati rifiutati) .

L’arrivo è quasi comico, se non fosse che l’orario già avanzato potrebbe renderlo tragico : dopo due ore di viaggio ci addentriamo in stradine sempre più strette, senza nessuna indicazione di campeggi . Iniziamo a preoccuparci quando dobbiamo superare uno strettissimo ponticello che scavalca parecchio in alto i binari di una linea ferroviaria (e che limiterebbe il passaggio a mezzi di 3 tonnellate).   La nostra perplessità è rinforzata dagli sguardi incuriositi e stupiti degli abitanti di un angusto e piccolo paesino che attraversiamo, che sembrano proprio chiedersi che cosa cavolo ci facciamo lì.  Ma infine vediamo, tra gli alberi di una sperduta fattoria , i profili di altri camper e tende … giusto al di là del piccolo torrente che dobbiamo guadare lentamente per entrare al campeggio.   Stessa scena di tutti i farm-campsite del Galles  : suoniamo alla porta della piccola ( e in questo caso un po’ sgangherata) fattoria per concordare l’accesso.  In questa ambientazione rurale e ruspante il campanello è stranamente elettronico : ci apre un anziano signore dalla dentatura cavallina che sembra prendere il volo ad ogni consonante pronunciata, che mantiene un’espressione interrogativa, anche se non c’è alcun dubbio che possiamo essere qui solo per il campeggio. Chiedo la disponibilità di un posto per la notte, scatenando mugugni ansiosi e svolazzamento di foglietti, al termine del quale il signore gentile conclude con un “i go to ask to my wife”.   Traduco la frase “vado a chiedere a mia moglie” a Mattarelli (impaziente di alloggiarsi sul prato): commento divertito  di mr. Mattarelli  “tutto il mondo è paese”.  Per fortuna la signora conclude che è disponibile l’ ULTIMO posto del campeggio. Meno male perché sono oramai più delle 8 di sera e : girare il camper, guadare di nuovo il torrente, cercare una via alternativa a quella con il ponte debole per non cadere sui binari al buio e venire travolti dal treno , e soprattutto cercare un altro campsite al buio,  non è esperienza che vorremo sperimentare.   

Ci posizioniamo sistemando tutti i cunei sotto le ruote per raddrizzarci un po’ e diamo il via alle operazioni serali : preparazione delle scatole per la Nina (che ha finito le sue scorte), della nostra cena (brodo leggero e frutta), foto e diario . E buonanotte.   Oggi solo 7,5 Km. :  però in parte sotto la pioggia.

Sabato 24 giugno 2023.  Notte tranquillissima e risveglio altrettanto.   Colazione, doccia (in capanna stile Tudor, con doccia calda e scrosciante), operazioni di scarico (con secchio), carico e WC e partenza. Decidiamo di scendere verso Cardiff tagliando l’entroterra del Galles, lungo stradine secondarie (o ancora peggio). 

Tragitto molto bello, attraverso le dolci colline, i campi e i villaggi più autentici della regione.  Però un po’ faticoso : alcune volte le strade sono così strette che dobbiamo fermarci in un minimo slargo per lasciar passare qualche viandante a piedi.   Ad un certo punto, mentre stiamo valutando come girare il camper e fare retromarcia perchè non potremo mai passare su un ponte largo 2,1 metri, una coppia ci affianca e con aria preoccupata e dispiaciuta ci dice che purtroppo la strada diventa molto narrow : si conferma la gentilezza d’animo e la generosità meno formale del popolo gallese. Ringraziamo e spieghiamo che faremo retromarcia e la coppia ha un evidente moto di sollievo per il nostro scampato pericolo.

Arriviamo a Hay on Wye ( I Gelli Gandryll )  : villaggio di 1450 abitanti molto caratteristico, che gode di una fama sproporzionata rispetto alle sue dimensioni perché ospita il festival letterario più grande e prestigioso del Regno Unito (fine maggio) .  Il  piccolo centro storico è raccolto ai piedi del castello ed  è composto da stretti vicoli in forte pendenza in cui si susseguono ininterrottamente 30 librerie (libri nuovo ed usati ed antichi) , cartolerie, antiquariato e anticaglie, stamperie, un negozio specializzato in vecchie carte geografiche. 

Breve passeggiata, acquisti di anticaglie + gelatino , saluti alla sposa nel castello, e riprendiamo la nostra stretta via, affaticati anche dal caldo afoso di oggi .    Verso sera arriviamo a Caerphilly (Caerffili ) dove fatichiamo un po’ a parcheggiare (divieti notturni e un po’ di stanchezza). Dopo aver sfamato la Nina che come al solito alle 7 di sera PRETENDE la sua cena a gran voce, facciamo una bella passeggiata attorno al bellissimo castello del XIII secolo : costruito inizialmente da un re invasore normanno, è stato poi distrutto da un principe gallese e ricostruito nuovamente “più grande e più bello di prima” da un potente barone inglese Lord Marcher di Glamoran, in risposta all’ultimo principe gallese Llywelyn ap Gruffydd.  . E’ infatti uno dei più grandi di tutta la Gran Bretagna (il secondo dopo Windsor) , il più grande di tutto il Galles.  La possente struttura è completamente circondata da un triplice fossato pieno d’acqua, dove oggi nuotano felici oche canadesi, fuliche e una bellissima mamma cigna con 6 cignetti : è costituita da una serie di fortificazioni concentriche utilizzate a scopo difensivo.  Infatti per raggiungere il cortile interno era necessario superare almeno tre fossati e tre ponti levatoi, sei inferriate e cinque porte doppie.   Lo scopo di questa invincibile costruzione e lo sfoggio di tanta potenza era quello di scoraggiare qualsiasi tentativo di rivolta o sommossa gallese. Il suo famoso torrione centrale è stato semidistrutto da Cromwell, ed ha assunto una inclinazione evidente : viene coraggiosamente sostenuto da un omone di cemento invincibile.

Cena, anch’essa un po’ deludente, e finalmente buonanotte, dopo una giornata faticosa.

Buonanotte : speriamo …. Oggi solo 6 km.

Domenica 25 giugno 2023.  Dopo una notte di sonno profondo, siamo pronti per il nostro secondo castello Castell Cock .  Recupero in stile vittoriano di un vecchio castellone turrito, che alla fine dell’Ottocento era in rovina.  Stile un po’ perfetto, rigido ed austriaco, ma nel complesso gradevole. Bizzarre, ma molto belle le decorazioni delle pareti : uccelli e scimmie a profusione.  

In un battibaleno siamo pronti per partire : ci trasferiamo a Cardiff, dove troviamo nuovamente parcheggio vicino ai Sophia Garden (il campeggio, dove arriviamo attraverso una rocambolesca one way, ci dice che non ha posto  anche se – dovendolo attraversare tutto – non possiamo non notare che almeno metà delle piazzole sono vuote.   Misteri misteriosi.   Pranziamo e ci riposiamo un po’ : i trasferimenti sono sempre un poco faticosi.  Partiamo poi diretti alla Cardiff Bay, che all’andata non eravamo riusciti a vedere, folgorati dall’idea del viaggio.   Abbiamo però fatto bene a recuperarla : bella ed allegra, piena di gente a passeggio. La capitale gallese ha eretto un nuovo centro sui resti del passato industriale : il borgo dei vecchi docks, poco attraente ed inquinato, è diventato un elegante quartiere residenziale, oltre che di maestosi centri culturali e tecnologici, ed ovviamente meta del divertimento.  Incontriamo il Wales Millennium Centrum ; il Mermaid Quay pieno di  locali dove mangiare ed ascoltare musica ; il Senedd , Palazzo dell’Assemblea Nazionale del Galles (edificio ecosostenibile in vetro, legno e ardesia progettato da Richard Rogers, famoso per il Centre Pompidou di Parigi) ; il Pierhead Building, splendido palazzo in mattoni rossi in stile vittoriano ; il Norvegian Church Arts Centre , antica chiesa norvegese completamente costruita in legno, oggi sede di un bar caffetteria e negozio ; passeggiamo poi fino alla Cardiff Bay Barrage , la grande diga che protegge  il bacino dei docks dall’andirivieni e dalle correnti delle maree, e consente l’entrata e l’uscita delle barche solo quando c’è l’alta marea con un mastodontico sistema di chiuse e tre ponti levatoi idraulici .  Affacciati sul lato del mare non vediamo altro che sabbia ricamata dalla bassa marea, mentre nel bacino di Cardiff corrono veloci i barconi ed arriva un vento potentissimo che ci scompiglia capelli e pensieri.   Avvistiamo un albero per nidi di rondine, dal quale si diffonde un concerto ininterrotto di cinguettii .  

Rientriamo in camper belli stesi : cena e buonanotte.  Oggi siamo stati bravi : quasi 11 Km.

 

Lunedì  26 giugno 2023 – Martedì 27 giugno 2023.    Risveglio molto tranquillo e partenza da Cardiff; facciamo tappa a Luton dove il nostro oramai amico Dale ci ha procurato il pezzo di ricambio (display dometic fridge) e con una velocità sorprendente ce lo installa : essendo il nostro pezzo ancora in garanzia, non ci chiede nulla. Per cui lo ringraziamo con un’altra bottiglia di olio (peraltro l’ultima).   Così, nonostante la nostra consistente scorta di olio, succede che siamo rimasti a secco .   Decidiamo quindi di dirigerci al nostro Christal Palace Campsite, per riposarci da queste impegnative vacanze .   Grandi operazioni di carico/scarico, pulizia, riordino, lavanderia e finalmente una bella docciona . 

Incontriamo finalmente la Jessica – che ha lavorato a pieno ritmo per avere poi i giorni liberi da passare con noi – solo martedì sera, all’uscita dal Colisseum. Grandi abbracci e decidiamo di cenare ad un coreano (che Gabriele attende da quando siamo partiti : “vedrai che la Jessica vuole portarci di nuovo lì”) ; la Jessica ne sceglie uno nuovo (Koba BBQ Korean Restaurant) , che ci regala una cena memorabile, dove tutto ci appare perfetto. Un po’ per l’ambiente insolitamente tranquillo per un locale londinese, che ci consente di trascorrere una piacevole serata nel racconto delle vacanze in Galles e delle novità della Jessica, un po’ per l’ottima cucina che ci fa davvero sperimentare i sapori orientali: carne, pesce e verdure grigliate al centro del tavolo, già insaporite con spezie particolari, e accompagnate da altre curiose salsine ; ogni pezzetto di carne deve essere avvolto in una foglia fresca di insalata e passato dentro la salsina prescelta, con una varietà finale di abbinamenti e gusti davvero sorprendente ed invitante.    Dopo cena facciamo una breve passeggiata fino alla fermata dei nostri bus : aspettiamo quello di Jessica e infine il nostro che ci riporta al nostro camperone. La Nina è contenta di vederci tornare, ma non accenna proprio a chiedere di scendere dal camper, se non per le sue passeggiatine fisiologiche, come in ogni nostro soggiorno londinese.   Non è un cane metropolitano e non abbandona la comodità del suo rifugio sicuro.       Buonanotte   (1+7 Km.)

IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK : giugno 2023. Capitolo 5 .

Capitolo 5 : isola di Anglesey, Llanfair PG, Beaumaris , Penmon Priory, Puffin Island, Red Wharf Bay, South Stack, Hut Circles, St Cybis’s Church di Holyhead, Bryn Celli Ddu, Conwy, Llanduno,

Torniamo al camper per la siesta ed il caffè ; poi partiamo diretti all’  isola di Anglesey ( Ynys Mon ), salutando il grande Carnaefaron Castle.  Dopo una spesa veloce ad un Tesco, attraversiamo il Britannia Bridge (Pont Britannia)  : inaugurato nel 1850 , è un ponte ad arco a quattro campate, lungo 460 metri, inizialmente dedicato solo al traffico ferroviario. Nel 1970 venne ricostruito a seguito di un incendio che danneggiò irreparabilmente la struttura portante.

L’altro ponte, il Pont Grog y Borth  (Ponte sospeso sul Menai) è il più antico : lungo 417 metri,  è stato inaugurato nel 1826 dopo 7 anni di costruzione. E’ stato il primo ponte sospeso al mondo costruito per sostenere il traffico pesante.  Ha due torri piantate sui due lati dello stretto, sulle quali sono tirate 16 enormi catene di acciaio di 522 metri ciascuna, che sostengono la campata centrale di 176 metri.   Infatti a causa delle alte rive e del rapido flusso di acqua nello stretto , sarebbe stato difficile e poco sicuro costruire moli sul letto sabbioso del mare ; inoltre serviva un ponte abbastanza alto (30 m sopra l’alta marea) da consentire il passaggio di navi molto grandi .   Prima di questo ponte vittoriano l’isola di Anglesey era collegata alla terraferma solo da un traghetto ; su un piccolo promontorio sotto il ponte ci sono ancora i resti di una piccola cappella del XIV secolo fondata sulla precedente del 630 d.C., dedicata a San Tesilio , dove i viaggiatori potevano riposare e pregare o ringraziare per una traversata sicura.

Arriviamo sull’ isola di Anglesey e siamo accolti dal paese con il nome più lungo al mondo : sulle mappe viene usato il diminutivo Llanfair PG (Pwllgwyngyll) , al posto del nome completo :

LLANFAIRPWLLGWYNGYLLGOCERYCHWYRNDROBWLLLLANTYSILIOGOGOGOCH

La stazione dei treni, nella piazza che ospita anche l’ufficio turistico, è meta di pellegrinaggio fotografico : impossibile rinunciare ad una foto ricordo. Inizialmente si chiamava Llanfairpwll ; ma nel XIX secolo un sarto fantasioso cucì al resto la bazzeccola di 46 lettere (41 in gallese), ed il consiglio cittadino lo istituì per “avere il nome più lungo di una stazione ferroviaria in Gran Bretagna” .   Il nome significa : “Chiesa di Santa Maria nella valletta  del nocciolo bianco presso il gorgo della rapida e la Chiesa di San Tysilio con la grotta rossa”. Impronunciabile per chiunque tranne che per i gallesi .  

LLANFAIR : St. Mary’s Church

PWLL : in the hollow

GWYNGYLL : on the white hazel

GOCER : near

Y CHWYRNDROBWLL : the rapid whirpool

LLANTYSILIO : and the Church of St. Tysilio

G OGO GOCH : with a red cave

Percorriamo una bellissima strada tra alberi secolari ed arriviamo a Beaumaris (Bywmares) , dove – secondo colpo di fortuna in due giorni – troviamo un parcheggio nei pochi posti sul porticciolo vicino al Pier (sono appena scoccate le sei, e proprio adesso inizia il parcheggio gratuito senza divieto di sosta notturna fino a domani mattina alle 8).    Passeggiata tra le case colorate del paese e sul lungomare che abbiamo visto tra le foto iconiche del Galles, attorno al castello circondato da fossato,  uno dei cinque dell’anello di ferro inglese costruito da Edoardo I a presidiare il Galles, anche questo nel novero del patrimonio UNESCO . 

Cena tranquilla in camper , mentre ammiriamo le luci mutevoli del tramonto , tra le quali si profilano nuvoloni scuri.  I  gabbiani iniziano a volare altissimi con alte grida : infatti inizia a piovere quando siamo pronti per andare a nanna.   Buonanotte mondo.

