IL NOSTRO VIAGGIO IN GALLES e nella COSTA DEL NORFOLK : giugno 2023 . Capitolo 3.

Capitolo 3 : Burry Port, Laugharne, Tenby, Penbroke, Skomer Island.

Domenica 4 giugno 2023 . Dopo una notte di sonno tranquillo, partiamo per una breve escursione nella profonda baia di Burry Port, dove camminiamo sulla sabbia bagnata scoperta dalla lunghissima bassa marea : troviamo alcune bellissime rocce vulcaniche nere e lucenti , che sembrano essersi appena raffreddate a seguito di una eruzione. Alcune hanno inclusioni verde smeraldo (malachite forse), altre presentano striature ondulate come se fossero appena state mescolate.   Questo è il paradiso dei cani, che affollano la spiaggia, corrono e abbaiano felici,  si tuffano nelle basse pozze di acqua lasciate dal mare proprio per loro, giocano e si salutano, probabilmente come ogni mattina.   Arriviamo al canale del porto, che dal 1836 ha consentito un intenso trasporto di antracite e carbone (fino a 20 tonnellate al giorno) che venivano trasportati dalle operaie a dorso di asino,  caricati ed esportati su grandi vascelli, mentre veniva importato il rame e l’argento su grandi barconi (talvolta rimasti ancora arenati nelle spiagge). Venne chiuso nel 1946, a seguito del critico periodo bellico.

Ritorniamo al nostro camper attraversando il grande parco di dune sabbiose che corre accanto la spiaggia ; avvistiamo colonie di lumachine che si arrampicano a decine sui fili d’erba e paletti per riscaldarsi ai raggi del sole.

Ci dirigiamo a Laugharne ( Talacharn o Lacharn ) , cittadina definita da Dylan Thomas come “la città più strana del Galles” : qui il poeta ha vissuto buona parte dei suoi ultimi cinque anni di vita, dal 1949 al 1953, ed è qui che scrisse Non andartene docile in quella buona notte, per suo padre che stava morendo .   Aveva riadattato la serra/ripostiglio a proprio studio, che però non si può visitare, forse per le ridottissime dimensioni.

Dylan Thomas nasce nel 1914 a Swansea, con la quale ha un rapporto di amore/odio : la definisce incantevole e allo stesso tempo deestabile ; frequenta i pub di Meumbles, dove l’esclusivo turismo balneare movimenta le serate.   A Laugharne – dove ha vissuto alcuni anni felici con la moglie Caitlin – lascia il segno più profondo della sua presenza : qui scrive molte delle sue opere nel piccolissimo studiolo affacciato alla magnifica baia. Proseguendo lungo il piccolo sentiero si raggiunge poi la sua casa, prima dimora di due pescatori , chiamata non a caso Boathouse : la piccola abitazione è infatti quasi sospesa sulla costa e protesa verso l’ampia e lunghissima baia dove si rincorrono le maree ( tanto lunga da sembrare infinita in entrambe le direzioni, sia verso terra che verso il mare aperto).  E guardando questo panorama grandioso, continuamente mutevole nella luce delle stagioni e del clima, struggente nell’andare e tornare instancabile delle maree,  non si può non sentire una risonanza con “l’universo selvaggio e colmo di meraviglie”.  Ai piedi del fico in giardino c’è un tappeto di conchiglie lasciato dal mare (e non posso non  raccoglierne due, che conserverò come un ricordo prezioso, più di un ricordo, una nostalgia, una vicinanza).   Dylan Thomas ha anticipato la Beat Generation, ha avuto una vita travagliata segnata dall’alcolismo, e muore nel 1953 a soli 39 anni per una polmonite complicata da un edema cerebrale, mentre si trova a New York.   La moglie lo raggiunge in precario equilibrio mentale e in preda all’alcol, e viene internata in manicomio per un lungo periodo. Thomas viene sepolto nel piccolo cimitero di Laugharne, sempre affacciato alla baia: e qui la tomba di uno dei più grandi artisti britannici del novecento giace tra le tante , in quasi completo anonimato (se non fosse per una croce bianca). 

