SCOZIA. Agosto 2022. Capitolo 2 .

North Coast 500, Loch Maree, Glen Dockerty, Gairloch, Inverewe Gardens, Ullapool, Lochinver, Cloahtoll, Keoldale, Cape Wrath, Faraid Head, Smoo Cave, Tongue, Inverness , Fort Augustus.

Venerdì 29 luglio 2022.  Ripartiamo da Skye e salutiamo ancora l’Eilean Donan Castle : oggi iniziamo ad avventurarci sempre più in alto lungo la mitica North Coast 500 (500 miglia e circa 800 chilometri) sotto un cielo azzurrissimo : la mitica strada che segue il percorso litoraneo del territorio delle Highlands. E’ stata definita come “la risposta scozzese alla Route 66” ed è stata creata nel 2014 per favorire la conoscenza di questo territorio selvaggio e spettacolare.  Anche non sapendolo, se si  viaggia nelle Highlands si percorre questo tracciato, che non ha molte alternative ( a parte piccoli sentieri per il trekking).  La bellezza del paesaggio è decisamente aumentata dalla quasi totale assenza di attività umane, sempre più evidente mano a mano che si procede verso nord  : percorriamo decine e decine di chilometri senza incontrare alcuna abitazione o struttura ; non ci sono cavi elettrici…   A perdita d’occhio solo colline, rilievi, avvallamenti, montagne, acque, fiori e vegetazione, cielo, nuvole e vento, in composizioni sempre diverse e abbaglianti.   Poi – immersi in questi paesaggi grandiosi – ogni tanto improvvisamente compare una casetta bianca appoggiata su uno scoglio ad osservare il mare, o un grande albergo in pietra grigia e silenziosa, o piccole fattorie circondate dai boschi, con animali che ti guardano intensamente senza scappare.  

Dal sito di Visit Scotland : Nulla è paragonabile alla libertà che si prova su una grande strada aperta. Strade secondarie senza fine, ampi tracciati tortuosi e percorsi misteriosi attraverso alcuni dei più splendidi paesaggi costieri della Scozia: queste sono solo alcune delle attrattive che potete aspettarvi dalla North Coast 500, la versione scozzese della Route 66.   La North Coast 500 è molto più di una semplice strada: è l’ultima sfida di un ciclista, un sogno per gli escursionisti in collina, un parco giochi per kayakisti, un paradiso per i nuotatori selvaggi; è un’abbondanza di ampi spazi aperti, sede di alcune delle migliori spiagge della Scozia e uno dei posti migliori nel Regno Unito per gli osservatori del cielo notturno. E il modo migliore per esplorare il paesaggio meravigliosamente aspro delle North Highlands è rallentare, impostare la base e fuggire all’aria aperta.        Allacciate le cinture e partite per il viaggio della vostra vita.

Attraversiamo Lochcarron e – dirigendoci a Kinlokewe – ammiriamo lo splendido panorama del Loch Maree (lock: lago) e del Glen Dockerty (Glen : valle montana profonda e stretta).   Facciamo colazione in uno splendido angolino affacciato su una baia sabbiosa del  loch Maree – lungo 20 km. – circondata da felci ed erica.    

Ed infine approdiamo a Gairloch , dove non possiamo non sostare : rimaniamo abbagliati dall’immensità della spiaggia dorata e dai mille colori del mare che si apre improvvisamente di fronte ai nostri occhi . Ci dispiace non aver portato il costume da bagno insieme alla giacca a vento… Anche la Nina apprezza il luogo e si scatena in corse velocissime in spiaggia : alla fine sorride felice lasciandosi spettinare dalla brezza fresca. 

Ci dirigiamo poi a Poolewe, a pochi chilometri, per visitare gli Inverewe Gardens : una dozzina di giardini, collegati da una labirintica rete di sentieri, che – alla stessa latitudine di Mosca o della Baia di Hudson beneficiando della corrente del Golfo – ospitano raccolte di piante provenienti da paesi lontani (Cile, Tasmania, Cina, Himalaya, Sud Africa, Nuova Zelanda) grazie alla passione del fondatore Osgood Mackenzie’s che ereditò la tenuta dal patrigno nel 1862.   Il suo lavoro fu proseguito dalla figlia Mairi Sawyer, che alla sua morte lo cedette al National Trust nel 1951.   “Un paradiso nato dal sogno di un padre e di una figlia . che hanno creato un giardino sul lago in mezzo ad una natura selvaggia e sterile sulla costa atlantica delle Highlands nord occidentali”.   Il giardino sottomarino di Inverewe è un luogo speciale anche per la fauna marina, perché contiene una vasta area protetta di letti di maerl , la barriera corallina scozzese.

Dal sito della Scotland’s Nature Agency . Il maerl vivente è un’alga dura viola-rosa che forma “tappeti” sottomarini appuntiti sul fondo del mare, noti come “letti maerl”. Come tipo di alga “corallina”, il maerl deposita il calcare nelle sue pareti cellulari mentre cresce, creando uno scheletro duro e fragile.  Le famose spiagge bianche della Scozia occidentale non sono fatte di corallo ma di frammenti di maerl morto, schiacciato dalle onde e sbiancato dal sole. Le aggregazioni di maerl viventi non attaccati sono spesso chiamate “rodoliti”.

