Le Mont Saint Michel , sbarco in Normandia, Caen

Domenica 24 agosto ripartiamo : visitiamo molto velocemente Treguier,

ed arriviamo a Le Sillon du Talbert, particolare formazione geologica di sabbia e pietre.

La Réserve naturelle du Sillon de Talbert

La Réserve naturelle régionale du Sillon de Talbert se situe sur la commune de Pleubian, au Nord du département des Côtes-d’Armor (22).
Elle comprend différents milieux littoraux et marins indissociables de la flèche littorale du Sillon de Talbert.
La flèche du Sillon de Talbert d’une longueur exceptionnelle de 3,2 km est la plus grande observable en France. C’est un objet géomorphologique d’intérêt international : forme rare d’accumulation sédimentaire, remarquable cordon de galets en Europe, cordon de galets le plus mobile de Bretagne.
La Réserve naturelle représente une surface de 205 ha de domaine public maritime (DPM) comprise dans un périmètre plus large de 1000 ha affectés au Conservatoire du littoral.

Lors de la dernière période glaciaire, d’importants volumes de cailloux provenant de l’éclatement de la plateforme rocheuse sous l’effet du gel ont été fournis. A cette époque, le niveau marin se situe 120 m plus bas.   La déglaciation qui a suivi cette période a vu une remontée rapide du niveau marin remobilisant les cailloux présents sur la plateforme continentale, les émoussant en galets et les organisant en cordons. Par endroits, d’imposantes masses de granite ont offert des points d’appui stables sur lesquels sont venus s’accrocher ces différents cordons. Progressivement, au cours de sa remontée, la mer a fait reculer ces cordons de galets qui peu à peu se sont réunis par coalescence pour former un grand cordon barrière.
Ce cordon primitif reliait l’archipel d’Ollone à la côte et cette configuration se retrouve sur les cartes anciennes, levées entre 1666 et 1675.

A partir de 1750 environ, de nouvelles cartes montrent le détachement de la partie terminale du cordon des îlots d’Ollone par une brèche de 200 à 300m de long. Cette première rupture intervient probablement lors d’une forte tempête dans un contexte de pénurie sédimentaire. La forme primitive de cordon barrière évolue ainsi naturellement vers une forme de flèche littorale à pointe libre : le Sillon de Talbert. Le Sillon de Talbert est donc une forme résiduelle résultant de cet événement érosif passé. Sa formation n’est pas liée aux courants et aux apports fluviatiles du Trieux et du Jaudy. 
D’une longueur d’environ 3 Km, le Sillon de Talbert est l’exemple de flèche littorale à pointe libre le plus significatif de France et est remarquable au niveau européen. 

Le Sillon de Talbert, dont la forme et la topographie varient suivant les portions de plage, constitue un environnement sédimentaire hétérogène. Le Sillon de Talbert est composé de sable, de graviers et de galets dans des proportions variables suivant les endroits. Le premier kilomètre de la flèche est essentiellement composé de sable à la différence des 2,2 Km restants composés majoritairement de galets.
Plus d’une vingtaine de roches différentes sont actuellement connues sous forme de galets sur le Sillon de Talbert. Pour la plupart, leur provenance est à rechercher dans la géologie régionale et plus particulièrement dans le Trégor.
Elles ne sont pas distribuées de manière égale sur le cordon avec une proportion plus importante de granodiorite de Talbert et microgranodiorite de Pleubian qui forment le socle du Sillon de Talbert. a flèche littorale du Sillon de Talbert est un environnement très évolutif.
Les événements météo marin sont les facteurs déterminants dans l’évolution de cette flèche. Lorsque le passage d’une tempête coïncide avec une marée de vives eaux (forte hauteur d’eau), les jets de rive sont susceptibles de franchir la crête du Sillon et de déverser les sédiments accumulés au sommet vers l’arrière de la plage. La flèche recule ainsi naturellement vers le sud-est. À l’heure actuelle ce recul est estimé à environ 2 m par an en moyenne.
C’est le cordon de galets le plus mobile de Bretagne. En période de calme météo marin le cordon tend plutôt à s’exhausser car les événements météo marin morphogènes sont limités.La dérive littorale (courant marin longitudinal) joue également un rôle important dans le transfert des sédiments le long de la flèche en les transportant vers sa pointe favorisant une accumulation qui donne au Sillon sa forme caractéristique de « spatule » dans sa partie terminale.
Les évolutions du Sillon de Talbert sont mesurées et suivies dans le cadre des travaux scientifiques de la Réserve naturelle.

https://www.reserve-sillondetalbert.bzh/

Proseguiamo il nostro percorso e ci fermiamo all’Abbazia di Beauport : le rovine della cattedrale e del chiostro affacciate sul mare sono davvero magiche . L’abbazia è il punto di partenza di uno dei cammini di Santiago di Compostela : il km. zero. La visitiamo senza fretta e ci lasciamo incantare dalla sua atmosfera , fermandoci anche a fotografare le rondini in volo (o meglio tentare di fotografare). Lasciandoci trasportare da questo rilassato pomeriggio, perdiamo tutte le altre tappe previste per la giornata.

Beauport Abbey – Discover the abbey and its grounds

Costruita all’ inizio del XIII secolo, l’abbazia marittima di Beauport si trova nella Côtes-d’Armor, nel comune di Paimpol, nel villaggio di Kérity. Affacciato sul mare, in un ambiente naturale preservato, il complesso monastico è classificato Monumento Storico e il suo sito è protetto dal Conservatoire du Littoral.

Caratterizzata dalla sua duplice vocazione di accoglienza dei pellegrini e di centro commerciale marittimo, l’abbazia, in stile gotico, è incastonata in un ambiente magnifico, con il suo roseto, i frutteti, le paludi e il porto riparato. Questa oasi di pace è aperta ai visitatori. Costruita attorno ad un chiostro, l’abbazia di Beauport comprende una chiesa, un refettorio, una sala capitolare e alcune cantine, una sala dedicata ai religiosi e un’altra dedicata agli ospiti. La funzione del “Bâtiment au Duc”, situato all’esterno del recinto monastico, rimane oscura: scavi archeologici hanno scoperto alcune fornaci per il bronzo. Nel XX secolo l’edificio è stato trasformato in una fabbrica di sidro. L’abbazia divenne proprietà privata dopo la Rivoluzione. Oggi, con il sostegno del Conservatoire du Littoral, che ne tutela la fauna e la flora, la riqualificazione ha permesso di aprire ai visitatori questa superba testimonianza del patrimonio architettonico bretone.

Approdiamo a St. Brieuc al Camping des Vallees , dove finalmente riusciamo a fare una bella e scrosciante doccia calda (dopo aver capito come si apriva il rubinetto). Anche oggi 8 km a piedi.

Lunedì 25 agosto decidiamo di trasferirci in Mont St. Michel : con qualche malumore rinunciamo a molte tappe per cogliere le ultime giornate di sole ; inoltre  l’area di St. Malò e Dinan non offre sistemazioni comode per la visita, e oramai il tempo restante ci costringe a fare delle scelte drastiche e rinunciare anche a  Cap Frehel . Per consolarci un po’ iniziamo a pensare che vorremmo tornare per recuperare molte delle tappe lasciate indietro ; e per godere della stagione delle fioriture (maggio-giugno). Parcheggiamo nell’area di sosta a 5 km dal monte (vedendo poi che sarebbe stato più comodo entrare nel bel campeggio adiacente alla diga ed alla fermata delle navette.

Una delle particolarità del Mont-Saint-Michel è quella d’innalzarsi su un isolotto roccioso circondato da una magnifica baia, teatro delle più grandi maree dell’Europa continentale. Il Mont e la sua baia sono classificati nel patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1979.  I lavori di ripristino del carattere marittimo del Mont-Saint-Michel, iniziati nel 2005 e conclusi nel 2015, vi offrono la possibilità di vedere questo luogo unico sotto una nuova luce. È l’inizio di una nuova pagina nella storia del Mont: se nulla fosse stato intrapreso, nel 2040 il Mont-Saint-Michel si sarebbe ritrovato circondato da prés salés (prati salati). La scelta di questo luogo da parte dei monaci del Medio Evo fu determinata dall’ambiente marittimo, essi si stabilirono in questo luogo preciso e costruirono quello che sarebbe diventato uno degli edifici più straordinari dell’architettura religiosa. Il vescovo d’Avranches, Aubert, avrebbe fondato un santuario nel 708 sul Mont-Tombe dopo tre apparizioni successive dell’arcangelo San Michele. Il momento culminante della visita è, senza alcun dubbio, la visita dell’abbazia che sovrasta l’immensità della baia. La baia del Mont-Saint-Michel è teatro delle più grandi maree d’Europa continentale. Venite a vedere le grandi maree e ammirate lo spettacolo che vi offre la natura! Alcuni giorni dell’anno si prestano maggiormente per osservare il fenomeno. Non appena il coefficiente di marea supera 110, il Mont ridiventa un’isola nel giro di poche ore. L’acqua ricopre il guado sommergibile e la rocca rimane senza accesso al continente.

Per osservare il fenomeno dell’alta marea e l’arrivo del mascheretto, è consigliato di essere presenti 2 ore prima dell’orario di alta marea.  Osservate il fenomeno dal Mont, le mura, la terrazza dell’Ovest (sagrato dell’Abbazia il cui accesso è compreso nella visita), o il nuovo ponte-passerella. La baia dispone di molti punti d’osservazione privilegiati come Roche Torin a Courtils, Grouin du Sud a Vains-Saint-Léonard o ancora Gué de l’Epine a Val-Saint-Père.

Pedalata fino alla diga che controlla la risalita delle acque marine della marea ; da qui si prosegue con una navetta gratuita che porta i turisti al Monte, a ciclo continuo. Visita veloce al borgo e all’ufficio turistico (dove prenotiamo la camminata nella baia) . La passeggiata a piedi nudi nella baia con la bassa marea è una esperienza indimenticabile : la sabbia è argillosa – e questa particolare composizione che rende il fondale molto stabile, è uno dei motivi che sono all’origine della grande marea. La guida ci insegna un metodo per affondare e per risalire : tutti sembrano tornare un po’ bambini che giocano con il fango. 

Prima del tramonto facciamo la passeggiata sulle mura e riusciamo e trovare il nostro posto di osservazione per ammirare l’incredibile spettacolo dell’arrivo dell’alta marea. Casualmente abbiamo avuto la fortuna di vedere un’alta marea di coefficiente elevato ( 91/110) : al di sopra del coefficiente di 90 si vede il fenomeno del mascheretto, cioè l’arrivo delle onde che corrono veloci sulla spiaggia, cambiando velocemente i riflessi delle aree bagnate che si allargano sempre piu’ , con i gabbiani che si lasciano trasportare, ci volano sopra, la precedono giocando, fino a radunarsi tutti in cerchio nell’ultima area di sabbia, sempre piu’ piccola, ad attendere  l’arrivo dell’acqua sulla quale lasciarsi galleggiare. Ed ammiriamo l’incantevole tramonto che questa giornata ci regala : l’unico tramonto tinto di rosa di questa vacanza. La luce è indescrivibile e non riusciamo a smettere di ammirare, adorare e fotografare ; e non riesco neppure a cancellare alcune delle foto, doppie, triple. Vorremmo davvero tenere per sempre questo sguardo nei nostri occhi.

(In tutto facciamo 9 km a piedi e 11 in bicicletta). 

Martedì 26 agosto ci svegliamo sotto un cielo nuvoloso : pedalata al monte – con sosta nei prati di pascolo per foto panoramica – per la visita della Cattedrale (direi quasi d’obbligo) , prenotata per le 11 ; nonostante l’anticipo riusciamo ad entrare solo un’ora dopo. Qui ci sono due maree : quella marina e quella umana, che scorre inarrestabile nelle strette viuzze (si tratta del secondo monumento più visitato in Francia, dopo la Tour Eiffell).  La salita alla cattedrale è molto affollata ; controlli di sicurezza, mostra di fotografie del Monte e visita in autonomia. Mont St. Michel conta meno di 40 abitanti, quasi tutti compresi nella comunità religiosa della cattedrale :  le monache ed i frati che abitano l’Abbazia sembrano peraltro del tutto indifferenti al continuo flusso di persone e non esitano a farci uscire dalla chiesa per la messa del mattino, a loro riservata.

Welcome to the abbaye du Mont-Saint-Michel

Usciamo sotto la pioggia battente e decidiamo di arrivare ad un ristorante vicino alla diga (bagnati fradici nonostante le giacche) , sperando nel miglioramento del tempo previsto dal meteo.  Pranziamo a La Ferme di Mont St. Michel : tutto buono, seppure non memorabile (uovo in camicia con salsa ; mousse di melanzane con verdure al limone ; trancio di merluzzo con verdure ; polletto arrosto con patate schiacciate e salsa al limone ; gatzpacho di frutta fresca con salsa pinacolada ; assaggio di formaggio bretone con insalatina e pinoli).  All’uscita altre foto alle rondini nel nido ; mentre i quattro piccoli aspettano nel nido spalancando il becco al momento giusto, sfrecciano ad una velocità tale che è veramente difficile fare le fotografie : quando mi rendo conto che sono arrivate e scatto, se ne sono già andate. E mentre osservo i due genitori andare avanti e indietro con gustosi insetti nel becco, penso alla forza di questi minuscoli uccelli.  Ogni anno arrivano dall’Africa insieme alla primavera, ritrovando il proprio nido, riparandolo affinchè protegga la nuova nidiata ; depongono le uova ; nutrono i piccoli rondinini e li addestrano velocemente alla vita. E con l’autunno sono pronte per affrontare un nuovo viaggio di migliaia di chilometri sfidando le tempeste, per ritornare al caldo.

