PARTHENOPE di Paolo Sorrentino. STRUGGENTE .

Abbiamo visto Parthenope, per me il più bel film di Paolo Sorrentino.

E’un film che – per la prima volta nei film di Sorrentino –  ha mosso molte emozioni, e mi ha commosso e fatto piangere : struggente. Con dialoghi e musica che ti rapiscono.

Ci accompagna nella vita di Parthenope , una ragazza che ha in sé una potenza quasi mitologica, ben rappresentata dalla incantevole Celeste Dalla Porta : sin dalla sua nascita, nel 1950 e nell’acqua salata del golfo di Napoli, con una carrozza reale che la aspetta … Viene battezzata da Achille Lauro – per cui il padre lavora come contabile –  con l’antico nome della città.

E Parthenope – abbracciata dalla luminosità e dall’incanto del golfo – esce dall’acqua del mare come una Venere, quasi l’incarnazione di un ritratto del Botticelli, con la sua bellezza e la sua tenerezza disarmanti  : diventa una ragazza giovane ed intelligente, che cerca risposte e senso, che “ha sempre la risposta pronta”  …  E mi ha fatto ricordare tutta l’energia potente e sensuale della giovinezza, quando è ancora tutto possibile, quando ci si mette in gioco sempre e comunque, quando non si hanno resistenze ma si desidera cercare e trovare …  E in una vacanza a Capri insieme a Sandrino, suo eterno innamorato, e il fratello Raimondo, passeranno tra feste, inviti dell’ Avvocato che ronza in elicottero, incontri con lo scrittore John Cheever che lei ama, e che trascorre le proprie giornate tra fiumi di alcool.  In realtà Parthenope sa già quello che vuole : rifiuta tutte le proposte indecenti ed infine si concede a Sandrino, suo eterno innamorato.

“Io non so niente, ma mi piace tutto”.

“E’ enorme la vita… ci si perde dappertutto”.

“Lo vedi il futuro laggiu’ Sandrì ? E’ più grande di me e di te …”

E la sua è una ricerca sull’umanità, sulla vita :  che si concretizza anche nel suo percorso universitario, alla facoltà di antropologia, dove incontra l’imperturbabile, ironico ed essenziale professor Marotta (un Silvio Orlando stupefacente) .

“All’università si viene già pisciati e cagati. “

“Agli insegnanti basta essere avanti agli studenti di un solo argomento. Lo sa chi l’ha detto questo ? Billy Wilder, un antropologo”.

Ma per l’intero film – che percorre il fluire della sua esistenza – Parthenope continua a chiedersi  che cosa sia l’antropologia . Ma non è soddisfatta dalla prima risposta accademica : l’antropologia è la scienza che studia l’essere umano, considerato sia come soggetto o individuo, sia come membro di comunità  (“questa è la risposta che lei può permettersi”) . E quindi lo chiede con insistenza al suo professore, che coglie la sua capacità di sentire e la sua intelligenza e stringerà con lei un patto :

“Io non la giudicherò mai e lei non mi giudicherà mai. Le piace questo patto ?”

“Voi giovani volete le risposte, ma non sapete fare le domande. “

Ogni età ha il proprio lato oscuro, che travolge anche Parthenope, quando il suo viaggio di scoperta del piacere è interrotto dal suicidio del fratello Raimondo,  irrisolto, tormentato, amato quasi fino all’incesto, e  che non riesce a trovare compensazione alla  propria fragilità. 

“Raimondo confonde l’irrilevante con l’indicibile.” (Parthenope)

“E’ difficile essere felici nel posto più bello del mondo”. (Raimondo)

Silenzio : nei più belli è mistero, nei brutti è fallimento. “ (John Cheever)

E questo dramma,   l’accusa della madre (“io lo so che è colpa tua”)  e la disperazione inconsolabile del padre ,  cambieranno la sua vita : Parthenope riuscirà solo a trovare relazioni momentanee, rinunciando alla ricerca di un rapporto d’ amore  .   Ma non alla sua ricerca sull’umanità e sul senso del vivere.

E questa ricerca la porta ad attraversare i territori  cupi dell’esistenza  : fallisce il tentativo di imparare a recitare, perché ha “nei tuoi occhi non c’è gioia e questo la macchina da presa lo vede e non lo perdona” ;  la terribile invettiva contro Napoli e i napoletani della famosissima attrice Greta Cool :