Le due specie comuni scozzesi di maerl sono difficili da distinguere:

  • Phymatolithon calcareum è molto diffuso
  • Lithothamnion glaciale è più settentrionale nel suo areale

Sulle coste aperte esposte ad alcune onde, il maerl cresce come dischi appiattiti. Dove c’è meno azione delle onde, spesso forma noduli densi, ramificati e spinosi fino a 10 cm di diametro.  In molte zone della costa occidentale, e nei laghi marini si restringono, ampi letti di maerl vivente si sviluppano sopra una profonda ghiaia di maerl bianco morto. Questi letti di maerl sono un habitat importante per molte piante e animali marini più piccoli (bivalvi, ricci,cetrioli di mare, anemoni,worms).    Le giovani capesante in particolare cercano letti maerl viventi come aree di asilo nido. Proteggere i letti di maerl aiuta quindi a sostenere la nostra industria della pesca delle capesante. Tuttavia, il dragaggio delle capesante ha dimostrato di causare danni significativi ai letti di maerl e alle loro specie associate.  Fragile e a crescita lenta, il maerl può infatti essere facilmente danneggiato da dragaggi, ancore pesanti e catene di ormeggio. Si prevede che Maerl sarà influenzato negativamente dall’aumento delle temperature e dall’acidificazione degli oceani causati da cambiamento climatico.

I letti Maerl sono un Caratteristica marina prioritaria, un Habitat BAP del Regno Unito e un OSPAR habitat minacciato e in declino.   I letti Maerl sono protetti in 11 località in tutta la Scozia.  

https://youtu.be/l1pepeMWs6Y

https://youtu.be/enK29eQ2p90

Concludiamo la visita alla House dove si respira ancora l’atmosfera dei primi anni del novecento e si intuisce la passione dei proprietari per il contatto diretto con la natura, e al favoloso orto-giardino affacciato sul mare dove vorremmo davvero tutti vivere, circondati da fiori, frutti ed ortaggi.  Nel gennaio 2022 l’uragano Corrie ha purtroppo distrutto il bosco di rododendri e sradicato 70 alberi (il più grande pino scozzese del giardino, eucalipti, abeti ) che giacciono ancora con il loro piano di radici divelte, causando danni ingenti, ancora sotto i nostri occhi.

Riprendiamo il viaggio ed arriviamo ad Ullapool (1300 abitanti circa), il più importante centro abitato del nord ovest , che sorge su una riparata lingua di terra che si allunga nel  Loch Broom, che in realtà non è un lago ma un profondo fiordo. Entriamo in campeggio sotto un cielo grigio/nero ed una sottile pioggerellina. Dopo le rapide operazioni di cura del camper e di noi stessi, corriamo – vento in poppa – verso la nostra agognata cena di pesce (non fish and chips però) a cui stiamo pensando dall’inizio della vacanza. Il grande piatto di pesce da condividere, le cozze, la golosa soup of the day alle patate dolci arancioni da Seaforth, dove occupiamo gli ultimi posti.   Tutto ottimo, proprio come le cose a lungo desiderate….

Arriviamo in camper giusti giusti per non bagnarci troppo : camomilla e buonanotte…

Sabato 30 luglio 2022.   Dopo i bagordi serali facciamo una colazione molto leggera e partiamo con l’entusiasmo nelle vene, per affrontare il tratto spesso descritto come il più spettacolare delle Highlands .    Il percorso con le strade più difficili , quasi tutte one way strette/strettissime (non idonee per i mezzi superiori a 8 metri) con frequenti passing place (di lunghezza inferiore a 8 metri appunto) : e qui più diventa difficile, più diventa bello …   Nonostante il tempo piovigginoso e le nuvole che a tratti -con la bruma- nascondono il paesaggio, non saremo affatto delusi.   Le stradine sono molto caratteristiche, e scendono impavide in mezzo alle montagne, si arrampicano coraggiose su colline e scogliere,  con curve continue dettate dalle necessità del territorio, e riescono a stringersi tra muretti ed alti argini oltre ogni ragionevole previsione. (prime tre foto da internet).   Ci dirigiamo verso Lochinver tenendo la stradina costiera  : incontriamo sul nostro percorso centinaia, migliaia (forse milioni) di pecore, che pascolano libere e circolano anche loro sulla North Coast con diritto di precedenza assoluta ( e iniziano a saltellare anche nei verdi prati della nostra immaginazione quando andiamo a dormire) : incontriamo ogni genere di segnalazioni rudimentali che allertano sulla loro presenza.  E ci chiediamo in continuazione dove abita chi le accudisce : sono infatti tutte rasate e in salute.   Ogni tanto incontriamo una piccola fattoria dalla forte identità : non può che essere scozzese….

Arriviamo a Lochinver – che segna il momentaneo ritorno alla civiltà –  in tarda mattinata giusti giusti per un giro in paese :  con i suoi 600 abitanti è un villaggio con una atmosfera molto tranquilla, ed uno dei porti pescherecci più attivi della Scozia (le sue grandi strutture occupano praticamente mezzo paese, e si elevano sul resto del paese in modo un po’ impressionante.  Arriviamo al Lochinver Larder, superchiosco che produce eccezionali sformati fatti in casa, con ripieni molto particolari : carne, verdure, castagne, mele, mirtilli.   Alcune delle sue pie sono state premiate –meritatamente- come le migliori della Scozia .    Pranzetto delizioso in camper, affacciati alla baia sferzata da un bel vento gelido.

Proseguendo verso nord, sempre sulla litoranea, arriviamo a Cloahtoll, una spiaggia sferzata da un vento gelido che ci costringe a metterci tutte le felpe e giacche in nostro possesso ; l’acqua è azzurra e sembra uscita da un quadro di Turner, la sabbia bianca, le rocce rosse o scure raccontano che è passato un attimo dall’ultima eruzione vulcanica o dall’ultima glaciazione. Scende una pioggerellina fine e battente, che sembra provenire da ogni dove : nonostante ciò qualche ragazza coraggiosa si toglie il piumino e fa il bagno (con la muta).   Alcuni cartelli ci avvisano di tenere i cani al guinzaglio e di fare attenzione alle carcasse di uccelli, perché probabilmente colpiti dall’influenza aviaria.  Da qui in avanti avvisteremo infatti alcuni resti di gabbiani, ma anche di splendide sule.  Contagiati dalla bellezza del posto, facciamo una passeggiata sulla scogliera, oltrepassando i cancelli che separano diversi pascoli e passeggiando su un prato spesso, soffice e imbevuto d’acqua. La pioggia ci costringe a rientrare in camper e riprendere il nostro percorso .  