Troviamo un bellissimo cielo azzurro abitato da spumeggianti nuvole bianchissime. E quindi ci facciamo la nostra bella biciclettata sulla ciclabile che corre sulla sponda a est del monte, che ci osserva sempre all’orizzonte. La luce, il paesaggio brullo , giallo, rosso e verde, abitato da migliaia di pecore, sono un vero incanto, una vera e propria galleria d’arte. Ritorniamo nel campo dove tentiamo di ripetere uno dei più famosi scatti del Monte. La sera il rientro viene interrotto dal rientro delle greggi nei fienili, con i pastori 2.0 che le radunano correndo negli immensi pascoli a bordo di luccicanti quad. L’ultimo gregge, che è costretto ad attraversare la strada per raggiungere il proprio ovile, viene gestito da un magnifico border collie, che è molto di più di un capace operatore : non sbaglia una mossa, mantenendo il gregge compatto e conducendolo con precisione millimetrica nella giusta direzione. E terminato il proprio compito salta velocissimo sulla sua postazione nel quad, impassibile come un soldato.  Il pastore non deve fare altro che dargli il via ed alla fine dare un cenno di approvazione del lavoro.

Mercoledì 27 agosto ripartiamo sotto un cielo molto grigio che ci regala scrosci di pioggia. Il  clima è perfettamente allineato con le emozioni suscitate dalle visite di oggi, che ripercorrono alcuni luoghi e le drammatiche vicende dello sbarco degli alleati in Normandia . E la storia prende vita di fronte ai nostri occhi in ogni paese, in ogni strada, disseminati delle fotografie dell’arrivo degli alleati, delle fotografie e dei nomi, dei racconti, dei fatti e delle persone lì dove sono avvenuti gli eventi ; le trincee, i cimiteri, i buchi delle bombe, i piccoli musei popolari allestiti nelle piccole chiese, che raccolgono cimeli e ricordi non più solo individuali, ma di una intera collettività, che porta orgogliosamente e dolorosamente il ricordo della propria storia.

Sbarco in Normandia – Wikipedia

Pointe du Hoc ; Omaha Beach ; l’impressionante Cimitero americano di Colleville sur Mer, dove ogni mattina e ogni sera si svolgono la cerimonia di alzabandiera e ammainabandiera ; Arromanches le Bains, dove Churchill organizzò sin dal 1942 la costruzione dell’enorme porto servito per il supporto logistico dell’intera operazione.  Sulla spiaggia il cielo cupo e minaccioso sembra partecipare al nostro stato d’animo .

Dormiamo nella piccola area di sosta di Leon sur Mer.

Giovedì 28 agosto , Venerdì 29 agosto, Sabato 30 agosto

Partiamo, oramai sulla via del ritorno, diretti a Caen. Parcheggiamo proprio dietro all’area del castello . Dove visitiamo – un pò di corsa – il Musee des Beaux Arts ; le mura del castello con vista panoramica della città ; le vie pedonali del centro che ci portano al Palace de Justice, l’ Abbaye aux Hommes (con la mostra L’oie de le collecteur) , l’ Eglise St. Etienne (famosa sin dall’antichità per le sue bellissime le vetrate dai colori intensi)  . 

Purtroppo non ci abbandona il pensiero molesto di essere alla fine della nostra vacanza e di dover oramai solo affrontare il viaggio di ritorno : pensiero rinforzato dalla pioggia scrosciante che ci impedirà di fare altre visite di trasferimento.  Giovedì dormiamo nel parcheggio gratuito con servizi (carico, scarico, elettricità) nel parcheggio di un comune di cui abbiamo dimenticato il nome. Passeggiamo verso il centro del paese per sgranchire le gambe : inizialmente ci sembra del tutto anonimo e trascurato, poi scopriamo una sua bellezza raccolta nel piccolo centro storico, con la cattedrale che svetta nella piazza stretta tra i vicoli in cui si sporgono le case a graticcio, piccoli canali.   Ma la trasandatezza generale, i rifiuti nelle strade, i marciapiedi dove si susseguono profonde buche, l’abbandono di molte abitazioni chiuse e scrostate, purtroppo rovinano l’impressione generale del paese : e ci assale lo sconforto della bellezza trascurata ed offesa. Venerdì sera entriamo nell’area di sosta sotto Digione, che pure rinunciamo a vedere per la pioggia che continua e ci accompagna fino a casa, dove approdiamo alle 18, accolti a gran voce dalle micette.

Bretagna – Costa di granito rosa e sentiero dei doganieri

Giovedì 21 agosto riusciamo ad entrare nel’affollata area situata nel cuore della costa di granito rosa, che ci consentirà di visitarla tutta a piedi, utilizzando anche la comoda fermata dei bus di Le Ranoilien per i rientri serali.  Siamo contenti di aver rinunciato a varie tappe del nostro percorso (che avrebbe richiesto almeno un mese completo), perche i prossimi tre giorni ci regaleranno l’incontro con un territorio indimenticabile .

Nel cuore della Cotes d’Armor, in uno degli angoli più affascinanti della Bretagna, si trova la Costa di Granito Rosa: la roccia, in questo tratto di mare, è caratterizzata da una incredibile colorazione rosa e si presenterà a voi in forme spesso bizzarre e stravaganti, che si alternano a insenature verdissime e vivaci stazioni balneari. Il colore rosa dei graniti è dovuto a una particolare miscela di quarzo, mica, feldspato e ossido di ferro. Dopo l’ossidazione ad una temperatura di circa 800 ° C, il granito diventa rosa. Questo è un fenomeno raro che si è verificato solo in Bretagna, in Corsica e in Cina. La costa di granito rosa si estende per circa 16 km dalla città di Trébeurden a Perros-Guirec, attraversando 4 comuni tra cui Trébeurden, Pleumer-Bodou, Trégastel e Perros-Guirec. Ogni città ha il suo angolo di paradiso che vale la pena esplorare. – https://www.franciaturismo.net/bretagna/cotes-darmor/perros-guirec-costa-granito-rosa/

Il primo giorno partiamo alla grande: il cielo è azzurro e limpido, il sole caldo, facciamo una stupenda passeggiata di 8 km (che potrebbero essere 80 per la meraviglia che continuamente si apre al nostro sguardo ) lungo il sentiero dei doganieri, da Perros Guirec a la spiaggia di Saint Guirec. Facciamo il nostro picnic appollaiati in una bellissima roccia di granito, che ci rinfresca anche un po’.  Ovunque guardiamo scopriamo solo la Meraviglia : enormi massi rosa, scolpiti dal mare, dalla pioggia e dal vento, dalle forme più fantasiose ed evocative . Rocce da scalare, su cui stare in precario equilibrio protesi nella brezza respirando il mare, nelle quali sdraiarsi, accoccolarsi, sulle quali sedersi contemplando la bellezza, dalle forme sempre e sempre ed ancora nuove ovunque il nostro sguardo si posi. Fino ai due massi che si baciano, proprio sotto al Faro.

Rimaniamo abbastanza stupiti dalla totale assenza di strutture balneari pubbliche : in Francia le coste ed il mare sono di tutti ; ed ammiriamo anche la presenza di molte bellissime abitazione appollaiate tra i massi della costa, senza rovinare o invadere l’ambiente  .  Arrivati alla spiaggia facciamo una passeggiata nel borgo e facciamo alcuni acquisti (un bellissimo cappello antipioggia giallo, una morbidissima felpa a righe per Gabriele, ed una calda felpa blu per me) e ci gustiamo un buon gelato (scopro il limone al basilico).

Venerdì 22 agosto sempre baciati dal sole e da un cielo azzurro e limpido, decidiamo di completare il sentiero dei doganieri con il tratto – meno affollato ma altrettanto spettacolare – che va dal Moulin a Maree di Tregastel (un mulino azionato dalle maree : quando cresce la marea, l’acqua del mare riempie un grande bacino intrappolato da chiuse , ed il deflusso dell’acqua verso il mare viene incanalato in due stretti passaggi che muovono le ruote e le macine del mulino) e attraversa tutte le spiagge (Sant’Anna, Coz Pors…) affacciate sull’arcipelago delle Septe Iles (riserva integrale che permette la nidificazioni di molti uccelli) e compie il periplo de l’Ile Renote (in realtà una penisola). Al mattino costeggiamo ampie spiagge in bassa marea, con le barche arenate ; le stesse spiagge la sera saranno completamente riconquistate dal mare : cambiano i colori, le forme, i riflessi, l’atmosfera, nel continuo divenire di un paesaggio vivo, che respira e si muove.

Ci concediamo il nostro primo ed ottimo pranzo di pesce (con un buon bicchiere di vino bianco) al ristorante Le Transat : zuppa di pesce, baccalà mantecato su tortino di bietola rossa, piccole cozze alla marinara (ci spiegano che rimangono così piccole per l’alternarsi dell’alta e bassa marea), un trancio di merluzzo alla marinara (con molte verdurine). Dopo 14 Km. a piedi, ed una spesa serale, decidiamo di rientrare in bus. Procedendo per il sentiero sulla costa incontriamo sempre nuovi e spettacolari panorami, che sembrano non finire mai : nel mare si stagliano scogliere affioranti, i profili delle sette isole, in un susseguirsi infinito di orizzonti .

Sabato 23 agosto ci spostiamo di poco verso est e ci trasferiamo all’area di sosta di Trevou-Treguignec, sempre accompagnati dal sole e dall’azzurro. Partiamo immediatamente per una importante biciclettata (38 Km) tutti in salita/discesa associata ad un bel percorso a piedi (7 Km) , che ci portano lungo la costa fino a la Pointe du Chateau. Non abbiamo portato niente da mangiare, ma per fortuna a Port Blanc troviamo lo spettacolare Restaurant de Le Grand Hotel de Port Blanc : a parte il nome ridondante, si tratta di una piccolissima frazione di Penvenan (tutta l’ampia area comunale conta 2700 abitanti) :  il piccolo borgo sembra ospitare più barche che case. Mangiamo le moules marine’, un piatto di gamberetti e maionese, un piatto di  pesce freddo (con una mousse di merluzzo e cipollotti fantastica, sgombro ed altri pesci affumicati). Procedendo, le spiagge diventano sempre più brulle, quasi un deserto roccioso affacciato sul mare.

Dopo molte salite e discese, arriviamo infine  alla Pointe du Chateau, dove ritroviamo la casa del guardiacoste , magicamente incastonata tra  due rocce annidate su uno scoglio che la protegge dal mare.

L’immagine della casetta costruita tra le rocce sul mare è diventata famosissima dopo essere stata una delle copertine memorabili della rivista Bell’Europa : il mare punteggiato di scogli affioranti, la risacca delle onde sugli scogli, creano un’atmosfera potente e minacciosa, in cui offre la piccola casetta costruita tra le rocce crea un rifugio caloroso e sicuro , rispecchiandosi nella ferma superficie della spiaggetta circolare, che rivive e respira con le maree .

L’arrivo però ci riserva una piccola delusione : la casa è ora abitata dal nipote del vecchio proprietario, che giustamente impedisce l’avvicinamento dei turisti anche per evitare il danneggiamento dell’area naturale, ma – cosa più disturbante – parcheggia la propria automobile (e quelle degli ospiti) di fronte alla bellissima casetta.   Non posso dargli torto : anch’io abiterei questo paradiso, ma forse un riparo per l’auto lo si potrebbe trovare.  

Alla maison de littoral vediamo una bella esposizione delle bellissime fotografie di Theo Maynier : la scelta della stampa in bianco e nero dona alle immagini del mare una immediata centratura sulla vita dei suoi abitanti e ci porta a nuotare insieme a loro e ad interrogarci sulla loro esistenza.

https://www.theomaynier.com/

La pedalata di rientro è un po’ faticosa, e fortunatamente troviamo una scorciatoria distante dal mare ma  abbastanza pianeggiante. Abbiamo gli occhi e il cuore pieno della gioia, dell’energia, della luce, dei colori, del vento , dei sapori che hanno riempito queste giornate.

Bretagna 2025

Da alcuni anni non riusciamo a fare vacanze che siano vacanze, rinforzando l’impressione funesta che fosse finita una fase della nostra vita  : da due anni si sono alternati eventi felici ed altri tristi .

In questo succedersi di eventi tutto sembrava congiurare anche contro la semplice idea di partire (anche il guasto definitivo del frigorifero del camper proprio a luglio).  Per cui ci siamo lasciati andare al fato : che attraverso il matrimonio di amici di nostra figlia a Plougastel St. Germain ci ha portati in Bretagna per la settimana del matrimonio (dal 12 al 17 agosto 2025) – noi e metà della nostra attrezzatura di cucina , sistemata in vari scatoloni, che ci hanno poi accompagnato in tutta la vacanza, ben allineati ed incastrati sul sedile della dinette.

Trattandosi di un viaggio piuttosto lungo (oltre 1300 Km) , che ci portava all’estremità di una regione incantevole come la Bretagna – meta del nostro primo viaggio in camper nel lontano 1994 –  abbiamo pensato che tutto si incastrava in modo armonioso e perfetto, come solo il fato sa fare  : matrimoni presenti e passati, nostro 40 anniversario di convivenza, primo giro in camper, vacanza …..   E quindi non abbiamo fatto altro che cavalcare l’onda della nostra vita …..

Le ultime settimane e soprattutto gli ultimi giorni prima della partenza sono stati veramente frenetici : preparativi viaggio, camper e matrimonio ; sistemazione del ballatoio e del balcone ; gita in val Formazza ; vari incontri con il serramentista per finestra e tapparelle ; gita in treno a Firenze insieme a nostra figlia (cabin crew della British Airways) , che tra un volo e l’altro il giorno dopo è anche venuta a casa per andare dalla parrucchiera e cenare con Alida.  