Una curiosità sulla fama dello scrittore, il “poeta maledetto” :   sembra che sia Bob Dylan (Robert Allen Zimmermann) , sia gli autori di Dylan Dog ( Tiziano Sclavi) abbiano tratto ispirazione per il nome – d’arte e del personaggio – proprio da Dylan Thomas.  Innumerevoli sono le citazioni cinematografiche di sue frasi.

Oramai si è fatto mezzogiorno e quindi decidiamo di pranzare a Laugharne : purtroppo il locale che avevamo selezionato (Castle view fish bar : ottimo pesce a prezzi economici) è chiuso per ferie, e quindi ripieghiamo su The owl and the pussycat, ispirati dai piatti che vediamo servire ai tavoli nel giardino.   Il locale è molto molto grazioso : i pochi tavoli disponibili sono già occupati per cui ci sistemiamo nell’angolino adiacente alla vetrina affollata di molti animali che ci osservano.  Pranzo semplice, con ingredienti freschissimi e saporiti, molto molto gustoso : Gabriele un toast con uova strapazzate e salmone affumicato, io jacked potatoes con gamberi in salsa freschissima.  Poi ci dividiamo uno scone con burro e marmellata. 

Rimpinzati dal buon pranzo, facciamo una bella passeggiata per il piccolo paese : le rovine del grande castello, le case colorate affacciate sulla via centrale.   Alla fine riprendiamo la strada per dirigerci a Tenby : attraversiamo colline che si susseguono dolcemente e increspano il territorio come onde del mare . Ci circonda tutto il verde del creato : siepi e file di alberi o biancospini circondano i campi ordinati, talvolta abitati da greggi, da mucche di ogni colore, da cavalli .  Le strade diventano strettissime, a tratti one-way con passing place.   Arriviamo a Tenby (Dynbych y Pysgot ) , antica città fortificata : il nucleo storico più antico è circondato da mura e bastioni risalenti al XIII secolo ; il porto è circondato da una lunga fila di casette colorate ed è ranicchiato ai piedi di un promontorio roccioso.   Vediamo una delle due grandi spiagge già affollate , e passeggiamo per il centro, un po’ rovinato dal turismo di massa.  Per fortuna il primo campeggio dove ci dirigiamo è completo ; ci dirigiamo quindi al Meadow Farm Campsite, attraverso una strettissima via di accesso . A parte questo detaglio, il luogo è incantevole : ammiriamo Tenby dall’alto e veniamo accolti calorosamente e gentilmente, per una cifra che ci sembra adeguata (35 sterline) pensando al costo dei semplici parcheggi (nella sosta di questa mattina abbiamo visto che nel parcheggio di  Laugharne il costo della sosta notturna era di 30 sterline, che ci era sembrato francamente eccessivo, anche in relazione all’avviso di possibili allagamenti dell’area con l’alta marea).   Operazioni varie di sistemazione del camper, preparazione delle scorte alimentari della Nina, docce ristoratrici (alla fine abbiamo fatto oltre 12 km, pochi in piano) e cena (due belle bistecche con insalata belga rossa – che non avevamo mai visto prima – molto saporita) .

Anche per oggi : buonanotte . La Nina sta già russando da un pezzo.

Lunedì 5 giugno 2023 .  Risveglio molto tranquillo, colazione , operazioni di carico/scarico e partenza. Con l’ottimismo galoppante: Telby ci saluta con i suoi colori allegri illuminati dal sole… ed ecco all’improvviso la tragedia.  In un rallentamento determinato dal passaggio di un altro mezzo in senso contrario, Gabriele deve stringere molto verso il marciapiede : un anziano signore, probabilmente spaventato dall’incombere del nostro specchietto retrovisore, gli si avventa contro come fosse in battaglia, colpendolo con due mani e mettendosi a gridare.   La moglie – meno rumorosa e più saggia – si è semplicemente spostata sul lato interno del marciapiede senza alcun problema. Le grida del signore attirano l’attenzione di tutti i pedoni che ci fermano dicendo : “you hit a man”. Scendo trafelata correndo a ritroso nella strada alla ricerca del signore – che non trovo – perché si era già avventato su Gabriele gridando. Gabriele ha capito solo una fila di “fuck” e “stop”, in ordine sparso . Quando sono risalita in camper tutta la scena si era esaurita e il signore nuovamente sparito, lasciandoci una certa inquietudine.