Attraversiamo un alto passaggio in quota immerso nelle nuvole ; poi costeggiamo una miriade di ampi laghi pieni di ninfee ; ci addentriamo poi in un’ampia vallata immersi nel verde placido di alte colline digradanti ricoperte di brughiera ; poi alla destra della nostra stradina che inizia a scendere dolcemente si elevano tre monti ( il Ben Hope 927 m. ; il Ben Hee 873 m. ; il Ben More Assynt 998 m.) ; poi compare alla nostra destra l’ampio fondale sabbioso di un profondo fiordo oltre il quale si eleva un imponente massiccio roccioso, che costeggeremo per chilometri e chilometri ammirando i rivoli ondulati lasciati dalla bassa marea  sferzati dal vento, che ha portato via le nuvole e riaperto un cielo azzurrissimo.   Non sappiamo piu’ dove guardare, dove fermarci, dove andare … siamo veramente persi in questa grandezza , e qui nel silenzio e nello sguardo solitario a questo tutto,  sembra di ritrovare il richiamo più forte della nostra anima.

Arriviamo a Keoldale, località (non possiamo dire villaggio, perché sono presenti solo un piccolo parcheggio, una spiaggia, un albergo, un molo dal quale parte un barcone per escursioni a Cape Wrath)  posta all’inizio del promontorio costellato da spiagge di sabbia bianca affacciate su un mare che ha tutti gli azzurri e i blu del mondo ed appoggiate su alte dune sabbiose ricoperte di vegetazione. Decidiamo di fermarci per la notte e ammiriamo la risalita della marea che riempie rapidamente i chilometri e chilometri del fiordo.   Passeggiamo nella spiaggia dove avvistiamo una beccaccia di mare ed un piccolo spioncello marino e arriviamo al piccolo molo dove partono i barconi per traghettare il fiordo e fare escursioni guidate a Cape Wrath.   Lo sperone roccioso che delimita l’altro lato del fiordo è un’area di esercitazioni militari : un cartello ci informa che domani non sono previste attività di bombardamento, per cui decidiamo di fare l’escursione . 

Ci troviamo nel North West Highlands Geopark, che fa parte di una rete di oltre 240 aree di rilevante interesse geologico, riconosciute dall’UNESCO, e in particolare in una tappa della Pebble Route 4 (la strada delle pietre numero 4).   Il fiordo comprende anche l’estuario del fiume Dionard , e questa particolare conformazione lo rende l’ambiente ideale per la pesca al salmone.  La struttura del terreno (arenaria cambriana) lo ha reso un suolo fertile, adatto per attività agricole e pastorizia.  Ci troviamo infatti nel territorio della fattoria Keoldale, una delle più estese della Scozia (che contiene anche un insediamento dell’età del bronzo) ; verso le 21 un anziano rappresentante della stessa bussa alla nostra porta e ci chiede di pagare il contributo per il  parcheggio notturno (15 sterline), rilasciandoci regolare ricevuta scritta con calligrafia tremolante.

Quando il fiordo è oramai stato completamente riempito dall’acqua che risale dal mare, inizia lo spettacolo del tramonto, con il sole che si tuffa letteralmente dietro Cape Wrath continuando a lanciare raggi luminosi nel cielo, mentre sopra la collina dietro di noi si deposita -come una immensa e soffice coperta- una enorme nube lenticolare che diventa sempre più rosa .

Domenica 31 luglio 2022 . Risveglio a Keoldale : ci spostiamo subito nel parcheggio del piccolo molo dove aspettiamo il barcone che ci porterà a Cape Wrath.  Sulla nostra carta geografica il luogo viene contrassegnato con le parole “Danger Area”, per la presenza di forze militari (di aria , di terra e di mare contemporaneamente) che fanno esercitazioni (bombing) su bersagli colorati dislocati nel territorio, con un calendario abbastanza fitto (le esplosioni si sentono chiaramente fino al vicino vilaggio di Durness. . Dopo una bassa marea notturna, siamo nuovamente in alta marea .   Il barcone è una enorme vasca di metallo che ci porta alla partenza del pulmino dove un

Visitiamo quindi Cape Wrath, promontorio selvaggio di proprietà del Ministero della Difesa, area di addestramento militare e di “tiro vivo” , di 280 Km. Quadrati, che comprende le più alte scogliere dell’isola britannica, protese verso l’oceano Atlantico : qui siamo più vicini all’Islanda che a Londra , e la prima terra che incontreremmo se ce ne andassimo via mare verso ovest sarebbe la Groenlandia.