Finalmente alle 17 di sabato 9 agosto, dopo un carico camper molto faticoso sotto lo sguardo smarrito e deluso di Sky e il miagolio sconsolato di Nebbia, siamo riusciti a partire.   Dopo 240 km.  arriviamo al lago artificiale del Moncenisio, dove tutte le aree di parcheggio sono affollate e abbiamo faticato a trovare un posto di sosta a bordo strada : gran bel freschino, passare dai 39 gradi di casa ai 20 serali del passo.  Lo stato d’animo è insicuro, incerto, ci sembra quasi di non farcela, quasi di affrontare una avventura troppo grande.  Facciamo giusto in tempo a scattare due foto ed è già buio pesto; al mattino altre due foto, colazione e partenza.  Iniziamo ad attraversare paesaggi bellissimi e ad affrontare il velato rammarico per il continuo distacco .

Domenica 10 agosto è una intera giornata di viaggio intenso : Gabriele guida per 740 km. per approdare al Camping Municipal di Cinq Mars la Pile (vicino a Tours), molto vicino all’autostrada : sistemazione molto confortevole in grandissima area erbosa alberata.  Cena e buonanotte.

Lunedì 11 agosto ripartiamo diretti a Carnac, dove vorremmo fare l’unica sosta del viaggio di andata, per sgranchire le gambe e per visitare il sito degli allineamenti di megaliti : annullato il resto del programma di tappe sulla costa ovest impossibili da recuperare. Dopo 325 Km. di traffico intenso arriviamo alla affollatissima Carnac : vano il tentativo di trovare un posto in area attrezzata. Tutto pieno e caldissimo (unico giorno con oltre 30 gradi) ; alla fine troviamo posto al sole in un parcheggio per camper, senza elettricità (che scopriremo essere per noi indispensabile : nonostante il sole cocente, la batteria interna non è sufficiente a sostenere il nuovo frigorifero, che raffredda benissimo, ma  consuma l’intera carica nel corso della notte e prima di mattina non abbiamo più luce).  Nonostante la stanchezza partiamo per la visita al sito dei megaliti, con le idee un po’ confuse : abbiamo già prenotato l’ingresso, ma dobbiamo passare a vidimare i biglietti alla Maison des Megalithes, dove ci diranno in quale campo faremo la nostra visita guidata.  Ci dirigiamo quindi verso la Maison, scoprendo con meraviglia che percorriamo un sentiero che circonda ogni campo dei vari  allignements : la visione è meravigliosa, stupefacente, entusiasmante. Fiancheggiamo le lunghissime file dei megaliti, gli enormi massi che si ergono come sacerdoti eterni, ordinati in lunghissime file, che solo nella fuga della prospettiva – che sembra senza fine – sembrano rimpicciolirsi. E pensiamo a quante stagioni hanno scandito il ritmo del tempo e quante vicende si siano succedute intorno a loro, silenziosi testimoni della storia.   Che cosa rappresentassero o quale funzione svolgessero questi enormi massi eretti in file ordinate che corrono da est ad ovest, dall’alba al tramonto, dall’entroterra al mare, rimane un enorme mistero.  Molto meno entusiasmante si rivela la visita guidata, condotta in un campo posizionato esattamente dietro al nostro parcheggio : per cui dobbiamo rifare tutto il percorso inverso di corsa – per non arrivare in ritardo-  perdendo anche la possibilità di visitare il centro di documentazione della Maison (per la quale non abbiamo le forze di rifare l’intero percorso di 2 km avanti e indietro, di nuovo di corsa, perché i tempi sono ristrettissimi ) ; inoltre la visita guidata si traduce in alcune tappe all’interno del campo di Allignements di Loqmarier, nel quale veniamo chiusi, durante le quali dovremo ascoltare la nostra guida – del tutto indifferente a qualsiasi sollecitazione o richiesta – stando in piedi fermi sotto il sole a picco, con 36 gradi di temperatura : neppure lo svenimento di una ragazzina, che poi prosegue tutta la visita rimanendo seduta a terra smuove la indefessa ragazza che continua a parlare, ponendo a se stessa continui quesiti ai quali fornisce risposte di cui non riusciamo a capire granchè.  Si sofferma a lungo nella descrizione dell’erbetta che circonda i megaliti : sembra che la differenza tra un megalite che sta ancora in piedi ed uno caduto al suolo sia da ricondursi alle solo apparentemente fragili erbette che ricoprono il terreno, lo rinforzano tanto da  fornire una solida base alle millenarie rocce.  Tutto ciò invidiando le persone fuori dal recinto, che possono vedere esattamente le stesse cose che vediamo noi, senza aver pagato il biglietto,  ma soprattutto passeggiando liberamente e tranquillamente all’ombra di qualche alberello , senza dover sopportare la tortura di lunghissime soste inutili ed un soliloquio di cui non capiamo quasi nulla. Comunque tutti i campi sono aperti e visitabili gratuitamente da ottobre ad aprile : e penso a quale meraviglia possa essere vivere tra queste pietre millenarie, risvegliarsi alle prime luci dell’alba insieme al loro maestoso orgoglio , e addormentarsi nell’ombra lunare di rocce testimoni di antichi segreti, osservare il cambiare delle stagioni, l’arrivo delle nuvole, guardare il cambiamento dei loro colori con il variare della luce e del cielo al quale si tendono ….

Nella suggestiva campagna bretone, in Francia, e più precisamente a 4 km dalla baia di Plouharnel, sull’oceano, vi sono circa 3000 (TREMILA) megaliti : si tratta degli allineamenti di Carnac, tra i più estesi complessi megalitici al mondo.   Risalgono al Neolitico (l’ ultimo dei tre periodi che costituiscono età della pietra, che va dall’ 8000 al 3500 a.C. : in questo periodo, oltre alla levigatura della pietra, iniziano a svilupparsi la ceramica, l’agricoltura, l’allevamento, con l’evoluzione di strutture famigliari e la trasmissione di beni all’interno del clan).

Si tratta di tanti menhir posti a formare dei cerchi oppure allineati in file molto lunghe.
Vi sono poi dei menhir isolati oltre che dei tumuli e dei dolmen.

Menhir deriva dal bretone men e hir “pietra lunga”. I Menhir sono dei megaliti monolitici di epoca neolitica di enormi dimensioni: alcuni raggiungono i 20 metri.

I tumuli e i dolmen sono tombe :

  • un tumulo è una sorta di montagna o collina artificiale, fatta di terra e pietre, costruita sopra una o più sepolture.
  • un dolmen è un tipo di tomba preistorica megalitica, costituita da una camera spesso interrata.

 Gli allineamenti di Carnac sono molto estesi, e suddivisi in diversi campi ;  i più importanti allineamenti sono: Le Ménec, Kermario, Kerlescan et Le Petit Ménec.

Le Ménec sono allineamenti di oltre 1000 menhir, divisi in 11 file su un’area lunga 950 m, i menhir più alti hanno un’altezza di 4 metri. È poi presente un prolungamento orientale e una serie di menhir isolati a est.

Vi è inoltre un enorme cerchio formato da 71 menhir all’interno del quale sorge l’omonimo villaggio di Le Ménec. Tra i menhir che circondano il villaggio vi è il famoso Grande menhir spezzato, noto anche con il nome “Pietra delle fate”, risale al 4500 a.C. ed è enorme: alto 20 metri, largo 3 metri e pesante 300 tonnellate circa.    Originariamente era parte di un allineamento, lungo circa 55 metri, composto da una ventina di menhir posti in ordine di grandezza.   Oggi il menhir non è eretto ma appare abbattuto al suolo e spezzato in 4 parti.     Non si sa quando e perché il menhir venne abbattuto: in ogni caso, in base alle ricerche archeologiche, pare che la distruzione avvenne circa 2 o 3 secoli dopo la sua costruzione.     Questo gigante era noto sin dall’epoca dei romani che lo chiamavano “Colonna del Nord” e lo usavano come punto di riferimento per identificare la strada che portava al porto del Golfo del Morbihan.  L’enorme menhir venne realizzato in granito, un granito che, a differenza di quello degli altri menhir di Carnac, proveniva da un’altra zona sita a circa a 15 km e trasportato qui non si sa come.   Vennero probabilmente usate delle strutture in legno e un sistema di leve per issare l’enorme pietra, poi vennero usati strumenti in quarzo per levigarla.

Kermario è costituito da 980 menhir circa suddivisi in 11 file, vi è anche un dolmen.
Questo è stato per molto tempo la parte più famosa e visitata degli allineamenti ; infatti è oggi quella più rovinata ed erosa proprio a causa dei troppi visitatori non sempre rispettosi.   Inoltre nel XIX secolo qui è stato costruito un canale che ha distrutto parte delle pietre, modificando lo scenario.   

Vicino a questo vi è il Quadrilatero di Le Manio.   Si tratta di un recinto rettangolare di 37 metri x 7 metri costituito da pietre di granito tutte alte un metro circa. A queste fa eccezione il Gigante di Manio, un menhir alto circa 6,5 metri.

Le Kerlescan et Le Petit Ménec sono allineamenti di 540 menhir divisi in 11 file.

Questi menhir sono giunti fino a noi molto ben conservati, almeno lo erano fino alla fine dell’Ottocento, quando hanno iniziato ad essere saccheggiati da “antiquari”, appassionati e vandali.    D’altronde un po’ tutti gli allineamenti di Carnac hanno avuto questa sorte: considerate che per secoli queste pietre sono state usate come materiale da costruzione per case, strade e ponti!
Inoltre molti menhir sono stati anche spostati o distrutti per far spazio alle attività agricole.

Come per tutti i grandi monumenti neolitici non è conosciuto il motivo della loro costruzione, con massi che venivano trasportati da altre regioni .  Chi glielo ha fatto fare a quegli uomini e donne del Neolitico di fare tutta questa fatica??   Di rischiare di farsi male o addirittura morire schiacciati da questi giganteschi massi per costruire gli allineamenti di Carnac?   Le ipotesi sul perché vennero costruiti gli allineamenti di Carnac sono molte: steli funerarie, calendari solari, un tempio a cielo aperto, una sorta di sismografo primitivo.

In passato alcuni studiosi hanno anche proposto teorie strampalate..
Come il fatto che questo fosse un antico campo militare romano  oppure una sorta di segnalazione per indicare i campi o zone d’affluenza delle falde sotterranee acquifere e metallifere.

E poi ci sono le leggende!

 Gli allineamenti di Carnac hanno stimolato la fantasia popolare: sono tantissime le leggende che circolano su di esse!   Secondo alcune leggende queste pietre sarebbero persone pietrificate da divinità per punirle di azioni malvagie commesse: ad esempio sono molte le leggende sulla pietrificazione dei soldati romani venuti ad invadere le terre bretoni.   Per altre leggende le pietre sarebbero vive e si animerebbero e andrebbero ad abbeverarsi in alcuni periodi dell’anno. In altre potrebbero uccidere o maledire coloro che tentano di danneggiarle!

Comunque gli allineamenti di Carnac i menhir sono diventati un vero simbolo della Bretagna francese, anche grazie ai fumetti di Asterix.     Asterix (nell’originale francese Astérix o Astérix le Gaulois) è una serie a fumetti francese di genere umoristico/avventuroso, creata da René Goscinny (testi) e Albert Uderzo (disegni), pubblicata a partire dal 1959 e tradotta in molte lingue. Sono stati fatti anche diversi film.    Asterix è famoso: il fumetto ha venduto oltre 200 milioni di copie.  Ambientato nell’antica Gallia al tempo di Giulio Cesare, attorno al 50 a.C., il fumetto ha per protagonisti il guerriero gallo Asterix, il suo miglior amico Obelix e gli altri abitanti di un villaggio gallico sito nell’attuale Bretagna.   Circondato dagli accampamenti romani, il piccolo villaggio gallico rimane l’unico pezzo di Gallia libero dal dominio romano: questo grazie alla pozione magica preparata dal druido Panoramix, in grado di rendere fortissimo, anche se per brevi periodi di tempo, chi la beve.   Obelix, l’amico di Asterix, è caduto da bambino nella pozione magica e questo fatto lo ha reso fortissimo per sempre: placido, gioviale e non proprio sveglissimo, il grasso (anzi, come dice lui, “robusto, non grasso!”) Obelix va spesso in giro portandosi dietro un enorme menhir in granito! 

Rientriamo stremati nel nostro camper surriscaldato ; per fortuna la sera l’aria rinfresca decisamente e verso le 23 anche  il nostro Biagio 2.0 è un po’ piu fresco.  Chiacchieriamo con una coppia di giovani camperisti toscani, che ci chiedono informazioni su Londra e l’Inghilterra in generale ; manderemo un po’ di notizie pratiche -che ho già scritto e  salvato- e qualche diario di viaggio, per fornire qualche idea.  Notte molto buia : verso mattina smettono di funzionare tutte le luci e Mattarelli entra immediatamente in modalità allerta rossa, accendendo il motore per ricaricare la batteria interna.  Da ora in avanti il nostro destino è segnato : solo aree con attacco elettrico (salvo emergenze).

Martedì 12 agosto, dopo un veloce passaggio alla Maison des Megalithes percorriamo gli ultimi trafficati 130 km. e corriamo a Plougastel St. Germain , sotto Brest . Seguirà una intensa settimana di lavoro, emozioni e divertimento per i preparativi ed il matrimonio. Alla fine della quale corriamo verso il mare a Ruscumunoc ,  dove abbiamo un appuntamento con il tramonto e dove iniziano ufficialmente le nostre vacanze in Bretagna. 