Martedì 13  giugno 2023 .  Stanotte pioggia , e anche questa mattina qualche gocciolina . Risveglio e colazione, trasferimento di parcheggio (dietro al castello), perché qui al porto – nonostante la grande disponibilità di ampi spazi –  di giorno si può sostare solo un’ora.  Passeggiata a Beaumaris, in particolare alla Eglwys S. Mair a Niclas (Chiesa di Ss. Maria e Nicola) : chiesa edificata nel 1330 subito dopo il castello, dedicata a Maria e a San Nicola  protettore dei marinai, in quanto a quei tempi la città era un importante porto. Bellissime vetrate raccontano episodi della vita di Cristo . Qui hanno trovato sepoltura o memoria le 270 persone morte o disperse nel più grande naufragio di civili della storia britannica, avvenuto il 17 agosto 1831 : la nave era sovraccarica ed il capitano ubriaco mancò il porto, non riuscì a governare la nave nel mare in tempesta e si schiantò su Puffin Island .

Ed è proprio in seguito a questo disastro che una Lifeboat fu dislocata a Penmon nel 1832 ; ed è proprio nella moderna sede di Lifeboat che ci fermiamo per prendere alcuni regalini, e contribuire alla raccolta fondi di questo corpo di soccorso in mare quasi  interamente formato da volontari .  Siamo quindi pronti per partire con il nostro secondo viaggio in barca – piuttosto movimentato – questa volta alla scoperta di Puffin Island : avvistiamo una nutrita colonia di foche grigie, una delle quali viene vicino alla barca proprio a salutarci.  Moltissimi razorbills, puffin, gabbiani di varie sottospecie, cormorani …. In quanto l’isola è rimasta un importante centro di nidificazione di uccelli migratori o residenti.   Fotografo centinaia di razorbills e di urie che affollano (in modo incredibile) le scogliere : tutto fuori fuoco o mosso. Impossibile fotografare i puffin : troppo troppo troppo veloci e mare/barcone troppo movimentati.    Chapeau !

Sono talmente sconfortata che chiedo al sig. seduto dietro di me , ed armato di un teleobiettivo esagerato, di mandarmi alcune fotografie dei puffin : e con una cortesia estrema alcuni giorni dopo riceverò alcune belle foto. 

Rientriamo e decidiamo di dirigerci verso l’area di sosta che abbiamo visto di fronte a Puffin Island, sorvegliata da un bel faro solitario bianco e nero .   Pranziamo subito prima della Penmon Priory , affacciati ad una bellissima spiaggia e in compagnia di decine di pecore belanti e oche canadesi.   Siesta e visita alla Chiesa di Penmon e ai resti del monastero fondato da St. Seriol,  eremita sepolto a Puffin Island.  La chiesa – con bellissimo soffito in legno –  ospita belle vetrate, due croci celtiche e un antico organo.  E’ attaccata ad una incantevole casetta circondata da piante e fiori.     Di fronte una strana costruzione quadrata ospita una enorme piccionaia , che poteva accogliere oltre 900 nidi .

L’atmosfera poetica del luogo è decisamente rovinata dalla coppia che – cucinando una grigliata – riscuote il pedaggio per accedere all’area di sosta affacciata a Puffin Island : presentano tutto ciò che si oppone radicalmente alla poesia, bellezza e gentilezza.    Ripetono meccanicamente con intercalare sospetto e irritato che se ci fermiamo anche domani mattina dovremo pagare due giorni di sosta… Nonostante la disponibilità di altro posto, hanno parcheggiato la propria auto (ricoperta di adesivi rossi ed argentati, con decoro ispirato alla roboante velocità) proprio di fronte all’ingresso della antica piccionaia : e gridano grida grevi rendendo spessa anche l’aria  ;  seppure chiusi in un angusto capanno di legno riescono a rendere inquieta l’atmosfera spirituale del luogo.

Il luogo dove parcheggiamo per la notte  è però incantevole : un vero e proprio nido verde circondato da un faro che si erge solitario e coraggioso nel mare , una enorme spiaggia di sassi che giocano con le onde , una vicina isola di nidificazione da cui provengono le voci di mille e mille uccelli ….   Non vogliamo davvero niente di più.      Buonanotte.  ( Oggi pensavo quasi nulla e invece : 7 km. )

Mercoledì 14  giugno 2023 . Notte molto riposata, per fortuna : non lo sappiamo ancora, ma ci aspetta infatti una giornata abbastanza faticosa.   Abbiamo un programma poco dettagliato : vorremmo fare il giro dell’isola, anche se i punti di interesse – per noi turisti molto nomadi – sono in realtà pochi .   Ripercorriamo la via di accesso al nostro nido notturno, fermandoci a fare qualche foto alla Penmon Priory, illuminata perfettamente dal sole a est : peccato io abbia completamente sbagliato l’impostazione della macchina fotografica.  Mentre sto passeggiando attorno alla chiesa, mi rendo conto che – dove ieri c’era la grigliata della coppia al pedaggio – c’è anche l’accesso al sito dell’eremita St. Seriol, commovente nella sua estrema semplicità : un riparo minuscolo, una camera con alcune mensole intagliate nelle pietre del muro, ed una vasca per la raccolta di acqua al centro del pavimento. All’esterno una piccola panchina di pietra.

Siamo pronti per partire : decidiamo di dirigerci alla Red Wharf Bay (Traeth Coch ) , ampia baia sabbiosa nei pressi di Pentraeth e Benllech .   Quando diciamo ampia non rendiamo perfettamente l’idea : 4-5 Km di profondità ed altrettanti di larghezza.  Passeggiamo nei boschi fino ad entrare nella baia, che ha l’aspetto di un deserto che termina all’orizzonte con la sottilissima linea blu del mare.  Circondata da un tappeto di erbe salmastre che la separano dai boschi, l’enorme distesa di sabbia – a perdita d’occhio – risulta disorientante. Per quanto camminiamo – in varie direzioni – sembra che non ci spostiamo mai, e non raggiungiamo nessuna meta verso cui ci dirigiamo. Ci viene anche timore di essere colti dalla crescita della marea, come molti avvisi ricordano. La Nina apprezza moltissimo il luogo, correndo allegramente ed attraversando le pozze di acqua che le rinfrescano le zampe.  Alla fine abbiamo fatto 9 km e al rientro in camper siamo stremati.   Incuriositi ancora dal mare, a cui non siamo riusciti ad arrivare (e neppure ad avvicinarci a sufficienza), decidiamo di andare a Benllech, piccolo paese affacciato alla baia ma più vicino al mare.   Arriviamo e ci concediamo un bel gelato ; da un pannello informativo apprendiamo che il territorio è un’area di elevato interesse geologico (SSSI : site of special scientific interest ; RIGS : regionally important geodiversity site )  .  Le rocce di Anglesey raccontano la storia della terra da 500 milioni di anni ; l’UNESCO le ha per questo conferito il nome di Geo-Mon , territorio di interesse speciale del Global Geopark .  Sotto la scogliera dopo il paese si trovano particolarissime formazioni rocciose, le sandstone pipe , cilindri o coni di arenaria marrone che si elevano dal circostante calcare grigio.

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Ovviamente partiamo alla ricerca delle formazioni , che però non troviamo, nonostante il giro della collina e la passeggiata in spiaggia sotto la scogliera verticale dove dovremmo vederle.  Forse ne avvistiamo una isolata nella baia, ma non è certo … Insomma alla fine abbiamo fatto 11 km in salita, in discesa, sulla sabbia, nella sabbia bagnata….  Sempre con il timore che ci raggiunga l’alta marea, che invece arriverà solo dopo le 9 di sera.

Decidiamo che la giornata turistica è finita (sono oramai le 7 di sera) e vorremmo dirigerci alla prossima sosta notturna … ma salta la linea telefonica e di conseguenza il navigatore . Sbagliando ripetutamente strada, come succede solo quando si è molto stanchi, riusciamo ad arrivare al campeggio a Caergeliog, alle soglie di Holyhead.  Percorriamo un tratto di autostrada che – dopo le stradine one way strettissime che abbiamo attraversato in questi giorni – fa quasi impressione.   Varie operazioni (pappa della Nina, cena, docce, shampo) con il miraggio del letto.    Buonanotte velocissima.

Giovedì 15  giugno 2023 .  Dormiamo benissimo : al risveglio operazioni di pulizia/carico/scarico/riordino del camper. Scopriamo che il campeggio dove ci siamo fermati è un campeggio per soli adulti, cosa che non ci era mai capitata .  Tutto automatizzato, dal wifi compreso nel prezzo, al pagamento via mail, al caffè della macchinetta con pagamento con carta di credito (2,5 sterline).    Sono benvenuti i cani (per i quali c’è anche una favolosa doccia, oltre che un’area di gioco) , ma non sono ammessi i bambini.   Un po’ insospettiti, decliniamo i gentili tentativi di approccio di altri campeggiatori e salutiamo tutti.

Ci dirigiamo verso Trearddurr, che ci offre una bella spiaggia per una giornata di meritato relax in attesa di realizzare il nostro piano : arrivare al South Stack Lighthouse – incantevole scoglio panoramico con il faro dell’immagine iconica forse più famosa del Galles – al tramonto in modo da riuscire a parcheggiare proprio sopra il faro dove ci sono solo 5-6 posti, con mirabolante vista panoramica.  Ma i nostri piani falliscono per assenza di parcheggio ; in tutti i parcheggi troviamo il cartello “no overnight camping”, che Gabriele come al solito propone di ignorare.   La cosa ci preoccupa un po’ perché se non troviamo parcheggio neppure a distanza, figurati nel punto più gettonato dell’isola… Non demordiamo: decidiamo di prendere il toro per le corna e rischiare .  Quindi andiamo direttamente a Holyhead (Caergybi); pensiamo di fare un po’ di spesa (frutta, verdura, un po’ di pesce…) in modo da essere equipaggiati per una eventuale sosta lunga.  Qui si verificano altri imprevisti : il comandante pilota prima prende una strada tenendo la destra (con sconcerto e sfanalamenti dell’auto che ci viene incontro), poi – ancora frastornato – taglia netto un incrocio invadendo la corsia contromano con strombazzamenti generali.   Per finire dopo tre giri non riusciamo a trovare l’ingresso del parcheggio del supermercato… per cui cambiamo supermercato.  Sempre più frastornati prendiamo il carrello per handicap, che si guida al contrario, pertanto per non inciampare in continuazione, decidiamo di cambiarlo. Ritorniamo fuori e ripartiamo da zero : riusciamo però nell’impresa di fare la spesa, a parte il freddo siberiano che regna nel grande supermercato.  E adesso via, vento in poppa, verso South Stack (Ynys Lawd) , il punto più panoramico del promontorio che ospita il grande faro : il paesaggio è bellissimo, abitato – oltre che dai consueti greggi di pecore e branchi di mucche – anche da moltissimi cavalli che corrono liberi nelle loro ampie colline recintate da muretti in pietra.   Arriviamo ai parcheggi precedenti il faro e ci rendiamo conto che sono già tutti pieni, per cui è inutile proseguire verso quelli più avanti ; entriamo nell’unico in cui ci sono posti disponibili, il più distante, e parcheggiamo perfettamente.   Ma dobbiamo anche qui ricominciare tutto daccapo perché il parcheggio per la giornata costa 15 sterline, con l’unica opzione di pagamento in monete (che non abbiamo in tale quantità).   Quindi ritorniamo a ritroso all’ultimo farm campsite che abbiamo incrociato (e memorizzato) – poco più di un chilometro indietro – ed entriamo : apriamo il pesante cancello per il bestiame e parcheggiamo (con qualche cardiopalmo dovuto alla pendenza del terreno, che ci fa temere il ribaltamento).   A questo punto si tratta solo di trovare il fattore, che non è nella vicina fattoria e non risponde a nessuno dei numeri di telefono indicati.  Decidiamo di procedere con il pranzo (oramai sono le 13.30) e di attaccare la corrente elettrica.   Mentre facciamo la siesta arriva il fattore che ha un’aria molto bonaria ed affidabile e ci chiede un pagamento modesto (18 sterline, compresa pendenza ed elettricità) : ci ascolta perplesso quando gli raccontiamo il nostro piano segreto (uscire al tramonto e parcheggiare sopra al faro per la notte) e con un sorriso intenerito e compassionevole ci dice che qui non esistono parcheggi notturni per camper , anzi per nessuno perché tutti i parcheggi sono no-overnight.

Conquistato il nostro posto per la notte, partiamo per l’escursione della giornata, all’alba delle 15.30.

Appena possibile prendiamo il fedelissimo Coastal Path che ci promette immediatamente un punto panoramico : il sentiero è davvero vertiginoso, a picco sulla scogliera e senza protezione .  Ma il panorama è incantevole : tra le foto che facciamo estasiati (e in controluce) scopriremo di aver ripreso una intera parete rocciosa ricoperta di urie (che non avevamo visto).    Arriviamo alla Ellin’ s Tower (rspb) dove una gentile signora ci informa che le scogliere sono un importante sito di nidificazione di molti uccelli, compresi i puffin che potremmo vedere nella discesa al faro e ci indica la zona .   Rinvigoriti dalla informazione riprendiamo la salita e arriviamo all’imbocco delle scale che scendono VERTIGINOSAMENTE al faro (che però oggi è chiuso, pertanto non è possibile accedere all’isola su cui sorge).   Iniziamo la discesa e la ricerca dei puffin : avvistiamo inizialmente centinaia di urie e razorbills, ma nessuna traccia degli sfuggenti  puffin.   Comunque è bellissimo vedere la potenza di queste enormi colonie di uccelli che nidificano e si riproducono rispondendo ad un istinto di conservazione e sopravvivenza potentissimo : attraversano oceani senza bussola , sfidano la furia del clima e le avversità del loro viaggio, portando avanti la loro missione di vita .   Ad un certo punto, rispondendo ad un richiamo che noi non avvertiamo – forse un branco di sardine –  un intero gruppo di decine e decine di  urie si lancia all’unisono in mare da uno scoglio piatto, quasi una coreografia .  Registriamo anche il concerto di strida che riempie l’aria .  Ad un certo punto, chiedendo informazioni a tutti i fotografi che come me sono piantati sulle curve della scalinata affacciate alla scogliera alla ricerca dei puffin, riesco ad avvistarli ad una distanza che potrebbe essere di 50 metri. Se ne stanno rintanati nei nidi, scavati nel terreno e protetti dai predatori e dalle intemperie, ed escono per lanciarsi in mare alla ricerca di sardine : ed è in questi momenti di attesa del lancio, o del ritorno del compagno/a che riesco a riprenderli.  Ed è una emozione fortissima, che mi tiene incollata alle pietre della scalinata per oltre due ore : e potrei rimanere lì fino a che c’è luce … ma Gabriele e la Nina con forti proteste mi sradicano . Nell’ultima curva e nelle ultime riprese faccio il colpaccio: avvisto tre puffin che passeggiano dondolando tutti insieme e si lanciano sguardi incrociati per capire quando lanciarsi dalla scogliera . GRAZIE AMICI.

