Finalmente è arrivato il momento di realizzare questo piccolo sogno.
La Scozia è una meta alla quale pensiamo da tempo, soprattutto per la bellezza del paesaggio , per il suo carattere incontaminato, lontano, estremo : terra forte e potente, dove la natura è la padrona indomata e la bellezza assoluta del paesaggio ti racconta la storia della terra.
Il viaggio in Scozia per noi camperisti esperti e oramai pensionati è una piccola avventura: non fosse altro per la lontananza, in quanto è già un bel viaggio arrivare all’inizio del viaggio vero e proprio. Quest’anno però sembra che le costellazioni siano tutte in posizione a noi propizia e riusciamo a partire, seppure a rate. Mentre Gabriele, la Nina e Biagio 2.0 carico e pronto per l’avventura sono partiti da casa venerdì sera 8 luglio e ci aspettano a Londra , io e la Jessica riusciamo a partire solamente lunedì 11 luglio .

Partiremo da Malpensa alle 20, con oltre un’ora di ritardo che non mi pesa assolutamente perché sono in compagnia di Jessica. Dal caldo torrido milanese passiamo al gelo polare del gate e ancor di più dell’aereo, e di nuovo al caldo londinese (solo temporaneamente mitigato dalla notte) in una dimensione spaziale che inizia a diventare sfuggente. Il nostro aereo – dopo essere passato sopra le Alpi e le pianure francesi – sembra accelerare e intraprende un giro nuovo, che ci regala un fine volo panoramico e mozzafiato : non arriva a Londra da sud come solitamente accade … ma attraversando la Manica allarga verso est con una ampia virata attorno alla regione del Kent, sovrasta affiancandole le bianche scogliere e si porta fino alla foce del Tamigi – illuminato come un nastro dorato dalla luce del tramonto – e lo risale fino al centro della città, che sorvoliamo planando fino al London City Airport.






All’uscita dal controllo doganale incontriamo i nostri due principi azzurri, Gabriele e Reef, che – senza alcun accordo precedente – si sono trovati proprio lì . Dopo i saluti e gli abbracci ci diamo la buonanotte, anche perché quando sono stanca , la mia modesta capacità di parlare in inglese si esaurisce completamente. Io e Gabriele arriviamo al nostro Christal Palace Campsite – dove oramai siamo di casa – su un bus a due piani che viaggia a tutta velocità impennandosi sui dossi e rasando i rami degli alberi sul nostro percorso : welcome to London, guys !!!
A questo punto sorvoliamo le due settimane trascorse a Londra, passeggiando (150 Km a piedi) e riprendendo confidenza con le consuetudini britanniche , in attesa delle nuove ferie di Jessica ed arriviamo immediatamente alla partenza per le vacanze in Scozia.
Unica citazione doverosa : il caldo torrido di questa estate (con punta massima di 40 gradi, quasi insopportabili a Londra) e sgomento nel vedere che tutti i parchi londinesi non sono più verdi come al solito e che il soffice manto erboso e muschioso in cui era idilliaco passeggiare anche a piedi nudi, è solo un ricordo lontano : nell’afa di queste giornate, in tutti i parchi , a Greenwich, è tutto giallo oro … sembra di essere nelle campagne della Spagna.

Kew gardens



Gli inglesi – solo un po’ disorientati – mantengono l’abitudine di prendere il sole sdraiati nei parchi, magari rinfrescandosi nelle fontane : ma nulla rallenta il frenetico ritmo di vita della città, se non il fuoco.
Nelle due settimane di permanenza londinese incapperemo in tre interventi dei pompieri per incendi , evento mai successo nei nostri numerosi viaggi precedenti : il primo nelle cucine dell’Admiralty Pub a Trafalgar Square a tardo pomeriggio;