Lunedì 18 agosto ci concediamo un risveglio con tutta calma. Al mattino operazioni di riordino e pulizia del camper . Poi partiamo per una bella passeggiata di 7 km. sul sentiero litoraneo della Bretagna (GR 34) : picnic in spiaggia ascoltando lo sciabordio delle onde. Vediamo qualcosa muoversi in acqua verso riva, ma io sono senza occhiali e Mattarelli in modalità pranzo : due ragazzi ci dicono essere una foca ( e io non l’ho fotografata : sono ancora arrugginita). Superando varie baie tra una rada nebbiolina ogni tanto trafitta dal sole, raggiungiamo la Pointe du Corseu, il punto più occidentale della costa francese.  Ci trasferiamo all’area di sosta di Lampaoul Plouarzel : dove ci facciamo una corroborante doccia fredda, prima di cenare con vista sul mare.

Martedì 19 agosto ci trasferiamo a Ploudalmezeau , nel camping comunal Les Dunes. Il tempo è sempre grigio : sembriamo – in realtà siamo –  immersi in una enorme nuvola . Decidiamo di esplorare la costa in bicicletta. Sul percorso vediamo : il Dolmen di Guilliguy  ;  la Chapelle Notre Dame de Kersaouit ; Tremazan, dove imbocchiamo  la bellissima route touristique ; la Chapelle de Saint Sanson ; le Ruines du Semaphore de Kerhozoac ; il Dolmen di Saint Gouvel .  Tra le indicazioni in francese e le traduzioni in bretone (molto simile al gallese, per l’origine legata alle invasioni dei popoli nordici) che non sono indicate insieme, facciamo una gran fatica a trovare le strade e a capire dove siamo : ogni cartina o sistema di orientamento sambra parlare una lingua diversa, in una miriade di villaggi Plou..qualcosa.  Alla fine faremo 33 km , tra bruma, nebbia fitta, rischiarite improvvise : il rientro è surreale. Pedaliamo velocissimi e bagnaticci (ha inizato a cadere una sottile pioggerellina), completamente immersi in una nuvola, senza sapere esattamente dove siamo : ogni tanto vediamo comparire e sfilare via veloci ombre di mare o di colline o di case, sembra l’atmosfera fatata di un racconto fantastico.

Arrivati in camper, dopo una settimana di vegetarianesimo, decidiamo di farci un bel piatto di tortellini in brodo, che ci stanno anche perfettamente con il clima e con l’umidità generale.

Mercoledì 20 agosto decidiamo di completare la visita della zona : prima con la visita del piccolo memoriale Ancre en Eor (che ricorda l’enorme disastro ecologico che colpì l’intera costa di tutta la Bretagna nel 1978, quando la petroliera Amoco Cadiz si spezzò lberando tutto il suo carico di petrolio grezzo) .

https://it.wikipedia.org/wiki/Naufragio_della_petroliera_Amoco_Cadiz

Passeggiamo poi sulla enorme spiaggia di Treompan, abbracciata dal massif dunaire sul quale si allunga la Rocher du serpent. 

Ci trasferiamo a Plouguerneau, dove facciamo una bella passeggiata : avvistiamo un falco e mangiamo una buona crepe, ammiriamo da non troppo lontano il grande Phare de l’Ile Vierge, facciamo qualche acquisto in un negozio che vende abiti vintage. 

Guardando le previsioni del tempo che ci danno qualche giornata di sole, decidiamo di tagliare alcune delle prossime tappe e di dirigerci spediti verso la costa di granito rosa. Dormiamo quindi al camping municipal de Tregastel (per fare la prenotazione all’area di sosta di Perros Guirec – o Ploumanach – ci rassegnamo a fare la tessera associativa del Camping Car Park, supportati dall’assistente telefonico che riordina la confusione da noi fatta tentando di attivarla).

PARTHENOPE di Paolo Sorrentino. STRUGGENTE .

Abbiamo visto Parthenope, per me il più bel film di Paolo Sorrentino.

E’un film che – per la prima volta nei film di Sorrentino –  ha mosso molte emozioni, e mi ha commosso e fatto piangere : struggente. Con dialoghi e musica che ti rapiscono.

Ci accompagna nella vita di Parthenope , una ragazza che ha in sé una potenza quasi mitologica, ben rappresentata dalla incantevole Celeste Dalla Porta : sin dalla sua nascita, nel 1950 e nell’acqua salata del golfo di Napoli, con una carrozza reale che la aspetta … Viene battezzata da Achille Lauro – per cui il padre lavora come contabile –  con l’antico nome della città.

E Parthenope – abbracciata dalla luminosità e dall’incanto del golfo – esce dall’acqua del mare come una Venere, quasi l’incarnazione di un ritratto del Botticelli, con la sua bellezza e la sua tenerezza disarmanti  : diventa una ragazza giovane ed intelligente, che cerca risposte e senso, che “ha sempre la risposta pronta”  …  E mi ha fatto ricordare tutta l’energia potente e sensuale della giovinezza, quando è ancora tutto possibile, quando ci si mette in gioco sempre e comunque, quando non si hanno resistenze ma si desidera cercare e trovare …  E in una vacanza a Capri insieme a Sandrino, suo eterno innamorato, e il fratello Raimondo, passeranno tra feste, inviti dell’ Avvocato che ronza in elicottero, incontri con lo scrittore John Cheever che lei ama, e che trascorre le proprie giornate tra fiumi di alcool.  In realtà Parthenope sa già quello che vuole : rifiuta tutte le proposte indecenti ed infine si concede a Sandrino, suo eterno innamorato.

“Io non so niente, ma mi piace tutto”.

“E’ enorme la vita… ci si perde dappertutto”.

“Lo vedi il futuro laggiu’ Sandrì ? E’ più grande di me e di te …”

E la sua è una ricerca sull’umanità, sulla vita :  che si concretizza anche nel suo percorso universitario, alla facoltà di antropologia, dove incontra l’imperturbabile, ironico ed essenziale professor Marotta (un Silvio Orlando stupefacente) .

“All’università si viene già pisciati e cagati. “

“Agli insegnanti basta essere avanti agli studenti di un solo argomento. Lo sa chi l’ha detto questo ? Billy Wilder, un antropologo”.

Ma per l’intero film – che percorre il fluire della sua esistenza – Parthenope continua a chiedersi  che cosa sia l’antropologia . Ma non è soddisfatta dalla prima risposta accademica : l’antropologia è la scienza che studia l’essere umano, considerato sia come soggetto o individuo, sia come membro di comunità  (“questa è la risposta che lei può permettersi”) . E quindi lo chiede con insistenza al suo professore, che coglie la sua capacità di sentire e la sua intelligenza e stringerà con lei un patto :

“Io non la giudicherò mai e lei non mi giudicherà mai. Le piace questo patto ?”

“Voi giovani volete le risposte, ma non sapete fare le domande. “

Ogni età ha il proprio lato oscuro, che travolge anche Parthenope, quando il suo viaggio di scoperta del piacere è interrotto dal suicidio del fratello Raimondo,  irrisolto, tormentato, amato quasi fino all’incesto, e  che non riesce a trovare compensazione alla  propria fragilità. 

“Raimondo confonde l’irrilevante con l’indicibile.” (Parthenope)

“E’ difficile essere felici nel posto più bello del mondo”. (Raimondo)

Silenzio : nei più belli è mistero, nei brutti è fallimento. “ (John Cheever)

E questo dramma,   l’accusa della madre (“io lo so che è colpa tua”)  e la disperazione inconsolabile del padre ,  cambieranno la sua vita : Parthenope riuscirà solo a trovare relazioni momentanee, rinunciando alla ricerca di un rapporto d’ amore  .   Ma non alla sua ricerca sull’umanità e sul senso del vivere.

E questa ricerca la porta ad attraversare i territori  cupi dell’esistenza  : fallisce il tentativo di imparare a recitare, perché ha “nei tuoi occhi non c’è gioia e questo la macchina da presa lo vede e non lo perdona” ;  la terribile invettiva contro Napoli e i napoletani della famosissima attrice Greta Cool :

Camminate a braccetto con l’orrore e non lo sapeteSiete poveri,  vigliacchi, piagnucolosi, arretrati, rubate e recitate male. E sempre pronti a buttare la croce addosso a qualcun altro, all’invasore di turno, al politico corrotto, al palazzinaro senza scrupoli, ma la disgrazia siete voi, siete un popolo di disgraziati. E vi vantate di esserlo, non ce la farete mai  … cari orrendi napoletani io me ne torno al Nord, dove regna il bel silenzio, dal momento che io non sono più napoletana, da molti anni. Io mi sono salvata, ma voi no. Voi siete morti. “  

il crudele rito di unione – fusione carnale – tra due famiglie mafiose ; il rapporto fugace con un affascinante capo mafioso Criscuolo,  a cui segue una gravidanza che Parthenope sceglie di interrompere ; il viaggio nei bassi di Napoli – che attraversa come una Madonna bellissima –  tra la vera miseria e la devozione per il mafioso che elargisce doni ; l’incontro con il gran vescovo Tesorone (“farabutto” – la allerta il buon professore- di cui però Parthenope apprezza la “sfacciataggine”) alla ricerca dei segreti del miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, che introduce Parthenope alla dimensione della sacralità, che nulla sembra avere a che fare con il barocco della chiesa e l’opulenza del tesoro, ma sembra essere custodita solo nel suo piacere. 

Il Cattolicesimo : la libertà non passa per le porte.”  “ E per dove passa ?”  “ Non passa .” (Tesorone e Parthenope)

E mano a mano che gli anni passano, che le esperienze disvelano la realtà, si sgretolano anche tutte le illusioni giovanili.

Gli amori giovanili non servono a niente.” “ Sono serviti a darci l’illusione della spensieratezza.” “ E che ho detto io ? Non sono serviti a niente.” (nell’ultimo incontro tra Sandrino e Parthenope)

“Lo senti l’odore degli amori morti ?”  (John Cheever)

La certezza della realtà ci fa sbiadire”.

La verità è indicibile” . 

“E comunque Dio non ama il mare. Dio non ama il mare, ricordatevelo. Arrivederci. ” (Tesorone)

Fino all’ultimo incontro con il professor Marotta – che le disvela il proprio segreto in un atto di commovente fiducia – e che la accompagna in questo percorso di presa di coscienza, come un padre saggio : a Parthenope, che sa vedere, vorrebbe lasciare la sua cattedra. Lui continuerà ad accompagnare il figlio malato (un gigante dal volto lunare, fatto di acqua e sale, come il mare) .   E finalmente  le disvelerà il significato dell’antropologia, dell’essere umani nel mondo : ora che si è spogliata di emozioni, desideri e pensieri superflui, potrà comprenderlo :

L’Antropologia è vedere. E’ difficilissimo vedere, perché è l’ultima cosa che si impara, quando comincia a mancare tutto il resto “. (professor Marotta)

E in queste poche parole si condensa il senso del film : la struggente consapevolezza del tempo passato, delle cose perdute , dell’età più dolce . Che solo quando sono perdute, passate, finite sembrano diventare così  chiare.   La percezione malinconica e la commovente consapevolezza di quanto è diventato lontano, passato nel tempo del ricordo : e proprio per questo non potrà più tornare.

E dopo aver visto il film mi raggiungono altre suggestioni, come succede quando incontri qualcosa che ti entra nella mente e nell’anima .

  • Ascoltando il professor Vecchioni da Gramellini, apprendo che PARTHENOS OPSIS in greco antico significa: OCCHI DI RAGAZZA : nella mitologia greca Parthenos – insieme a Ligea e Leucosia – sono le tre ancelle di Persefone , figlia di Demetra (divinità legata alle stagioni) .   Quando Ade (dio delle ombre e dei morti) rapisce Persefone, portandola nel mondo degli inferi, Demetra si arrabbia con le tre ancelle che non hanno ben custodito e protetto la figlia, e per punirle le trasforma in tre sirene (uccelli con la testa di donne) scagliandole a Vibo Valentia  .    Le sirene (SVAR e SYAR, etimologia incerta) rappresentano origine del canto celeste e luminoso, ammaliante.
  • Mi trovo anche a riflettere sulle analogie tra il senso del film (si impara a vedere quando manca tutto il resto) e la vita di Vivian Maier, la fotografa che ha trascorso la propria vita facendo la tata.  Tutta la sua monumentale opera fotografica – venduta all’asta per insolvenza nei pagamenti dei locali in cui aveva depositato i propri scatoloni – è stata scoperta casualmente e fortunatamente raccolta solo dopo la sua morte.    Questa vicinanza mi è stata suggerita dal fatto che uno dei caratteri distintivi delle sue fotografie, è la capacità di rappresentare l’umanità delle persone, di cogliere gli affetti nascosti dentro piccoli gesti, di cogliere la personalità e gli stati d’animo delle persone ritratte.  Tanto che sembrano guardarci dritto negli occhi e non possiamo non ricambiare questo sguardo ed interrogarci su quanto ci muove dentro. E Vivian Maier era una persona che – per le tragiche vicissitudini della propria una storia – si è sempre difesa da emozioni e relazioni, terreni vissuti come pericolosi .   E la fotografia ha rappresentato l’unico mezzo per mettersi in relazione con gli altri e per esprimere liberamente la propria esistenza.

Per chi volesse approfondire consiglio la mostra in corso a Villa Reale a Monza e la lettura del libro di Ann Marks “Vita di Vivian Maier. La storia sconosciuta di una donna libera”.