Mentre torniamo vedo un cartello sul lato interno della strada, che già all’andata aveva attirato la mia attenzione : Hut Circles . Ancient Monument (Capanne circolari. Monumento antico). Cylchoedd teuluol (Cerchi famigliari ) .   In mezzo ad un prato di felci che si perde all’orizzonte ci sono i resti di un intero villaggio di agricoltori dell’età del ferro, che hanno iniziato a costruire le loro abitazioni in legno circa 5000 anni fa ; da 3000 anni fa la struttura di base, sempre circolare, venne costruita in pietra e sosteneva un tetto di legno. In questo sito ci sono ancora 20 basi di queste abitazioni di un villaggio  . Si pensa che le strutture circolari fossero le abitazioni, mentre quelle a forma piu’ stretta ed allungata fossero i ripari per gli animali ed i magazzini (per orzo, grano, avena )  ; gli abitanti di questi villaggi avevano tutto ciò che serviva per vivere (carne, pesce, cereali) : le monete romane trovate in una di queste abitazioni, dimostrano che la famiglia residente intrattenne un commercio con i romani per almeno un secolo.

Alle 9 siamo in camper per la cena : pienamente soddisfatti riguardiamo orgogliosamente le nostre foto dei puffin e delle scogliere.   Buonanotte (oggi 8 km. tutti in vertiginosa salita o discesa, quindi valgono di più).

Venerdì 16  giugno 2023 . Risveglio tranquillo, senza fretta : oramai siamo pienamente entrati nel mood vacanziero e quindi “va sempre bene”.   Decidiamo di tornare sulla grande isola, ma ad un certo punto facciamo retromarcia e torniamo a Holyhead  (Caergybi) per vedere la St Cybis’s Church : è intitolata al santo cugino di St. David santo patrono del Galles, amico di St. Seriol (Penmon), predicatore della cristianità in nuovi territori , fondando varie chiese.  La leggenda narra che St. Cybis camminasse verso est il mattino e verso ovest il pomeriggio ; il contrario St. Seriol . Di qui il detto “Pallido Seriol e abbronzato Cybi”.  E’ una chiesa costruita sull’insediamento di un forte romano, di cui conserva ancora le imponenti mura di cinta : incredibilmente qui lo spirito ha sostituito la guerra …. Inoltre è stata la prima scuola ad impartire una educazione di base ai ragazzi di Holyhead, sin dal 1748.     INCANTEVOLI le bellissime vetrate della Stanley Chapel della scuola preraffaelita di William Morris (gli angeli con gli strumenti musicali sono di suo disegno), che ci hanno costretto a ritornare .

Mentre usciamo vediamo un bellissimo edificio alle spalle della chiesa : andiamo a curiosare e scopriamo che è il vecchio mercato coperto vittoriano completamente e magnificamente restaurato e convertito a biblioteca, ufficio informazioni, sede per incontri culturali (Holyhead Lybrary, Market Hall) .   Gli spazi di lettura sono semplici, funzionali e accoglienti : piccoli salottini con poltroncine, divani, tappeti morbidi, una bella luce naturale che entra dalle ampie vetrate del soffitto.  Insomma la biblioteca più seduttiva che abbiamo mai visitato : viene proprio voglia di sedersi e leggere qualcosa.  Il tutto completato dalla gentilezza sorridente delle signore che ci accolgono e ci danno le informazioni di base, orgogliose di partecipare alla bellezza (di forma e di contenuti) del luogo : e questo ricordo (pensiero, immagini..)  ti si pianta in testa come un seme .  Tanto che questa sera sento la necessità di scrivere una lettera di ringraziamento all’indirizzo mail della libreria.  

A questo punto ci dirigiamo alla seconda meta : la Bryn Celli Ddu, burial chamber preistorica (costruita nel Neolitico, 5000 anni fa). Ma sulla strada incontriamo il Red squirrel wood (Bosco dello scoiattolo rosso) : con un nome così come possiamo non fermarci per il pranzo all’ombra ?   Infatti fa parecchio caldo, afoso e minaccia pioggia.

Riprendiamo il percorso ed arriviamo in un battibaleno al sito preistorico , parcheggiando trionfalmente nell’ultimo posto rimasto.  Percorriamo il vialetto tra i campi ed arriviamo alla camera sepolcrale : in pietra ricoperta completamente di terra ed erba, circondata da un fossato e da un rilievo circolare, punteggiati da pietre.  L’apertura è sincronizzata con l’alba del giorno di mezza estate : infatti, oltre ad un significato spirituale di auspicio per il defunto, la camera aveva anche la funzione di calendario astrale e per le coltivazioni.  Dentro la camera principale si erge un alto menhir di pietra, ed altri due più piccoli sono incastonati su una delle pareti del piccolo corridoio di accesso.   

Dopo una breve sosta nell’area panoramica che consente di vedere i due ponti dell’isola di Anglesey ( Menay Suspension Bridge e il Britannia Bridge ) , e l’isola abitata che rimane al centro del canale  (Ynys Gored Goch)  e non viene spazzata via dalle forti  (e visibili) correnti delle maree : gored è infatti una trappola per la pesca che funziona incastrando il pesce sotto una pietra.

Arriviamo quindi al Penrhyn Castle, entrando trionfalmente dall’arco di accesso principale, che stranamente troviamo ancora aperto alle 17 : speriamo ci chiudano dentro e risolvano in questo magnifico modo il problema della sosta notturna, ma  veniamo inseguiti da un custode che ci informa che tra pochi minuti il cancello chiuderà e quindi dobbiamo uscire velocemente. Riusciamo solo a vedere un po’ del parco di alberi secolari bellissimi, che circondano e proteggono il castello da sguardi indiscreti (e senza biglietto di accesso, piuttosto costoso : 14 sterline a testa, che però consentono di visitare anche il museo del trasporto ferroviario).   Decidiamo di proseguire quindi verso la prossima tappa, Conwy , dove ci attende il più imponente dei castelli della cintura di ferro di Edoardo I.   L’autostrada corre lungo il tratto di costa affacciato su Beaumaris fino a  Puffin Island , con una sconfinata bassa marea  ricamata sulla sabbia.   Piove e il panorama è davvero romantico : io mi fermerei per una serata di letture tranquille, ma il pilota comandante – dopo tanti giorni di one-way strettissime – finalmente gusta il piacere di belle e larghe strade a 3-4 corsie.

A Conwy comunque torniamo alla cruda realtà stradale gallese e non troviamo alcun parcheggio che consenta la sosta notturna al nostro camper , oltre che lavori stradali che provocano una lunghissima coda di accesso alla cittadina.   Quindi siamo costretti a cercare il campeggio più vicino (farm campsite) , che si rivela molto accogliente, ma senza nessuno nella farm. Contattiamo il numero telefonico indicato (Mike), al quale risponde una segreteria che invita a fare la prenotazione online : la facciamo ed entriamo nell’area late arrival, incoraggiati da un altro camperista nella nostra situazione che ha ricevuto queste indicazioni telefoniche (ci dice che a quest’ora il telefono non prende più perché è in un pub, nella tasca del simpatico Mike che si gusta una o due belle birre di fine giornata in buona compagnia…).   Comunque : no problem, you’re welcome… Quando il farmer arriva sorridente e rilassato, ci dice che possiamo rimanere esattamente dove ci siamo accampati, perché “sorry, the camping is full” (anche se a guardarlo, non si direbbe proprio, con 4 camper disseminati in un grandissimo pratone).   Ma perché faticare, se si può tranquillamente sorseggiare ?  Direi che in fondo è una filosofia di vita ….

Bene : anche oggi siamo pronti per la buonanotte .  Solo 4 Km. a piedi.

Abbiamo corso avanti e indietro tutt’oggi, recuperando cose perse per la strada  :  già se ci organizziamo non siamo velocissimi, ma se ci rilassiamo troppo siamo veramente finiti e prevedo che festeggeremo il Natale in Galles.

Sabato 17 giugno 2023 .  Oggi tempo uggioso, sembra. Viste le difficoltà del traffico legate ai lavori stradali che rallentano con lunghe file il traffico a Conwy, decidiamo di visitare prima la cittadina costiera di Llanduno – oramai a pochi chilometri dal nostro campeggio –  e di fermarci poi al ritorno a Conwy (dove prevediamo solo una breve sosta per vedere castello e ponte sospeso).   Llanduno (Landudno)  si rivela non una piccolo centro di 14.000 abitanti (come Fino Mornasco) ,  ma una vera e propria cittadina (come Como) stracolma di turisti. Anche qui fatichiamo a trovare il parcheggio e fatichiamo anche a trovare la stazione di partenza del Tramway (Trammfordd) tram funicolare (unico rimasto in Inghilterra) che ci porterà all’area naturalistica di Great Orme (Y Gogarth) , che sovrasta la città. La linea è divisa in due tronchi : purtroppo oggi quello iniziale è fermo per manutenzione ordinaria .  Il trasporto viene garantito da tre pulmini ansimanti guidati da altrettanti arzilli signori (più vicini agli ottanta che ai settanta) ; peccato che quando arriva il nostro turno è anche arrivato il momento del break, della pausa mattutina : che qui deve essere considerata sacra, perché nessuno protesta e tutti aspettano 20 minuti senza batter ciglio.   Veniamo poi stipati sui pulmini (l’ultima signora non riesce a salire, nonostante venga spinta dalle terga da tutti tre gli autisti, in una scenetta geriatrica abbastanza divertente , che rischia di fermare la linea ; un giovane maschio si offre eroicamente ed occupa il posto anteriore (con scalino più alto) e la signora può essere finalmente spinta su uno dei sedili posteriori . Nella salita a pendenza molto elevata (io vedo dal finestrino i profili delle case arroccate ai bordi della strada sfilare a 45 gradi, come se stessero per cadere in avanti, in una prospettiva che sembra aver perso la perpendicolarità) il povero pulmino geme, ulula e strattona,  mentre noi preghiamo che ce la faccia e non si fermi, altrimenti dovremo scendere tutti e spingere. Arriviamo trionfalmente alla stazione di partenza della seconda tratta, dove ci attende il tram a trazione sotterranea, con un  autista dalla espressione inc…issima : la velocità è molto ridotta e consente di godere il panorama che si spalanca via via .   Arriviamo sulla cima di questa enorme collina, che con il suo territorio multiforme rappresenta una importante oasi naturalistica protetta, sia per la flora che per la fauna (molte specie di uccelli migratori e residenti).    Abita questi prati anche la capra Kashmir, agilissima nell’arrampicarsi sulle rocce.  Dopo un breve giro panoramico sulla cima, decidiamo di mangiare qualcosa : salsiccette e patatine fritte e fish an jeckpotato.  Tutto buono, nonostante la sfiducia iniziale.  

 

Scendiamo poi nuovamente al livello intermedio con il tram e ci dirigiamo a visitare le Bronze age mine , che saranno la vera scoperta di questa giornata .   Si tratta di una delle più antiche zone di estrazione mineraria note : l’identificazione del sito risale al 1987 ;  la scoperta dei fori di ingresso delle gallerie principali risale al dicembre 1990 ; le prime attività di esplorazione sono state estremamente complicate, perché si sono svolte con gli stessi metodi utilizzati nell’antichità e in spazi molto angusti ;  i reperti ritrovati al suo interno durante i lavori di scavo hanno consentito di datare l’inizio delle attività di estrazione mineraria non all’epoca dei romani – come si pensava inizialmente- ma all’età del bronzo, quindi a 4000 anni fa.   E questa scoperta ha rivoluzionato le conoscenze sulla antica storia britannica.   L’età del bronzo si colloca tra la più antica età della pietra (oltre 4000 anni fa) e la più recente età del ferro (dall’ 800 prima di Cristo) ;  il bronzo si ottiene dalla fusione a 1200 gradi circa di rame e stagno ( che proveniva dalla Cornovaglia, lontana oltre 350 chilometri).  La produzione di metalli richiedeva quindi già complesse conoscenze ed abilità tecniche; ha sostituito il legno in molti manufatti, rendendoli molto più resistenti (arnesi, corazze, scafi delle imbarcazioni …) e facendo crescere la possibilità di espandersi nel mondo.  A Great Orme vennero prima sfruttati i filoni più superficiali ed accessibili (estratto soprattutto sotto forma di malachite, idrossicarbonato di rame) ; in seguito i minatori sono stati costretti a ricercare i nuovi filoni sempre più in profondità scavando un vero e proprio labirinto di tunnel orizzontali, collegati da pozzi verticali, ricavati soprattutto dalla progressiva estrazione del metallo.  Fino ad ora sono stati scoperti 9 livelli sovrapposti (che scendono fino a 46 metri), ma gli scavi proseguono e si ritiene che sia stato esplorato solo il 5%  dell’intera miniera ; noi visiteremo solamente i livelli 1 e 2 (fino a 18 metri sotto terra).   Utilizzavano strumenti rudimentali : pietre rotonde molto resistenti oppure ossa di animali.  Spesso venivano impiegati i bambini, dall’età di 5-6 anni, in quanto la loro struttura fisica minuta consentiva loro di scavare anche in tunnel molto angusti.  Le raccomandazioni esposte (passaggi scivolosi, tunnel angusti, rischio di sbattere la testa, griglie di metallo al posto del terreno, scalini stretti e sdrucciolevoli…) creano una certa ansia, che non toccano la Nina che si comporta egregiamente.  I tunnel che noi attraversiamo sono stati ricavati proprio dalla estrazione progressiva dei filoni di rame che li riempivano.   Arriviamo a quella che viene considerata la più ampia camera di escavazione sino ad oggi conosciuta : una ampia caverna su cui sbucano molti fori di gallerie convergenti.

Le attività di scavo della miniera hanno rappresentato una vera e propria sfida per gli archeologici, che hanno esplorato ogni filone, conservando e catalogando tutto il materiale estratto.

Usciamo dalla  miniera davvero soddisfatti da questa visita del tutto imprevista, che ci ha fatto veramente capire che cosa significava estrarre e lavorare i metalli 4000 anni fa : ed inoltre che è proprio il viaggio a riservarti le sorprese migliori.   

Ci dirigiamo verso il bordo della collina, punto panoramico di osservazione della cittadina sottostante, che vediamo come se fossimo in aereoplano, insieme a molte pecore placidamente sdraiate sul bordo della collina ; avvistiamo anche due capre Kashmir che completano la nostra visita.   Decidiamo di scendere a piedi, seguendo il percorso della tramvia, ripidissimo. Arrivati al lungomare ci concediamo un bel gelatino anche per riposare i polpacci intorpiditi. 

Riprendiamo la nostra strada ed andiamo verso Conwy, dove superiamo tre ponti sempre più angusti ed arriviamo al parcheggio ; breve passeggiata lungo le mura maestose che comprendono tutto il nucleo storico, attorno all’enorme castello (che fa sempre parte della cintura di ferro del re Edoardo I) e attraverso il Suspension Bridge, bellissimo ponte sospeso ancorato al castello con potenti catene di metallo, costruito dal 1822 al 1937 , affiancato dal ponte (galleria) ferroviaria e dal nuovo ponte stradale (che lo ha sostituito per il traffico automobilistico dal 1958) : progettato da Telford, come il Menai Bridge, con la stessa tecnica delle catene di sospensione.   Alla fine siamo stanchissimi e decidiamo di riparare in camper. Vorremmo pernottare a Flint, sul mare di fianco alle romantiche rovine del castello : ma purtroppo il parcheggio ha una sbarra di accesso e ripieghiamo sul nostro parcheggione di Chester, dove siamo in gran compagnia. Entriamo due volte (perché la prima sbagliamo e prendiamo il biglietto per auto, e non quello per camper o mezzi che occupano due spazi, che avrà un prezzo superiore).   Passato di verdura e letto. Buonanotte.  