Da Wikipedia .
Le rocce sono composte da arenaria torridoniana e gneiss lewisiano :  salgono a 281 metri sul livello del mare e includono le scogliere più alte sulla terraferma britannica a Clò Mòr a circa 4 miglia (6 km) a est del promontorio ; vicino alla costa si staccano alcuni  faraglioni, come Stac an Dùnain al promontorio stesso e Stac Clò Kearvaig a est noto anche come “La Cattedrale” per l’aspetto di due guglie e una finestra naturale creata dall’erosione , con Duslic una barriera corallina circa 1,0 km a nord.   La sua posizione esposta a nord può dare origine ad alcuni livelli di sole invernale eccezionalmente bassi: nel gennaio 1983 ha registrato solo 38 minuti di sole, un minimo storico per la Scozia.  Questa posizione esposta, tuttavia, significa anche che il forte gelo è raro rispetto alle località interne. I forti venti possono essere una caratteristica delle condizioni meteorologiche al promontorio, con raffiche di 230 km / h.    Le scogliere intorno al promontorio sono un sito di nidificazione di importanza internazionale per oltre 50000 uccelli marini.  Il numero di uccelli marini nell’area ha visto un declino significativo all’inizio del 21 ° secolo con il numero di pulcinelle di mare in calo del 50%.   La vegetazione in cima alla scogliera in siti come Clò Mòr comprende lo scorbuto comune Cochlearia officinalis , l’erica Calluna vulgaris , il ginepro Juniperus communis e le felci ;  sono presenti una vasta gamma di habitat che includono dune di sabbia in cima alla scogliera al promontorio stesso e habitat montani trovati a livello del mare.       
Dal 2005 l’area è stata utilizzata come area di addestramento multiservizi ed è uno dei siti utilizzati nelle esercitazioni Joint Warrior, la più grande esercitazione militare europea, e da altre operazioni della NATO.  Questo utilizzo è consentito fino a 120 giorni all’anno, e di solito si svolge in primavera e in autunno, anche se i tempi possono essere imprevedibili. Il territorio è solitamente aperto al pubblico durante il periodo estivo e raramente si spara la domenica.    È l’unico posto nell’emisfero settentrionale in cui le forze della NATO combinano capacità terrestri, aeree e marittime in modalità assalto per manovre di addestramento, schierando ordigni fino a bombe da 1.000 libbre (450 kg).    Nel 2008 causarono un incendio che  interessò 140 ettari di terreno , che impiegarono oltre 10 anni per ritornare alle loro condizioni naturali .  Inoltre vengono espresse preoccupazioni sull’effetto delle esercitazioni militari sulla nidificazione degli uccelli marini, sulla salute delle pecore e dei residenti locali.  Inoltre nel 2002 una pioggia di proiettili cadde a soli 2 km dalle abitazioni, a 13 km. dall’obbiettivo.     Il promontorio è la meta finale di due sentieri : The Cape Wrath Trail (320 Km)   e lo  Scottish National Trail (740 kilometres).   Gli unici abitanti stabili del promontorio sono la famiglia Ure che gestiscono il bar Ozone vicino al faro (il più remoto d’Inghilterra), e due camere.   Una strada accidentata di circa 18 km collega il faro con il Kyle of Durness che è attraversato da un servizio di traghetti passeggeri che opera tra maggio e settembre.  La strada fu costruita come parte della costruzione del faro nel 1828 e, in alcuni punti, utilizza una serie di strade rialzate rocciose per attraversare torbiere e rivetti per mantenere un percorso lungo pendii ripidi. I materiali per la strada sono stati estratti localmente.  La strada è segnata da pietre miliari e attraversa i fiumi Allt na Guaille e Kearvaig su ponti ad arco temporanei.  La strada, la U70, passa per la frazione di Achiemore dove un check-point del Ministero della Difesa blocca l’accesso al promontorio durante le esercitazioni di tiro dal vivo.  Passa le fattorie di Daill e Inshore, dove il Ministero della Difesa usa le abitazioni, prima che una pista a destra colleghi la strada al vecchio borgo di Kearvaig, dove c’è una spiaggia e Kearvaig House che la Mountain Bothies Association ha convertito in un boothy. Margaret Davies, camminatrice lungo questi percorsi che vi si era rifugiata, è stata trovata lì quasi  morta di fame nel 2002. 
Margaret’s story.   Two weeks ago a 39-year-old artist was found starving in this bothy in one of the remotest parts of Britain. She later died in hospital. But what had she been doing there? Why hadn’t she gone for help? And why did no one else know she was here? Libby Brooks travelled to Cape Wrath in search of answers