Cercando la cometa abbiamo trovato il tramonto

Nell’ultimo mese abbiamo cercato informazioni, metodi e luoghi per tentare di avvistare la cometa Tsuchinstan-Atlas, che ha illuminato i cieli dell’emisfero australe, facendo anche un timido capolino nell’emisfero boreale comparendo all’alba e al calar del sole subito sopra l’orizzonte all’altezza di Venere e vicina al punto di tramonto. Abbiamo letto articoli, consigli di avvistamento, utilizzato programmi per la mappatura del cielo, cercato ogni suggerimento pratico.

Quella che potrebbe diventare una delle comete più luminose del secolo sarà visibile dalla sera di oggi, giovedì 10 ottobre, nell’ora del tramonto del sole. Questa sarà la prima occasione di osservare questa cometa scoperta nel 2023 e forse anche una delle poche possibili in un ottobre quanto mai nuvoloso. Cerchiamo quindi di non perdere questa “finestra” su un oggetto celeste previsto molto luminoso. Le previsioni meteo sono buone: il cielo dovrebbe presentarsi non solo sereno ma limpido e adatto quindi all’osservazione. Consiglio di iniziare a prendere posizione da un sito con l’orizzonte sgombro verso Ovest, dove poco prima delle 19 tramonterà il sole. Non occorrerà nessuno strumento anche se un buon smartphone con buoni obiettivi potrà essere di aiuto per cercare di immortalare questa prima apparizione della cometa. Appena il sole sarà scomparso dietro le Alpi verso le 19 o poco dopo la cometa apparirà d’improvviso con una breve coda rivolta verso l’alto. Scomparirà tuttavia dopo pochi minuti perché tramonterà a sua volta dietro l’arco alpino. Se si osserverà nei giorni seguenti alla stessa ora (19) sempre ad Ovest la si vedrà – di sera in sera – sempre più alta in cielo per poi tramontare qualche minuto sempre più tardi. La cometa infatti si sta allontanando dal sole dopo aver volteggiato attorno ad esso nella sua orbita lunghissima, con un periodo calcolato in 80 mila anni: infatti questa cometa per il genere umano non tornerà mai più ora si allontana dal Sole con la coda che si estende in direzione opposta.”

Quindi , motivati da una enorme curiosità (prossima al desiderio) ed armati di tutta la nostra attrezzatura fotografica, abbiamo compiuto tre esplorazioni serali, ostacolate dal transito di nuvole e da foschia inopportune . La prima al Faro Voltiano, sopra Brunate , con cielo solcato da nuvole ferme, più dense all’orizzonte. Abbiamo inutilmente unito le nostre forze a quelle degli altri aspiranti osservatori di comete che abbiamo incontrato…

La seconda sera sempre al faro Voltiano, con cielo più terso, tranne che all’orizzonte . E abbiamo fotografato anche Venere, ma nessuna traccia della misteriosa cometa.

Essendosi Gabriele rifiutato di affrontare nuovamente la strettissima (e talvolta congesta) salita al faro, abbiamo cercato un altro punto di osservazione dell’orizzonte : ed abbiamo scoperto che a Bosisio Parini, dietro al cimitero, c’è una bellissima passeggiata sulle sponde del lago di Pusiano ed un bellissimo punto di osservazione del tramonto . E lì abbiamo trovato un altro fotografo alla ricerca della cometa, che era riuscito ad immortalare proprio quella mattina all’alba.

Anche questa volta la nostra ricerca è stata vana : ma devo dire che il tramonto che ci ha circondato ci ha davvero incantati, e vogliamo condividerlo .

Nulla abbiamo modificato di tanto incanto , che desideriamo condividere ; siamo tornati a casa con la mente piena di luci e colori.

Con la consapevolezza che talvolta lo straordinario è già nell’ordinario….

VILLA CARLOTTA : LA MERAVIGLIA E LA POESIA

Dopo molti anni – circa 30 – abbiamo nuovamente visitato Villa Carlotta, rimanendo incantati dal suo splendore, riportato alla luce dagli importanti lavori di valorizzazione e recupero effettuati e tuttora in corso, che hanno annientato il nostro vecchissimo ricordo di stanze grigie e quasi vuote, circondate da cascate di fiori.       Tremezzo come al solito ci accoglie con la straordinaria bellezza del suo paesaggio : le antiche eleganti dimore di villeggiatura , lo sguardo che si allunga sino ad accarezzare le dolci curve di Bellagio. 

Il 28 settembre -in una spettacolare  giornata di sole , una di quelle occasioni che un fato generoso ti regala-  abbiamo partecipato ad una  bellissima visita guidata dal conservatore della Villa, Alberto Corvi, che ci ha incantato, emozionato ed anche commosso con il suo coinvolgente racconto e la sua premurosa attenzione.  Abbiamo qui conosciuto le vicende di Giovanni Battista Sommariva, il politico e mecenate che ha dato vita ad una monumentale raccolta di beni artistici che oggi purtroppo rimane solo in parte.  E dopo una veloce sosta presso il bel ristoro, abbiamo anche partecipato alla visita dei giardini, guidati da Gianluca Selva, capogiardiniere e soprattutto cintura nera di giardinaggio in arrampicata. Ci sono stati svelati alcuni segreti delle piante secolari , esotiche , curiose , delle enormi serre (dove vendono riparate in inverno gran parte delle piante, che incredibilmente sono in vaso), del recupero dell’uliveto secolare, della pesciera … 

Abbiamo anche visitato la bella mostra di Luisa Albertini, vivace artista comasca che ci ha divertito con le sue opere colorate e popolate dalle figure meravigliate che abitavano le sue stanze e lei chiamava per nome.

E così, una visita sola non è stata sufficiente : oggi abbiamo voluto portare – e porteremo ancora nelle prossime settimane – i nostri amici ad ammirare tanta bellezza. I baci appassionati, gli abbracci dolcissimi, gli sguardi languidi, orgogliosi o frementi che affollano le stanze antiche ; le lacrime del rimpianto scolpite nel marmo ; una statua che sembra animarsi e travolge il suo creatore, l’attonito Canova che non riuscirà più a separarsene ; l’azione scolpita e fermata per l’eternità  in semplici e sapienti gesti pieni di tenerezza ; le forme perfette degli Dei dell’Olimpo che scendono nelle nostre vite e ci circondano  …  E le antiche stanze improvvisamente si animano di  presenze eterne, che sembrano parlarci : ci dicono  che le più profonde esperienze umane attraversano immutate il  tempo ed i territori, come frecce  capaci di colpirci al cuore.

E gli stessi sentimenti – orgoglio, dolcezza, caparbietà, amore, saggezza  – troviamo a risuonare nei giardini e nei fiori , nella danza delle libellule che ci volano attorno, e che non si rassegnano ancora all’arrivo del primo freddo .   

Io voglio davvero ringraziare dal profondo del cuore tutti gli operatori della Villa  che ci hanno accolto con tanta passione e che soprattutto hanno ridato vita e curano ad un tesoro tanto prezioso, facendolo nuovamente risplendere .

JOKER, folie à deux

Ieri pomeriggio sono andata a vedere l’atteso secondo capitolo della storia infelice di Arthur/Joker.

Le mie considerazioni – del tutto soggettive – del film stavolta non sono assolutamente semplici. Devo fare due premesse : la prima è che ho adorato il primo film, di cui avevo scritto questo :

“… ho avuto il timore che si trattasse di una storia la cui morale era : i matti pericolosi dentro . Ci ho pensato un bel po’ dopo aver visto il film la prima volta : e devo dire che era un pensiero dirimente , nel senso che non avrei accettato questa prospettiva. Poi in realtà ho deciso che -nella storia che ci viene raccontata – quello che non funziona assolutamente  e’ qualcosa che non c’entra con la  fragilità di Joker, spiegata dalla graduale rivelazione della sua tragica storia personale e ci fa capire che la diversità ha una storia e non è una colpa .  Joker cerca risposta, conforto, ascolto, cura, lavoro … ma trova altro. Quello che non funziona – nella storia che ci viene raccontata – sono la crudeltà di piccoli significanti gesti (il collega consapevole delle violenze che subisce e che gli regala un’arma, e lo fa poi licenziare facendo credere che l’abbia sottratta), l’indifferenza (nessuno vede la sofferenza di quest’uomo, tutti girano il capo da un’altra parte, nessuno e’ capace di ascolto) , la derisione e il rifiuto della diversità (chi lo vede spesso lo allontana, lo deride, lo aggredisce violentemente), le negligenti omissioni di una politica corrotta (gli tolgono anche la più piccola possibilità di cura con uno spazio di ascolto e di terapia) , le regole spietate di una società competitiva (solo i più forti arrivano, per gli altri non c ‘ è spazio ne’ diritti ; e’ il successo volubile ed illusorio , anche di un solo minuto in uno show televisivo  a darti voce ) , la inconsapevolezza stupida e cinica dei meccanismi che perseguono il successo (anche di un solo minuto ) ignorando ogni evidente sofferenza e disagio. E’ questa la realtà in cui  il povero Joker si muove e cerca risposte che non riesce mai a trovare : solo in figure allucinatorie trova conforto … una ragazza , la rivolta finale dei pagliacci potrebbe esserlo, tragica ed illusoria rivalsa. Non leggo la storia individuale di Joker come paradigma psichiatrico soggettivo : lo vedo piuttosto come paradigma psichiatrico del mondo in cui vive, se così si può dire. Il vero malato e’ quel tipo di contesto e le sue regole : la storia di Joker mi sembra una radicale condanna ai meccanismi spietati dei contesti sociali e politici competitivi, escludenti, disumani, indifferenti, intenzionalmente  omissivi. Una società dominata da una morale in cui la violenza e’ tollerata, utilizzata , assecondata , a livello collettivo e individuale , che non può che produrre altra violenza, senza fine .”

Seconda premessa : mi piacciono anche alcune canzoni di Lady Gaga (chi riesce a non ballare quando parte Pokerface ?) .

Penso che questo secondo capitolo non sia a livello del primo : il registro del musical – che dovrebbe servire ad esprimere il mondo fantastico di Arthur/Joker – in realtà sembra quasi uno stratagemma per arruolare Lady Gaga : che canta indubbiamente bene, ma non mi è sembrata assolutamente all’altezza del proprio personaggio, della trama e neppure in sintonia con il protagonista. E in questo film la cosa importante non è cantare bene, ma convincere, trasmettere emozioni coerenti con la storia tragica e violenta a cui assistiamo. Joaquin Phoenix è invece STREPITOSO : incarna perfettamente – e mai questo termine potrebbe essere piu’ azzeccato – il tormentato Arthur/Joker, e continua a farsi voler bene, nonostante tutto. Bene che – tragicamente – non è in grado di sostenere, bene che desidera e teme , ferito dai costanti tradimenti e abbandoni.

Nel primo capitolo Arthur diventa Joker, e capiamo molto bene quali sono i motivi. In questo secondo film, Joker torna ad essere Arthur … e paga il conto della sua rivolta violenta. Che si diffonde come un virus, e scatena la rabbia , il desiderio di rivalsa che in fondo alberga diffusamente l’animo umano, ma che è anche una scelta da cui proteggersi. E mentre il primo film si conclude con questo senso di riscatto (illusorio) , il secondo capitolo è molto molto più triste.

Non voglio dire nulla della trama, che va scoperta e che presenta alcuni nodi cruciali della storia del protagonista. Nonostante i lustrini, le pailletes, le luci del palcoscenico che popolano le dissociazioni oniriche del povero Joker – in modo del tutto dissonante dalla sua tragica condizione reale – il film mi sembra la perfetta rappresentazione della SOLITUDINE ASSOLUTA DEI PERDENTI, DEI DISADATTATI. Dopo la scena finale – che è ancora un drammatico esempio della crudeltà del mondo, mi sono ritrovata con un mattone pesantissimo nello stomaco. Film disturbante : la rabbia e il desiderio di rivalsa violenta albergano in tutti noi forse, ma sicuramente non sono la soluzione giusta. Il povero Arthur non ha avuto la possibilità di scegliere altre strade, ma ci mostra quanto sia importante farlo.

Per concludere : secondo me film assolutamente da vedere … (sopportando stoicamente la presenza di Lady Gaga).

STORIA TRISTE, CON FINALE ISTRUTTIVO : se il vostro cane ha vomito, diarrea, inappetenza, fategli fare l’esame delle feci

Queste bellissime cagnolina e gattina in perfetto sincro da medaglia olimpionica sono Nina – cane indomito e fortissimo di 16 anni e mezzo – e Sky – minuscola gattina tartaruga di 5 anni, che ha conseguito sul campo il diploma di scienze della vicinanza, una laurea in sostegno emotivo ed infine una laurea magistrale in rianimazione senza anestesia.

Vorrei raccontarvi la storia, inizialmente molto triste, che ha visto Nina come protagonista di queste ultime sei settimane di vero incubo.