il secondo a mezzanotte a Brixton; il terzo con evacuazione della stazione della metropolitana di Green Park.
In tutti i casi fumo denso, acqua che corre in strada e scende verso il Tamigi (dove il livello del fiume è molto basso e sono emerse sconosciute spiagge sotto gli argini), ampio intervento di molti equipaggi dei Vigili del fuoco e della Polizia, blocco completo del traffico stradale, una folla di persone che si riversa e vaga nelle strade, non potendo più fluire nella perenne corsa della vita cittadina .
Mai come quest’anno il cambiamento climatico risulta drammaticamente evidente di fronte ai nostri occhi.
Domenica 24 luglio 2022
La Jessica arriva puntualissima in campeggio alle 7.30 : colazione , doccia (il bagno del suo appartamento è fuori servizio per una brutta perdita in attesa di riparazione) e finalmente partenza.
Oggi ci aspetta il primo trasferimento lungo (per la precisione 350 Km.) : la meta della giornata è Chester, piccola cittadina (meno di 100.000 abitanti) che abbiamo scelto unicamente perché si trova circa a metà della distanza che ci separa dalla Scozia e ci consente di fare la prima tappa di trasferimento veloce ma anche turistica, e di sgranchire un po’ le gambe .
Facciamo una unica sosta per un pranzo veloce a “Albrighton home of the English Rose”, piccolo villaggio di poche case che avvistiamo proprio di fianco alla nostra strada. Atmosfera bucolica, con cavalli al pascolo, una grande corte circondata da case a graticcio, belle residenze di campagna, una grande chiesa.

Mentre facciamo il pieno a un distributore perso in mezzo ad un paesaggio bucolico, ci accorgiamo che abbiamo compagni di viaggio inaspettati :

I Ghostbusters , gli acchiappafantasmi : cosa ci facciano nelle campagne inglesi non siamo riusciti a capirlo. Mentre io rido e faccio fotografie, i due occupanti mi gridano qualcosa sbracciandosi … capisco alla fine che vogliono solo che ci spostiamo un pò in avanti, in modo da far rifornimento anche loro. Mi dicono che la macchina è una delle originali del secondo film. L’atmosfera della vacanza, che ti porta sempre qualche sorpresa, comincia a farsi sentire.
Arriviamo a Chester a metà pomeriggio, e parcheggiamo lungo il fiume Dee al Little Roodee Car Park, silenzioso e grande parcheggio sotto al castello, dove dormiremo anche la notte (15 sterline il parcheggio dal pomeriggio al mattino successivo) . La nostra guida afferma che “la splendida Chester è uno dei doni più grandi che la storia inglese possa offrire ” : il centro storico – fondato in epoca romana nel primo secolo d.C. – è protetto da una bellissima cerchia di mura in arenaria rossa ad oggi quasi completamente intatte. Inizialmente è stata il quartier generale della ventesima legione romana che presidiava a nord i confini dell’impero : la chiamarono Deva Victrix e le diedero una forte e duratura impronta culturale (anche nei secoli successivi – quando venne conquistata dai Sassoni e poi dai Normanni , rimase in abitata dai britannici romanizzati). Conobbe poi una enorme espansione commerciale dal medioevo grazie ai traffici nel suo porto, che oggi non esiste più. Nel centro storico si trovano i caratteristici Rows , gallerie commerciali su due livelli che riempiono le quattro vie che si diramano dalla Central Cross : praticamente i primi centri commerciali della storia, che riunivano decine e decine di piccoli negozi protetti da portici . Seguiamo la ragazza con l’impermeabile giallo …

Passeggiamo circondati in ogni dove da edifici Tudor e vittoriani, originali o perfettamente restaurati e il colpo d’occhio è notevole : qualcuno l’ha descritta come un gigante Liberty (riferendosi all’edificio vittoriano che a Londra ospita il magazzini Liberty), e il paragone è azzeccato.









In uno dei portici commerciali ci incuriosisce un avviso che rassicura i passanti sulle buone condizioni di salute del gabbiano Steven , che evidentemente si finge malato per ottenere cibo e per introdursi dentro ad uno dei negozi : vorremmo conoscerlo, ma non è nei paraggi.

Attraversiamo il Godstall Lane, vicolo medioevale che merita l’appellativo di “cuore romantico di Chester”.

Visitiamo anche la Chester Cathedral dove siamo calorosamente accolti.




Sorta come abbazia benedettina sui resti della precedente chiesa sassone dedicata a Santa Werburga , patrona della città, fu chiusa nel 1540 durante la dissoluzione dei monasteri ordinata da Enrico VIII e in seguito riconsacrata come cattedrale : in pietra rossa , di stile normanno gotico perpendicolare, svetta con leggerezza.