Wednesday 18 December 2002 . The Guardian  .   All that remains of Margaret Davies’s stay in Kearvaig Bothy is a Woolworths bag stuffed with rubbish – mottled tea bags, Kit Kat wrappers and two empty packs of dried rations. On the windowsill where she left a note begging for food sits a jam jar of dried-out wild flowers in a stagnant inch of liquid. The cinders in the open grate are flaky and insubstantial, suggesting she may have been burning paper and other debris after running out of driftwood collected from the beach that borders this isolated stone cottage. And opposite the fireplace is the low, netted bed base where Davies lay, weakening, until her discovery 13 days ago. She died in hospital two days later.  We will never know conclusively what happened to the 39-year-old artist during her final weeks alone on the desolate Cape Wrath peninsula, the north-western tip of the British mainland, which takes its name from the old Norse hvarf, meaning “turning point”. She had told her parents, in Danbury, Essex, that she was not planning to return until after Christmas, and she had left gifts for her nephew and niece.    No one from the Sutherland area recalls seeing or speaking to her, and the last evidence of her travels was a bus ticket from Inverness dated September 25. It is believed that she was walking the Cape Wrath trail, an intensive two-week hike north from Fort William, and had camped out before retreating to the bothy. When the local constabulary removed the tent which she had pitched in a sheltered nook closer to the sands, they estimated that the heather beneath had been dead for three weeks.   A handwritten manuscript found beside her remains in police custody. Her mother Wendy believes that Davies, a prolific writer and painter, was working on a treatise on the nature of solitude, and had come to Cape Wrath to experience the intensity of isolation. But it is perplexing that the Cambridge-educated geographer and experienced traveller, who had trekked alone through Afghanistan, Nepal and the Ukon, should apparently fail to bring sufficient food and heating supplies. Notes found on the window of the bothy and by the bed begged passers-by to bring food. Although the authorities last week confirmed that they had found no suspicious circumstances surrounding Davies’s death, and dismissed press speculation that she had been a follower of Breatharianism, the Australian cult which advocates subsistence on fresh air and light, her passing remains a mystery.     “I’ve no idea what happened to her,” says Hamish Campbell, one of the shepherds who found Davies. “She had left that note on the windowsill and there were others by the bed. But usually people bring more supplies than they need. She said she was thirsty but there was water right by her. [The bothy is bounded by two freshwater burns].”   It was six months since Campbell had last visited Kearvaig beach. There are no working crofts on the peninsula, which is used as a naval gunnery range by the Ministry of Defence, although farms around Durness, the nearest village, continue to graze some livestock there. On December 5, Campbell was bringing the remaining sheep in for the winter, following the rocks along from the lighthouse to the west, while his colleague Alistair Sutherland worked his flock towards the open beach from the east. They brought the animals together around midday.     “It was lovely weather and we discussed whether to have our sandwiches outside. But the bothy door was ajar, which is unusual because normally the people who use it are careful to keep it secure. We went in and there she was, lying on the makeshift bed. I didn’t know if she was alive or dead, but then I saw her throat moving and I put my hand on her. She was terribly anaemic and emaciated. She moaned and raised her arm.”    While Sutherland started the three-mile run towards the lighthouse for assistance, Campbell lit a fire with some old newspapers and attempted to comfort the semi-conscious woman. “She couldn’t speak. I told her that Alistair had gone for help but I think she was beyond understanding.” Davies died two days later, after being airlifted by coastguard helicopter to the Western Isles Hospital in Stornoway. A postmortem examination last week confirmed that she had died from hypothermia.    A traveller in search of isolation will find it at Kearvaig in December. The bothy is set above the shoreline of a wide, pristine beach, where the breakers unfurl on the north Atlantic tide. To the east, the land sweeps up to the Clo Mor cliffs. To the west, the hillside is scarred by the annual heather burning, the colours blending from charred brown through pale gold and russet and back to green. It is terribly beautiful.    The three-room cottage is maintained by the Mountain Bothies Association, and provides shelter for the trekkers and birdwatchers who come to Cape Wrath during the summer season. But from September onwards, as the weather conditions grow increasingly savage, the ferry stops running across the Kyle of Durness, the inlet which separates the peninsula from the village. Temperatures regularly dip below freezing.    There is no mobile network coverage on the Cape, and the only telephones are those contained in the well-secured MoD guard huts. The nearest house is seven miles away, but lies empty during the winter months. From the bothy, it would have taken more than a day’s hike over rough terrain to reach habitation. But all roads eventually lead to somewhere. How did Davies end up with neither time nor physical strength to walk towards help?     It was coastguard John Ure who met Sutherland as he made his way to the lighthouse that morning. He remains quietly confounded by the coincidence – it can be weeks between cars passing on that road, he says. “There was a bug going round up here a few weeks ago, and if you had that you wouldn’t be going far. She must have caught it and things deteriorated from there. I think she just got caught out. People are surprised that there are still places in this country where that can happen.”   The options for a sick woman would be even more limited, he notes. Both the bothy and Davies’s tent were out of sight of the road. “Had she been carrying a flare, someone might have seen it from Durness. There is a guard hut three-quarters of a mile from the bothy, with food and water and a phone, but she’d have had to make a good effort to break into it, and it’s not marked [on the map] so she perhaps didn’t realise it was there. Even if she’d made it to the road, it could be weeks before anyone came by.”   It is a steep 20-minute trek across loose rocks and pooled burn water from Kearvaig beach up to the single track road. In a weakened state, and with no guarantee of help at the top, Davies may have considered it wiser to preserve her waning energy and remain in the relative shelter of the bothy. There she scribbled her plea: “Running low on food and dry milk. Willing to pay anyone who can bring food.” Had she run out of fuel? Did she panic? Or did she succumb to the advanced stages of hypothermia, the symptoms of which which can include listlessness, confusion and – most dangerously – a euphoric denial on the part of the sufferer that there is anything wrong.   Davies’s parents believe that their daughter’s death was the consequence of a tragic misjudgment. “She liked to experience hardship,” says her mother Wendy, “and it wasn’t out of character for her to stretch herself far. She often came back from travelling very thin.” She last saw her daughter when she drove her to the station to catch the coach to Inverness at the end of September. “I remember her warning me that we probably wouldn’t hear from her because it was difficult to get to places with phones. I spent a great deal of her adult life worrying about her.”   Wendy says that her family – Margaret’s father Richard and her two brothers and two sisters – have been deeply distressed by suggestions that Margaret died while following a Breatharian regime. Local press initially linked the death to that of an Australian woman Verity Linn, who was found dead beside her tent three years ago on a hill at Loch Cam, in Sutherland, after fasting for several days. “She hadn’t run out of money and it wasn’t deliberate. She had some fish hooks with her and perhaps thought she could catch something.”  Wendy describes her daughter as an intensely private woman, who thrived on physical and mental challenge. “She wasn’t interested in money. All she wanted was enough to go travelling. Scotland was one of her favourite places. She spent the summer in Israel, working for the UN, and later visited Nepal, where she taught English, as well as trekked. She came back here to recuperate, and left us again, bonny and plump.”   She says that her daughter had left behind jottings on the philosophy of solitude, and believes that this was her next writing project. “She was a loner but she never complained of being lonely. She liked to experience something first-hand so that she really knew about it before she wrote about it.”   As a teenager, Davies had contracted osteomyelitis – an infectious inflammation of the bone – which left her with a severe limp. “That makes it all the more amazing that she went walking with a heavy backpack,” says her mother. “She would complain that she ached, but she had a lot of determination.”   After graduating in 1985, Davies qualified as a teacher, but did a variety of jobs to fund her travelling. She wrote poems, short stories and illustrated children’s books, which she occassionally sent off for consideration. Although she did not market her paintings, Davies had exhibited in a gallery in Chelmsford and was listed on the Axis website, a database of contemporary artists. On the site she explained: “My aim is to make a statement about the human condition, whether on an emotional, psychological, sociological or philosophical level. Although I occasionally paint landscapes, the paintings which are most meaningful to me are those in which I try to capture the essence of an emotional state or to express an idea.”     The local weekly, the Northern Times, carries a section on hypothermia in its “Watch out for winter” page. As the festive season approaches, Kearvaig Bothy will be busy again as walkers arrive to see in the new year amid the wild and lonely beauty that so drew Margaret Davies.