Ripartiamo molto cautamente, diretti al Carew Castle (Croeso Castle) : troviamo le rovine del castello, la più antica croce celtica (Croes geltaidd) del paese risalente al 1035, il Tidal mill (Melin hell)  l’unico mulino alimentato da energia mareomotrice (prodotta dai flussi delle maree).  Acquistiamo una decina di kg. di farina di vario genere prodotta con metodi antichi.   La visita alle rovine del castello è romantica, a parte le scale a chiocciola vertiginose e scivolose e i passaggi bassi delle porte (su cui Gabriele incoccia).   Durante la nostra passeggiata notiamo che qui in Pembrokeshire ogni persona ha almeno un cane, se non due-tre-quattro-cinque : tutti passeggiano almeno con un “good boy” o una “good girl”, che rappresentano i soggetti di socializzazione più frequenti (ci chiedono sempre – incuriositi – quale sia la  razza della Nina : mixed è la risposta) .  

Pranziamo in camper (troviamo le ultime due scatolette simmenthal che sono davvero pratiche quando serve un pranzo veloce e fresco, con una bella insalatina di pomodori) e ci dirigiamo a Pembroke (Pemfro) , dove è nato Enrico VIII.   Bella cittadina costruita attorno ad un lago artificiale che si allunga ai piedi dell’enorme castello pieno di soffitti ed arredi (che non ci sognamo neppure di visitare) e lo circonda : è impressionante la quiete ristoratrice che regna nel Mill Pond (a parte le strida dei gabbiani e le corse dei cigni), in contrasto con la confusione generale che regna nella strada principale.   Il negozio di antiquariato/rigattiere ospitato in una chiesa sconsacrata (The Chapel) purtroppo è chiuso per lavori di ristrutturazione.   Riusciamo a prenotare per domani la gita in barcone attorno all’isola di Skomer, dove nidificano i puffin ; non troviamo posto nelle escursioni con sbarco, già piene per tutta la settimana.   Approfittiamo quindi di questa occasione che potrebbe essere l’unica per vedere questi socievoli e simpatici uccellini, che da maggio a luglio si riproducono e rimangono su alcune isole, per poi migrare più lontano : infatti sull’isola di Ramsey l’intera colonia sembra essere stata sterminata dai ratti ; inoltre tra pochi giorni arriverà brutto tempo e le gite in barca potrebbero essere più complicate.  Per cui decidiamo di dirigerci alla zona di imbarco, Martins Haven, a 40 km. circa.  Percorriamo la più stretta one-way mai fatta nella nostra vita : strisciamo da entrambi i lati sull’alto ciglio erboso e non esistono regolari  passing place, ma solo occasionali slarghi della carreggiata.   Più procediamo, più dubitiamo che su un tale percorso possano arrivare troppe persone (le partenze per Skomer e i tipi di escursione sono molteplici) . Riusciamo ad arrivare al campeggio vicinissimo all’imbarco (West hook farm camping) dove ci viene assegnata una piazzola grande come un campo da calcio (costo 23 sterline) , affacciata maestosamente alla St. Brides Bay : ci sentiamo in paradiso e ammiriamo il tramonto del sole comodamente seduti sulle nostre poltroncine (con doppia giacca e cuffia), avvistando stormi di uccelli che si tuffano in mare , proprio sotto l’orizzonte. 

Cena con polenta e ragù.    Bene : anche per oggi buonanotte.