Ci stupisce e non riusciamo a capire la motivazione dell’illuminazione decisamente viola della crociera, dell’organo e dei bellissimi fregi lignei dietro all’altare …








E la seconda osservazione cui non riusciamo drammaticamente ad attribuire senso (anche per la fame) è l’amara scoperta dell’orario di chiusura della cucina dei pub di Chester (alle 19) . E noi siamo in ritardo, come ci dice l’Eastgate Clock , sull’accesso alle mura. Entriamo in vari locali dove si ripete la stessa scenetta : chiediamo un tavolo, breve conciliabolo con la cucina, sorriso ma “we are sorry”. Dopo affannosa ricerca, quando stiamo per disperare, troviamo un locale che ci offre ospitalità : la Brewery Tap ci offrirà una ottima cena con ottima birra in un bellissimo pub . L’angelo protettore dei viandanti ritardatari, curiosi ed incoscienti ci assiste. Ceniamo tra antiche mura , che hanno ospitato re, nell’ altissima sala in cui troneggia un enorme camino in pietra dietro al bancone delle birre. Tutto molto rassicurante.


All’uscita ci aspetta un tramonto che illumina tutto di rosa.



Decidiamo quindi di fare una romantica passeggiata sopra le mura, densa di confortanti chiacchiere e confidenze che ci regala il calore e la magia dei momenti di felicità : ovunque si dirige lo sguardo è tutto bello, l’incanto ci avvolge .














E ci regala una diversa linea di osservazione – quasi in volo – del centro storico, dell’intricato groviglio dei binari che si diramano dalla stazione, dell’ippodromo e ci riporta al nostro parcheggio avvolto nel buio e nel silenzio. Buonanotte.
Lunedì 25 luglio 2022
Dopo una tranquilla e rapida colazione in camper (Gabriele purtroppo trova le sole briosche da asporto di Chester a Caffè Nero) partiamo per il secondo trasferimento lungo, che ci porterà da Chester alla nostra prima tappa scozzese, Stirling (420 km.). Viaggio tranquillo, tra sole pieno, sprazzi di sole tra le nuvole, finalmente pioggia battente, pioggerellina con sole… e chi più ne ha più ne metta. Bellissimo il passaggio attraverso le dolci colline verdi del North Yorkshire e della Cumbria : qui il paesaggio è tutto verdissimo, di mille tonalità di verde che rinfresca solo a guardarlo ; mucche pezzate, cavalli e pecore libere al pascolo ; larghe chiazze di fiori gialli e fucsia interrompono il verde …



Arrivati a Stirling parcheggiamo nel Linden avenue car park dove non ci sono divieti per la sosta notturna (2 sterline per le 24 ore). Passeggiata di circa 20 minuti (in salita) per raggiungere la Old Town , raccolta sotto il castello, fortezza inespugnabile situata sulla cima di un possente dirupo boscoso (il tappo di un vulcano estinto) .







E’ un dedalo di edifici grandiosi e di strade acciotolate che salgono tortuosamente verso il nucleo centrale raccolto sotto al castello. “Prendi Stirling e controllerai la Scozia” : questa massima conferma l’importanza strategica del castello, confermata dalla presenza di una fortezza in questo luogo fin dall’era preistorica. L’attuale struttura risale al XIV-XVI secolo, quando fu eletto a residenza degli Stuart : non visiteremo però le strutture interne del castello (Great Hall, Royal Chapel, Great kitchens, Tapestry Studio…) né il Royal Palace e la Prince’s Tower (suite di sei camere , tre per il re e tre per la regina, con i soffitti decorati, i camini, gli arazzi) restaurati di recente in un sontuoso tripudio di colori, perché arriviamo quando oramai gli ingressi sono bloccati . E questa sarà una costante di queste vacanze : arriviamo quando i castelli chiudono…

Propendiamo quindi per l’unica visita che l’orario ci consente : la Old Jail . Un attore in costume, impersonando diversi ruoli con cambi d’abito, ci illustra in modo coinvolgente i due periodi della storia penitenziaria : dalle vecchie prigioni di Stirling che avevano la fama di essere le peggiori di Inghilterra (le terrificanti Tolbooth, costruzione poco distante, ora riconvertita in un centro per la musica e le arti) dove ogni crudeltà era giustificata da una logica unicamente punitiva, a quella riformata ed illuminata, ispirata dall’idea del recupero e della riabilitazione sociale e lavorativa.