Vi risiedono pochissimi abitanti, in alcune fattorie solo nel periodo estivo e nel faro di Cape Wrath, dove il bar Ozone è gestito da una anziano signore e la figlia, che vivono lì, in totale isolamento per buona parte dell’anno …   E risiede qui anche una ricca fauna : foche nell’ingresso del fiordo, cervi, una coppia di aquile reali, migliaia di uccelli marini, tra i quali i famosi puffins, i pulcinella di mare (che però sono appena migrati sulle isole Ebridi), gli albatros e le sule .  Anche la flora riserva sorprese : i prati sferzati dal vento sono punteggiati da piccole bandierine bianche sfilacciate che non sono riuscita a identificare ; crescono piante carnivore nutrite dai famigerati midges succhiasangue ; cresce anche un muschio dalle miracolose proprietà antinfiammatorie e assorbenti, che veniva essicato ed usato per medicare ferite e come pannolino.   Avvistiamo qualche torrente, qualche pulmino abbandonato ai bordi del sentiero (quando i mezzi si rompono, vengono abbandonati dove sono e magari colorati di giallo e bombardati, perché sarebbe più che complicato rimuoverli) qualche bersaglio colorato, null’altro : attraverso un sentiero sconnesso e pieno di buche (20 Km.), due ponticelli “pericolosi” (accompagnati dal commento dell’autista : “speriamo che reggano anche stavolta…e comunque la caduta non sarebbe troppo alta”) ed un paesaggio  brullo, severo e scolpito dal vento dall’acqua (la brughiera acquitrinosa denominata parph) ed anche  dalle bombe, arriviamo al faro,  dove ci viene chiesto di non lasciare alcun rifiuto e di affidarci alla natura per i rifiuti organici, per quanto possibile : in caso di utilizzo del bagno, evitare (se non necessario) di consumare acqua inutilmente.  Ci viene anche consigliato di fare attenzione praticamente a tutto: dirupi, scogliere altissime, prati scivolosi, colline instabili, serpenti velenosi, piante carnivore, residui metallici esplosivi, raffiche di vento improvvise (che pare possono farti volare via).  Il nostro autista è un ex camionista, ma soprattutto un poeta-musicista , che ci racconta questo territorio, che anche John Lennon amava e dove trascorreva le vacanze estive ospitato da una zia che si è sposata nella romantica chiesetta della spiaggia di Faraid Head, ora diroccata : quando socializziamo un po’ vuole farci leggere alcune delle canzoni che ha scritto, e ne manderà molte alla Jessica via mail , e ci dà consigli utili per la visita del territorio. 

Dopo un caffè allo spartano bar Ozone, dove il gattino bianco e nero è il cliente piu’ viziato (gli viene servito un bel ricciolo di panna montata in un piattino di ceramica blu e bianca), visitiamo il Capo dalla cima della sua alta scogliera.     Il faro è una bella torre bianca alta 200 metri, costruita nel 1828; fu presidiato fino al 1998, quando fu convertito al funzionamento automatico.   La sua luce è visibile per 22 miglia marine (41 Km.) ; in caso di malfunzionamento o di nebbie molto dense, si associa un allarme sonoro (che renderà la vita difficile ai gestori del bar Ozone)…

Al ritorno facciamo una tappa per ammirare il faraglione  Stac Clò Kearvaig, detto “La Cattedrale” per l’aspetto di due guglie e una finestra naturale creata dall’erosione ; nella spiaggia c’è anche un boothy  . Scopriamo che nel territorio selvaggio scozzese esistono questi ripari , piccole casette in pietra con la porta sempre aperta, disponibili per i camminatori per la sosta gratuita : sono semplicissimi bivacchi senza elettricità, acqua o luce, con un caminetto.  Per quello sulla spiaggia di Kervaig si sta presentando il problema di permanenze gratuite troppo prolungate in questa sistemazione privilegiata … E quasi alla fine del viaggio di ritorno, in mezzo al grande fiordo, avvistiamo alcune foche che si godono il sole e la fresca corrente dell’acqua su un affioramento sabbioso. 

Ci dirigiamo poi con decisione a Faraid Head dove pranziamo molto velocemente per fare una delle più belle passeggiate di questa vacanza (10 Km.) : lungo l’enorme spiaggia (impieghiamo mezz’ora per percorrerla tutta sotto un cielo azzurrissimo dove corrono veloci nuvole bianche) e attraverso  le imponenti dune di sabbia (alte oltre 20 metri) che nascondono altre spiagge bianchissime, con l’acqua azzurra e cristallina.   Queste dune si sono formate grazie all’azione del fortissimo vento, che ha prelevato la sabbia dal fiordo di Durness (scavandolo) , trasportandola sopra il mare, e depositandola nella lunga striscia che ha lentamente formato il promontorio di Faraid.  Un grandioso gioco di creazione …. Le altissime dune sono ancora sabbiose sul lato verticale affacciato al mare, dove soffia ancora un fortissimo vento, mentre digradano più dolcemente sul lato opposto, coperto di vegetazione.   La sabbia delle spiagge – bianchissima – è formata da frammenti di conchiglie che si sono frammentati da 4000 anni fa e continuano ancora oggi … prendo un pugno di sabbia e la lascio cadere lentamente nel vento : pensando che mi stanno rotolando in mano conchiglie di 4000 anni…  E non vorrei più andare via da questo incanto.   Unica nota triste : le tre bellissime sule morte che incontriamo in spiaggia (influenza aviaria ?) .   E invece torniamo al camper sotto un cielo che diventa sempre più grigio ; invidio i conigli che abitano a migliaia le dune sabbiose, dove hanno costruito favolose gallerie e che ci osservano attenti sulle loro verande, pronti a nascondersi se necessario .