Domenica 18 giugno 2023 .   Risveglio molto molto tranquillo nel nostro parcheggio di Chester, dove siamo oramai di casa.   Abbiamo pensato di prendercela molto calma e di riposarci . La Nina è un po’ scombussolata : non si muove dalla sua poltrona, è affaticata, forse dalle lunghe passeggiate o più probabilmente dagli abbondanti assaggi di gelato e formaggio degli ultimi giorni (i cani sono intolleranti al lattosio).  Quindi usciamo dal camper a mattino inoltrato : passeggiamo senza meta per Chester, per le strade domenicali affollate e nei portici medioevali. Entro in un negozio dell’associazione di ricerca contro il cancro e molto velocemente acquisto tre giubbotti (un antivento rosa, un elegante giubbotto bianco, un particolarissimo giubbotto in seta imbottita).  Comperiamo un fagottino da un fornaio e torniamo al camper.  Pranziamo (con il fagottino poco poco gustoso) e partiamo : questa mattina, complice il brutto tempo che si profila all’orizzonte, abbiamo preso la mappa e pensato di visitare Liverpool, che non avevamo mai considerato ma viene consigliata da tutte le guide.   Rischiamo però di arrivare oramai tardi, per cui decidiamo di fermarci alle porte della città in un campeggio di campagna tranquillo, dove completare questa  giornata di riposo.  Ci fermiamo solo per fare un po’ di spesa (acqua, frutta, verdura).  L’arrivo è esilarante : senza alcuna indicazione specifica entriamo nel cortile di una grande fattoria completamente deserta, con il fienile, un enorme letamaio  ed il recinto del pascolo affollato di mucche bianche e nere, che ruminano tranquille.   Sotto un bell’acquazzone, muniti di ombrello, andiamo a farci la doccia, in baracche dei servizi spartane, ma pulitissime e molto funzionali .  Ed il piacere della doccia calda ed abbondante è moltiplicato dal rumore della pioggia battente sul tetto.    Cena tranquilla e leggera e buonanotte.

Lunedì 19 giugno 2023 .  Risveglio in fattoria, dopo una notte piovosa : operazioni di partenza, per prepararci alla permanenza a Liverpool.   Mentre ci prepariamo, vediamo che il signore olandese della roulotte accanto alla nostra – che ieri sera ci ha aiutato all’arrivo – sta attaccando vistosi addobbi per festeggiare il 72° compleanno della moglie: naturalmente portatori dello spirito solidaristico dei vacanzieri su ruote, decidiamo di unirci simbolicamente ai festeggiamenti e di regalare alla signora una bottiglia di moscato ed un barattolo della mia marmellata.  La signora, che mi apre la porta del camper con aria interrogativa,  accetta  con evidente perplessità e – quando indico la bella decorazione argentata appesa alla roulotte – il marito con espressione sconsolata dice “it was my surprise for you”.    Quindi – subito dopo avergliela rovinata – ci dileguiamo velocemente, scusandoci e con tanti auguri : commento di Gabriele “ma tu un kilogrammo di cXXzi tuoi mai“.

IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK : giugno 2023 . Capitolo 4.

Newgale, St. Davies, Whitesands Beach, Fishguard, Ifan, Vale of Rheidol Railway, Devil’s Bridge, Aberystwith, baia di Cardigan , CAT (Centre for Alternative Technology), Porthmadog, Caernarvon.

Mercoledì 7 giugno 2023 . Usciamo dal campeggio ritemprati dalla bellissima tappa di Skomer, che salutiamo con tutti i puffins e i razorbills .  Siamo molto positivi e decidiamo di seguire per la litoranea che ci porterà a Solva – prossima tappa – attraversando alcuni paesini caratteristici ed un territorio tra i più belli della regione.   La strada one-way è affollatissima di auto in senso contrario al nostro che si stanno dirigendo a Martins Haven per imbarcarsi sui vari viaggio per Skomer.   Nulla di preoccupante per esperti viaggiatori come noi , che hanno già affrontato Cornovaglia e Scozia.   Il panorama è effettivamente bellissimo, ma la stradina diventa sempre più stretta : a Little Haven  (Aberlydan)   (o comunque da quelle parti…non ricordo più bene) la strada diventa strettissima, con un tratto pieno di curve e in pendenza (salita) al 25% . A metà salita le ruote tendono a slittare : io non guardo, tremo  e prego, ma Gabriele pilota supereroe riesce a tirarci fuori dalla situazione, con una certa irritazione non celata ( chi ha voluto fare la litoranea ? chi vuole vedere i paesini ? ) .  Non riusciamo a trovare coraggio per fermarci nei paesi successivi collegati da stradine strettissime, che si allargano solo nel tragitto dentro ai centri abitati, che stanno moltiplicando gli alloggi turistici. E anche qui ci sono chiari problemi di viabilità : ad un certo punto il traffico si ferma per una decina di minuti perchè un camion sta scaricando le scorte di birra in un pub : e non ci sono davvero soluzioni alternative al fermare il tempo finchè serve, senza peraltro che nessuno protesti.  Si coglie l’occasione anche per fare due chiacchiere.

Per cui ci sembra che non si stia delineando lo stesso problema di Como : territori che non sono in grado di sostenere  un flusso turistico troppo elevato, per assoluta impossibilità di implementare le comunicazioni, le vie di collegamento, di allargare le strade.  Interventi che peraltro snaturerebbero completamente in territorio.  Il problema è di difficile soluzione : “turismo sostenibile” o “sviluppo economico”.  Direi che è una domanda retorica : la risposta teorica è “turismo sostenibile”, quella reale è “ sviluppo economico”. Finalmente, all’improvviso, la strada ridiventa percorribile : e l’esperienza viene declinata allegramente come momento di socializzazione forzata. 

Ci fermiamo a fare una fotografia a Newgale (Niwgwl)  in un parcheggio panoramico : comperiamo  due cestini di fragole da un coltivatore locale, che sogna di andare a vedere il mare della  Sardegna.  Il paesino (tre case ed un bel campeggio) offre parcheggi, ma  le passeggiate lungo il Coastal Path in partenza da qui sono tutte troppo lunghe.

Per recuperare la fiducia e l’ottimismo del pilota sensibile a questo argomento  ,  ed anche stemperare la tensione negativa che si sta accumulando (troppi problemi e poche soluzioni) ,  propongo di andare a mangiare il pesce : che non dovrebbe essere cosa difficile essendo noi affacciati alla costa.  In realtà non troviamo alcun ristorante nel raggio di 50 km ; quindi ci rassegnamo a risalire in camper e dirigerci a Solva (Solfach) , dove dovremmo trovare una bella passeggiata panoramica accessibile per le nostre forze, con alcuni siti preistorici.  Peccato che a Solva non riusciamo a trovare neppure uno spazio dove parcheggiare. Però Gabriele dice di aver visto poco prima del paese una deviazione con un cartello con un’aragosta sorridente : decidiamo di andare a vedere di cosa si tratta .   E si tratta della cucina di casa di due simpatici signori (trafelata lei, decisionista lui) che hanno aperto un’attività di ristoro in giardino: o asporto o panchina con vista sul campo con il fieno appena tagliato. Prenotiamo il piatto di pesce misto per due (55 sterline) che sarà pronto in mezz’ora  : ritiriamo e andiamo a cercare parcheggio possibilmente panoramico.   Ripassiamo a Solva dove è tutto ancora pieno ; procediamo senza alcun risultato, per cui decidiamo di arrivare a St. David’s (Tiddewi), prossima tappa del nostro percorso.  Subito prima del paese ci fermiamo a fare gasolio, perché siamo oramai in riserva e ci attendono altre one-way, su cui non si trovano aree di servizio.  Il gestore – dal viso rotondo bruciato dal sole e pieno di salute – è simpatico, sorridente e disponibilissimo : prova tutte le pompe di gasolio (sette) con atteggiamento sempre più teatrale (alla fine stringe la manopola della pompa dirigendola al cielo), intrattenendoci con domande dettagliate sulle nostre vacanze , con risposte incoraggianti e di grande apprezzamento , e sorrisi a profusione. Alla fine si stringe nelle spalle e ci informa che purtroppo oggi le pompe non funzionano : sorride e conclude con un “succede”. Noi rimaniamo a guardarlo mentre riprende alacremente altre occupazioni, ammutoliti e scioccamente sorridenti : non ci sono altri distributori nel raggio di 20 km. Ci sembra che prosegua la nuvoletta nera che da questa mattina ci accompagna.   Torniamo a St. David’s ed entriamo in un parcheggio anonimo ed affollato : ma a questo punto il gran piatto di pesce chiama e quindi ci mettiamo a tavola . Il pesce è freschissimo quasi vivo, cotto ‘nudo e crudo’ : insalata di granchio (di due tipi) , gamberetti e gamberi cotti al vapore, astice bollito : solo olio e limone, gustiamo il profumo ed il sapore del mare, buonissimo. 

Il paese è molto caratteristico e ci piace subito : incontriamo anche una ottima gelateria, dove cadiamo in tentazione (cioccolato e caramello salato per Gabriele, banana e menta/cioccolato per Carla) che gustiamo sulla panchina panoramica sulla cattedrale.  Arriviamo alla Cattedrale che è davvero maestosa .   St.David è il santo patrono del Galles e nel sesto secolo costruì qui un monastero : il suo insegnamento era “be joyful, keep the faith, and do little things …” (siate gioiosi, mantenete la speranza, e fate cose semplici …) : che ci sembrano ancora oggi buoni consigli di vita.  Nei secoli XIII e XIV venne costruita la cattedrale, racchiusa in uno scrigno verde , meta di pellegrinaggio di fedeli da oltre 1400 anni .   Nel 1124 papa Callisto II, da fine matematico, dichiarò che tre pellegrinaggi a Saint David’s equivalevano ad un viaggio a Gerusalemme.   Se dell’esterno colpiscono le proporzioni e la grandezza, dell’interno colpisce immediatamente il soffitto, in quercia ad intaglio ; le finestre, il transetto ed il coro gotici.  Tutti i giorni viene proposta un concerto dell’organo e del coro, tranne il mercoledì (nuvoletta nera).    Di fronte sorgono i resti del monumentale palazzo episcopale  (The Bishops Palace) , eretto dal vescovo Gower nei secoli XIII e XIV , che ammiriamo dall’esterno.    

Torniamo al nostro parcheggio decisi ad entrare nuovamente in campeggio, perché abbiamo trovato una sistemazione irrinunciabile proprio dietro a Whitesands Beach .  Prima però decidiamo di ripassare dal simpatico benzinaio, che ha sistemato le pompe e sempre sorridendo ci fa il pieno di gasolio.  Arriviamo  al campeggio e ci posteggiamo liberamente, perché così è indicato all’ingresso ( nella casetta di accoglienza non troviamo nessuno).   Partiamo poi per una passeggiata lungo il nostro amico Coastal Path : oltre alla grandissima Whitesands Beach, avvistiamo altre splendide baie dalla sommità delle scogliere , a volte vertiginose.  Avvistiamo un gregge di placide pecore, che al nostro passaggio iniziano con grandi belati a seguire la pecora capogregge che le chiama a raccolta a gran voce per condurle in un pascolo attiguo, più protetto. Vicino alla spiaggia la pala di un’elica ferita osserva il mare e ricorda in modo commovente la caduta del suo  aereoplano inglese durante la seconda guerra mondiale e la morte dei cinque membri dell’equipaggio. 

Oggi abbiamo fatto solo 7 km. ma arriviamo a sera piuttosto stanchi (sarà la compagnia della nuvoletta nera): cena leggera (brodino vegetale, toast e fragole) e buonanotte.    Buonanotte , completamente immersi nella natura selvaggia ed  isolati dal mondo civile (il telefono ha campo solo sul Coastal Path nel punto più elevato della scogliera).

Giovedì 8 giugno 2023 . Risveglio tranquillo e positivo : partiamo dal campeggio belli allegri con un programma improvvisato sulle informazioni raccolte da vari depliant, da internet, dalle scarne guide in nostro possesso- Vorremmo esplorare la litoranea tra Abereiddi (soprattutto) e Portghain  (se possibile) : vengono descritte come zone minerarie/industriali in cui le scogliere e le spiagge conservano le tracce di questa storia.  Però non le troviamo, così come non riusciamo ad arrivare alla Eglwys yr Cwm citata dalla guida Routard (come suggestivo itinerario litoraneo tra rovine di una chiesa, cimitero affacciato sul mare e spiaggia) : ad un certo punto la strada diventa davvero troppo stretta, con pareti di pietra solo ricoperta da rampicanti e nessuno slargo . Per cui appena troviamo un luogo che ci consenta le mille manovre di inversione, decidiamo di rinunciare e ripercorriamo lo stesso percorso al contrario. Alla fine ci prende una ridarella da pericolo scampato, rinforzata dal fatto che in un incrocio in mezzo al nulla un signore sorridente ed elegantissimo sembra stare lì  solo per salutare i passanti.   Messaggiamo con mia sorella, che non riesce a capire come si indossano gli orecchini che le abbiamo regalato per il compleanno :  Gabriele fa battute e lei risponde con lo stesso pensiero declinato seriamente. Insomma ci viene una ridarellache dura una mezzora.   Mentre il nostro programma della giornata si sgretola allegramente arriviamo a Fishguard (Abergwaun ). Il paese è diviso in tre parti : l’abitato sulla cima delle scogliere, pieno di case coloratissime, dove ci fermiamo a fare una spesa veloce alla Coop ; il porto nuovo dove partono i traghetti per l’Irlanda ; il vecchio porticciolo circondato da una lunga fila di casette colorate, in passato case di pescatori, oggi cottage di vacanza,  dove ci fermiamo per mettere i piedi giù dal camper . 

Parcheggio gratuito e locale che serve alcuni piatti di pesce in fondo al molo. Non ci pensiamo più di mezza volta e siamo già a tavola con un lobster roll , una half lobster, una jackpotato con gamberi, sole, aria fresca, barchette ormeggiate.  Il viaggio comincia a esprimersi autonomamente : ci conduce dove vuole e noi non facciamo resistenza.   Ripartiamo e dietro la prima curva ci fermiamo per una foto panoramica al paese e troviamo le indicazioni per forte di Fishguard  a soli 200 m. (andata in discesa, ritorno in salita) lungo il Coastal Path .  