La visita alla torre ci regala una vista a perdita d’occhio sulla città e sulla regione : a parte i raggi di sole che filtrano tra le nuvole incrociati (proprio come il tartan scozzese ! ) e l’arcobaleno, avvistiamo il misterioso Wallace Monument, una torre in stile gotico vittoriano (che a noi sembra circondata voli di corvi e pipistrelli) e dedicata a Braveheart : William Wallace (nato in Scozia nel 1270 e morto a Londra nel 1305) il leggendario combattente per l’indipendenza scozzese soprannominato Hammet of the Scots (il martello degli scozzesi) , divenne eroe nazionale per aver guidato una insurrezione contro Edoardo I d’Inghilterra che nel 1296 aveva deposto e imprigionato il re di Scozia John Balliol. Nel 1297 a capo di 30 uomini assalì la cittadina di Lanark, uccidendo il governatore inglese e sconfisse gli inglesi in una prima battaglia ; venne quindi proclamato Guardiano del regno, ma venne sconfitto dagli inglesi a Falkirk nel 1298 ; nel 1305 fu catturato , processato, torturato e giustiziato a Londra. Le sue vicende ispirarono il film di Mel Gibson del 1995, vincitore di 5 premi Oscar, non pienamente fedele alla intricata vicenda storica.



Entriamo poi nel cortile della Church of the Holy Rude, una delle più belle chiese medioevali della Scozia (ovviamente chiusa), circondata dal vecchio cimitero .



Di fronte ci incuriosiamo per il Boy’s Club (attualmente sede dei boys scout) : club giovanile per ragazzi, fondato nel 1929 dalla riconversione del vecchio mercato del burro. Le finestre e le porte sono sormontate da brevi motti di incoraggiamento : “Keep smiling” (Sorridi), “Quarreling is taboo” (Proibito litigare), “Play the game” (Stai al gioco… come ci ricordano anche i Queen qualche decennio dopo).




Dopo aver disceso e salito ripetutamente le vie della città vecchia alla ricerca di un pub, scegliamo di tornare al Portcullis pub, proprio sotto il castello, accolto nell’edificio settecentesco dell Old Grammar School (istituto di educazione per ragazzi, poi da metà ottocento anche per l’alfabetizzazione di alcune ragazze di famiglie illuminate, e in seguito convertito in struttura militare, poi in hotel) . Cena discreta, senza infamia né lode. Torniamo quindi al nostro parcheggio, con una lunga passeggiata che si conclude in un parco e in un bosco abitati da decine di conigli. La luce, che qui rimane fin quasi alle 23, ci confonde un pò e ci regala un sacco di energia : non ci sentiamo mai stanchi.

Abbiamo avvistato anche un bellissimo bar-libreria (The Book Nook ) da ricordare : decidiamo infatti di non prolungare la permanenza oltre quanto programmato, e di ritornare – non so se in questo viaggio – per visitare il castello , il Wallace monument ; d’altronde Stirling – per la sua posizione strategica al centro dell’inizio della Scozia – è una tappa obbligata di ogni itinerario possibile. Adesso il nostro programma è piuttosto serrato, e non ci consente divagazioni o ritardi, soprattutto per l’intenzione di affrontare la mitica North Route 500 che ci porterà a percorrere tutte le coste della regione impervia delle Highlands (più di 800 km su one ways) . E’un percorso mitico , che si presenta come un monolite e richiede almeno una settimana : una volta che la inizi , diventa difficile tornare indietro, e ci sono anche poche occasioni per abbandonarla prima del termine. Quindi anche per oggi : nanna, dopo aver recuperato un bell’ombrello a doppio telo abbandonato nel parcheggio, che potrebbe rivelarsi utile nel clima scozzese : pioggia, sole, pioggia/sole, vento, vento/pioggia, arcobaleno/sole, luna/stelle. Buonanotte.
Martedì 26 luglio 2022
Colazione e spesa da Waitrose, vicino al nostro parcheggio, e partenza veloce per il vero inizio del percorso verso la Scozia sempre più selvaggia . Diretti a Oban e poi a Dornie e all’isola di Skye (ancora un trasferimento lungo : 330 Km su strade panoramiche) , iniziamo ad attraversare il Loch Lomond and Trossach Natural Park , seguendo la strada alta del parco.