In ultimo alcune fotografie a :  il Balnakeil Cemetery affacciato sul mare (dove riposa la zia di John Lennon) , ai resti della Balnakeil Church, alla splendida Balnakeil Farm (proprietaria del passaggio).   Con gli occhi, la mente e il cuore pieni di luce e vento, ci dirigiamo poi alla vicina Durness, che attraversiamo velocemente per sostare brevemente alle Smoo Cave : nella grotta principale una  cascata scende dal centro della volta … ma le scarse piogge di questa estate hanno seccato il torrente che la alimenta. Le visite però per oggi sono chiuse (e comunque richiederebbero una ardita discesa su una scaletta metallica verticale che ti porta al barcone che rende possibile la visita al dedalo di grotte allagate).   Per cui ci accontentiamo di una veloce passeggiata sui sentieri del luogo. 

Proseguiamo quindi verso Tongue : costeggiamo i due lati del Loch Eriboll (in realtà un profondo fiordo delimitato da altissime colline che cadono in mare ), per avvistare poi ed infine attraversare un altro fiordo, su un lunghissimo ponte.   Approdiamo infine al campeggio di Tongue, accolti da un annoiatissimo impiegato che raccoglie le prenotazioni per la cena da asporto fornite dalla cucina che serve il anche un piccolo albergo. Veniamo anche assaliti da un battaglione affamato di midges succhiasangue : facciamo una lavatrice, in una atmosfera generale un po’ marziana tra persone che girano con le orrende retine verdi in testa e lenzuoli arrotolati addosso a mantello.  Vista l’atmosfera generale, decidiamo di rinunciare alla passeggiata serale in paese (distante circa 2 Km., salita all’andata e discesa al ritorno).   

Approfittiamo per rivedere il nostro programma di viaggio : per fare metà della North Coast 500 abbiamo impiegato tutti i giorni che avevamo preventivato per l’intero percorso, che invece richiede almeno 8 giorni (meglio 10). A questo punto – tenendo conto dei giorni di ferie che restano alla Jessica – dobbiamo scegliere se completare la Route o dirigerci verso le città . Anche perché a Tongue c’è l’unica strada alternativa al percorso completo.   Scegliamo la seconda opzione, in quanto siamo oramai certi che torneremo Scozia per un altro viaggio .

Lunedì 1 agosto 2022. Abbandoniamo quindi la North Coast – a malincuore – e rinunciamo alla parte a est – temporaneamente : prendiamo l’ultima strada disponibile che scende verso Inverness attraversando il cuore delle Highlands (A836), attraverso paesaggi sempre spettacolari.   Costeggiamo il Loch Loyal (un vero lago) ; attraversiamo territori collinari/montuosi, praterie verdi, brughiere, acquitrini, boschi ; costeggiamo/attraversiamo alcuni  fiordi ( Dornoch, Cromarty Firth, ed infine il Moray).  Ci circonda una esplosione di colori sotto un cielo azzurro e terso :    paesaggi coltivati (i primi che vediamo in Scozia)  con ampi campi di grano dorato che brilla al sole , delimitati da ciuffi di fiori viola e più discrete distese di erica a ricoprire completamente i pendii più dolci delle colline .    Approdiamo infine al campeggio (Bought Drive, che si rivelerà tranquillo e comodo per la visita del centro città , ma decisamente costoso con servizi carenti) a Inverness (100.000 abitanti) e partiamo subito per la visita alla città.

Brusco ritorno alla civiltà  ed alla folla.   Visitiamo le Ness Islands , isolotti sul fiume Ness su cui crescono alberi secolari, collegati da romantici ponti vittoriani bianchi .   Seguiamo il fiume Ness (che proviene dall’omonimo lago e dove si pescano i salmoni) fino al centro città . Pranziamo alla Castle Tavern (zuppa del giorno piccantina e pesce) per poi girovagare nel centro città, visitando vari negozi molto caratteristici (whisky, tartan, quilt), il Viktorian Market. Mercato coperto del primo novecento, che – eliminati i negozietti più turistici – ospita ancora antichi negozi che ti catapultano in un’altra dimensione : un negozio di cornamuse, una bottega di orologi ferroviari, un gioielliere che vende esclusivamente anelli di fidanzamento.    Scopriamo che però con delusione che quasi tutti i negozi chiudono alle 15-16 e quindi corriamo a vedere la Leakley Book Shop, negozio di libri usati che ha occupato una vecchia chiesa sconsacrata.   Saliamo quindi alla Old High Church St. Stephen : dal cimitero antistante abbiamo una stupenda visuale sul fiume e sui ponti vittoriani che lo attraversano.   Il suo campanile è stato per anni la costruzione più elevata di Inverness : dal 1703 la sua campana suonava ogni giorno alle 17 per decretare l’inizio del coprifuoco notturno (dopo le 17 infatti per girare in strada occorreva accendere una lanterna ; ma essendo la maggior parte degli edifici costruiti in legno, il fuoco era considerato pericoloso ed evitato ) ; ancora oggi suona ogni giorno alle 20 . Entriamo alla Coop sotto il sole e – dopo una piccola spesa – usciamo sotto la pioggia battente, che ci accompagna per tutto il rientro in campeggio.   Decido di fare una doccia, che sarà la peggiore della mia vita : un flebile rivolo di acqua che scende solo premendo un durissimo pulsante (che richiede l’impiego di due mani rendendo difficili ogni altra azioni). Impossibile  regolare la temperatura : prima scende un filo di acqua gelata, e sto quindi per desistere, quando inizia a scendere un rivolino tiepido, per cui decido per un rapido shampoo … e a quel punto inizia un rivolo bollente che non riesco a raffreddare neppure chiudendo ed aspettando (bagnata e insaponata) per alcuni minuti.   Quasi ustionata ed imprecante torno in camper, avvistando una comitiva di allegri anziani (mi chiedo come hanno fatto a fare la doccia) alloggiati in un Bus Hotel, di cui non conoscevo l’esistenza : un autobus con un rimorchio con tre file di finestrini (che contiene le camere da letto ed una cucina completa).  Consiglio visita del sito internet, da annoverare nella categoria “i bus più strani e originali del mondo” : con prezzi che vanno dai 600 ai 6000 euro offrono da una settimana di viaggio in diverse mete europee, a viaggi nel lontano oriente, o sul monte Everest, o nei deserti più spettacolari del pianeta, fino ad un tour dell’Australia della durata di 50 giorni.   Anche per oggi : buonanotte .