Martedì 6 giugno 2023 . Risveglio molto rilassato, non fosse per il frigorifero che non funziona…. poi dopo intervento di Gabriele funziona … poi dopo 15 minuti senza un perché  non funziona …. poi dopo un nuovo piccolo incoraggiamento ed ancora senza un perché funziona. La faccenda è snervante, perché non abbiamo mai la certezza che non sia la volta in cui il display decide di non farcela più : ogni tanto Gabriele – pensando al frigorifero – si ammutolisce, con espressione ansiosa A colazione quindi scriviamo al nostro amico Dave di Luton , esperto di fridge, ordinando il display per quando torneremo a Londra.   Poi senza troppi rimuginamenti decidiamo di fermarci in questo campeggio per un altro giorno : siamo comodi, è favoloso, chi ce lo fa fare di andare a cercare altro, possiamo anche riposare un pò.  Andiamo alla reception dove paghiamo il secondo giorno e la signora ci dice che dobbiamo spostare il camper dalla piazzola 11 alla 10, per precedente prenotazione.  La situazione è esilarante : campeggio considerato pieno, ma completamente vuoto .   Ci spostiamo dei dieci metri di larghezza della piazzola, verso il mare, per fare spazio ad un piccolo van che parcheggia al nostro posto.  La Jessica mi dice che non sono capace di stare senza fare nulla , per cui mi metto a riparate i coprisedili del camper (che devo aggiustare sin dalla partenza).  Pranziamo velocemente  (tonno fagioli cipolline) per poi dirigerci a piedi all’area imbarco : abbiamo scoperto che il Martins Haven National Trust (Ente di tutela e gestione dell’area) si trova a 500 m. dal nostro campeggio.   Siamo prontissimi per la barca verso l’isola di Skomer (Cwch Ynys Sgomer ) dove speriamo di  avvistare almeno qualche puffin: tre giacche, braccialetti antinausea, creme e burrocacao, cuffia.   Ottimismo allo stato puro corroborato dalle procedure di salvataggio con dimostrazione sull’utilizzo del giubbotto galleggiante in caso di affondamento .    Il mare è calmo anche se appena partiamo ci è subito chiaro che a volte l’apparenza  inganna : è un mare che va preso nel modo giusto, e comunque fa sentire la sua voce potente facendoci ballare un pò.  Ci avviciniamo a Skomer e – per annullare radicalmente il dubbio sulla possibilità di avvistare i puffin –  iniziamo a vedere centinaia di uccelli sfreccianti in ogni direzione : sembra di essere in un film 3-D nell’impero dell’impossibile ed oltre.  E’ impossibile solo fare fotografie : non fai in tempo ad inquadrare e a mettere a fuoco che il soggetto è già volato via, o si è tuffato alla ricerca di pesciolini, o sta sfrecciando come un razzo sull’acqua. I puffins  sono davvero simpaticissimi e molto molto allegri : uno svolazzare continuo in ogni direzione come frecce lanciate all’orizzonte, piccoli razzi atomici ed un tuffarsi con improvvise capriole rotonde.  Mescolati ai puffin ci sono anche i razorbill (e mai nome fu più evocativo) ; centinaia, migliaia, e ne spuntano sempre nuovi  gruppi da ogni dove.   Sulla scogliera e sulla terraferma sono tutti statici, immobili  e goffi : in acqua ed in aria mettono il turbo. Avvistiamo anche un gruppo nutrito di foche grige, che ci osservano perplesse tranquillamente stese al sole, tra le alghe luccicanti, su un piccolo scoglio : passano rapidamente dalla lieve contrarietà alla completa indifferenza rispetto alla nostra presenza (come dargli torto ?) . 

Insomma in questo pirotecnico scenario di volo unito ad un persistente ondeggiamento , ho fatto quasi 300 foto, ma ne sono venute (male) solo una trentina : molte riprendono rettangolini di mare vuoto e/o sfocato/mosso, in cui un puffin o un razorbill si sono appena tuffati.  Cippirimerlo : acchiappami se ci riesci!!!!