Paesaggio mutevole ed incantevole, selvaggio, primordiale, incontaminato. Siamo in un bosco e tra gli alberi vediamo brillare le acque di un lago ; poi i boschi si diradano e ci inerpichiamo tra colline brulle che scendono in acque ferme, scure e tranquille ; immensi tappeti verdi e muschiosi ricoprono colline possenti ; poi all’improvviso compaiono rocce antiche o ancora terreni scoscesi digradanti ; ovunque e in ogni forma scorre acqua in rivoli arborescenti che solcano le colline , le rocce o il fondo valle, fiumi, laghi, sottili cascate, enormi stagni in cui fioriscono centinaia di ninfee ; intricati disegni d’acqua dominano sempre il paesaggio ; i bacini – fiumi, laghi o fiordi – sono interrotti da strette penisole o piccole isole che moltiplicano le linee di orizzonte e non riesci a contarle, a vederne la fine . Rilievi imponenti che emergono e contengono bacini di acque nere e ferme; una immensa creazione incontaminata e selvaggia della natura , che incanta, incute rispetto e a volte timore, toglie il respiro.




Ci sentiamo davvero piccoli viaggiatori in un universo potente, capace di vivere e di modificarsi incessantemente.
Difficilissimo fermarsi e fare fotografie : è tutto troppo grande , il panorama è sempre a 360° ; spesso mi sono sentita frastornata e non riuscivo a intuire immediatamente che inquadratura scegliere. Vorrei fermarmi ogni 5 minuti per fotografare l’incanto che si apre continuamente di fronte ai miei occhi, ma risulta assolutamente impossibile. Le strade sono strette e comunque le piazzole di sosta sono infrequenti e 23wqimplacabili : impossibile fermarsi, se non bloccando completamente il traffico. Anche le strade a doppia corsia richiedono attenzione : attenzione in particolare all’arrivo dei camion, che circolano MOLTO VELOCEMENTE. Noi abbiamo adottato la strategia di tentare di accostare a sinistra appena possibile, rallentando e dando SEMPRE la precedenza. All’inizio di una piccola galleria situata al centro di una doppia curva arriva un bel camion a tutta velocità e facciamo appena in tempo a frenare e buttarci a sinistra in un angoletto (ma proprio angoletto, della strada, mentre il camion passa sfiorandoci per tutta la lunghezza. Iniziamo ad incontrare tratti per ora brevi delle famose one way con i passing place : sono strade con una unica corsia per il transito nelle due direzioni di marcia, con regolari piazzole di sosta dove ci si può fermare per consentire il passaggio di un veicolo proveniente in senso contrario ; sono stradine molto caratteristiche, in mezzo alle montagne, che si arrampicano coraggiose su colline e scendono impavide dalle montagne, con curve continue dettate dalle necessità del territorio, che riescono a stringersi oltre ogni previsione tra muretti ed alti argini. E devo dire che non abbiamo (quasi) mai incontrato alcun problema : i passing place sono frequenti e gli automobilisti molto corretti (attenzione però ai camion : lavorando in queste difficili condizioni generali, corrono il più velocemente possibile, talvolta ‘armati’ di specchietti retrovisori corazzati con gusci di acciaio) . Occorre dire che il territorio è vastissimo, impervio, con inverni rigidi e nevosi, e più ci dirigiamo verso nord più si riduce la presenza umana. La rete stradale serve al passaggio di una popolazione molto limitata : la Scozia occupa un terzo della superficie della Gran Bretagna ed ha 5.300.000 abitanti (8% della popolazione dell’isola), in maggior parte concentrati nelle grandi città (Glasgow ed Edimburgo in testa) ; nella central belt (zona industriale delle due grandi città ) la densità arriva a 700 abitanti per Km quadrato ; in alcune regioni delle Highlands (Terre Alte) ci sono meno di due abitanti per Km quadrato.
Quindi (oggi non abbiamo ancora compreso che) più procediamo, meno case/persone/villaggi incontreremo : i centri abitati diventano sempre più piccoli e distanti, i supermercati ed i grandi negozi tendono a scomparire. Anche i piccoli cimiteri – che circondano le chiese o si stagliano solitari sulle colline circondati da muretti in pietra – sono poco affollati. Siamo molto attenti ai rifornimenti di carburante che facciamo appena il serbatorio si avvicina a metà capienza , e non avremo alcun problema.
Arriviamo quindi a Oban , tranquilla cittadina affacciata sul profondo e frastagliato fiordo Firth of Lorn, di fronte alle isole di Kerrera e Mull. Con i suoi 8000 abitanti e’ il maggior porto della Scozia occidentale, il secondo più grande centro della regione, punto di partenza dei traghetti per le isole Ebridi interne.