Lo scorso giugno siamo rientrati dall’Inghilterra, rinunciando alle nostre vacanze perchè prima io poi mio marito Gabriele, abbiamo preso il Covid : niente di grave, oltre alla rinuncia della vacanza, ed alle due settimane per me e un po’ di più a lui per la ripresa . Viste le scarse energie psicofisiche, avevamo pensato di fare una tonificante vacanza al mare tra le isole della Croazia : come scriveva Karen Blixen “la cura per ogni cosa è l’acqua salata : sudore, lacrime o il mare”. Quindi un po’ affaticati abbiamo affrontato di nuovo l’allestimento del camper, rifatto una bozza di programma tra le isole di Krk, Cres , Losinj , Dugi Otok, e verso fine giugno  siamo ri-partiti .   Arrivati in Croazia , appena attraversato il ponte che porta sull’isola di Krk, Nina ha iniziato a dar segni di stanchezza con sospetto rifiuto di ogni assaggio proposto , visto che l’appetito non le è mai mancato ( da cucciola ha divorato un divano intero pezzetto per pezzetto, trasformandolo in cacche multicolor che sembravano ricamate all’uncinetto ) ; inizialmente pensavamo ad un fastidio dovuto al grande caldo, che metteva a dura prova anche noi. Verso sera però (ovviamente di un venerdì) ha iniziato a stare sempre peggio e a vomitare, fino a due episodi di vomito di sangue rosso .  A quel punto (8 di sera) ci siamo molto spaventati e dopo due ore – non trovando nessun veterinario o centro disponibile a visitarla sino al giorno successivo – abbiamo deciso di tornare in Italia : a Monfalcone dove abbiamo trovato la più vicina clinica veterinaria con pronto soccorso (in realtà ci hanno poi detto che ne esiste un’altra in Slovenia, appena fuori dall’autostrada). Durante tutto il viaggio la Nina mi è rimasta in braccio tutto il tempo con la testa a penzoloni. Siamo arrivati all’ una di notte con la Nina che sembrava più morta che viva .   Abbiamo campeggiato nel cortile del centro veterinario e dopo visita notturna e mattutina , terapia,  esami del sangue ed ecografia sono state escluse cose gravi (vista l’età io pensavo a un tumore gastrico ulcerato), ed è stata fatta diagnosi di gastrite acuta.   Mentre stavamo per lasciare il centro, decisamente più tranquilli ed armati di indicazioni dietetiche e prescrizione di terapia, la Nina ha fatto una cacca strisciata di sangue, ed una nuvoletta di nero presagio è riapparsa sopra le nostre teste. La veterinaria ci ha detto di monitorare ma di non dare peso al fatto : può succedere…. Per cui – nuovamente preoccupati – abbiamo deciso di fermarci in zona , anche per avere un riferimento per il fine settimana estivo. Nei giorni seguenti non ci sono stati ulteriori episodi brutti, ma la Nina non si riprendeva ; smangiucchiava svogliatamente, spesso dopo molta insistenza e con imboccamento da parte nostra (cosa che ci lasciava impressionati, visto che fino a due giorni prima avrebbe mangiato anche un rospo vivo)… In questi giorni di osservazione noi abbiamo visitato la zona di Grado Aquileia, che non conoscevamo e dopo sei giorni abbiamo deciso di rientrare : la situazione infatti era in lento peggioramento, e così ha continuato nonostante le ripetute visite dal nostro veterinario e nel centro Prealpi (che fa anche pronto soccorso , dove siamo andati sia di notte che nei festivi). Per fartela breve : nel giro di un mese la Nina si era trasformata da un cane vispo e mangione ad un cane esausto e completamente inappetente : è arrivata a rifiutare ogni tipo di cibo, anche se la imboccavo . Fino a che ha definitivamente smesso di mangiare per tre giorni filati, oltre a presentare una diarrea non drammatica ma insistente ; i vari veterinari che l’hanno visitata si stringevano nelle spalle pensando “a qualcosa di brutto, vista l’età “ , qualcosa che però non si trovava (nonostante le varie ecografie).  Una situazione molto logorante, perché la vedevamo stare sempre peggio (gastrite, enterocolite, con un gorgoglio addominale perpetuo, ed alla fine anche una congiuntivite) ; fino a che gli esami del sangue di controllo hanno purtroppo evidenziato l’inizio di una pancreatite acuta che può essere una patologia molto grave e mortale, soprattutto in un cane di questa età. A questo punto ci è stato proposto il ricovero : ricovero che abbiamo rifiutato, conoscendo il nostro cane . Solo una volta nella vita – per una vacanza di una settimana nella quale non potevamo portarla con noi – l’abbiamo lasciata in una pensione “famigliare”, facendo il periodo di inserimento preliminare insieme a lei ; quando siamo tornati a prenderla, il povero gestore della pensione ha detto che – nonostante la tenesse sempre con sè, anche in ufficio con il condizionatore – la Nina ha abbaiato ininterrottamente, giorno e notte, interrompendo le sue vigorose proteste solo per mangiare e bere, divenendo infine completamente afona, e al nostro rientro ci ha solennemente sgridati con un’ora di abbaiate mute . Quindi con una stretta al cuore ed allo stomaco abbiamo deciso di rifiutare il ricovero, ed abbiamo continuato a casa le terapie, l’idratazione sottocute e l’alimentazione specifica per la pancreatite (frullata e forzata, con la siringa), sostenuti dalle nostre due gatte (Sky si occupava dell’assistenza perenne a Nina, e Nebbia – sua sorella – del supporto a noi). Ho smesso completamente di dormire , tormentata dalla mancanza di una causa per questo stato di malessere che si complicava sempre più, oltre che dal pensiero di evitarle – oltre a quelle in essere – sofferenze inutili (esami invasivi alla ricerca di qualcosa che non si palesava, traumi da allontanamento per lei insostenibili).

Quindi , mentre cercavamo di resistere, nel corso di un appuntamento per la quarta ecografia che aveva documentato sempre la grave infiammazione addominale che si era estesa dallo stomaco a tutto l’intestino ed al pancreas, per la TERZA VOLTA ho portato a far analizzare le feci (che mi sembrava tra le prime cose da fare in un cane con vomito e diarrea da causa sconosciuta)  : la veterinaria – un po’ controvoglia perché sempre alla ricerca del “ tumore, o comunque qualcosa di brutto, vista l’età e le condizioni generali” – ha però finalmente fatto l’esame. E il giorno dopo ci ha scritto che era stata rilevata la presenza di un parassita ( GIARDIA ), primo responsabile di tutta questa drammatica evoluzione .   Per cui in 5 giorni di banale  terapia mirata la Nina si è ripresa brillantemente , nonostante i 16 anni di età sui quali vince il carattere indomito : adesso sembra ringiovanita di 100 anni, fa la guardia abbaiando a chiunque si avvicini a casa, tira il guinzaglio come una forsennata e  saltella da una parte all’altra del divano rincorrendo le gatte . Intendiamoci: riposa la maggior parte della giornata VISTA L’ETA’ ED ANCHE IL CALDO, ma quando decide di svegliarsi è brillante. E’ tornata ad essere la nostra cagnolina, talmente cocciuta, determinata e rompiscatole, da diventare una vera forza della natura.

E con lei siamo un po’ rinati anche noi …

Peccato solo che – vista la pancreatite ora risolta – debba fare una dieta alimentare che le fa letteralmente schifo (e dall’odore, devo dire che non ha tutti i torti) : per cui dobbiamo frullarla e quando la rifiuta alimentarla con la siringa (almeno tre volte al giorno altrimenti le potrebbe tornare la gastrite) . Lei so sottopone pazientemente alla procedura (alla quale si è ribellata solo una volta), anche perchè ha recuperato il suo bell’appetito, ma ci guarda con espressione mesta , con il suo bel fumetto sopra la testa : “che cosa ho fatto di male per meritare questo trattamento ?” . Come non capirla, visto che ha sempre goduto di una dieta alimentare casalinga per lei espressamente cucinata dallo chef personale Gabriele. E’ comunque un cane dal carattere eroico e prova sempre di mangiare un po’ in autonomia, e qualche volta ci riesce . Ma quando non ne vuole sapere le tocca il frullato con siringa , al quale si sottopone stoicamente e pazientemente, concedendoci la sua fiducia, anche di fronte al passaggio da prelibati manicaretti al frullato siringato. E la grandezza di questa fiducia è grande quanto il suo appetito.

Lei ha perso 1 kg (su 7) ; io e Gabriele abbiamo perso l’appetito (per solidarietà) ed anche 3-4 kg a testa (il che deve essere sicuramente considerato un effetto positivo di questa triste vicenda) . Abbiamo passato comunque un mese e mezzo d’inferno , dominato da un vissuto di totale impotenza di fronte alle sofferenze della nostra Nina, causate da qualcosa di sconosciuto .

Questa vicenda ha alcune morali :

  • prima fra tutte : RICORDATEVI L’ ESAME DELLE FECI SE IL VOSTRO CANE HA VOMITO, INAPPETENZA, DIARREA ;
  • facciamo i conti con il ciclo vitale dei nostri animali : coloro che hanno famiglie composte da umani ed animali sanno che la malattia di un cane o di un gatto sono situazioni molto dolorose, superate solo da quella della loro perdita, ma dobbiamo rispettare il ciclo dell’esistenza, che è altra cosa rispetto alle nostre aspettative ; e anche quando arriva il distacco diamo spazio a quanta bella vita abbiamo condiviso con il nostro animale ;
  • lasciamo spazio alla speranza : mai fare diagnosi gravissime (tumori) se non li troviamo : capisco il sospetto e l’attenzione , ma allarghiamo anche la visuale ;
  • essere vecchi è solo in parte classificabile entro una serie di caselle statistiche : i guizzi del carattere possono sbaragliare tutte le previsioni ;
  • e per ultimo, o forse prima di tutto : gli animali hanno una sensibilità, una bontà, una saggezza, che risultano sempre stupefacenti e – ai miei occhi – commovente . Meritano tutto il nostro rispetto, e sono fonte di ispirazione e di apprendimento per chi ha cuore per sentirli.

CI SIAMO INNAMORATI DI AQUILEIA E GRADO

luglio 2024

Per una serie di sfortunati eventi accaduti nel giorno della nostra partenza e subito dopo il nostro arrivo a Krk  – prima tappa delle nostre vacanze sulle isole della Croazia – ci siamo ritrovati a Monfalcone, dove si trova la Clinica veterinaria Timavo che offre un eccellente servizio di pronto soccorso sulle 24 ore.

Dovendo rimanere nelle vicinanze per garantire le cure per la nostra cagnolina Nina , colpita da una bruttissima gastrite acuta da causa per ora non identificata,  abbiamo esplorato questo territorio  a noi completamente sconosciuto, nonostante i precedenti e numerosi veloci attraversamenti in camper.

E – come spesso succede quando ci si perde o il caso stravolge i nostri piani – abbiamo scoperto meravigliosi tesori a noi completamente sconosciuti .   

Il territorio è bellissimo : una catena di colline visibili all’orizzonte abbraccia una pianura verdissima , che scivola nella grande e tranquilla area lagunare, dove il cielo riverbera mille e mille riflessi, immobili o in lento movimento.   E mi sono ricordata delle descrizioni di questa terra e di questa gente fatte da Pier Paolo Pasolini, che il territorio ricorda e mantiene presente e viva : infatti ad Aquileia, all’ingresso del porto romano, ci accoglie Pier Paolo Pasolini, che tanto ha parlato di questa terra e di questa gente.

http://www.pasolinifriuli.it/

Altro aspetto degno di rilievo : una offerta turistica organizzatissima – una vera e propria macchina da guerra –  fruibile con semplicità ed immediatezza, con moltissime aree archeologiche, beni e monumenti, riserve naturali, una fittissima rete di piste ciclabili, importanti o capillari,  che attraversano il territorio e ti portano fino a Salisburgo a Nord e a Roma a sud.

E non ultimo il carattere della gente friulana : essenziale, robusto, gentile e premuroso. Nei giorni trascorsi in queste zone abbiamo sempre trovato persone gentilissime, disponibili all’accoglienza ed all’aiuto con premura, presenti per ogni necessità : in ogni momento o situazione abbiamo trovato  persone dirette e semplici, pronte a fornire risposte ad ogni domanda talvolta neppure esplicitata .  

Siamo stati perfettamente ospitati nello splendido campeggio Aquileia, completamente ombreggiato, dotato di servizi essenziali ma ineccepibili (una delle migliori docce mai provate : acqua calda e scrosciante) e di una piscina ristoratrice e non disturbante : al riparo di una fresca ombra, nella quiete animata solo dal delicato fremito delle foglie, abbiamo contemplato i cipressi secolari e le rovine del porto romano.  

Ed ecco le tappe della nostra breve esplorazione.

AQUILEIA .

Aquileia è un grande paese che vive le sue giornate tranquillamente disteso su una lunga storia che si stratifica in tre livelli distinti.   Nasce un primo nucleo preromano, il più profondo , costruito dal IX secolo a.C.  che ora riposa coperto da due metri di terreno.  Su questo – ad un metro e mezzo di profondità – si sviluppa in tutto il suo splendore la città romana che nasce come importantissima colonia fondata dall’impero nel 181 a.C. per proteggere e controllare i traffici sulla le frontiere a nord ovest .  La vita di Aquileia romana durerà sette secoli, nel corso dei quali diventa il più importante presidio del territorio, con un circo, un colosseo, le terme, palazzi signorili, numerose abitazioni riccamente decorate da marmi e pavimenti a mosaico, abitata da ricchi mercanti, politici, emissari dell’impero : e le sue abitazioni documentano splendidamente questa ricca storia, con i resti perimetrali delle mura delle abitazioni, i bellissimi pavimenti a mosaico che praticamente tappezzano con continuità questo livello.   Ed infine ci appare la cittadina che attraversando anni, decenni e secoli che hanno lasciato le loro tracce è arrivata sino ai giorni nostri, in cui le strade e le case si alternano a moltissime aree di scavo, o a vestigia di strade ed antichi  monumenti : l’impressione è di essere catapultati in una favolosa macchina del tempo, in cui le rappresentazioni antiche dei libri di storia ci appaiono di fronte agli occhi e diventano tangibili.  Potrebbe anche apparire un romano togato che ci accompagna sugli splendidi mosaici raccontandoci quello splendore.