Ripartiamo diretti all’unica tappa irrinunciabile della giornata : il sito preistorico di Pentre Ifan.   La ricerca ci porta via due ore abbondanti attraverso one-way ansiogene nei boschi, tra fattorie isolate, tra campi gremiti di mucche ruminanti e pecore belanti : non so quale buona stella ci assista ma riusciamo ad incrociare altri mezzi solo in prossimità di punti che consentono il passaggio, con brevi manovre di retromarcia.  Sbagliamo ripetutamente il percorso, chiediamo indicazioni alla gentile proprietaria di una fattoria intenta a curare l’orto,  ma alla fine riusciamo ad arrivare al sito, che merita tutta la nostra fatica.  Si tratta di quella che viene chiamata la Stonhenge del Galles : alcuni enormi massi compongono una camera aperta dal significato non chiarito .  Un enorme masso dalla forma allungata è posizionato orizzontalmente con una leggera pendenza in avanti , sopra gli altri posizionati verticalmente, sui quali si appoggia delicatamente in pochi punti, rimanendo lì sospeso in equilibrio misterioso da oltre 5000 anni :  sembra leggero come un seme , quasi come se stesse per prendere il volo portato dal vento nella ampia vallata che si apre di fronte per condurlo fino all’orizzonte del mare.    Non a caso lo hanno chiamato The Flyng stone , la Pietra Volante : potrebbe trattarsi di una sepoltura che simboleggia il passaggio da una vita terrena all’aria, al cielo, all’universo ; oppure un monumento dal significato mistico o propiziatorio ; oppure ancora un elemento di localizzazione geografica.  E’ una di quelle immagini che non potremo mai più dimenticare : che hanno in sé la potenza del simbolo, della preghiera, dell’arte, della creazione universale.   Non servono parole o spiegazioni o racconti per raggiungere l’anima.  Ci sono molte tracce di doni (fiori secchi nei pertugi delle pietre) ; i visitatori che arrivano si fermano nella camera e toccando le pietre chinano il capo in segno di rispetto e sembrano pregare.

Gabriele lancia nel mondo virtuale una fotografia con il suo commento partecipato : “metterlo sopra è stata dura”.  Potremmo dire : poesia e realismo ; sublimazione e pietra ; sentimento e sudore . Alla fine tutto serve.

Riprendiamo il nostro eroico camperone e ripartiamo : raggiungiamo – dopo giorni di oneway – strade a due carreggiate (talvolta tre !!!) a scorrimento veloce, però sempre in discesa o salita. Le colline si fanno più dolci e sulla costa spariscono le scogliere, che lasciano il posto a lunghissime spiagge scure ricamate dalle maree.   Entriamo nella regione di Ceredigion : contea costiera del Galles il cui nome significa terra di Cereig, figlio di Cunedda, capo che riconquistò gran parte del Galles strappandolo agli irlandesi nel V secolo.   Attraversiamo Cardigan (Aberteifi) , che ha dato i natali all’inventore della giacca senza collo dal successo universale.    Ed anche molti villaggi di pescatori, oggi caratteristici villaggi costieri : New Quay ,  Aberaeron  , Llanon , Lianhystud, Lianfarian , tutti villaggi dalle casette sempre più colorate e sgargianti (una contaminazione buranese in Galles) .

Approdiamo quindi a Aberystwyth ( Llanbadarn Gaerog) , ma non riusciamo a trovare alcuna possibilità di parcheggio in città .   Ci rassegnamo quindi a sostare di nuovo in campeggio (Midfield) , a tre km dal centro, per tornare domani mattina in un parcheggio no overnight.

Mentre scrivo il diario della giornata fuori dal finestrone del camper si accende il primo tramonto rosso acceso di queste vacanze, che posso solo guardare in un angusto spigolino della finestra.  Esco per cercare un punto di osservazione dell’orizzonte, che purtroppo non trovo.  Buonanotte.

Venerdì 9 giugno 2023 .  Dovendo prendere un treno (turistico) alle 10.30, decidiamo di svegliarci per tempo perché non vorremmo avere problemi con il parcheggio : la sveglia quindi suona alle 7, quando siamo già svegli da più di un’ora con il cervello in movimento. Colazione, sistemazione del camper, preparazione del pranzo al sacco (crodino+panini+cioccolato+frutta) : alle 8.30 usciamo dal campeggio e alle 8.50 siamo parcheggiati di fronte alla stazione nel grande parcheggio completamente vuoto.

La Vale of Rheidol Railway (Rheilffordo CWM Rheidol) ha iniziato la propria attività nel 1902 ; inizialmente è stata costruita per il trasporto locale e commerciale (piombo e legno) , ma dal 1930 è diventata una ferrovia turistica.  Ha carrozze risalenti al 1920-1930, perfettamente restaurate, che ci porteranno nella Rheidol Valley, al confine meridionale delle montagne Cambrian , fino al Devil’s Bridge. 

Ci rilassiamo aspettando l’apertura del controllo biglietti ed aspettiamo il treno, guardando tutti i preparativi. Prima arrivano i vagoni passeggeri – trasportati da una vecchia motrice diesel – e ci sistemiamo nella carrozza panoramica aperta .   Poi arriva la motrice a vapore : brillante, con gli ottoni lucidati, sembra appena uscita dalla fabbrica. Ha già il carico di carbone, ma deve riempire i serbatoi dell’acqua (come farà per altre due volte durante il percorso). Macchinista e fuochista sono due ragazzi che si fanno notare : molto indaffarati in tutte le operazioni sul treno e sugli scambi, sono vestiti come 100 anni fa e sembrano usciti da un film. Mi viene da dire Di Caprio nel Titanic : e sono anche decisamente belli.   Il viaggio è lento e incantevole, accompagnato dagli sbuffi e dai fischi della motrice, e ci consente di gustare il paesaggio : veniamo abbondantemente ed allegramente innaffiati dalle gocce di vapore che escono dalla ciminiera della motrice.

All’arrivo abbiamo solo un’ora di tempo per visitare Devil’s Bridge , attraverso il percorso breve (e molto ripido), per cui dobbiamo andare veloci :  le cascate  si tuffano in una fenditura strettissima e verticale aperta dell’acqua nella roccia.  E sono scavalcate da tre ponti sovrapposti, ognuno ideato per sorreggere i transito dei mezzi del proprio tempo  : il più antico – Lower  Bridge – nell’ XI secolo ; quello intermedio – Middle Bridge – nel 1708 ; il più recente – Top Bridge – nel 1901. 

Chiamato : Punch Bowl Crochan y Diafol Afon Mynach (Calderone della ciotola del diavolo Mynach) per la leggenda sulla sua origine :  nell’XI secolo il diavolo visitò il Wales, trovandolo bellissimo . Vide una vecchia signora molto agitata perché la sua mucca aveva attraversato il fiume e non sapeva come farla tornare.  Il diavolo le disse che quello che le serviva era un ponte e lui lo avrebbe costruito per la mattina successiva . Quello che  chiedeva in cambio era solo il possesso del primo essere vivente che lo avesse attraversato. La signora accetto’, ma poi la notte capì che le sarebbe stato impossibile attraversare il ponte per andare a prendere la sua mucca.   Il mattino dopo vide il più bel ponte mai costruito ; fece per attraversarlo, ma prima di mettervi sopra il piede lanciò un pezzo di pane e il suo fedele cane si lancio’ come un fulmine a prenderlo.   Il diavolo arrabbiato disse : stupida stupida donna adesso dovrei prendere il tuo cane, ma io non ne farei nulla” , e svanì.  E da allora il diavolo – per la vergogna di essere stato ingannato da una vecchia signora – non si fece più vedere in Galles.   Ed è proprio il Lower Bridge ad essere stato costruito dal diavolo.

 

Alle 12.30 riparte il nostro treno : le carrozze del novecento erano più pratiche di quelle odierne : basta girare il poggiaschiena e si viaggia sempre in direzione di marcia. La locomotrice invece viene agganciata all’altro capo del treno ma girata al contrario, con il muso attaccato ai vagoni .  Il viaggio di ritorno ci fa sentire davvero in estasi , per il più bel picnic che avremmo potuto desiderare.

All’arrivo prendiamo un bel caffè in camper e decidiamo di andare a fare una passeggiata ad Aberystwyth : la Nina dopo l’esperienza del treno rifiuta di scendere dal camper guardandoci con un marameo . Passeggiamo tra i vicoli della cittadina che portano al mare : molti negozi vintage dall’aspetto un po’ trasandato, ma molto curiosi, dove cadiamo in tentazione : piatti vecchi, un anello celtico ed una maglietta per Gabriele, un cristallo che produce mille arcobaleni danzanti.   Ma arrivati al lungomare veniamo abbagliati dalla magnifica baia sulla quale si affaccia una lunga fila di alte case colorate ;  l’Old College dell ‘ Università  (meravigliosa la struttura in restauro) con le alte torri e comignoli circolari ;  la Chiesa di Saint Michel (bellissimo il soffitto a botte e le vetrate) dove si suona la batteria ; i ruderi del castello con il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, un angelo che dona la gloria dell’alloro ed una donna dal viso coraggioso protesi verso l’orizzonte .

 

Rientriamo al camper belli felicioni e partiamo .  In pochi minuti incontriamo un’auto medica che soccorre un signore incosciente caduto in mezzo ad un incrocio , superato il quale – nel giro di pochissimi secondi – avvistiamo una enorme colonna di fumo proveniente dal bosco dietro le abitazioni del paese con i camion dei pompieri a sirene spiegate  in arrivo.   Decidiamo molto rapidamente di trasferirci a Tywyn (Gwynned) , sul mare sperando di allontanarci da questa zona … oltre che di ammirare un altro tramonto rosso (che invece questa sera non ci sarà) .  Il tragitto lungo il largo estuario del fiume Dovey verso la baia di Cardigan si rivela inaspettatamente  spettacolare : un largo fiordo sabbioso, ricamato da bassi rivoli e piccole raccolte circolari di acqua , lungo oltre 10 km. Sotto la strada corre la linea ferroviaria che garantisce una visione ancora più spettacolare.   Arriviamo alla fine del paese alla ricerca del nostro parcheggio per la notte  : il parcheggio, sulla strada a fondo cieco, è compreso tra la grande spiaggia costeggiata da dune che erano alte solo due km fa, si sono gradualmente  abbassate per consentire il passaggio delle acque di un lago costiero (Afon Dysynni ) che tornano al mare. Anche qui corre la ferrovia, proprio in riva al mare. Alla fine della nostra passeggiata serale anche oggi abbiamo fatto 8 km.

Cena con crema di spinaci/funghi e wurstel.  E speriamo buonanotte : si è alzato un vento fortissimo che ci costringe a chiudere tutte le finestre e i pertugi. Dondoliamo parecchio . Buonanotte…. Speriamo.

Sabato 10 giugno 2023 . Ci svegliamo molto presto dopo una notte piuttosto movimentata : abbiamo dondolato sbatacchiati da raffiche di vento sibilante ed incessanti , che ci hanno svegliato ripetutamente.  Da internet vediamo che l’incendio di Aberystwyth è stato domato in serata, e le famiglie evacuate hanno potuto rientrare nelle proprie case.    Le notizie non sono incoraggianti :  l’ondata di caldo anomalo anche quest’anno sta provocando moltissimi incendi, oltre che problemi connessi alla carenza idrica che l’Inghilterra non è abituata ad affrontare.   Anche la Scozia ha registrato un incremento del rischio di incendi, che possono assumere proporzioni devastanti per la conformazione del territorio e la difficoltà di accesso a molte zone.  Anche gli uccelli sono disorientati da questi cambiamenti climatici : i puffin hanno disertato alcune isole e – pochi giorni fa – un pulcinella di mare è stato ripreso mentre galleggiava nel mare di fronte a Genova.  

Sarebbe bello percorrere il tragitto dell’estuario del fiume in treno, per ammirarlo in tutta la sua bellezza : l’ unica corsa che ci offre la possibilità di fare andata e ritorno velocemente è alle 8.17 dalla stazione di  Tywyn alla Dovey Junction.  Ma non riusciamo a fare in tempo, soprattutto per la difficoltà di parcheggio del nostro mezzo.   Peccato : cercheremo di godere del viaggio su ruote.   All’inizio corriamo separati dal mare solamente da pascoli affollati di pecore; poi iniziano le grandi dune costiere, che ospitano anche i green di un campo da golf.   Facciamo una passeggiata sulle dune verso la spiaggia, attraversando le rotaie della splendida linea ferroviaria litoranea. 

Superiamo poi Aberdovey (Aberdyfi) ed iniziamo a vedere lo splendido fiordo sabbioso rilucente sotto il sole con i rivoli ritmati, le linee sinuose, le pozze circolari della foce del Dovey che gioca  con le maree, che qui corrono rapidamente e possono sorprendere i camminatori .  Un vero incanto.

Ci allontaniamo dalla costa e ci dirigiamo verso l’interno e verso nord , su una bella strada panoramica che ci porterà ad entrare nello Snowdonia Natural Park, il territorio montuoso del Galles. Facciamo tappa al CAT (Centre for Alternative Technology) di Macynlleth, decantato da tutte le guide turistiche : già arrivarci è piuttosto complicato e la strettissima stradina di accesso (che abbiamo anche allungato perché abbiamo perso l’accesso principale, quasi invisibile ed impraticabile su una curva) non depone per un centro ad alta intensità di visita.  All’apertura del mattino siamo infatti in quattro gatti. Il centro è stato costruito recuperando il territorio di una antica cava di estrazione esaurita ; è stato pensato, voluto e realizzato nel 1974 da un gruppo di pionieristici difensori dell’ambiente che sono riusciti a catalizzare finanziamenti, contributo di volontari, collaborazioni scientifiche e tecniche prestigiose.   Si sale con un esemplare unico di  funicolare ad acqua:  la cabina che si trova in alto viene riempita di acqua per un peso superiore a quello presente nella cabina in basso che viene quindi trainata verso l’alto solo grazie alla forza di gravità del contrappeso.   Abbiamo ottenuto questa spiegazione solo all’arrivo e quindi mentre salivamo soli soletti nella nostra cabina traballante e cigolante guardavo preoccupata la cabina in discesa perdere vistosamente rivoli d’acqua, con una impennata delle ansie che mi assalgono quando non ho i piedi per terra.   Come la miniera su cui è nato, anche il centro sembra oggi un po’ ”esaurito” : ha un aspetto trascurato e dimesso, con ottime intenzioni solo talvolta compiute e realizzate (edilizia biosostenibile, metodi alternativi di coltivazione, dimostrazioni pratiche di leggi della fisica e fenomeni naturali inerenti la produzione/gestione dell’energia), ma spesso decisamente  superate e/o incomprensibili, oltre che confuse o carenti nella esposizione .  

 

Pranziamo con un burger vegetariano (Gabriele) con due contorni e con una zuppa di patate porri tarassaco ed orzo servita in una piccolissima ciotolina (Carla) – quasi un assaggio –  fortunatamente spendendo poco. Scendiamo poi al parcheggio attraverso un sentiero ripido che dovrebbe consentirci la visita alle capanne ecosotenibili (in realtà semplici alloggi in legno che ospitano scolaresche in gita) , con corrimano traballante,  e infestato da rovi .    Direi : addio a mai più.

Dopo il caffè ripartiamo dirigendoci a Porthmadog : facciamo una passeggiata in un bellissimo bosco di piante antiche ai piedi del Cader Idris (formazione rocciosa a semicratere, lasciata dall’ultima glaciazione), dove ci siamo fermati per puro caso : piante secolari e maestose e moltissimi rododendri in fiore. Purtroppo non riusciamo a fare l’escursione, che meriterebbe ma richiederebbe tutta la giornata, oltre che gambe decisamente più allenate delle nostre. 