Camminate a braccetto con l’orrore e non lo sapeteSiete poveri,  vigliacchi, piagnucolosi, arretrati, rubate e recitate male. E sempre pronti a buttare la croce addosso a qualcun altro, all’invasore di turno, al politico corrotto, al palazzinaro senza scrupoli, ma la disgrazia siete voi, siete un popolo di disgraziati. E vi vantate di esserlo, non ce la farete mai  … cari orrendi napoletani io me ne torno al Nord, dove regna il bel silenzio, dal momento che io non sono più napoletana, da molti anni. Io mi sono salvata, ma voi no. Voi siete morti. “  

il crudele rito di unione – fusione carnale – tra due famiglie mafiose ; il rapporto fugace con un affascinante capo mafioso Criscuolo,  a cui segue una gravidanza che Parthenope sceglie di interrompere ; il viaggio nei bassi di Napoli – che attraversa come una Madonna bellissima –  tra la vera miseria e la devozione per il mafioso che elargisce doni ; l’incontro con il gran vescovo Tesorone (“farabutto” – la allerta il buon professore- di cui però Parthenope apprezza la “sfacciataggine”) alla ricerca dei segreti del miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, che introduce Parthenope alla dimensione della sacralità, che nulla sembra avere a che fare con il barocco della chiesa e l’opulenza del tesoro, ma sembra essere custodita solo nel suo piacere. 

Il Cattolicesimo : la libertà non passa per le porte.”  “ E per dove passa ?”  “ Non passa .” (Tesorone e Parthenope)

E mano a mano che gli anni passano, che le esperienze disvelano la realtà, si sgretolano anche tutte le illusioni giovanili.

Gli amori giovanili non servono a niente.” “ Sono serviti a darci l’illusione della spensieratezza.” “ E che ho detto io ? Non sono serviti a niente.” (nell’ultimo incontro tra Sandrino e Parthenope)

“Lo senti l’odore degli amori morti ?”  (John Cheever)

La certezza della realtà ci fa sbiadire”.

La verità è indicibile” . 

“E comunque Dio non ama il mare. Dio non ama il mare, ricordatevelo. Arrivederci. ” (Tesorone)

Fino all’ultimo incontro con il professor Marotta – che le disvela il proprio segreto in un atto di commovente fiducia – e che la accompagna in questo percorso di presa di coscienza, come un padre saggio : a Parthenope, che sa vedere, vorrebbe lasciare la sua cattedra. Lui continuerà ad accompagnare il figlio malato (un gigante dal volto lunare, fatto di acqua e sale, come il mare) .   E finalmente  le disvelerà il significato dell’antropologia, dell’essere umani nel mondo : ora che si è spogliata di emozioni, desideri e pensieri superflui, potrà comprenderlo :

L’Antropologia è vedere. E’ difficilissimo vedere, perché è l’ultima cosa che si impara, quando comincia a mancare tutto il resto “. (professor Marotta)

E in queste poche parole si condensa il senso del film : la struggente consapevolezza del tempo passato, delle cose perdute , dell’età più dolce . Che solo quando sono perdute, passate, finite sembrano diventare così  chiare.   La percezione malinconica e la commovente consapevolezza di quanto è diventato lontano, passato nel tempo del ricordo : e proprio per questo non potrà più tornare.

E dopo aver visto il film mi raggiungono altre suggestioni, come succede quando incontri qualcosa che ti entra nella mente e nell’anima .

  • Ascoltando il professor Vecchioni da Gramellini, apprendo che PARTHENOS OPSIS in greco antico significa: OCCHI DI RAGAZZA : nella mitologia greca Parthenos – insieme a Ligea e Leucosia – sono le tre ancelle di Persefone , figlia di Demetra (divinità legata alle stagioni) .   Quando Ade (dio delle ombre e dei morti) rapisce Persefone, portandola nel mondo degli inferi, Demetra si arrabbia con le tre ancelle che non hanno ben custodito e protetto la figlia, e per punirle le trasforma in tre sirene (uccelli con la testa di donne) scagliandole a Vibo Valentia  .    Le sirene (SVAR e SYAR, etimologia incerta) rappresentano origine del canto celeste e luminoso, ammaliante.
  • Mi trovo anche a riflettere sulle analogie tra il senso del film (si impara a vedere quando manca tutto il resto) e la vita di Vivian Maier, la fotografa che ha trascorso la propria vita facendo la tata.  Tutta la sua monumentale opera fotografica – venduta all’asta per insolvenza nei pagamenti dei locali in cui aveva depositato i propri scatoloni – è stata scoperta casualmente e fortunatamente raccolta solo dopo la sua morte.    Questa vicinanza mi è stata suggerita dal fatto che uno dei caratteri distintivi delle sue fotografie, è la capacità di rappresentare l’umanità delle persone, di cogliere gli affetti nascosti dentro piccoli gesti, di cogliere la personalità e gli stati d’animo delle persone ritratte.  Tanto che sembrano guardarci dritto negli occhi e non possiamo non ricambiare questo sguardo ed interrogarci su quanto ci muove dentro. E Vivian Maier era una persona che – per le tragiche vicissitudini della propria una storia – si è sempre difesa da emozioni e relazioni, terreni vissuti come pericolosi .   E la fotografia ha rappresentato l’unico mezzo per mettersi in relazione con gli altri e per esprimere liberamente la propria esistenza.

Per chi volesse approfondire consiglio la mostra in corso a Villa Reale a Monza e la lettura del libro di Ann Marks “Vita di Vivian Maier. La storia sconosciuta di una donna libera”.

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