Vediamo anche una elevatissima concentrazione di archeologi, volontari e studenti al lavoro, con aree di raccolta del materiale rinvenuto : e gli scavi sono comunque limitati dal fatto che Aquileia è un paese vivo, dove abitano oltre 3000 persone.  Gli aquileiesi ci hanno detto che in questo territorio anche il semplice lavoro dell’orto, la dissodazione del terreno, o la preparazione di uno scavo in giardino, spesso porta alla luce antichi lumi in terracotta, tessere o interi mosaici, monete, antichi oggetti : un semplice buco per la riparazione di una tubatura può portare alla luce il disegno di un antico mosaico.   E  così molte delle aree visitabili portano ancora il nome dei proprietari del fondo in cui sono stati rinvenuti (le case romane del fondo Cal ; la Domus di Tito Macro dell’ex fondo Cossar…) , che sono poi state acquistate dallo stato. E’ un luogo dove la storia è viva e presente, tutt’altro che dimenticata. Possiamo anche seguire il racconto e la  documentazione fotografica degli scavi dei vari siti : e così vediamo le mucche, il letamaio  e la stalla Violin sotto cui riposavano i bellissimi mosaici della Domus e del palazzo episcopale.    

E questi luoghi – in cui la memoria sembra animarsi di nuova vita – accolgono ancora altra arte, come la mostra fotografica Sguardi su Palmira, del fotografo Elio Ciol, con immagini riprese il 29 marzo 1996 : cioè prima della distruzione della antica città siriana, la Sposa del deserto,  da parte dei terroristi dello stato islamico durante la guerra civile nel 2013.   La memoria e la bellezza da un lato, la distruzione e la morte dell’anima dall’altro.

Voglio ringraziare l’efficientissimo ufficio turistico che ha organizzato puntualmente ogni aspetto della nostra visita alla città, proponendoci un vantaggioso pass (costo 18 euro) valido due giorni e dotato di perfetta audioguida che comprende l’ accesso a tutti i siti/musei/cattedrale, oltre che  una romantica gita sul battello che attraversa la laguna fino a Grado.  Insomma un Pass per la Meraviglia .   Inoltre vengono proposte quotidianamente una serie di visite guidate tematiche, per le quali voglio anche ringraziare la nostra competente e gentile guida Eugenia e tutti i premurosi custodi presenti.    E sono numerose anche  le attività culturali,  ad esempio i Concerti in Basilica, o il Concerto del Solstizio all’alba tra le rovine ed i maestosi cipressi del porto fluviale romano …. Alle quali non siamo riusciti a partecipare solo per esaurimento delle energie disponibili ….

LAGUNA DI GRADO E GRADO

Abbiamo percorso più volte la splendida ciclabile che congiunge Aquileia a Grado, attraversando prima le aree archeologiche, poi la verde e rigogliosa  campagna , la splendida laguna punteggiata da numerosi isolotti rigogliosi , tanto piccoli da poter ospitare una sola abitazione, casoni dal tetto di paglia , chiesette, o anche solo un pollaio con orto .  La laguna ha orizzonti sempre mutevoli  ed è animata da un respiro costante e nascosto :  il cielo e la luce ricamano sempre mutevoli riflessi, in un’acqua apparentemente tranquilla, ma sempre percorsa dal fluire delle maree, che condiziona anche gli orari del battello che congiunge Aquileia a Grado.  

Ed una volta abbiamo preso la prima corsa del mattino, percorrendo le poco profonde vie sommerse , in cui il comandante deve essere esperto ed attento a non arenarsi (il barcone segue vie che hanno una profondità anche di pochi centimetri  in alcuni tratti ) , avvicinandoci alle isolette , di cui abbiamo ascoltato alcuni racconti : come quella annunciata dal chiocciare delle galline del pollaio, affiancato da un modesto riparo,  di  proprietà della signora Caterina, arzilla novantenne che ogni mattina – da tutta la vita –  la raggiunge con la propria barca a remi per nutrire le galline, raccogliere le uova,  coltivare l’orto ed infine controllare sempre in barca a remi le vicine aree di pesca/allevamento ; quelle con una solitaria costruzione dal tetto in paglia che sembra uscita da un libro di favole ; quella con una più elegante casetta dove si è incredibilmente tenuta la mostra degli abiti della principessa Sissi ; quella più elaborata con una casa nascosta dagli alberi di un fitto giardino, dotata di darsena e spiaggetta, un vero e proprio mondo a parte.   E così, trasportati da questi racconti, che muovono la nostra immaginazione, ci muoviamo lentamente in un orizzonte surreale, in cui le direzioni vengono indicate da improvvisi cartelli che spuntano circondati dalle acque.  Oltre a questi racconti e a queste suggestioni, gli operatori del barcone, molto simpatici e schietti, non ci hanno aiutato a caricare e scaricare le biciclette attraverso la stretta pensilina di attracco , bensì  hanno caricato e scaricato le nostre biciclette, sollevandoci da ogni timore o fatica. E questo intendo quando parlo di essenziale premura e presenza delle persone che abbiamo incontrato in questa terra.

Grado, località turistica e termale  conosciuta anche come Isola d’Oro o Prima Venezia o Isola del Sole, è  nata in epoca romana come scalo mercantile di Aquileia : deve proprio il suo nome ai gradoni che agevolavano lo sbarco dei passeggeri e delle merci dalle navi.  Nel nostro girovagare poco organizzato, ci ha colpiti l’ animato centro cittadino, e la splendida passeggiata sul lungomare (ci sono 11 km di spiagge) .  Nel IV secolo venne costruito il suo Castrum, il centro storico medioevale dove trovarono rifugio le popolazioni dell’entroterra scampate all’assalto dei barbari , con campi e campielli in stile veneziano ( anche Venezia nascerà e sarà fondata dall’esodo degli Aquilesi scacciati dalle invasioni barbariche ) ;  le sue belle chiese ( la Basilica di Sant’Eufemia con il suo bellissimo pulpito , il Battistero ed il Lapidarium,  e in cima al campanile l’arcangelo giravento Sn Michele ,  l’Anzolo  che è diventato il simbolo della città vecchia ;  la più piccola ed antica Basilica di Santa Maria delle Grazie ) ;  la bella Casa della Musica uno degli edifici più antichi affacciata sul Largo della Vittoria con resti romani .  

Abbiamo pranzato (per due volte) al Piper, ristorantino della cooperativa dei pescatori affacciato alla grande spiaggia Costa Azzurra : ambiente molto semplice, con servizio veloce ed ottimi piatti di pesce (memorabile tutto ciò che abbiamo assaggiato :  gli spaghetti alle vongole legati da una cremina indimenticabile, le acciughine marinate, le cozze sommerse da un brodo perfetto anche da sorseggiare, i tenerissimi calamari e scampi grigliati…). Dovremo comunque tornare per completare l’assaggio dell’offerta gastronomica della città consigliata da cari amici, e persone del luogo (in particolare : Ai Bragossi e Il Ristorantino-Lega Navale Italiana) . 

ISOLA DELLA CONA

Con la riserva di Staranzano, parliamo delle due oasi protette che costituiscono la Riserva Naturale Foce dell’Isonzo (2400 ettari che costeggiano gli ultimi 15 Km. del fiume), area caratterizzata da una elevata biodiversità (praterie naturali salmastre e di acqua dolce) che avvantaggiano specie naturali particolari (gladioli ed agli selvatici, orchidee) e favoriscono la nidificazione degli uccelli.   Noi abbiamo visitato l’isola della Cona e – a parte un gruppo di bambini in gita al centro visite –  non abbiamo incontrato alcun essere umano .  E’ stata riconosciuta e premiata come la migliore area d’Italia per il birdwatching.  Una caratteristica che la rende unica è anche la presenza dei cavalli di razza Delta (sostenuta dal naturalista Ignazio Zanutto) , discendenti dei robusti Camargue ben adattati agli ambienti salmastri e umidi , non temono l’acqua, il freddo e l’umidità e si nutrono di piante acquatiche  : con la loro azione di pascolamento contribuiscono al ripristino ed al mantenimento del delicato equilibrio di questi ambienti mantenendo bassa la vegetazione erbacea e sono ben adattati anche alla presenza dell’uomo (anche per garantire le cure in caso di infortunio, le vaccinazioni, il trasferimento nelle varie aree di pascolo) .  Esiste infatti un complesso programma di rotazione dei pascoli e di ottimizzazione del carico di animali (numero di cavalli per ettaro) e della permanenza nel pascolo, strettamente correlato ai processi di crescita e fioritura della piante.   Una parte dei cavalli presenti nella riserva viene tenuta allo stato brado, una parte è invece addestrata ed utilizzata per il lavoro con il bestiame e le passeggiate naturalistiche a cavallo.

Consigliata la visita al mattino presto o al tramonto quando gli animali si svegliano e cercano cibo, si muovono nel fresco del mattino ; non all’una come abbiamo fatto, tra le due pedalate di andata e ritorno da Aquileia, sempre sotto il sole a picco.

SACRARIO MILITARE REDIPUGLIA

Altra visita che consigliamo di fare a inizio o fine giornata, non all’una di pomeriggio sotto il sole a picco come noi , all’apice di una biciclettata di 18+18 Km

Il nome deriva dallo sloveno “Terre di mezzo” e sorge nei luoghi dove nel primo conflitto mondiale di svolsero le violentissime battaglie del fiume Isonzo.  Si tratta del più grande sacrario militare italiano, dove sono sepolti oltre 100.000 soldati in gran parte ignoti  ; è uno dei sacrari fatti costruire negli anni 30 dello scorso secolo dal regime di Benito Mussolini, che stava avviando la sua campagna di conquiste .

E’ costituito da un ampio piazzale dove si susseguono 38 lapidi che ricordano altrettante  battaglie avvenute in questa zona strategica del Carso ; dopo il quale inizia una scalinata sulla quale sono disposte le tombe dei del Duca d’Aosta e dei comandanti .  A seguire 22 gradoni lungo i quali sono disposte le salme dei militari riconosciuti (39.857 con nome o cognome, o solo il nome o il cognome) ; sull’ultimo gradone due grandi tombe comuni per i resti dei 60.330 soldati ignoti).   Unica donna qui ricordata  la crocerossina  Margherita Kaiser Parosi Orlando, ventunenne morta per la spagnola alla fine del conflitto.

Lo stile e la retorica sono quelle odiose tipiche del periodo fascista (uno per tutti : la scritta PRESENTE che si ripete all’infinito sulle tombe) : rimane il dolore e lo smarrimento legato alla atrocità della guerra, al pensiero dei tanti ragazzi partiti e mai più tornati, alle famiglie che non hanno neppure avuto la possibilità di piangerne la perdita…

Visitiamo anche le trincee coperte alla base del sacrario : e anche qui, osservando i prati fioriti ed il cielo azzurro dagli spioncini per i fucili, continuo a pensare agli sguardi, al terrore, ai pensieri dei ragazzi che attraverso quegli spioncini hanno guardato gli stessi prati e lo stesso cielo in guerra ad un attimo dalla morte.

Sacrario di Redipuglia – Sacrario Militare di Redipuglia (sacrarioredipuglia.it)

TOR VISCOSA , o della memoria abbandonata

Altro giro in ciclabile, questa volta verso nord (da Aquileia verso Palmanova) .    Torviscosa appartiene al gruppo delle “città di fondazione”,  costruite sul principio dell’autarchia (autosussistenza)  durante il ventennio fascista nelle zone di bonifica, allo scopo di accogliere i nuovi coloni che vi si trasferivano . E’ sorta non solo con finalità agricole, che coinvolgono anche alcune delle sue frazioni, ma anche per esigenze industriali, gestite dalla SNIA Viscosa , una delle più grandi aziende italiane dell’epoca specializzata nella produzione di fibre tessili artificiali ricavate dalla cellulosa.  L’architettura del ventennio, ancora intatta, conferisce al luogo un aspetto quasi metafisico  : sembra di entrare in un quadro di De Chirico, grazie anche al fatto che il paese è quasi completamente deserto, tanto da sembrare erroneamente disabitato, e al caldo torrido ed immobile che scalda il silenzio.   L’effetto è straniante, ma molto evocativo : sembra di aver fatto un viaggio nel tempo e di essere all’improvviso ritornati al 1935.   Non troviamo alcuna mappa, alcun pannello esplicativo : troviamo solo una audioguida online che ascoltiamo, ma ci risulta comunque difficile orientarci. Ci riusciamo grazie all’aiuto di una giovane signora di una cartoleria e di un altro abitante che si ferma in auto proprio per darci alcune informazioni sul luogo.  Ci vengono indicate la frazione agricola della Malisana con il suo cimitero storico ; la vecchia piazza dell’autarchia ; lo stadio ; il teatro ;  la vecchia mensa completamente abbandonata e completamente invasa dalla vegetazione ; il teatro ; le case gialle e le colombaie , alloggi degli operai di vario grado ; le ville dei dirigenti ; il villaggio Roma o campo PG 107 , sorto come campo di concentramento per prigionieri di guerra per  i 1000 soldati catturati dall’esercito italiano nella battaglia di El Alamein (650 neozelandesi e 350 sudafricani) che dopo l’apertura della fabbrica divenne sempre un villaggio operaio.  

Con la (s)vendita dello stabilimento industriale alla multinazionale farmaceutica Bracco tutto questo patrimonio, architettonico, storico, politico, umano rischia di essere completamente dimenticato, così come il grande centro di documentazione tristemente chiuso .

 Torviscosa, la città della cellulosa in Friuli Venezia Giulia | Archeologia Industriale

Cosa dire d’altro ?     SOLO GRAZIE . 