 

Saltiamo senza ripensamenti  il villaggio di Portmeiron , patria delle celebri ceramiche , pure consigliato da tutte le guide (costo di accesso proibitivo ed impressione generale di estrema artificiosità).   Entriamo attraverso un rettilineo circondato da un alto muro di sasso dal lato mare ed una zona umida dall’altro, dove pascolano mucche che si fanno anche il bagno.   Non troviamo nessun parcheggio a Porthmadog (Portmadoc)  e siamo stanchissimi anche per la notte di scarso riposo, per cui decidiamo di entrare in campeggio.   Il cielo è nuvoloso, c’è una allerta gialla per possibili temporali (che oramai dopo l’alluvione dell’Emilia Romagna hanno il lugubre alone di potenziali eventi catastrofici e fanno paura),  un caldo afoso un po’ disturbante  : ci sembra il giorno giusto per rallentare e fare doccia, lavatrici, riordino sommario del camper.  L’accoglienza in campeggio (Tyddyn Liwyn Holiday Park)  – molto attrezzato ed organizzato –  è decisamente calorosa e disponibile.  Cena con gli avanzi di ieri e relax.  Inizia a piovere. Buonanotte (oggi 7 km).

Domenica 11 giugno 2023 . Durante la notte ha spiovigginato, a tratti ; noi abbiamo comunque riposato bene. Risveglio tranquillo : colazione poi decidiamo di andare a fare un giro a piedi . Raggiungiamo il mare attraversando un sentiero nel bosco che ci fa arrivare nel porticciolo di Borth-y-gest prosciugato dalla bassa marea del mattino.  Proseguiamo lungo il Coastal Path verso l’esterno della Tremadoc Bay , superando dall’alto alcune spiagge con scogli affioranti . Arriviamo al Porthmadog Golf Club, sulle dune in riva al mare dietro alla spiaggia di Morfa Bycham ; i green sono tutti yellow e fanno un po’ impressione. I giocatori di golf si allenano su sterpaglie gialle e si muovono tranquillamente in quello che sembra un campo da golf nel deserto piuttosto che nel Galles. L’utile applicazione delle mappe che cerca i mezzi di trasporto disponibili indicando orari e pensiline, ci informa che fortunatamente c’è un bus che ci riporterà in paese ; la prima corsa disponibile è però dopo un’ora per cui propongo di andare a prendere qualcosa al club del golf . Mattarelli protesta, con la vena critica che si scatena nelle condizioni di fame : “è un club, non ci fanno neppure entrare”.  All’ingresso c’è anche un cartello che definisce i criteri del dress code, sui quali sorvolo perché oggi sono elegante nel mio vestito a sacco color talpa, arricchito da collane e sciarpa.  In realtà la signorina al bar è gentilissima e mi mostra un menù che leggo per la prima riga : full english breakfast a 7,50 sterline, servita fino alle 13.   Perfetto due full con 1 diet coke e 1 small beer.   Arriva tutto in un battibaleno e – non so se è per la fame o per il contesto golf club – ma è tutto buonissimo . Anche la Nina ottiene una delle mie salsiccette.  Riusciamo a finire tranquillamente giusti giusti per l’arrivo del bus che ci porta comodamente a Porthmadog dove facciamo un giro (breve) nei negozietti turistici ; le mucche,  che ieri abbiamo avvistato nell’Afon Glaslyn  (l’area lagunare che costeggia la High Street, il rettilineo di accesso al paese riparata da un alto muraglione dal lato del mare e della ferrovia)  placidamente immerse nei canali per rinfrescarsi ,  oggi stanno ancora ruminando sui prati. 

Il caldo afoso ed i km macinati (spesso su fondo sabbioso) ci orientano a salutare la cittadina e rientrare in campeggio.  Prendiamo un altro bus che ci porterà quasi al campeggio : l’autista premuroso del bus precedente – che avevamo erroneamente ripreso – ci accompagna sul bus giusto e spiega all’autista dove dobbiamo scendere .  Dobbiamo dire che la cortesia e la gentilezza dei gallesi sono sempre straordinarie.

Decidiamo di saltare la stretta penisola di Aberdaron e di dirigerci a Caernarvon (Caernarfon) , dove visiteremo l’omonimo castello, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.   L’arrivo è spettacolare, in quanto troviamo percheggio proprio di fronte all’ingresso del castello  :  imponente, si fa ammirare da ogni lato del paese, molto particolare ; il nucleo storico è racchiuso in una cerchia di mura medioevali intatta.   Passeggiamo per le strade oramai quasi deserte recuperando tra i vicoli due bei bicchieri abbandonati. I negozi hanno già chiuso, ma avvistiamo alcune tappe del giro di domani mattina.   Il nome del paese significa “Castello nella regione di fronte ad Anglesey”, che effettivamente vediamo stagliarsi di fronte al nostro parcheggio fortunato proprio di fronte al castello.   La cittadina sorge su un antica fortezza romana, chiamata Segontium, e su un successivo forte normanno.  Qui risiede la maggior comunità  del Wales che parla in gallese , ed effettivamente anche i bambini che incontriamo parlano il gallese ( o meglio il cofi, un dialetto locale che è una miscela di inglese e gallese)  ; la città è il punto di raduno per la causa del nazionalismo gallese (l’equivalente di Pontida per la Lega) . Nel 1911 un deputato di questa contea ebbe l’idea di tenere l’investitura del nuovo Principe di Galles proprio nel Castello di Caernarfon, credendo che ciò avrebbe aiutato a calmare il fronte nazionalista, incitando un sentimento patriottico monarchico e britannico. E qui infatti furono investiti il futuro re Edoardo VIII,  e nel 1969 il presente re Carlo III, con una cerimonia in cui parlò in lingua gallese .

Il castello è il monumento di maggior interesse della città : venne fatto costruire da Edoardo I dal 1283 al 1323, dopo aver conquistato la regione del Galles, che aveva precedentemente cercato di acquistare dal suo principe Llywelyn ap Gruffyd per la somma di mille sterline  : il principe rifiutò, per cui venne catturato con l’inganno e giustiziato, così come il fratello che cercò di continuare la lotta per difendere la propria indipendenza.  Edoardo fece costruire una serie di castelli che circondavano la zona di maggior resistenza, per controllare militarmente il territorio : Caernarfon, Convoy, Beaumaris, Harlech.   L’ architetto che progettò il castello e le mura della città , James of St. George, si ispirò alle mura di Costantinopoli, essendo stato Edoardo un crociato : costò 25.000 sterline, corrispondenti ad un anno di entrate della tesoreria reale, una somma enorme a quell’epoca.  Mentre l’esterno è tuttora intatto, gli interni non sono mai stati completati.   La gloria del castello è simboleggiata dalla Eagle Tower, la Torre dell’Aquila, un maestoso torrione  con quattro vicine torrette, sormontate da corone : mai nome fu più azzeccato, infatti io sono rimasta 5 minuti a cercare di fotografare “il rapace … un grande falco, forse un’aquila” che ho avvistato in cima alla torre, per scoprire che si trattava di una corona .   Ed è proprio in questa splendida torre che i più illustri ospiti hanno riposato.   Edoardo I e la moglie Eleanor I vennero a Caernarfon per la prima volta nel 1283 ; dormirono in un appartamento di legno che ora si trova nel cuore del castello ; quando tornarono la primavera successiva abitarono già alcuni locali della torre, non ancora terminata, e la regina partorì proprio qui – non casualmente-  il figlio Edoardo (che sarebbe diventato re Edoardo II) nell’aprile del 1284 ;  nel 1301 fu presentato alla nobiltà gallese come il principe “nato in Galles che non avrebbe mai parlato una parola di inglese” : la verità era che Edoardo fu il primo Principe del Galles di origine inglese e tutti i terreni ed il denaro della corona gallese erano ora di sua proprietà .  Da allora, per ottocento anni, il titolo di Principe del Galles è stato assegnato al figlio maggiore del monarca britannico.  Le vicissitudini della regina non finirono qui : per 15 mesi – durante i quali diede alla luce il secondo figlio che morì a soli 8 mesi – fu incarcerata nel castello, a seguito della sconfitta del re aggredito dai rivoltosi guidati da Enrico III , che per alcuni mesi conquistò il potere ; in seguito nel 1272 partecipò alle Crociate in oriente insieme al marito per due anni.

Anche sul piano militare rappresentava una fortezza difensiva di grande importanza : nel 1404 respinse l’esercito di Owain Glyndwr con una guarnigione di soli 28 uomini ; nel 1646 invece resistette a tre assedi durante la guerra civile prima di arrendersi a Cromwell .

Il castello richiamava anche il mito gallese di Macsen Wledig che sognò una grande fortezza –  “la più incantevole che il mondo avesse mai visto”  – alla foce di un fiume.  Così Caernarfon è il castello dei sogni,  una leggenda diventata realtà : dopo oltre 700 anni è ancora un simbolo dell’immaginario come nessun altro castello gallese. 

Il castello ospita oggi anche il Museo del Corpo dei Fucilieri Reali Gallesi, e ne percorre la storia di oltre 300 anni di servizio in tempo di pace e di guerra, in Gran Bretagna e nel mondo.

Siamo pronti per la visita di domani mattina.  Buonanotte.

Lunedì 12  giugno 2023 .  Risveglio tranquillo, come al solito oramai. Siamo tra i primi visitatori del castello : costo del biglietto aggressivo (12.50 a persona, però il libricino descrittivo è “in omaggio” ) .

La salita al primo piano è comodissima con uno splendido ascensore : poi iniziano i guai . Il castello è un insieme di torrioni, il più alto la Eagle Tower che contiene anche l’appartamento del re, e la visita consiste nello scalare le vertiginose e strettissime scalette a chiocciola in pietra che si arrampicano in ogni dove, con passaggi bloccati probabilmente a scopo difensivo, ed obbligo di salita e discesa multipla …. Dopo le prime due torri un incubo: saliamo e scendiamo scalette interrotte da camminatoi, balconi, anguste stanze . Alla quarta torre, ognuna delle quali circondata da quattro torrette svettanti …. ci arrendiamo.   Non ce la facciamo fisicamente più : non è una visita, è una scalata molto faticosa.  La struttura del castello è bellissima ed ancor di più il panorama che si conquista quando si arriva in cima. 

Passeggiamo per il paese, e non resistiamo al menù del pub Black Boy : due zuppe del giorno (carota) e una zuppa di pesce da dividere. Tutto ottimo, anche se un po’ costoso.

IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK : giugno 2023 . Capitolo 3.

Capitolo 3 : Burry Port, Laugharne, Tenby, Penbroke, Skomer Island.

Domenica 4 giugno 2023 . Dopo una notte di sonno tranquillo, partiamo per una breve escursione nella profonda baia di Burry Port, dove camminiamo sulla sabbia bagnata scoperta dalla lunghissima bassa marea : troviamo alcune bellissime rocce vulcaniche nere e lucenti , che sembrano essersi appena raffreddate a seguito di una eruzione. Alcune hanno inclusioni verde smeraldo (malachite forse), altre presentano striature ondulate come se fossero appena state mescolate.   Questo è il paradiso dei cani, che affollano la spiaggia, corrono e abbaiano felici,  si tuffano nelle basse pozze di acqua lasciate dal mare proprio per loro, giocano e si salutano, probabilmente come ogni mattina.   Arriviamo al canale del porto, che dal 1836 ha consentito un intenso trasporto di antracite e carbone (fino a 20 tonnellate al giorno) che venivano trasportati dalle operaie a dorso di asino,  caricati ed esportati su grandi vascelli, mentre veniva importato il rame e l’argento su grandi barconi (talvolta rimasti ancora arenati nelle spiagge). Venne chiuso nel 1946, a seguito del critico periodo bellico.

Ritorniamo al nostro camper attraversando il grande parco di dune sabbiose che corre accanto la spiaggia ; avvistiamo colonie di lumachine che si arrampicano a decine sui fili d’erba e paletti per riscaldarsi ai raggi del sole.

Ci dirigiamo a Laugharne ( Talacharn o Lacharn ) , cittadina definita da Dylan Thomas come “la città più strana del Galles” : qui il poeta ha vissuto buona parte dei suoi ultimi cinque anni di vita, dal 1949 al 1953, ed è qui che scrisse Non andartene docile in quella buona notte, per suo padre che stava morendo .   Aveva riadattato la serra/ripostiglio a proprio studio, che però non si può visitare, forse per le ridottissime dimensioni.

Dylan Thomas nasce nel 1914 a Swansea, con la quale ha un rapporto di amore/odio : la definisce incantevole e allo stesso tempo deestabile ; frequenta i pub di Meumbles, dove l’esclusivo turismo balneare movimenta le serate.   A Laugharne – dove ha vissuto alcuni anni felici con la moglie Caitlin – lascia il segno più profondo della sua presenza : qui scrive molte delle sue opere nel piccolissimo studiolo affacciato alla magnifica baia. Proseguendo lungo il piccolo sentiero si raggiunge poi la sua casa, prima dimora di due pescatori , chiamata non a caso Boathouse : la piccola abitazione è infatti quasi sospesa sulla costa e protesa verso l’ampia e lunghissima baia dove si rincorrono le maree ( tanto lunga da sembrare infinita in entrambe le direzioni, sia verso terra che verso il mare aperto).  E guardando questo panorama grandioso, continuamente mutevole nella luce delle stagioni e del clima, struggente nell’andare e tornare instancabile delle maree,  non si può non sentire una risonanza con “l’universo selvaggio e colmo di meraviglie”.  Ai piedi del fico in giardino c’è un tappeto di conchiglie lasciato dal mare (e non posso non  raccoglierne due, che conserverò come un ricordo prezioso, più di un ricordo, una nostalgia, una vicinanza).   Dylan Thomas ha anticipato la Beat Generation, ha avuto una vita travagliata segnata dall’alcolismo, e muore nel 1953 a soli 39 anni per una polmonite complicata da un edema cerebrale, mentre si trova a New York.   La moglie lo raggiunge in precario equilibrio mentale e in preda all’alcol, e viene internata in manicomio per un lungo periodo. Thomas viene sepolto nel piccolo cimitero di Laugharne, sempre affacciato alla baia: e qui la tomba di uno dei più grandi artisti britannici del novecento giace tra le tante , in quasi completo anonimato (se non fosse per una croce bianca). 

Una curiosità sulla fama dello scrittore, il “poeta maledetto” :   sembra che sia Bob Dylan (Robert Allen Zimmermann) , sia gli autori di Dylan Dog ( Tiziano Sclavi) abbiano tratto ispirazione per il nome – d’arte e del personaggio – proprio da Dylan Thomas.  Innumerevoli sono le citazioni cinematografiche di sue frasi.

Oramai si è fatto mezzogiorno e quindi decidiamo di pranzare a Laugharne : purtroppo il locale che avevamo selezionato (Castle view fish bar : ottimo pesce a prezzi economici) è chiuso per ferie, e quindi ripieghiamo su The owl and the pussycat, ispirati dai piatti che vediamo servire ai tavoli nel giardino.   Il locale è molto molto grazioso : i pochi tavoli disponibili sono già occupati per cui ci sistemiamo nell’angolino adiacente alla vetrina affollata di molti animali che ci osservano.  Pranzo semplice, con ingredienti freschissimi e saporiti, molto molto gustoso : Gabriele un toast con uova strapazzate e salmone affumicato, io jacked potatoes con gamberi in salsa freschissima.  Poi ci dividiamo uno scone con burro e marmellata. 