Il paese è sede della Oban Distillery (che non riusciamo a visitare per esaurimento dei posti) , una delle più antiche della Scozia (1794), che produce oltre un milione di bottiglie l’anno di whisky torbato.

Entriamo in molti negozi dove troneggiano montagne di rotoli di lana scozzese, il tartan di ogni colore, riferibile alla famiglia o creati ad hoc per particolari eventi (matrimoni importanti) : ovviamente si può acquistare di tutto, cappelli, quilt, vestiti, giacche, cappotti, borse, plaid, o ancora meglio farli confezionare su misura.
Scozia vuol dire tartan. E tartan vuol dire kilt. Ma perchè? La leggenda narra che gli scozzesi abbiano inventato il kilt per non ritrovarsi sempre, a causa delle numerose piogge, con l’orlo dei pantaloni bagnato!
I colori di ogni tartan sono legati al clan, inteso come legame famigliare di discendenza e – successivamente – anche come gruppo di appartenenza, in cui si riconosce l’autorità di un capo : l’isolamento geografico della Scozia ha anche favorito la nascita e il perdurare di questo sistema, che ci appare oggi molto romantico, ma ha determinato in passato frequenti e sanguinose battaglie tra i clan scozzesi e i vari Re, che nel tempo hanno sempre cercato di ridurne l’influenza e il valore. La repressione dei clan raggiunge però il culmine nel 1746 quando i giacobiti – che rivendicavano l’indipendenza dall’ Inghilterra – vengono brutalmente sconfitti dalle giubbe rosse del duca di Cumberland nella celebre battaglia di Culloden, nei pressi di Inverness. La corona Inglese, forte della schiacciante vittoria, confiscò le terre dei clan, vietò il possesso di armi, l’uso del kilt, del tartan e di tutti gli elementi degli abiti tradizionali. Inoltre venne vietato l’uso della cornamusa e della lingua gaelica e venne dato il via alle cosiddette Clearences, gli sgomberi forzosi : intere famiglie e villaggi vennero cacciati dalle proprie case, spediti in Canada e America o al sud, strappati dalla loro vita e dalla loro storia. Più recentemente si è sviluppata la tendenza ad inventare nuovi tartan anche in relazione ad eventi particolari (matrimoni, nascite….). Ancora oggi si tratta di un argomento serissimo : ne sono registrati 4.000 anche se i tipi in commercio si aggirano tra i 600 e i 700. Nei negozi specializzati vediamo elenchi dettagliati, registri, campionari . Il Kilt, come tutti sapranno, è una pezza di tartan indossata alla vita. Tuttavia un vero kilt, inteso come abito tradizionale deve essere sempre accompagnato dalla sporran (cioè un borsellino sempre legato alla vita), da una spilla per unire le due estremità del tessuto ed immancabile lo sgian dubh, il piccolo pugnale infilato nel calzettone! ….
Anche gli italiani hanno un tartan ufficiale… Infatti ci è concesso l’uso del Royal Stewart Tartan…

Tartan e Clan della Scozia: storia e tradizioni – 50sfumaturediviaggio
Domina dall’alto la città la McCaig’s Tower, bizzarro anfiteatro in granito nato dalla fantasia di un banchiere che voleva creare un museo, una galleria d’arte e una cappella, riducendo la disoccupazione che colpiva i tagliapietre nella stagione invernale; il progetto comprendeva l’aggiunta di una torre centrale, ma al momento della sua morte erano state completate solo le mura esterne di granito. Gli eredi non diedero seguito alle sue istruzioni e lo strano edificio si è trasformato in una sorta di giardino segreto, dal quale ammirare il fantastico panorama sul mare al tramonto (che noi non vediamo perché arrivano minacciosi nuvoloni neri ed inizia a piovere).


Pranziamo con gusto al Coast restaurant, iniziando con la consueta zuppa del giorno (che riuscirà ad essere diversa quasi ogni giorno) … Quando ritorneremo però, ritenteremo di assaggiare il pesce preparato da Oban fish and chips (piccolissimo e oggi affollatissimo) (dall’oceano al tuo piatto, semplice, gustosissimo, con preparazioni molto particolari).
Riprendiamo il nostro percorso e iniziamo a salire verso Dornie : il nostro programma implacabile ci dice che questa sera dovremo arrivare all’isola di Skye, dove finalmente rallenteremo un pò. A Connel attraversiamo il primo di una serie di ponti che attraversano i profondi fiordi che intagliano la costa e proseguiamo la nostra marcia verso nord.