E anche che tanto non abbiamo visto :  sicuramente torneremo a visitare queste terre, che la bellezza del paesaggio ed una lunga storia  hanno arricchito di umanità, arte, memoria.

SPLENDIDA NANCY , maggio 2024

Da Como siamo nuovamente partiti per Londra, facendo un itinerario un po’ largo : siamo infatti passati da Bologna (per motivi di famiglia) e da Forlì, per visitare (per la seconda volta) la mostra “Preraffaeliti. Rinascimento moderno” : il Museo Civico San Domenico ha promosso questa bellissima mostra – una delle migliori che io abbia mai visitato – sia per le opere (quasi 400, provenienti dai musei inglesi, americani, irlandesi e da molte collezioni private, con opere che mai si sono viste né si vedranno in futuro) che per approfondimento e chiarezza espositiva, che mi hanno fatto comprendere chiaramente le ragioni del mio innamoramento per questo movimento artistico,  che cerco sempre in ogni nostra peregrinazione inglese.

La soddisfazione ci fa dimenticare la fatica del percorso ; come prima (e rapidissima) tappa di trasferimento approdiamo alla SPLENDIDA Nancy : ci concediamo una STUPENDA passeggiata di 5 ore. Troviamo parcheggio per il nostro camper vicino alla capitaneria di porto, sulla Meurthe : approfittiamo  di uno dei tre circuiti turistici della città ( centro storico, con i suoi monumenti principali ; delle acque, sulle rive della Meurthe ; Liberty, di cui la cittadina è una delle capitali). Oltre a questi, sono disponibili molti percorsi cicloturistici con mappe, depliant, perfette spiegazioni online scaricabili gratuitamente.

Oltre alla enorme ed organizzatissima offerta turistica (arricchita da residenze e musei di assoluto rilievo) che la rendono meravigliosa (non mi viene altro termine) , Nancy ci appare tranquilla e vivibilissima, incontaminata dal turismo di massa : la piazza accoglie alcuni locali che mantengono la loro eleganza e le vie circostanti non sono affollate (né omologate ed imbruttite dai negozi che solitamente soffocano i bellissimi centri storici delle nostre città) . I ritrovi serali dei ragazzi sembrano raccolti in alcuni locali che circondano la cattedrale ed illuminano in modo romantico i vicoli del quartiere medioevale.  Scopriamo anche che a Nancy comprare casa costa meno che nel piccolo comune comasco in cui viviamo.   

Nancy è una cittadina di poco più di 100.000 abitanti , capoluogo del dipartimento della Meurthe e Mosella nella regione Grande Est francese.   La sua storia è relativamente giovane : sembra partire all’epoca merovingia nel X secolo ; diventa poi capitale del ducato di Lorena e dal 1400 inizia un notevole ampliamento e sviluppa una vita culturale senza precedenti.   Nel 1737 Stanislao Leszczynski , re di Polonia e suocero di Luigi XV, riceve in dono il ducato di Lorena, che governa sino alla sua morte  , portandolo al suo massimo sviluppo in pieno illuminismo.  Crea la piazza a lui intitolata, oggi Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO, insieme alle altre due contigue : Place de la Carriere e Place de l’Alliance.

Quando Stanislas arriva a Nancy, trova una città divisa nettamente in due settori : una medioevale ed una rinascimentale, entrambe fortificate. Era impossibile spostarsi dall’una all’altra senza attraversare cancelli e fossati.  Oltre alla costruzione della sua piazza si propone un’enorme progetto di modernizzazione e riqualificazione urbanistica dell’intera città, che è disposto a finanziare in gran parte in prima persona, unendo le forze di famosi architetti ed abili artigiani. Il progetto ha dato inoltre avvio a molti progetti collaterali che hanno coinvolto l’intera città.

Place Stanislas : costruita per arricchire la città con una Place Royale con edifici sontuosi e monumentali rivolti alla statua del re al centro, non delude le aspettative.  Progettata da Emmanuel Herè come un enorme quadrato delimitato dai palazzi di governo, in stile classico-barocco armoniosamente affiancati ,  uniti da sette enormi cancellate dorate ai quattro angoli ed a metà di tre lati ; si propone come naturale continuazione della Place de la Carriere, dalla quale la separa l’Arc de Triomphe.  Dall’alto dei palazzi un tripudio di angeli offerenti meraviglie osservano i visitatori da ogni lato.  Balconate, fontane, statue a profusione, con un’impressione generale di gioia e festa. Gli edifici della piazza oggi accolgono, oltre a numerosi ed eleganti bar e ristoranti, la sede centrale del municipio (Hotel de Ville), oltre ad alcuni privati ; gli appartamenti di Stanisalas (Pavillon Alliot) sono diventati il Grand Hotel de la Reine ; il Pavillon de Fermes (in origine l’ufficio delle tasse), dopo aver ospitato il vescovado , dopo la separazione tra stato e chiesa, accoglie la Lorraine National Opera House ; la vecchia università di medicina è oggi il Museum of Fine Arts ; il Pavillon Jaquet è da sempre sede di negozi ed abitazioni private.

Place de la Carriere : costruita nel XVI secolo e completamente rinnovata da Herè, è una lunga piazza che presenta l’Hotel de Craon,  la Corte di Appello, palazzi residenziali per governatori, mercanti, militati ed ambasciatori,  ed è chiusa in testa dal Musee de Lorrain .  E’ così chiamata per i giochi a cavallo che vi si tenevano prima del 1800.

Place d’Alliance : il suo aspetto intimo, severo e lineare si discosta dallo sfarzo delle due precedenti ; circondata da palazzi residenziali, dove Stanislas si circondò di famiglie e persone a lui gradite.

Saltiamo poi immediatamente all’ ottocento, quando Nancy conosce un nuovo periodo di prosperità culturale ed economica, divenendo la città di residenza dei francesi di Strasburgo e Metz che rifiutano l’annessione delle due città alla Prussia, tra i quali molti intellettuali ed industriali.  Da qui parte il movimento dell’Art Nouveau con la celebre Scuola di Nancy, oggi splendida sede di museo : agli artisti capofila (Emile Gallè, Antonin Daum, Louis Majorelle, Victor Prouvè, Eugene Vallin …) si uniscono schiere di architetti, maestri artigiani (ebanisti, vetrai, fabbri, carpentieri…) che abbelliscono l’intera città.     A Nancy molte case mostrano la firma dell’architetto che le ha progettate, come i quadri e molte opere d’arte : arte che qui diventa bellezza diffusa che ti avvolge e si respira ancora oggi in tutta la città. Nel quartiere attiguo al Parc de Saurupt – quasi ad ogni passo – vorresti suonare il campanello di ogni abitazione, per ammirare la luce colorata delle splendide vetrate, la bellezza di interni che puoi solo immaginare o intravedere dalle finestre.

La scuola di Nancy ha lasciato molti splendidi edifici pubblici ( Camera di Commercio, BNP Paribas, vetrata del Crèdit Lyonnais, Rue des Domenicains, Brasserie l’Excelsior… ) e privati (Casa Majorelle, atelier di Emile Gallè, atelier di Eugene Vallin, Immeuble France –Lanord, Maison Bergeret ….), intere vie e  quartieri.

In sintesi : la splendida Nancy merita una bella vacanza di almeno una settimana.

Noi abbiamo scelto l’itinerario liberty e  proponiamo alcune suggestioni.

Da non dimenticare : passeggiata notturna nelle tre piazze, illuminate dalla magie dei lampioni. 

 

 

E viste le belle suggestioni, recuperiamo il diario e le fotografie della nostra precedente visita a Nancy, nell’aprile 2022, per completare lo sguardo su questo splendore.

Lo spirito del viaggio ci protegge : per interrompere il percorso Gabriele propone di sostare a Nancy (di cui non sapevamo proprio nulla) e dopo rapida consultazione del meraviglioso mondo www, scopriamo che la città è una capitale del liberty francese ed offre numerose attrattive.  Quindi non trovando sosta nell’area camper situata strategicamente in pieno centro, ci dirigiamo al campeggio più vicino, Le brebois , dove arriviamo con la reception oramai chiusa.  L’arrivo di un’altra roulotte e la ricerca di un addetto ci aprono le porte del paradiso : l’area del camping è situata in un bellissimo bosco, con piazzole erbose giganti . L’addetto, gentilissimo, continua a dire che non c’è problema : possiamo metterci dove vogliamo, fare cio’ che vogliamo … e a tutto  penseremo domani.

Dopo una notte riposatissima, risveglio tranquillo, doccia e colazione e partenza motivatissimi per la visita di Nancy : il camping è comodissimo per raggiungere il centro . All’uscita la fermata del bus : i biglietti, molto semplicemente , si acquistano dall’autista che sorride e saluta cordialmente e fa anche due chiacchiere con i turisti.

Ci dirigiamo immediatamente al Musée de l’Ecole de Nancy , aperto nel 1964 ospitato in una bellissima dimora borghese costruita alla fine del 1800 appartenuta a Eugene Corbin, uomo d’affari e grande collezionista .  I pezzi esposti sono giunti da raccolte pubbliche e da donazioni private. 
Le collezioni (quadri, sculture, vetreria, oggettistica, arredi , pavimenti, carte da parati, lampade e lampadari,  di illustri esponenti del movimento artistico liberty : Emile Gallé, Victor Prouvé, Eugene Vallin, Henri Berger, Louis Majorelle, Manifacture Daum …)  sono esposte  a comporre le
sale di  una dimora , che risulta quindi essere stupefacente ed incantevole  .  Ovunque dirigi lo sguardo vedi dettagli poetici : ogni oggetto richiama elementi naturali, fiori, piante acquatiche, alberi, uccelli , le stelle ; le figure rappresentate hanno l’incanto del sole e il movimento del vento ; tutto è morbido, fluido, rotondo… Per un’appassionata di art nouveau come me siamo praticamente in paradiso. Ovviamente nel magnifico giardino troviamo le piante ed i fiori rappresentati all’interno .Un padiglione circolare ospita un acquario affacciato ad un piccolo laghetto con ninfee, lillà, peonie, iris  , anemon
i.

Nel giardino troviamo anche il movimento funerario alla memoria della giovane moglie dello scrittore Jules Rais , quasi un vortice di fumo che si disperde nel cielo. Proseguiamo la nostra passeggiata dirigendoci verso il centro, passeggiando spesso su un tappeto di petali rosa per strade che scorrono su dolci discese e salite, sulle quali  si appoggiano le facciate delle case color miele, in cui ritroviamo frammenti e citazioni liberty che confermano una
delle due anime della città.L’altra anima, quella medioevale, rinascimentale e  settecentesca e testimone senza dubbio alcuno de la grandeur francese , la troviamo nelle tre piazze patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO (la maestosa Place Stanislas  terza più bella piazza di Francia secondo i francesi , enorme piazza quadrata con quattro cancelli di accesso sui lati e quattro fontane negli angoli ed angeli e sguardi fermi che la osservano dall’alto ; la Place de la Carriere, la place de l’Alliance),  nella via Haute Borgeois dove si affacciano le residenze della nobiltà , nelle porte di accesso al centro (Porte Notre Dame e Porte de la Craffe)  e nei vicoli del centro storico.Pranziamo con un impressionante hamburger gourmet da Voyou vicino alla piazza : grondante letteralmente di prodotti del territorio e del locale (pane-carne-formaggio-verdure-salse), consigliato come pasto unico della giornata. Terminiamo il pomeriggio con la visita alla seconda casa museo
liberty : Villa Majorelle.   La famiglia Majorelle gestiva una azienda artigianale artistica  che divenne nota in tutta la Francia nella Exposition Universelle de Paris del 1900 : ebanisteria, vetreria, ceramiche, ferro battuto, decorazione artistica. Louis Majorelle partecipò alla fondazione de l’Ecolé de Nancy rendendo la città una delle capitali dello stile Art Nouveau. La bellissima villa è fresca di completo restauro, che dalla rovina l’ha riportata allo splendore originario.Rientro in camper, tisana, mela e buonanotte.Seguaci della filosofia del “cogliere l’attimo”, sempre più intimamente contagiati dalla frenesia liberty e ispirati dalla seconda giornata di cielo azzurrissimo e sole magnifico , decidiamo di non lasciare Nancy senza vedere alcune altre tappe fondamentali. Cerchiamo la sede centrale del Credit Lyonnaise, dove si può entrare liberamente per ammirare il magnifico salone sormontato da una stupefacente vetrata Art Nouveau (250 metri quadrati, composta da 523 pannelli)
di Jacques Gruber : gli impiegati lavorano immersi in una luce colorata che forse potrebbe distrarli un po’. Completiamo la nostra visita con il Musée des Beaux-Arts, che comprende opere in progressione cronologica dal 1400 ai giorni nostri , con un’ampia bellissima sezione dedicata all’arte di fine ottocento-novecento. 

Una annotazione su Infinity mirror room (Yaoi Kusama) : all’interno della piccola camera è tutto molto buio , e non si vede la stretta pedana su cui stiamo camminando, circondata da acqua che amplifica all’infinito i riflessi degli specchi alle pareti . Ci sembra di galleggiare nell’universo, nello spazio infinito e stellato : un bagno nell’universo . Peccato che stavo davvero per caderci dentro...

E per finire , la infinita collezione Daum : centinaia (forse migliaia) di vasi in vetro art nouveau.

E’ giunta l’ora di tornare a casa : facciamo tappa serale in Svizzera affacciati alle placide acque del Sursee (parcheggio a Sempach) dove arriviamo giusto in tempo per ammirare il tramonto, che è la degna conclusione di questa stupefacente tappa di viaggio, che come molte soste impreviste, ci ha regalato emozioni profonde.