Rimpinzati dal buon pranzo, facciamo una bella passeggiata per il piccolo paese : le rovine del grande castello, le case colorate affacciate sulla via centrale.   Alla fine riprendiamo la strada per dirigerci a Tenby : attraversiamo colline che si susseguono dolcemente e increspano il territorio come onde del mare . Ci circonda tutto il verde del creato : siepi e file di alberi o biancospini circondano i campi ordinati, talvolta abitati da greggi, da mucche di ogni colore, da cavalli .  Le strade diventano strettissime, a tratti one-way con passing place.   Arriviamo a Tenby (Dynbych y Pysgot ) , antica città fortificata : il nucleo storico più antico è circondato da mura e bastioni risalenti al XIII secolo ; il porto è circondato da una lunga fila di casette colorate ed è ranicchiato ai piedi di un promontorio roccioso.   Vediamo una delle due grandi spiagge già affollate , e passeggiamo per il centro, un po’ rovinato dal turismo di massa.  Per fortuna il primo campeggio dove ci dirigiamo è completo ; ci dirigiamo quindi al Meadow Farm Campsite, attraverso una strettissima via di accesso . A parte questo detaglio, il luogo è incantevole : ammiriamo Tenby dall’alto e veniamo accolti calorosamente e gentilmente, per una cifra che ci sembra adeguata (35 sterline) pensando al costo dei semplici parcheggi (nella sosta di questa mattina abbiamo visto che nel parcheggio di  Laugharne il costo della sosta notturna era di 30 sterline, che ci era sembrato francamente eccessivo, anche in relazione all’avviso di possibili allagamenti dell’area con l’alta marea).   Operazioni varie di sistemazione del camper, preparazione delle scorte alimentari della Nina, docce ristoratrici (alla fine abbiamo fatto oltre 12 km, pochi in piano) e cena (due belle bistecche con insalata belga rossa – che non avevamo mai visto prima – molto saporita) .

Anche per oggi : buonanotte . La Nina sta già russando da un pezzo.

Lunedì 5 giugno 2023 .  Risveglio molto tranquillo, colazione , operazioni di carico/scarico e partenza. Con l’ottimismo galoppante: Telby ci saluta con i suoi colori allegri illuminati dal sole… ed ecco all’improvviso la tragedia.  In un rallentamento determinato dal passaggio di un altro mezzo in senso contrario, Gabriele deve stringere molto verso il marciapiede : un anziano signore, probabilmente spaventato dall’incombere del nostro specchietto retrovisore, gli si avventa contro come fosse in battaglia, colpendolo con due mani e mettendosi a gridare.   La moglie – meno rumorosa e più saggia – si è semplicemente spostata sul lato interno del marciapiede senza alcun problema. Le grida del signore attirano l’attenzione di tutti i pedoni che ci fermano dicendo : “you hit a man”. Scendo trafelata correndo a ritroso nella strada alla ricerca del signore – che non trovo – perché si era già avventato su Gabriele gridando. Gabriele ha capito solo una fila di “fuck” e “stop”, in ordine sparso . Quando sono risalita in camper tutta la scena si era esaurita e il signore nuovamente sparito, lasciandoci una certa inquietudine.

Ripartiamo molto cautamente, diretti al Carew Castle (Croeso Castle) : troviamo le rovine del castello, la più antica croce celtica (Croes geltaidd) del paese risalente al 1035, il Tidal mill (Melin hell)  l’unico mulino alimentato da energia mareomotrice (prodotta dai flussi delle maree).  Acquistiamo una decina di kg. di farina di vario genere prodotta con metodi antichi.   La visita alle rovine del castello è romantica, a parte le scale a chiocciola vertiginose e scivolose e i passaggi bassi delle porte (su cui Gabriele incoccia).   Durante la nostra passeggiata notiamo che qui in Pembrokeshire ogni persona ha almeno un cane, se non due-tre-quattro-cinque : tutti passeggiano almeno con un “good boy” o una “good girl”, che rappresentano i soggetti di socializzazione più frequenti (ci chiedono sempre – incuriositi – quale sia la  razza della Nina : mixed è la risposta) .  

Pranziamo in camper (troviamo le ultime due scatolette simmenthal che sono davvero pratiche quando serve un pranzo veloce e fresco, con una bella insalatina di pomodori) e ci dirigiamo a Pembroke (Pemfro) , dove è nato Enrico VIII.   Bella cittadina costruita attorno ad un lago artificiale che si allunga ai piedi dell’enorme castello pieno di soffitti ed arredi (che non ci sognamo neppure di visitare) e lo circonda : è impressionante la quiete ristoratrice che regna nel Mill Pond (a parte le strida dei gabbiani e le corse dei cigni), in contrasto con la confusione generale che regna nella strada principale.   Il negozio di antiquariato/rigattiere ospitato in una chiesa sconsacrata (The Chapel) purtroppo è chiuso per lavori di ristrutturazione.   Riusciamo a prenotare per domani la gita in barcone attorno all’isola di Skomer, dove nidificano i puffin ; non troviamo posto nelle escursioni con sbarco, già piene per tutta la settimana.   Approfittiamo quindi di questa occasione che potrebbe essere l’unica per vedere questi socievoli e simpatici uccellini, che da maggio a luglio si riproducono e rimangono su alcune isole, per poi migrare più lontano : infatti sull’isola di Ramsey l’intera colonia sembra essere stata sterminata dai ratti ; inoltre tra pochi giorni arriverà brutto tempo e le gite in barca potrebbero essere più complicate.  Per cui decidiamo di dirigerci alla zona di imbarco, Martins Haven, a 40 km. circa.  Percorriamo la più stretta one-way mai fatta nella nostra vita : strisciamo da entrambi i lati sull’alto ciglio erboso e non esistono regolari  passing place, ma solo occasionali slarghi della carreggiata.   Più procediamo, più dubitiamo che su un tale percorso possano arrivare troppe persone (le partenze per Skomer e i tipi di escursione sono molteplici) . Riusciamo ad arrivare al campeggio vicinissimo all’imbarco (West hook farm camping) dove ci viene assegnata una piazzola grande come un campo da calcio (costo 23 sterline) , affacciata maestosamente alla St. Brides Bay : ci sentiamo in paradiso e ammiriamo il tramonto del sole comodamente seduti sulle nostre poltroncine (con doppia giacca e cuffia), avvistando stormi di uccelli che si tuffano in mare , proprio sotto l’orizzonte. 

Cena con polenta e ragù.    Bene : anche per oggi buonanotte.

Martedì 6 giugno 2023 . Risveglio molto rilassato, non fosse per il frigorifero che non funziona…. poi dopo intervento di Gabriele funziona … poi dopo 15 minuti senza un perché  non funziona …. poi dopo un nuovo piccolo incoraggiamento ed ancora senza un perché funziona. La faccenda è snervante, perché non abbiamo mai la certezza che non sia la volta in cui il display decide di non farcela più : ogni tanto Gabriele – pensando al frigorifero – si ammutolisce, con espressione ansiosa A colazione quindi scriviamo al nostro amico Dave di Luton , esperto di fridge, ordinando il display per quando torneremo a Londra.   Poi senza troppi rimuginamenti decidiamo di fermarci in questo campeggio per un altro giorno : siamo comodi, è favoloso, chi ce lo fa fare di andare a cercare altro, possiamo anche riposare un pò.  Andiamo alla reception dove paghiamo il secondo giorno e la signora ci dice che dobbiamo spostare il camper dalla piazzola 11 alla 10, per precedente prenotazione.  La situazione è esilarante : campeggio considerato pieno, ma completamente vuoto .   Ci spostiamo dei dieci metri di larghezza della piazzola, verso il mare, per fare spazio ad un piccolo van che parcheggia al nostro posto.  La Jessica mi dice che non sono capace di stare senza fare nulla , per cui mi metto a riparate i coprisedili del camper (che devo aggiustare sin dalla partenza).  Pranziamo velocemente  (tonno fagioli cipolline) per poi dirigerci a piedi all’area imbarco : abbiamo scoperto che il Martins Haven National Trust (Ente di tutela e gestione dell’area) si trova a 500 m. dal nostro campeggio.   Siamo prontissimi per la barca verso l’isola di Skomer (Cwch Ynys Sgomer ) dove speriamo di  avvistare almeno qualche puffin: tre giacche, braccialetti antinausea, creme e burrocacao, cuffia.   Ottimismo allo stato puro corroborato dalle procedure di salvataggio con dimostrazione sull’utilizzo del giubbotto galleggiante in caso di affondamento .    Il mare è calmo anche se appena partiamo ci è subito chiaro che a volte l’apparenza  inganna : è un mare che va preso nel modo giusto, e comunque fa sentire la sua voce potente facendoci ballare un pò.  Ci avviciniamo a Skomer e – per annullare radicalmente il dubbio sulla possibilità di avvistare i puffin –  iniziamo a vedere centinaia di uccelli sfreccianti in ogni direzione : sembra di essere in un film 3-D nell’impero dell’impossibile ed oltre.  E’ impossibile solo fare fotografie : non fai in tempo ad inquadrare e a mettere a fuoco che il soggetto è già volato via, o si è tuffato alla ricerca di pesciolini, o sta sfrecciando come un razzo sull’acqua. I puffins  sono davvero simpaticissimi e molto molto allegri : uno svolazzare continuo in ogni direzione come frecce lanciate all’orizzonte, piccoli razzi atomici ed un tuffarsi con improvvise capriole rotonde.  Mescolati ai puffin ci sono anche i razorbill (e mai nome fu più evocativo) ; centinaia, migliaia, e ne spuntano sempre nuovi  gruppi da ogni dove.   Sulla scogliera e sulla terraferma sono tutti statici, immobili  e goffi : in acqua ed in aria mettono il turbo. Avvistiamo anche un gruppo nutrito di foche grige, che ci osservano perplesse tranquillamente stese al sole, tra le alghe luccicanti, su un piccolo scoglio : passano rapidamente dalla lieve contrarietà alla completa indifferenza rispetto alla nostra presenza (come dargli torto ?) . 

Insomma in questo pirotecnico scenario di volo unito ad un persistente ondeggiamento , ho fatto quasi 300 foto, ma ne sono venute (male) solo una trentina : molte riprendono rettangolini di mare vuoto e/o sfocato/mosso, in cui un puffin o un razorbill si sono appena tuffati.  Cippirimerlo : acchiappami se ci riesci!!!!

Scopriamo alcune informazioni interessanti : c’è un vero e proprio allarme sul destino dei puffin. Alcune colonie (quella numerosissima dell’isola di Ramsey ad esempio) sono state decimate/azzerate dai predatori (soprattutto ratti, ma anche topi, faine, donnole, gabbiani) . Sulla terraferma infatti i puffin  sono molto confidenti, giocherelloni ed amichevoli (troppo forse, ma è la loro natura) , socievoli : usano la sola precauzione ( a volte) di scavare il nido al fondo di gallerie sotterranee lunghe anche 2 metri.  Nonostante ciò hanno una vita media che arriva a  20 anni (ed i ricercatori hanno conosciuto puffin che hanno vissuto oltre 40 anni) ; mano a mano che crescono aumentano le strisce colorate sul becco (come gli anelli del tronco degli alberi).  Arrivano sulle isole britanniche in marzo per la stagione degli amori : la colonia di Skomer conta oltre 10.000 esemplari. Le coppie hanno vita duratura e stabile. Mentre nella stagione invernale sono monocromi (tutti neri) nella stagione degli amori cambiano il colore del becco, del petto, delle zampe e dei piedi, che acquistano colori vivaci (rosso, arancione, con strisce nere e bianche) ; poi si preparano i nidi con bastoncini foderati di foglie e piume.  Il periodo di cova – di un unico uovo –  è gestito sia dal maschio che dalla femmina, che si alternano amorevolmente per concedersi frequenti sessioni di nuoto, bagno, caccia, tuffi, socializzazione tra puffin.  Dopo 5 o 6 settimane nasce il pulcino, che rimane protetto nella tana sino ad una notte in cui uscirà dal nido accompagnato dai genitori.  Il cambiamento climatico – che ha alterato i cicli riproduttivi di molti pesci – ha determinato una carenza alimentare per i puffin che in alcune situazioni non sono riusciti a riprodursi ; inoltre ha drammaticamente disturbato le già difficili migrazioni .  I genitori dei nuovi pulcini sono costantemente impegnati nell’attività di pesca : si riconoscono perché tornano al nido con il becco colmo di pesciolini.  E questa immagine è diventata una delle fotografie classiche  dei puffin … che conoscono anche i pigri gabbiani, che li aggrediscono e bullizzano per derubare le numerose sardine che riescono a portare nel becco.  Alla fine di luglio i puffin hanno completato il loro ciclo riproduttivo e ritornano nei territori atlantici o nordici di provenienza , ripetendo ogni anno lo stesso percorso migratorio.   Sono alti circa 30 cm per 400-600 gr di peso ; sono agilissimi e possono volare e nuotare a 80 km orari , sbattendo le piccole ali 800 volte al minuto .

Skomer ospita anche 130.000 berte maggiori (manx shearwarter) , 20.000 urie (guillemot) , 5000  gazze marine (razorbill), oltre a migliaia di conigli : il terreno dell’isola è scavato da una fitta rete di cunicoli e tane e nidi.   I razorbill si lanciano dalle scogliere per il primo volo a tre settimane di vita, insieme al loro padre.

Inoltre l’isola di Skomer ha diversi vestiti floreali che la ricoprono di diversi colori in varie aree e stagioni : l’indaco delle bluebells in aprile, il verde delle felci , il rosa del red campion , il giallo del ginestrone, l’avorio rosato del caprifoglio, il bianco delle margherite, il fucsia della digitale che svetta bellissima ed energica…  

L’isola, molto visitata nei mesi estivi, durante l’autunno e l’inverno è solitaria e spesso completamente isolata per ondosità del mare.    Insomma : ci sembra davvero un paradiso … non so se è per questo richiamo che stentiamo ad allontanarci. 

Terminata la gita in barca, breve ( 1 ora) ma ricca di emozioni  , ci incamminiamo per raggiungere alcuni punti panoramici : il Wooltack Point ( piccola stazione del NCI – National Coastwatch  Institution , situata tra la St. Brides Bay e il Milford Haven, che collabora al monitoraggio per la sicurezza della navigazione costiera), e il Coastal Path (dove troviamo frequenti indicazioni sulla pericolosità delle scogliere : CLIFF CAN KILL, DON’T LEAVE THE PATH  ) .  Il Wales Coast Path (Llwybr Arfordir Cymru ) è IL sentiero costiero che percorre senza interruzioni TUTTA LA COSTA  del Galles  per un totale di 870 miglia (oltre 1400 Km) e rappresenta una sfida per ogni camminatore degno di questo nome .  In questo viaggio diventerà quasi un amico : in qualsiasi punto della costa noi arriviamo, troviamo ad attenderci il sentiero costiero, che offre splendidi percorsi nelle due direzioni.