Scopriamo alcune informazioni interessanti : c’è un vero e proprio allarme sul destino dei puffin. Alcune colonie (quella numerosissima dell’isola di Ramsey ad esempio) sono state decimate/azzerate dai predatori (soprattutto ratti, ma anche topi, faine, donnole, gabbiani) . Sulla terraferma infatti i puffin  sono molto confidenti, giocherelloni ed amichevoli (troppo forse, ma è la loro natura) , socievoli : usano la sola precauzione ( a volte) di scavare il nido al fondo di gallerie sotterranee lunghe anche 2 metri.  Nonostante ciò hanno una vita media che arriva a  20 anni (ed i ricercatori hanno conosciuto puffin che hanno vissuto oltre 40 anni) ; mano a mano che crescono aumentano le strisce colorate sul becco (come gli anelli del tronco degli alberi).  Arrivano sulle isole britanniche in marzo per la stagione degli amori : la colonia di Skomer conta oltre 10.000 esemplari. Le coppie hanno vita duratura e stabile. Mentre nella stagione invernale sono monocromi (tutti neri) nella stagione degli amori cambiano il colore del becco, del petto, delle zampe e dei piedi, che acquistano colori vivaci (rosso, arancione, con strisce nere e bianche) ; poi si preparano i nidi con bastoncini foderati di foglie e piume.  Il periodo di cova – di un unico uovo –  è gestito sia dal maschio che dalla femmina, che si alternano amorevolmente per concedersi frequenti sessioni di nuoto, bagno, caccia, tuffi, socializzazione tra puffin.  Dopo 5 o 6 settimane nasce il pulcino, che rimane protetto nella tana sino ad una notte in cui uscirà dal nido accompagnato dai genitori.  Il cambiamento climatico – che ha alterato i cicli riproduttivi di molti pesci – ha determinato una carenza alimentare per i puffin che in alcune situazioni non sono riusciti a riprodursi ; inoltre ha drammaticamente disturbato le già difficili migrazioni .  I genitori dei nuovi pulcini sono costantemente impegnati nell’attività di pesca : si riconoscono perché tornano al nido con il becco colmo di pesciolini.  E questa immagine è diventata una delle fotografie classiche  dei puffin … che conoscono anche i pigri gabbiani, che li aggrediscono e bullizzano per derubare le numerose sardine che riescono a portare nel becco.  Alla fine di luglio i puffin hanno completato il loro ciclo riproduttivo e ritornano nei territori atlantici o nordici di provenienza , ripetendo ogni anno lo stesso percorso migratorio.   Sono alti circa 30 cm per 400-600 gr di peso ; sono agilissimi e possono volare e nuotare a 80 km orari , sbattendo le piccole ali 800 volte al minuto .

Skomer ospita anche 130.000 berte maggiori (manx shearwarter) , 20.000 urie (guillemot) , 5000  gazze marine (razorbill), oltre a migliaia di conigli : il terreno dell’isola è scavato da una fitta rete di cunicoli e tane e nidi.   I razorbill si lanciano dalle scogliere per il primo volo a tre settimane di vita, insieme al loro padre.

Inoltre l’isola di Skomer ha diversi vestiti floreali che la ricoprono di diversi colori in varie aree e stagioni : l’indaco delle bluebells in aprile, il verde delle felci , il rosa del red campion , il giallo del ginestrone, l’avorio rosato del caprifoglio, il bianco delle margherite, il fucsia della digitale che svetta bellissima ed energica…  

L’isola, molto visitata nei mesi estivi, durante l’autunno e l’inverno è solitaria e spesso completamente isolata per ondosità del mare.    Insomma : ci sembra davvero un paradiso … non so se è per questo richiamo che stentiamo ad allontanarci. 

Terminata la gita in barca, breve ( 1 ora) ma ricca di emozioni  , ci incamminiamo per raggiungere alcuni punti panoramici : il Wooltack Point ( piccola stazione del NCI – National Coastwatch  Institution , situata tra la St. Brides Bay e il Milford Haven, che collabora al monitoraggio per la sicurezza della navigazione costiera), e il Coastal Path (dove troviamo frequenti indicazioni sulla pericolosità delle scogliere : CLIFF CAN KILL, DON’T LEAVE THE PATH  ) .  Il Wales Coast Path (Llwybr Arfordir Cymru ) è IL sentiero costiero che percorre senza interruzioni TUTTA LA COSTA  del Galles  per un totale di 870 miglia (oltre 1400 Km) e rappresenta una sfida per ogni camminatore degno di questo nome .  In questo viaggio diventerà quasi un amico : in qualsiasi punto della costa noi arriviamo, troviamo ad attenderci il sentiero costiero, che offre splendidi percorsi nelle due direzioni.

E anche oggi maciniamo i nostri 8 km. sperando di non aver involontariamente rimorchiato un esercito di zecche camminando tra erba alta fino alla cintura che invade l’angusto sentiero .

Doccia e cena (avanzi) ammirando un altro tramonto di un rosa ed azzurro delicati e  lucenti.   E buonanotte.

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