Martedì 2 agosto 2022 .  Colazione veloce con ritorno in centro città per visita di una gioielleria vintage del Viktorian Market, dove ammiriamo alcuni bellissimi gioielli liberty del primo novecento, e dove la Jessica (in altro settore più economico) trova alcuni regalini molto originali .   Visitiamo poi un altro negozio del quilt (che vedremo declinato in ogni possibile versione ed utilizzo, anche tra i più bizzarri ) , deludente rispetto a quello di ieri dove una sorridente  nonnina faceva gli onori di casa ringraziando per la visita, e ci aveva accolti con una grazia e gentilezza di altri tempi.  Dopo aver visitato la Albertarff House (1593), la casa integra più antica di Inverness, e aver attraversato per ben due volte il Woobly Bridge ( letteralmente ponte debole, traballante : e garantisco che non delude le aspettative ), approdiamo al favoloso Mustard Seed, ristorantino che ci offre una splendida visuale sul Ness ed un indimenticabile pranzo : tartare di aringa, spigola in padella accompagnata da una insalatina fredda di patate, cipolline e limone,  biscottini al burro che sono così buoni da essere commoventi .  Premiato nel 2019 come Best Everiday Dining del Regno Unito .

 

E’ quindi giunta l’ora di partire, diretti al famosissimo Loch Ness : vorremmo visitare le rovine dell’ Urquhart  Castle, posto in posizione privilegiata per ammirare il lago in tutta la sua lunghezza (37 Km.), ma il parcheggio è pieno e per entrare si deve preventivamente prenotate la visita al castello, oggi comunque esaurita.   Quindi salutiamo un po’ a malincuore e ripartiamo fiancheggiando il misteriosissimo lago, nascosto da alti abeti ; a differenza di tutto il resto del viaggio l’atmosfera è cupa anche per i nuvoloni grigi e poi la pioggia battente che inizia a scendere, che però non hanno il consueto carattere romantico al quale la Scozia ci ha sinora abituati. Il lago è molto profondo (230 m. , quindi più profondo di gran parte del mare del Nord , oltre ad un fondale di fango e limo), con la superficie scura increspata da rabbiose ondine spumeggianti ; è circondato da aspre montagne che si innalzano rapidamente da una riva boscosa.  La sua fama è legata Al Mostro che lo abiterebbe, Nessie (Nessiteras rhombopterix, per i più seri estimatori) , il suo leggendario abitante, che alimenta un enorme indotto economico (musei per chiarire qualcosa che non sembra essere mai esistito ; decine e decine di negozi che vendono ogni oggetto decorato con varie versioni del dinosauro) : e tutto ciò, dopo tanta solitaria bellezza, non ci piace molto.   Ci sono le ipotesi più disparate sulla sua esistenza e natura : alcuni sostengono che sia un relitto dell’era dei dinosauri, altri che si tratti di un tritone gigante , o di un enorme storione del Baltico in gita. La vicenda non ci appassiona, piove fitto e quindi procediamo spediti (probabilmente unici turisti in Scozia che non si fermano al misterioso e famosissimo lago).  Dopo una delle nostre foto (che documenta nuvole, pioggia e acque cupe e riassume le nostre considerazioni),  ho recuperato alcune foto che rendono giustizia a questo lago ed alla sua bellezza ( scattate da mio cognato dal suggestivo Urquhart  Castle). 

Arriviamo a Fort Augustus dove ci fermiamo in un parcheggio dove incontriamo un segnale  di pericolo che ancora non avevamo visto.   Facciamo una passeggiata a fianco ed attraversando le 11 chiuse monumentali lungo il Caledonian Canal  : consentono alle barche in transito di salire (o scendere) dal livello del lago a quello del canale ( importante via di navigazione che conduce al Loch Oich, e a seguire al Loch Lochy ed infine -attraverso il fiordo di Lorn-  al Mare interno della costa occidentale scozzese e quindi al bacino del nordest atlantico).

Attraversiamo quindi un ramo del Loch Linnhe e scendiamo verso il Loch Lommond and Trussach Natural Park, che avevamo già attraversato (su un percorso diverso) e la Queen Elizabeth Forest Park : montagne brulle o ricoperte di muschi, altipiani increspati da onde rocciose, geroglifici di acque in movimento o ferme ; le strade sono un po’ piu larghe ma ciò non migliora la situazione per la presenza di molti camion che sfrecciano a tutta velocità facendoci ondeggiare . Approdiamo a Luss, dove il campeggio è pieno e quindi parcheggiamo sotto la strada principale in un bel parcheggio affacciato sul Loch Lomond .  Il cielo è sempre nero e minaccioso, il vento forte, il lago tranquillo. Questa sarà l’ultima notte che passeremo nella Scozia selvaggia che ci ha completamente conquistato : da domani visiteremo le due grandi città e torneremo definitivamente alla civiltà.  Buonanotte.

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