E anche oggi maciniamo i nostri 8 km. sperando di non aver involontariamente rimorchiato un esercito di zecche camminando tra erba alta fino alla cintura che invade l’angusto sentiero .

Doccia e cena (avanzi) ammirando un altro tramonto di un rosa ed azzurro delicati e  lucenti.   E buonanotte.

IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK : giugno 2023 . Capitolo 2.

Parte 2. Cardiff . Gower Peninsula (Mumble’s Head and Natural Reserve).

Sulla M4 percorriamo il lunghissimo Prince of Wales Bridge ( in gallese Pont Tywysog Cymru, 5.128 m.) che unisce Inghilterra e Galles : il nuovo ponte sospeso dal 1996 attraversa l’estuario del fiume Severn  ad un’altezza di 137 m. è lungo oltre 5 Km. . La posizione del ponte è vicina a quella del tunnel che unisce le due regioni passando sotto al fiume ed ospita la linea ferroviaria . Costato 330 milioni di sterline , dal 2018 – quando è scaduta la concessione governativa trentennale al consorzio che ha costruito il ponte – il passaggio è gratuito  (il volume del traffico ha garantito un incasso di circa 1 milione di sterline all’anno) .

Siamo entrati nella regione del Wales, su cui regnava il Principe Carlo, ora sovrano del Regno Unito: la bandiera raffigura il dragone rosso, The Red Dragon .  La prima cosa che salta all’occhio è la lingua gallese : tutti i cartelli stradali riportano la doppia indicazione, inglese e gallese.   Devo dire che per noi neofiti è leggermente confondente : assomiglia ad una accozzaglia impronunciabile (ma anche illeggibile) di consonanti e non ha nulla a che vedere con l’inglese.  E’ una lingua di origine celtica, non un dialetto o un vernacolo, e si differenzia radicalmente dall’inglese, nella sintassi, nella grammatica e nella pronuncia.   Non possiede alcune consonanti ( j, k, q, v, x, z ) ; si pronunciano tutte le lettere, alcune con grande difficoltà vista la sequenza, ed alcune con suoni differenti (mutazioni) a seconda del contesto in cui sono inserite.  L’inglese venne imposto come lingua ufficiale nel lontano 1536 ; nonostante l’ invadenza del suo vicino, il gallese ha saputo resistere con alterne vicende sino al 1993 quando viene ufficialmente sancita la parità delle due lingue nel settore pubblico e nella vita quotidiana : quindi  imballaggi, pubblicità, atti amministrativi e giudiziari devono obbligatoriamente essere redatti in  entrambe le lingue. Questo rende orgogliosi i gallesi, meno entusiasti i turisti che si trovano spesso immersi in fiumi di consonanti dissonanti.

Il Galles europeo diventa Wales in Inghilterra, e Cymrù in gallese : il contrario significato della parola (‘straniero’ in inglese , ‘compatriota’ in gallese ) rende l’idea delle differenze di vedute tra i popoli delle due regioni.  E forse ci aiuta anche a comprendere un po’ l’ atteggiamento che troveremo nelle persone che incontreremo nel nostro viaggio, molto differente dalla fredda e distaccata cortesia britannica  : disponibile, gentile ed accogliente , talvolta persino caloroso.

Attraverso un breve passaggio nella vallata del fiume Wye, che inizia a darci un assaggio delle strette strade della regione, approdiamo alla Tintern Abbey , suggestivi ruderi gotici dell’enorme complesso della abbazia cistercense fondata nel 1131. Fino al XIV secolo ha goduto di una certa potenza e ricchezza , ma venne abbandonata nel 1536 per la confisca dei beni della chiesa da parte di Enrico VIII.  La ammiriamo nella luce ancora piena del pomeriggio, appena prima della chiusura .  

Rinunciamo alla sosta notturna in questo luogo perfetto perché è ancora molto presto : decidiamo di raggiungere la nostra prossima meta : Cardiff (Caerdydd) , capitale della regione .

Troviamo agilmente un parcheggio silenzioso e comodissimo, a pochi minuti dal centro storico, in Cathedral Road all’interno del bellissimo Bute Park ( 17,50 sterline per 24 ore) . Cena (avanzi misti : zucchine ripiene, fori di zucca alla ricotta, avanzi delle polpette di zucchine)  e buonanotte .  Dolori diffusi dal collo in giù : oggi 9 km.

Venerdì 2 giugno 2023 . Risveglio tranquillo e riposato …. disturbato da un frenetico ticchettio che ci avvisa che il frigorifero non funziona : oramai espertoni nella ricerca dei centri di assistenza dometic, verifichiamo che ne esiste uno a nord-ovest di Cardiff proprio nella direzione del nostro viaggio.  L’intervento di Gabriele risolve apparentemente il problema, ma scriviamo ugualmente  una mail al servizio per chiedere se hanno il pezzo di ricambio che ci servirebbe, sperando in una risposta prima di sera.   Dopo colazione partiamo alla scoperta della città. Attraversiamo il bellissimo parco diretti al National Museum of Wales , (Amgueddfa Cymrù ) che in realtà è un museo naturalistico e galleria d’arte.  Attraversiamo il quartiere universitario e politico-amministrativo della città, molto tranquillo e rilassante : i palazzi giudiziari, la City Hall (Neuad Dinas Caerdydd ) . Qui veniamo cortesemente invitati ad entrare per ammirarne i bellissimi interni  da operatori gentilissimi e sorridenti : tappeti rossi tutti per noi.   Veniamo poi invitati ed incoraggiati a visitare la galleria d’arte ad ingresso gratuito. Gabriele come al solito nella sua dissociazione linguistico-semantica, non capisce la lingua  ma capisce il significato, al contrario di me (che evidentemente capisco le parole ma non il significato e mi dirigo entusiasticamente verso gli uffici privati della City Hall, nel benevolo sguardo sorridente e materno della operatrice, solo lievemente divertito ed interrogativo, e più austero di Re Carlo che mi osserva da un grande ritratto alla parete). 

).  Il museo è bellissimo e testimonia nuovamente l’estro e la personalità gallesi : il primo piano contiene una magnifica ricostruzione della storia della terra che spiega in modo dettagliato l’origine e la formazione della terra, delle rocce, l’evoluzione della vita, inserendo i  reperti (rocce, meteoriti) e filmati (ricostruzioni impressionanti e video interattivi, riprese sulla conformazione dei diversi ambienti e  territori, ricostruzione dei fenomeni e catastrofi naturali, vulcani, alluvioni, glaciazioni) nel giusto momento della storia.  Ogni elemento, roccia, evento, animale – compresi i suoni dei fenomeni naturali ed i versi degli animali-  compare esattamente nel luogo e momento giusto di ogni ricostruzione, e rendono completa ed immersiva la comprensione della loro storia (e della nostra).       Il secondo piano del museo comprende invece diverse raccolte di arte : ceramiche, arte antica , impressionismo ed arte moderna . Le raccolte sono organizzate , non solo per cronologia, per contenuto : come viene raffigurata la vita quotidiana, o la maternità, o le figure religiose,  dall’arte di diversi periodi ? Come si è sviluppato il linguaggio artistico e a che cosa serve l’arte ?  Per cui troveremo dipinti di Botticelli e Canaletto a fianco di quadri di Matisse, Picasso o Modigliani.  Il soggetto sovrasta il tempo: e per due vecchietti come noi questo punto di vista è favoloso . Difficile restare delusi.   Esausti, pranziamo nel ristorante del museo, nonostante la scarsa fantasia del cuoco : io patata al forno condita con fagioli stufati (jacket potato) ; Gabriele sausage roll con patatine e fagioli stufati. Tap water a volontà.

All’uscita dal museo non resisto alla tentazione di “salvare” il volantino della mostra fotografica sugli orizzonti (che mi è sembrata geniale) da un espositore rotto nel bagno delle signore : non vorrei proprio cadesse a terra e si rovinasse .    Ci dirigiamo in centro e ci capita di raccogliere due ciotole e due cucchiai abbandonati su un muretto , perché non riusciamo a vedere nessun ristorante o locale nelle vicinanze : anche per loro ci dispiacerebbe venissero buttati.   Questi eventi fanno sì che l’immediato arrivo di un’auto della Polizia (Heddlu) a sirene spiegate ci intimorisca un po’ : gli agenti  ci fissano con disappointment , infastiditi solo dal balletto che parte : la Carla inizia ad avanzare ed indietreggiare  “passo, no non passo”, ed i poliziotti indecisi   “parto, no freno” .  Come al solito è Gabriele a risolvere la questione. Dopo una veloce visita al mercato coperto, dove compriamo ciliegie e pomodori per la cena e qualche scones per la colazione di domani, passeggiamo per la città vecchia : il Castello (circondato da uno splendido muro sormontato e sorvegliato da una moltitudine di animali della giungla) , la Cattedrale cattolica, il Millennium Stadium e rientriamo in camper oramai stanchi (anche oggi 9 km.)  Riceviamo alcune mail dal centro di assistenza dometic che ci informa che : non hanno il pezzo che ci serve (pannello di controllo e display) , serviranno alcune settimane perché arrivi, non hanno neppure tempo per un appuntamento perché per alcuni giorni le loro agende sono piene.  

Per fortuna quando arriviamo in camper vediamo che il nostro frigorifero funziona ancora : decidiamo quindi di dirigerci alla nostra prossima tappa : la Gower Peninsula (Gwyr) , dopo Swansea cittadina universitaria, dove ci fermiamo solamente per fare un po’ di spesa. Approdiamo a The Mumbles (Mwbwls) , in un magnifico parcheggio affacciato al mare d’Irlanda , con isoletta e faro bianco. Costo per le 24 ore : 17.50 sterline.   La cittadina è famosa per la bellezza della passeggiata sul mare e per la presenza di numerosissimi pub, che nel fine settimana attirano folle di studenti della vicina università : nel periodo scolastico vige la tradizione di percorrere il Mumbles Mile – miglio che concentra 15 pub – ed uscirne vivi ed in piedi (dopo almeno 15 pinte di birra).    L’atmosfera è idilliaca, ma improvvisamente e senza preavviso si guasta  alle ore 22, quando si scatenano incomprensibili corse di ragazzotti in auto roboanti tra strada e parcheggio, come se fossimo a Le Mans .   Impensabile scendere dal camper per protestare : ti stirerebbero immediatamente e dovrebbero riconoscerti con l’esame del DNA.  Mi viene un nervoso potente : peccato non abbia portato un fucile a pallettoni e possa lanciare solo pastina in brodo o tagliolini al prosciutto… come dare perle ai porci (ed è un’offesa per i porci).  Insomma : dal mio punto di vista tutto ciò che serve per rovinare un posto idilliaco.    La cena è comunque ristoratrice ed i sapori di casa ci rincuorano un po’  : salsiccia bolognese, insalata di pomodori ed avocado, ciliegie.

E Il riflesso della luna sul mare argento brillante.    Anche per oggi : buonanotte.

Sabato 3 giugno 2023 .   Buonanotte …. dopo le due : fino ad allora rombi potenti e ondeggiamenti del camper ad ogni passaggio in velocità.   Verso l’ una pensavo che ci fosse il terremoto.

Dopo siamo crollati ( a dire il vero la Nina è crollata alle 9 ; Gabriele a mezzanotte) ed abbiamo dormito tranquilli fino a mattina.   Oggi sole pieno e cielo azzurro e limpido , perfetto per il programma di fare passeggiate verso il paese e sul coastal path.

Iniziamo dal Mumbles Pier, in disuso : la parte iniziale accoglie alcuni locali che adorano i cani (ciotole con acqua ovunque, gelato per cani) ;  il balcone è addobbato dai lavori di un gruppo di maglia creativa, attivo sin dal 1980 con pannelli celebrativi degli eventi rilevanti.  Passeggiamo sul lungomare e diamo un’offerta ai volontati del Lifeguard (i guardacoste soccorritori) ; ritorniamo attraverso la spiaggiona e il larghissimo bagnasciuga, scoperto e ricamato dalla bassa marea e dai riflessi del sole.  Foto panoramiche dalla cima del  Mumbles Head all’isolotto del  faro ( Mumbles Lighthouse ) e rientro in camper : teoricamente per preparare il picnic, praticamente per tutto il pranzo (risottino Knorr funghi e zafferano, salsiccetta e prugne) . Decidiamo infatti di rimanere perché il frigorifero non funziona , e continua a saltare per tre tentativi di riparazione casalinga; poi sembra reggere e funziona.   Non c’è nessun centro di assistenza vicino in cui tentare di prenotare un controllo o la sostituzione del pezzo.  Come ci ha consigliato il nostro amico Dave : finger crossed!   Dopo due orette ci rimettiamo in marcia e prendiamo il sentiero costiero che – regalandoci  panorami splendidi –  dalla nostra Bracelet Bay ci porterà ad attraversare una serie di baie incantevoli  : Limeslade Bay, Langland Bay , Coswell Bay.    Quasi 5 Km. di spettacolo continuo, che ci fa dimenticare la fatica delle continue salite e discese  : scogliere, uccelli, felci, piante, fiori, sole, aria, profumo. 

Nei paesi che avvistiamo dietro alle spiagge la stratificazione delle classi sociali diventa tangibile : sotto i poveri stipati in piccolissimi  bungalow di legno assiepati in lunghe file parallele ; sopra i ricchi con ville dalle grandi vetrate panoramiche e castelli .   Il mare è affollatissimo : più avanza il pomeriggio, più le spiagge assomigliano a Rimini o Riccione (con gli scogli) ; sulla scogliera tutte le declinazioni possibili del picnic e della grigliata.     Avevamo progettato di rientrare con il bus : peccato che – dopo un’ora d’attesa e ripetute richieste ai residenti che ci hanno rassicurato – un anziano signore ci dice che il bus ha spostato la fermata (senza alcuna indicazione per i venti poveri aspiranti passeggeri che aspettano con noi sotto il sole  in piedi , tranne una signora esausta che si siede a terra appoggiandosi ad un lampione): oggi il bus parte sopra il paese, per il traffico oramai estivo che ostacola il passaggio nelle strette stradine.   E dovremmo prenderne due di autobus, che non si sa da dove partono, se partono, quando partono.   Il livello di incertezza ci spinge a ritornare sui nostri passi e percorrere nuovamente il sentiero costiero, con tutte le sue belle salite e discese.   Quando arriviamo al nostro parcheggio sono oramai le 19 ; veniamo accolti dai motori roboanti dei ragazzotti che hanno già dato il via alle corse, ancora più intense ed affollate di ieri sera.

E’ giunta l’ora di scappare a gambe levate, visto che con i 17 km. di oggi abbiamo bisogno di una notte di riposo : decidiamo di abbandonare l’intera penisola di Gower, che non sa tenere a bada questi scalmanati  ragazzotti , e ci dirigiamo verso il Pembrokeshire.   Valutata la disponibilità di punti di sosta (scarsa,  in questa zona ci sono solo campeggi), decidiamo di puntare su Burry Port (Traeth Porth ).   Arriviamo ed occupiamo l’ultimo posto disponibile : piccolo parcheggio gratuito, affacciato su una piccola zona lagunare affiancata da un’area di dune sabbiose . Domani faremo un giro esplorativo : questa sera abbiamo l’energia solo per la cena e la digestione.

Buonanotte, godendoci un silenzio meraviglioso !