A Portnacroish avvistiamo le romantiche rovine di un castello (Castle Stalker) costruito su una minuscola isola rocciosa nel fiordo di Loch Linnhe, vicino ad una baia dove marea riposa un peschereccio ormeggiato, sotto nuvoloni minacciosi e scuri tra i quali filtra una luce intensa e suggestiva … finalmente riusciamo a trovare un parcheggio per fermarci e fare alcune fotografie .






Verso sera arriviamo all’ Eilean Donan Castle , che riusciamo a visitare (all’esterno) approfittando dell’orario di accesso gratuito prima della chiusura (biglietteria chiusa, liberi tutti) .






E’ una delle mete di ogni tour in Scozia, immagine iconica che tutti noi abbiamo già visto (qui sono stati girati Highlander e Il mondo non basta, della saga di James Bond) , circondata da un’atmosfera magica e fiabesca . Costruito nel 1230 da Alessandro II per proteggere l’area dai Vichinghi, fu distrutto durante la rivolta giacobita del 1719; venne poi ricostruito all’inizio del ‘900 da un ufficiale dell’esercito britannico. Sorge su un isolotto roccioso collegato alla terraferma da un bellissimo ponte con archi di pietra, che termina con un piccolo ponte levatoio che blocca l’accesso , ancora in funzione. Qui facciamo il nostro primo incontro con i minuscoli quanto famigerati midges: gli sciami di tremendi moscerini, che vivono nei luoghi umidi, e in luglio e agosto escono quando non piove e non c’è vento, ti assalgono insidiosamente e ti pungono a centinaia, procurandoti bollicine rosse che perdurano per giorni e giorni. Come per tutte le calamità naturali esiste un sistema di monitoraggio della presenza degli sciami, su una scala di intensità da 1 a 4 : e qui adesso siamo al livello 3. Ovviamente siamo preparati ad affrontare questo pericolo : siamo dotati di copricapi in rete e lozioni repellenti recuperate diligentemente nei negozi locali visitati … e che abbiamo lasciato in camper, dove ci rifugiamo dopo le prime punture .
Il castello è visitatissimo : e di conseguenza è vietato tutto, anche il parcheggio notturno . Dopo aver recuperato 15 costosissime bottigliette da 300cc di acqua (nessuno ha bottiglie grandi) per non morire di sete, cerchiamo sistemazione per la notte : i due campeggi vicini sono pieni ; a parte i parcheggi lungo la strada, non troviamo sistemazione gradevole nelle numerose aree di sosta presenti. Tra qualche malumore legato alla stanchezza del viaggio, non vogliamo rassegnarci all’idea di essere in uno dei luoghi più belli della Scozia e dover dormire sacrificati in brutti parcheggi : di essere a un passo dalla meraviglia e circondarci di angusti orizzonti, per cui decidiamo di non desistere e approfittiamo della luce del lunghissimo tramonto scozzese per arrivare sull’ isola di Skye, peraltro ormai vicinissima.


Iniziamo a percorrere lo Skye Bridge : in realtà si susseguono tre lunghissimi ponti , improvvisamente illuminati dalla luce folgorante del tramonto che irrompe tra il basso confine delle nuvole e quello del mare e ci fermiamo immediatamente nel porticciolo di Kyleakin (190 abitanti) , su cui vigilano le rovine di un piccolo castello : un piccolo paradiso illuminato dalla luce del tramonto che buca (letteralmente) le nuvole prima grigie, poi blu. La luce è padrona dell’orizzonte e cambia velocemente il colore del cielo e del mare.


E scopro che l’isola di Skye (an t-Eilean Sgiathanach in gaelico) prende il nome dall’antico termine vichingo sky-a , che significa “isola delle nuvole” : e non ho bisogno di nessun’altra spiegazione.
Bene : “stiamo”, “siamo arrivati” , in armonia completa con il luogo.
E – con il cielo – andiamo a dormire quando si spengono gli ultimi riflessi blu e la notte ci circonda.




L’ha ripubblicato su TRACCE e SENTIERI.
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STUPENDO….!!!!Mi sembra di vivere le emozioni che avete avuto voi in quei momenti ….un sogno impareggiabile …..
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